Prodotto realizzato dagli alunni della scuola secondaria di I grado dell'Istituto comprensivo Perugia 8 nell'ambito del progetto interculturale delle scuole della rete Perugia Ovest. A.S. 2021/2022

"C'era una volta... Storie delle tradizioni" .

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C'era una volta... Storie delle tradizioni.

Alunni Scuola Secondaria Olmo-Ferro di Cavallo

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Leggende sulla festa di Primavera&nbsp;(Moldavia)

Felicia Bulgac e Sabrina Veverita (Classe IIIE - ID Scuola Secondaria di Ferro di Cavallo)

Antique paper texture

Panico Francesco (Classe II A Scuola Secondaria Olmo)

Parchment

Jolly Abi (Classe IA Scuola Secondaria di Olmo)

Nonno Miriam Filippucci (Classe IIIE Scuola Secondaria Ferro di Cavallo)

Quando nascesti tu, splendeva il sole e sul verone il passero cantava scherzava il venticello tra le viole e la natura tutta ne gioiva, tutto spirava amore gaio e giocondo e in questo tempo tu venisti al mondo.

Quand si nat teu, è nat u soul e soprau u ballecoun cantav u passarill pazzeiev u venticiell tra i violett e a natour iev quentent e felic pruprie quand si nat teu.

Bunting border

LA TROMPETA DE LA ALEGRÍA

Jesus Gregorio Aguirre Moreira  e madre (Classe ID Scuola Secondaria di Ferro di cavallo)

Había un país en que una trompeta mágica, cuyas notas resonaban por todas partes, aseguraban felicidad i alegría para todos. Pero un día, la trompeta desapareció i todos se sumió en tristeza. Nadie hizo nada, salvo un niñoque marchó decidido en busca de la trompeta. Preguntò por todas parte shasta que alguien le llevò a conocer al sabio de las montañas. Este le contò que la trompeta estaba en el pozo de las sombras i le dio un violín que debía serle util. Cuando llegò al pozo, encontrò junto al mismo algunos mùsicos, tocando melancòlicas melodías i se uniò a tocar con ellos. Pero al oír aquella mùsica tristona, se dio cuenta que nadie, i menos la trompeta, querría salir del pozo con aquel ambiente. Así que comenzò a tocar la mùsica màs alegre que pudo, sin descanso, hasta animar a los mùsicos, i todos juntos alegraron tanto el lugar que la misma trompeta saliò del pozo màs animada que nunca, llevando de nuevo toda la alegría a todo el país.

LE SETTE FIGLIE (Marocco)

Boubia Israe (Classe ID Scuola Secondaria di Ferro di Cavallo)

&nbsp;وزوجت الاب لاتريد البنات

Sara Roscini &amp; genitori (Classe ID Scuola Secondaria Ferro di Cavallo)

Roscini Sara (Classe ID Scuola Secondaria di Ferro di Cavallo)

La Festa delle Lanterne è un’antica festa tradizionale cinese, che&nbsp;chiude simbolicamente le due settimane di festeggiamenti per il&nbsp;Capodanno Cinese. Il nome di questa festività deriva&nbsp;dall’usanza popolare di appendere lanterne, realizzate con carta colorata su cui sono rappresentanti paesaggi, personaggi, fiori, uccelli e altre figure. Un'antica leggenda, che risale al 180 a.C., narra che l’imperatore&nbsp;Han salito al trono, decise che per commemorare l’evento ogni anno avrebbe lasciato il palazzo imperiale per festeggiare con la popolazione. In occasione di questa ricorrenza,&nbsp;tutte le famiglie avrebbero dovuto appendere lanterne colorate lungo le strade e nei luoghi pubblici.&nbsp;Le lanterne che danno il nome alla festività non vengono solo appese, ma anche lanciate in cielo, accompagnate da scenografici&nbsp;fuochi d’artificio. È usanza diffusa il riunirsi con parenti e amici per consumare i tradizionali&nbsp;yuanxiao,&nbsp;gnocchi dolci di farina glutinosa di riso, farciti&nbsp;con varie tipologie di ripieno (pasta zuccherata di soia rossa, sesamo, cioccolato, petali di rosa, crema di fagioli), cotti al vapore, bolliti o fritti. Il gusto varia non solo a&nbsp;seconda del ripieno, ma anche a seconda della zona della Cina in cui vengono prodotti. In ogni caso,&nbsp;la loro forma circolare e candida sta a simboleggiare un auspicio di unione e armonia. Un’altra attività tipica della Festa delle Lanterne consiste nel risolvere degli enigmi:&nbsp;gli indovinelli vengono scritti su pezzetti di carta e incollati alle lanterne volanti. Chi trova il foglietto e la soluzione può recarsi dalla persona che l’ha scritto e verificare. In caso di successo riceve un piccolo dono. Altre attività che animano e caratterizzano il Festival delle Lanterne sono le danze tradizionali del Drago e del Leone. La&nbsp;Danza del Leone&nbsp;è una delle più celebri forme di arte popolare della Cina, praticata per&nbsp;allontanare le forze maligne e attirare la fortuna, in quanto il leone rappresenta il coraggio e la forza. Anche il protagonista dell’altra danza, il&nbsp;Drago, animale sacro per i cinesi, rappresenta un simbolo di buon auspicio.

LA NASCITA DI PERUGIA E CORCIANO

Chioccia Lorenzo (Classe I A Scuola Secondaria Olmo)

Hanno partecipato al progetto le famiglie e gli alunni delle classi: 1°A e 2°A della scuola secondaria di Olmo. 1°D, 2°D e 3°E della scuola secondaria di Ferro di Cavallo. Con la guida e il sussidio delle docenti e dei docenti Simona Argentati Gabriella Biocco Barbara Dominici Fabio Imbergamo Maria Florencia Rodriguez Maria Luisa Sementilli Elena Tampellini Un ringraziamento speciale va ai genitori, ai nonni e ai parenti che ci hanno donato le loro voci calde e le loro parole antiche.

In Patagonia viveva il popolo Tehuelche che, prima dell’inverno, emigrava verso nord alla ricerca di cibo e riparo dal freddo. C’era una volta Koonex, un’anziana guaritrice della tribù che, a causa della sua età, non poteva più camminare; comprendendo la legge naturale della vita, decise di accogliere il proprio destino e rimase da sola in una tenda fatta di pelli in attesa del sua sorte, osservando come tutti gli esseri viventi si allontanavano, lasciandola morire. Trascorsero molti soli e molte lune, fino all’arrivo della primavera che portò con sé i primi germogli, le prime rondini e i pappagalli chiacchieroni. La leggenda narra che, dopo il ritorno della vita, sulle pelli della tenda di Koonex si posò uno stormo di uccelli che cantavano allegramente. All’improvviso, si udì la voce dell’anziana guaritrice che, dall’interno della tenda, rimproverò lo stormo per averla abbandonata durante il freddo e lungo inverno della Patagonia. Un pappagallo, sorpreso, le rispose: “ce ne siamo andati perché in autunno il cibo scarseggia, e in inverno non abbiamo un posto dove ripararci dal freddo”. “Vi capisco”, rispose Koonex, “ed è per questo che, da oggi, avrete cibo in autunno e un riparo per l’inverno, così non mi lascerete mai più da sola”. L’anziana tacque. Una raffica di vento capovolse le pelli della tenda dalla quale si era udita quella voce e, al posto di Koonex, comparve un bellissimo arbusto spinoso, pieno di profumati fiorellini gialli che, durante l’estate, diventarono frutti e prima dell’autunno cominciarono a maturare, assumendo un colore bluastro e un sapore squisito. La leggenda narra che, da quel giorno, alcuni uccelli non emigrarono più e quelli che erano andati via, appresa la notizia, tornarono per assaggiare i nuovi, deliziosi frutti dei quali rimasero affascinati. Fu così che il popolo tehuelche, al ritorno dalla migrazione, lo assaggiò e ne rimase estasiato, coltivando quel frutto per sempre e adottando un nuovo modo di dire: “chi assaggia il calafate, torna sempre”.

Margherita Bicorgni e fratello (Classe ID Scuola Secondaria Ferro di Cavallo)

C'era&nbsp;una&nbsp;volta&nbsp;un&nbsp;pastore&nbsp;di&nbsp;nome&nbsp;Petrica.&nbsp;Un&nbsp;giorno&nbsp;d'autunno&nbsp;pensò&nbsp;di&nbsp;fare&nbsp;uno&nbsp;scherzo agli abitanti&nbsp;&nbsp;del villaggio. Così iniziò a tessere una grande bugia&nbsp;con&nbsp;tale&nbsp;abilità&nbsp;che&nbsp;gli&nbsp;abitanti&nbsp;del&nbsp;villaggio&nbsp; gli&nbsp;credettero. "Ogni&nbsp;notte&nbsp;il&nbsp;lupo&nbsp;viene&nbsp;all'ovile,&nbsp;grido&nbsp;aiuto,&nbsp; ma&nbsp;nessuno&nbsp;può&nbsp;sentirmi e&nbsp;combatto&nbsp;solo col&nbsp;mio&nbsp;respiro!"- disse loro Petrica.&nbsp;Gli&nbsp;abitanti&nbsp;del&nbsp;villaggio&nbsp;gli&nbsp;credettero&nbsp; e&nbsp;decisero&nbsp;di andare&nbsp;in&nbsp;suo&nbsp;aiuto. Una&nbsp;notte,&nbsp;iniziarono a sentire tutti&nbsp;Petrica&nbsp;che&nbsp;gridava:&nbsp;"Aiuto!&nbsp;C'è&nbsp;il&nbsp;lupo&nbsp;nell'ovile!" Gli&nbsp;abitanti&nbsp;del&nbsp;villaggio,&nbsp;avvertiti,&nbsp;saltarono&nbsp;su&nbsp;e&nbsp;giù. Petrica&nbsp;rise&nbsp;di&nbsp;loro&nbsp;con&nbsp;la&nbsp;bocca&nbsp;grande fino alle&nbsp;orecchie: -&nbsp;"Ah,&nbsp;ah,&nbsp;ah!&nbsp;Che&nbsp;scherzo&nbsp;vi&nbsp;ho&nbsp;fatto!" E gli abitanti&nbsp;&nbsp;del villaggio tornarono a casa molto&nbsp;&nbsp;arrabbiati. Non&nbsp;molto&nbsp;tempo&nbsp;dopo, però,&nbsp;il&nbsp;lupo&nbsp;arrivò veramente all'ovile. -&nbsp;"Aiuto!&nbsp;&nbsp;C'è&nbsp;È&nbsp;il&nbsp;lupo&nbsp;nell'ovile!",&nbsp;gridò Petrica, ma&nbsp;invano,&nbsp;perché&nbsp;nessuno&nbsp;gli&nbsp;credette. Petrica&nbsp;combatté&nbsp;con il&nbsp;lupo&nbsp;ma&nbsp;vedendo&nbsp;che&nbsp;non&nbsp;aveva&nbsp;possibilità&nbsp;di&nbsp;successo si diede alla fuga. Così,&nbsp;Petrica&nbsp;perse&nbsp;la&nbsp;sua&nbsp;pecora&nbsp;e stava&nbsp;quasi&nbsp;per essere&nbsp;mangiato&nbsp;dal&nbsp;lupo.&nbsp;&nbsp; "Dove non c'è testa, guai ai piedi".

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Era il tempo di Maria Sarmiento quando accadde questa storia. È stato ieri ma potrebbe anche essere oggi. In una notte d'inverno fredda ma molto fredda tornava il taglialegna Juan Alpargata con il suo carico di legname sulle spalle. Juan era un uomo già anziano e così povero che aveva solo il suo nome. Stanco per la lunga giornata di lavoro e vinto dal freddo, si sedette a riposare dopo aver lasciato il fastello di legna sopra un muro. Nel cielo brillava la luna piena illuminando le strade, i campi e le colline della sua terra. Il vecchio e stanco taglialegna si fermò a guardare intensamente la luna e a voce alta espresse un desiderio: "Luna, scendi e portami via!" La luna osservò con attenzione Juan e sentendo pena per lui, scese e se lo portò via con sé. Da allora, quando brilla la luna piena, si vedono alcune macchie scure che altro non sono che la legna sparsa che portava Juan con sé. E così finisce la storia dell'uomo che fu portato via dalla luna.&nbsp;

Poesia per la festa della mamma&nbsp;(Polonia)

Adem Draoui e madre (Classe IIIE Scuola Secondaria di Ferro di Cavallo)

Mamma, mamma, cosa ti darò? Ho solo un cuore e in quel cuore c'è un fiore. Mamma, mamma, vivi cento anni! Ricevi, cara, madre, auguri dal cuore: buona salute, molto ottimismo e tutti i sogni che si avvereranno. Per il tuo tenero cuore, per la tua saggezza, nel giorno della tua festa, grazie cento volte!

oggi, cara mamma, Hai una faccia sorridente tienila tutto l'anno è la tua festa! Felicità, salute, prosperità, solo momenti di gioia nella vita, dolori, disagi, lacrime, lascia che quello che vuoi diventi realtà!

Si dice che un giorno il Sole scese sulla terra sotto forma di un bel giovane per andare a ballare, ma un drago lo rapì e lo chiuse in una prigione oscura. Poiché non c’era più calore e i raggi del sole non accarezzavano più nessuno, il mondo cambiò e i bambini non ridevano più.&nbsp;Tuttavia, un giovane di nome Martisor, ebbe il coraggio di affrontare il drago per liberare il Sole. Dopo un viaggio di tre stagioni, il coraggioso giovane raggiunse il drago e combatté con lui per giorni e notti fino a che non lo sconfisse.&nbsp;Il giovane liberò il Sole che saltò nel cielo sereno. La natura allora si risvegliò, le genti tornarono felici e in armonia tra di loro, ma il nostro giovane non arrivò a vedere la gioia della primavera. Tutto il suo sangue scorreva sulla neve immacolata e la scioglieva. Nel punto in cui cadevano le gocce del suo sangue spuntarono dei fiori bianchi.

Flash blue

Alessandro Zampini e papà (Classe ID Scuola Secondaria di Ferro di cavallo)

Chi cammina ‘nciampca...

La Madonna Candelora de l’inverno semo fora, ma se piove o tira vento de l’inverno semo dentro.

Chi spizzca ‘n digiuna...

C’era una volta, tanto tempo fa, una famiglia composta da sette figlie, una madre e un padre. La madre morì e il padre si risposò. La matrigna non sopportava le figlie e quindi chiese al padre di abbandonarle, ma il padre non volle. La matrigna finse di essere incinta e di non sopportare più le figlie. Il padre, felicissimo della notizia, a malincuore&nbsp;decise di abbandonare le figlie. Il padre disse&nbsp;alle figlie che avrebbero&nbsp;fatto un picnic. Le figlie, felici di uscire&nbsp;con il loro padre dopo tanto tempo dalla morte della madre, accettarono. Il padre portò con sé dell’orzo, si diresse con le sette figlie in un bosco lontano e buio, buttò l’orzo per terra e disse&nbsp;loro di raccoglierlo granello per granello finché non fosse tornato. Il padre le abbandonò lì. Le figlie continuarono a raccogliere l’orzo finché non diventò notte. Il padre non arrivava e le figlie lo credettero morto e pensarono che l’avesse mangiato un lupo. Le figlie, stanche, videro una luce, la inseguirono e trovarono una casa calda piena di cibo. Per sbaglio si addormentarono. Quando si risvegliarono si ritrovarono in una stalla con un cane. Le figlie pensavano che la matrigna le sarebbe venute a cercare anche se era stata lei a convincere il padre ad abbandonarle. Le figlie aspettarono anni e anni ma nessuno si fece vedere.

Chi vecchio non crede d’essere, nella salita si ricrede. Il primo detto è riferito al fatto che le persone anziane spesso pensano di poter fare e agire come una persona giovane perché non percepiscono il trascorre del tempo. Poi, nei fatti, si accorgono che trovano delle difficoltà reali.

Dura di più un coccio rotto aggiustato che uno sano. Il secondo detto è riferito al fatto che un tempo il pentolame o le suppellettili erano di coccio e si aggiustavano, non venivano buttati via come ora. Questo detto viene usato riferito alla salute delle persone, ovvero al fatto che vive più a lungo una persona che ha malattie, che ha avuto interventi eccetera, piuttosto che una persona sana che può essere colpita da un malore improvviso e muore.

Dalla pianta del fico ci potete prendere uno spunto: quando il suo ramo si incomincia a muovere e spuntano i fiori, capite che sta per arrivare la primavera. Il terzo detto riguarda il fatto che quando una pianta del fico germoglia indica che la primavera sta arrivando.

Il laccio somiglia al sacco, sennò non lega. Il quarto detto dice che una volta i sacchi per contenere i prodotti della terra erano di iuta e i lacci dovevano essere dello stesso materiale del laccio, altrimenti si scioglieva. Oggi, questo detto viene usato per dire che due persone che hanno un legame devono avere gli stessi valori e principi, altrimenti il legame non è duraturo.

LA LEGGENDA DI AGILLA E TRASIMENO

Alessandro Pignattelli (Classe IA Scuola Secondaria di Olmo)

Marble

Tutti nella città di Quinto, in Ecuador, conoscono la storia di Cantuña: é una delle storie piú amate della cittá. Secondo la leggena Cantuña era un architetto e costruttore di grande talento che fece un accordo con il diavolo. Fu assunto dai francescani durante la prima era coloniale per progettare e costruire l’atrio della chiesa che fu completata nel 1680. Sebbene lavorasse diligentemente, procedeva lentamente e divenne presto evidente che non avrebbe terminato il progetto in tempo. Voleva evitarlo, poiché non sarebbe stato pagato (in alcune versioni della leggenda, Cantuña sarebbe andato in prigione se l’atrio non fosse stato completato in tempo). Proprio mentre Cantuña si disperava per tentare di completare l’atrio in tempo, il diavolo apparve in una nuvola di fumo e gli fece un'offerta: Il diavolo avrebbe finito il lavoro dall’oggi al domani e l’atrio sarebbe stato pronto in tempo. Cantuña, ovviamente, in cambio, avrebbe dovuto separarsi dalla sua anima. Il disperato Cantuña accetó l’accordo. Il diavolo chiamó una banda di demoni operai e loro trascorsero tutta la notte a costruire l’atrio.&nbsp;Cantuña era contento del lavoro, ma naturalmente inizió a pentirsi dell’accordo&nbsp;che aveva fatto. Mentre il diavolo non prestava attenzione, Cantuña si sporse e fece cadere una pietra da una delle pareti e la nascose. All’alba del giorno&nbsp;in cui l’atrio doveva essere dato ai francescani, il diavolo venne a pretendere il pagamento. Cantuña indicó la pietra mancante e affermó che, poiché il diavolo non aveva adempiuto alla sua parte dell’accordo, il contratto era nullo. Stupito e arrabbiato il diavolo scomparve in una nuvola di fumo.

LA STORIA DI CANTUÑA E DEL DIAVOLO &nbsp;

Mariam Boudrouss (Classe III E Scuola Secondaria di Ferro di Cavallo)

L' UOMO RICCO NEL MONDO POVERO (Marocco)

الغني في العالم الفقير

ذات مرة كان هناك رجل نبيل ثري قرر استكشاف العالم الفقير لذلك كان يرتدي ملابس مثلهم. يريد أن يتوقف ويشتري شيئًا لكنه نسي المال ، فيذهب إلى البنك لكنه يعامل معاملة سيئة ويسخرون من لباسه ، فقط رجل نبيل يطلب منه إظهار الاحترام له ثم يذهب للتحدث معه ويسأله ما أراده من البنك ، أجاب الرجل أنه يريد المال حتى لو لم يكن لديه البطاقة ، ثم أخبره هذا الرجل الآخر أنه سيعطيه إياها ، ويعود الرجل الغني مرة أخرى ويخبر كل من أهانوه في البداية ، تم طردهم لأنه كان رئيس البنك. وبالتالي&nbsp;الرجل الذي دافع عنه وأقرضه المال سيصبح هو الرئيس.

LA FESTA DELLE LANTERNE (Repubblica Popolare Cinese)

Guo Sun Xuanle e Hu Liya (Classe II A Scuola Secondaria Olmo)

EL HOMBRE AL QUE SE LO TRAGO' LA LUNA (Ecuador)

Josuè Sarmiento (Classe ID Scuola Secondaria di Ferro di Cavallo)

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LA VOLPE CHE HA INGANNATO L'ORSO (Romania)

Thomas Corgna (Classe IA Scuola Secondaria di Olmo)

C'era una volta un gruppo di donne algerine analfabete, timide, completamente velate. Indossavano "haikm rema", l'abito tipico algerino, che copre interamente dalla testa fino ai piedi, col viso celato sotto un velo. Un giorno decisero di andare a scuola per la prima volta. Appena entrate in aula si tolsero il velo. La loro insegnante, per insegnare i verbi, scrisse alla lavagna la frase "Omar entra". Subito le donne si misero il velo pensando che fosse entrato veramente questo Omar. Poi l'insegnante scrisse:" Omar è uscito" Le donne allora si tolsero il velo. La maestra, che aveva notato le loro reazioni, cominciò a scherzare. Quando toglievano il velo scriveva: Omar è entrato, quando se lo rimettevano scriveva: Omar è uscito, e così via per tutta la lezione. Quando finalmente tornarono a casa, il figlio di una di loro chiese: "Mamma, è andata bene a scuola?". E la madre rispose: "Ma che cosa vuoi che sia andata bene, con quel ragazzo di nome Omar che entrava e usciva continuamente come un soldato e non ci lasciava studiare niente!"

LA LEYENDA DE CANTUÑA (Ecuador)

Veronica Gonzalez (Classe I A Scuola Secondaria di Olmo)

C'era una volta una volpe che aveva tanta fame. Passa un contadino con il carro pieno di pesce. Lei fa finta di essere morta, così il contadino la carica sul carro per portarla a casa per farne una pelliccia a sua moglie. La volpe butta il pesce lungo la strada, salta giù dal carro, raccoglie il pesce poi lo porta nella sua tana." Arriva l'orso e dice:" Dove hai preso tutto quel pesce?" La volpe inganna l'orso raccontando che lo ha pescato nel lago ghiacciato con la sua coda. Allora l'orso, durante la notte, va sul lago, fa un buco nel ghiaccio ci mette la sua coda e aspetta. Ma durante la notte fa molto freddo così la coda rimane incastrata nel ghiaccio. Il povero orso cerca di toglierla ma così se la strappa via. Corre nella tana della volpe per picchiarla, ma lei si è nascosta nel tronco di un albero e l'orso, che è più grosso, non riesce a raggiungerla; prova con un bastone ma non ce la fa.

La diversità culturale rappresenta un valore per lo sviluppo umano simile al valore della biodiversità per la natura. Questo progetto vuole essere un'occasione di condivisione e scambio di parole, suoni e storie raccontate da sempre in tutto il mondo.

Craft paper border

Chiara Cappelli (Classe ID Scuola Secondaria di Ferro di cavallo)

Chi vecchio ‘n se crede, ‘n to la salita s’arcrede.

Dura più ‘n coccio rotto artoppato che uno sano.

Da la pianta de la ficara ce potete pia’ ‘no spunto: quanno lu ramo sua s’encomincia a move e spunta la cacciata nova, capite che sta p’arrivà la stagione bona.

Lu laccio arsomia da lu sacco, sinnò nun lega.

Francesco Fumanti (Classe IIIE Scuola Secondaria di Ferro)

Era, come le bestie, uno spirito della terra; non aveva paura del tempo, né della fatica, né degli uomini. Sapeva portare senza sforzo, come tutte le donne di qui, che fanno, invece degli uomini, i lavori pesanti, i più gravi pesi. da "Cristo si è fermato a Eboli" di Carlo Levi

LA LEGGENDA DEL CALAFATE (ARGENTINA)

Dilesia Shahini &amp; docente tirocinante Maria Florencia Rodriguez. Lettura di Emilia Susana Iacovino.

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FILASTROCCA DELLA GATTA SENZA CODA (Albania)

Silvia Shala (Classe IA Scuola Secondaria di Olmo)

C’era una volta Una gatta senza coda Che andava nel pagliaio con la paglia E nella tina piena di carne. Quella maledetta gatta senza coda Che non lasciava né polpa né osso Faceva ogni giorno Natale e Pasqua.&nbsp;

LA TROMBA DELL'ALLEGRIA

C'era un paese nel quale una tromba magica, le cui note risuonavano in ogni parte, assicurava felicità e allegria a tutti. Però, un giorno, la tromba sparì e tutto diventò triste. Nessuno fece niente, tranne un bambino che si incamminò deciso in cerca della tromba. Chiese a chiunque finché qualcuno lo portò a conoscere il saggio delle montagne. Costui gli raccontò che la tromba stava in fondo al pozzo delle ombre e gli diede un violino che gli sarebbe stato utile. Quando arrivò al pozzo, incontrò alcuni musicisti che suonavano melodie malinconiche e si mise a suonare con loro. Però, al sentire quella musica triste, si rese conto che nessuno, nemmeno la tromba, avrebbe voluto uscire dal pozzo con quell'atmosfera. Così cominciò a suonare la musica più allegra che poteva, senza riposare, incitò anche gli altri musicisti e tutti insieme rallegrarono tanto il luogo che alla fine la tromba uscì dal pozzo più vivace che mai, portando di nuovo l'allegria in tutto il paese.

FIABA ALGERINA "LE DONNE TIMIDE"

Selmane Hadil (Classe IIA Scuola Secondaria di Olmo)

Costache Ana Maria (Classe IA Scuola Secondaria di Olmo)

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Francesca Annunziata (Classe IIA Scuola Secondaria di Olmo)

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