UNA GIORNATA A CAPRI CON ALUNNI DI UNA QUARTA SUPERIORE TRA NATURA, CULTURA ED ARTE. 

UNA CLASSE A CAPRI

“[…] Quattromila abitanti coltivano l’isola, ed erano in quel tempo fedeli al presidio inglese, forte di milleottocento soldati. Dovunque mai uomo ardito approdar potesse, l’impediva o fossa, o muro, o guardia; chiudevano il porto e la marina batterie di cannoni; cinque forti, uno ad Anacapri, quattro in Capri, bene armati, difendevano ogni parte del terreno; la città era cinta di mura. Gl’Inglesi, credendo quel posto inespugnabile, lo chiamavano «la piccola Gibilterra»; ma nulla trattener poteva l’impeto militare di Gioacchino, che tenevasi a vergogna vedere dalle sue logge sventolare la bandiera nemica, e starsi i presidi sicuri e spensierati. Maturato il disegno, armate molte barche, più molte caricate di soldati francesi e napoletani, dato supremo comando al general Lamarque, nella notte del 3 ottobre muove la spedizione dal porto di Napoli, ed altra minore da Salerno. Al mezzo del giorno 4 l’isola è investita da tre parti: al porto, alla marina, ad un luogo alpestre dal lito di Anacapri: de’ tre assalti i due primi erano finti, benché, per numero di barche e per impeto, i più veri apparissero; quello di Anacapri, modesto e quasi inosservabile, era il vero.

A Sorrento c’è un venticello glaciale, fa freddo, nuvole di addensano sopra di noi. Ma Capri ci sorprende, un sole tiepido ci attende, ci spalanca le porte, ci abbraccia nel tepore e ci consola. Sarà una giornata calda, ma di un caldo che non soffoca, di un azzurro che solo il mare di Capri possiede, terso, tendente al lapislazzulo, allo zaffiro. Il cielo è turchese. Ci siamo davvero regalati un giorno incantevole. I nostri allievi, futuro ufficiali di bordo, ci precedono. Si sale in piazzetta attraverso la funivia, una scalata lenta al Paradiso sulla terra. È una di quelle giornate in cui Capri non è assalita dagli innumerevoli visitatori, ed è bello ritrovarsi in piazzetta liberi di godere della sua tranquillità. Tra pochi giorni ci sarà l’assalto dei turisti impazziti di godere le meraviglie dell’isola.

Giorgia, la nostra prof di Diritto, qualcuno del gruppo della nostra classe dice che bisogna chiamarla prof. Valente, ma oggi è solo Giorgia, richiama tutti ad affrettarsi. L’aliscafo del rientro è alle 16.05. Di fretta, confondendoci con i bimbi di tre anni, le cui vocine riempiono le strette strade percorse da piccole macchine elettriche, ci lanciamo verso la piazzetta, poi sempre a piedi fino al porto. Non ci reggono più i piedi per la fatica, ma ne è valsa la pena. Saliti a bordo, il vento tra i capelli, il sole che inizia a terminare il suo corso, chi alla fine cede alla stanchezza appoggiandosi alla spalla del compagno, chi ha ancora negli occhi la magnificenza del luogo, compresi i negozi di via Camerelle, ci avviciniamo all’alta costa di Sorrento pronti a riprendere la nostra vita. Domattina si torna a scuola. Gli alunni della IV E opzione CMN

Il gruppo dei nostri studenti si riunisce … Decidiamo di prendere un caffè al volo, al bar della piazzetta proprio sotto il campanile. Ci vorrà energia per accingerci alla scalata, perché una vera e propria ascesa alla prima Villa in programma e’ stata, la Villa Jovis. Ce ne accorgiamo poi, strada facendo, che quel caffè squisito, offertoci dagli amabili allievi e quel dolcino sarebbe stata la nostra riserva di energia per un’ardua impresa. Viuzze pulitissime, impreziosite da ville, viali abitati da piante antiche, gatti che sbucano all’improvviso o che si stanno da poco svegliando ci distraggono dalla fatica dell’inerpicarsi alla scoperta dei numerosi regali che ci dona la fanciulla, Capri la bella, lei, unica e bellissima, come una ninfa del mare, dei boschi, del cielo.

Ma oltre ad essere l'eremo di Fersen, Villa Lysis divenne anche punto di riferimento per artisti, intellettuali, poeti, scrittori che arrivavano a Capri che fin dagli inizi del Novecento cominciavano a frequentare l'isola e a decantarne la sua bellezza. Qui davanti alla statua facciamo la foto di gruppo, per ricordarci di quando decidemmo di andare a Capri con le nostre prof. Giusy Cuomo, Fortunata Russo e Giorgia Valente. Nel giardino della villa vi è ancora un tempietto neoclassico circolare caratterizzato da colonne ioniche, mentre un sentierino sterrato scende direttamente al mare. Da Villa Fersen prosegue il nostro itinerario naturalistico fino ad arrivare alla balconata che si affaccia sulla penisola sorrentina in prossimità della zona di Marciano, comune di Massa Lubrense.  Siamo a due passi da noi, ci affacciamo ed il mare è così cristallino da mostrare i fondali. Certe cose, pensi, si vedono solo in fotografia, forse con gli effetti speciali, si amplificano colori e contorni, ma adesso ti convinci che Capri è essa stessa un effetto speciale, un fotomontaggio, un qualcosa che sembra impossibile che esista. Capri è arte, ed oggi abbiamo visitato un museo a cielo aperto, i nostri occhi sono pieni di bellezza, ci inebria i sensi questa bellezza, ci sentiamo parte di un miracolo di natura e sapiente creazione dell’uomo.

In tutto quel giorno, il re da su le logge guardò gli assalti e le difese, spedì ordini e provvedimenti, non cessò che per la notte; ed al dì vegnente, non ancor chiaro il giorno, ripigliò le sospese cure; ma dipoi, impaziente, si recò a Massa, prossimo il più che poteva a Capri. V. Nello stesso giorno, esplorato il promontorio di Anacapri, posti i campi, formata batteria di cannoni per offendere, benché ad estrema portata, la sottoposta città, si ordinarono tutte le parti del militare servizio chiamando in fretta altre schiere, che giunsero per la via stessa del primo sbarco, non avendo trovato nella calma delle osservazioni altro luogo men disagevole di quello scelto fra i moti e le sollecitudini della guerra. Aspettata la notte per discendere in Capri, credevasi ad ogni passo incontrare il nemico, giacché per case, muri ed altri impedimenti era il terreno adatto alle difese; ma il colonnello Lowe con più di mille soldati tenevasi chiuso nella città, onde noi, cingendola di posti nella notte, cominciammo nel vegnente giorno ad assediarla.

Ma il mare si fece procelloso, le nostre navi presero il largo; lo avvicinarsi al primo scoglio era impossibile, piccolo stuolo di audaci che lo tentò fu sommerso, cessò lo sbarco. Non bastando i disbarcati all’impresa (giacché di cinquecento, sette erano morti, centotrentacinque feriti), si attese la notte oramai vicina, sperando che coprisse al nemico la pochezza de’ nostri mezzi, e gli aggiungesse spavento. Frattanto si combatteva in tutto il giro dell’isola: il colonnello Lowe, dotto in astuzie di Polizia, inesperto di guerra, disordinò, confuse tutte le regole del comando; come agevolmente movevano in mare le nostre barche, così a stento nell’isola egli faceva volteggiare i presidi, senz’opera e senza scopo, ed intanto Anacapri ed un piccolo reggimento maltese che il guerniva, non erano afforzati. Giunse la notte, e le apparenze, non le cure di guerra, cessarono.

Il cielo fu per noi. Dopo breve oscurità la luna, uscita limpida e piena su l’orizzonte, illuminò la cresta della collina che il nemico guardava. Visti i soldati inglesi da noi che i macigni e le ombre del colle coprivano, erano uccisi o feriti; e sì che, arretrandosi, lasciando alcune ascolte, che presto cadevano o fuggivano perché da tutti i nostri mirate ed offese, restò il luogo deserto. Ed allora formata in due colonne la nostra piccola schiera, superati senza contrasto quegli ultimi ostacoli del terreno, marciando chetamente una colonna per la diritta, l’altra per la sinistra de’ macigni, dietro a’ quali, a strepito e ad inganno, pur si lasciarono alcuni soldati a durare il fuoco, giungemmo inosservati al piano del colle, poco lontani dalle squadre nemiche.

Il porto di Sorrento e il porto di Capri distano circa 9 miglia marine l'uno dall'altro e i traghetti Sorrento Capri viaggiano con traversate notturne e diurne. Capri è l’isola che tutti amano percorrere e vivere. Ci decidiamo a vivere anche noi il nostro giorno sull’isola dell’amore. Siamo una classe quarta del Nino Bixio di Piano di Sorrento e tre docenti, di matematica, diritto e letteratura, un bel trio. È un mercoledì d’aprile, il 19 aprile, ed è il primo giorno di sole di questa primavera un po’ matta, piovosa, fredda, capricciosa. Il viaggio è stato programmato, è una di quelle uscite didattiche che, dopo la pandemia, sono desiderate come l’aria che serve a respirare, e sopraggiunge dopo un lungo e faticoso inverno. In classe abbiamo anche due ragazzi che abitano sull’isola e ne conoscono i sentieri ed i segreti. Siamo in una botte di ferro, come si suole dire. L’appuntamento è al porto di Sorrento. Da lì salpiamo intrepidi alla volta del magico approdo. Ci vuole poco, venti minuti e siamo arrivati. Controlliamo i ragazzi, sia al porto che sull’aliscafo. C’è sempre qualcuno che sfugge, o arriva in ritardo, o si distrae. Ognuno il suo stile, ognuno diverso direbbe Vasco, ognuno perso…

Dopo la lunga parentesi storica, ultima tappa di questo giorno insolito è Punta Tragara. Punta Tragara, il belvedere di Capri. Il posto perfetto per ammirare i faraglioni dell'isola e le acque del mare. E dove sembra di vivere un sogno.

Ci fermiamo. La piazzetta panoramica si è trasformata in un’aula scolastica, da un lato noi giovani adolescenti di una prestigiosa scuola nautica, dall’altro bambini di un asilo di Capri, anche loro in uscita verso il sole e l’azzurro con le maestre attente, e tutti in fila di nuovo in classe. Una mescolanza insolita di età, accomunati da una sete di luce, sole, tepore, bellezza, curiosità, gioco, ma ordinati, incoscientemente consapevoli del ruolo che ha la scuola, il senso del dovere, l’impegno. Ci sono foto di questo momento, foto che sembrano dipinti. Questo si potrebbe intitolare: Nel sole e nell’azzurro. Anche qui c’è una breve parentesi storica. La prof Giorgia Valente fa notare una targa sul muro dell’Hotel di lusso che porta il nome del luogo. Spicca in essa il nome di Winston Churchill. Il grande statista soggiornò sull’isola più volte. Fece escursioni, visitò luoghi come la Grotta Azzurra, la Certosa di San Giacomo e Villa Jovis. Winston Churchill , uno dei più grandi leader del XX secolo, visitò l ‘isola di Capri in più occasioni. Di certo soggiornò a Punta Tragara, dove è visibile il suo nome campeggiare accanto a quello del generale Eisenhower e dell’architetto Le Corbusier nella targa commemorativa posta all’esterno di quello che durante la Seconda guerra mondiale fu sede del Comando americano e che oggi ospita il celebre hotel di lusso.&nbsp;Siamo immersi praticamente in una dimensione storico-artistico- letteraria incorniciata dalla bellezza.

Qui, sopra piccolo scoglio che le onde coprivano, sbarcammo alcuni uffiziali, ed appoggiando alla rupe una scala di legno, ascesimo all’alto, arrampicandoci per quei sassi per non breve cammino; indi, posta altra scala e salita, giungemmo a terreno alpestre e spazioso, naturalmente coronato di grandi pietre disposte in arco, ultimi e superabili impedimenti per poggiare al dosso dell’isola. Era fatta la strada; succederono a’ primi sbarcati altri ed altri, già più di ottanta tenevano il piede su l’isola, il generale con noi; in cima di ogni scala, per segno e per trionfo, stava piantata la nostra banderuola, e i male accorti difensori nulla avean visto. Fummo alfine scoperti: accorse il nemico sulla cresta della soprastante collina; ma, trattenuto da’ colpi che di dietro a’ macigni si tiravano, e timido, irresoluto, aspettando da Capri i dimandati soccorsi, non osava di appressarsi, e frattanto altri soldati disbarcavano, e sì che in breve cinquecento de’ nostri combattevano.

Il 4 ottobre del 1808 le truppe franco-napoletane di re Gioacchino Murat conquistarono Capri. L’isola era stata occupata dagli Inglesi nel 1806 divenendo una postazione centrale per operazioni di disturbo nel golfo di Napoli. Le navi inglesi che stazionavano nelle acque di Capri minacciavano incursioni e sbarchi, erano oltretutto un costante pericolo per il naviglio mercantile napoletano, così l’obbiettivo della presa di Capri era divenuto per i Napoleonidi estremamente importante. Per due volte lo sbarco delle armate di Giuseppe Bonaparte fu impedito dal maltempo e rimandato. Con Murat le cose andarono diversamente. Egli aveva sempre agognato la conquista dell’isola scrivendo a suo cognato Napoleone, appena due giorni dopo il suo arrivo a Napoli, l’8 settembre del 1808: “Non dispero di poter presto annunciare a Vostra Maestà la ripresa di Capri”. Il re incaricò quello che allora era solo un giovane ufficiale napoletano, Pietro Colletta, di operare una ricognizione delle coste dell’isola governata da Hudson Lowe, futuro carceriere di Sant’Elena. Capri si palesò ai suoi occhi fortificata, ben difesa, ottimamente munita di pezzi d’artiglieria. L’iniziativa si palesa di non facile natura ma Murat non intende rinunciarvi. Così Colletta, nella sua Storia del Reame di Napoli, descrive l’audace impresa:

Una lunga fila di allievi, che, mentre cammina, vuole parlare, scherza con le prof, nella loro insolita veste di amiche più grandi, sorelle maggiori. Si giunge finalmente a Villa Jovis. È’ chiusa, ci dicono, ci sono lavori in corso. Una delusione, avremmo potuto percorrere un’altra strada per vederla, infiltrarci, come ladri, come al concerto dei Pink Floyd quando vennero a Pompei. Anche allora alcuni giovani si intrufolarono per assistere clandestinamente all’esibizione della bellezza. Capri, in ogni suo angolo è teatro di bellezza, merita una trasgressione, è come un concerto della band più incandescente del mondo. È come i Pink Floyd, come i Beatles. Non ce la siamo sentiti. Abbiamo preferito inoltrarci nel percorso boschivo simbolo della macchia mediterranea, un sentiero degli Dei caprese, esplosione di profumi di primavera, di zagare in fiore, pini marittimi, mirti selvatici. È stato bello trascorrere queste ore a contatto con una natura incontaminata fino alla Villa Fersen. Restiamo incantati di fronte a tanta neoclassica bellezza. Abbiamo studiato il neoclassicismo e sappiamo cosa vuol dire la parola “neoclassicismo “, ma non immaginavamo quale sensazione potesse suscitare  in noi trovarci immersi in una sorta di tempio le cui colonne di stampo classico si proiettano verso il mare, un mare solcato dalle scie di aliscafi, mentre il sole prosegue il cammino verso il suo zenit.

Ma gl’Inglesi ch’erano in Ponza ed in Sicilia, avvisati del pericolo di Capri, accorsero con parecchi legni da guerra; e giunti corrispondevano con l’assediata città per la via del porto, rompevano le nostre comunicazioni con Napoli, tentavano o fingevano assalti ad Anacapri, e per continuo copioso fuoco di artiglieria disturbavano l’assedio. Ed allora i Franco-napoletani, offensori ed offesi, con accrescimento di fatica e di gloria, provvedendo alla doppia guerra, formarono nuova batteria (chiamata per onor di assedio «da breccia», ma che distava dalla città trecento metri), così che, aperti i fuochi, le palle, che erano da sei, bucavano i muri senza scuoterli, e bisognò menomare la carica per ottenere qualche effetto di breccia. Ma il colonnello Lowe, timido per sé, vie più discorato da parecchi Napoletani, che, fuggiaschi per delitti o fabbri di congiure, stando in Capri temevano di cader nelle mani della Polizia di Napoli, inalberò bandiera di pace; ed a patti, che si fermarono in quel giorno 18 di ottobre, diede la città, le rocche, i magazzini, tutti gli attrezzi di guerra, e prigioni con sé stesso settecento ottanta soldati inglesi e còrsi, da essere trasportati in Sicilia con giurata fede di non combattere i Napoletani né i Francesi, o gli alleati della Francia per un anno ed un giorno: quei tristi o rei che stavano in Capri ebbero asilo, prima del trattato, sopra i legni inglesi. La città fu consegnata, i prigionieri in due giorni partirono; e fra quel tempo giungevano da Sicilia, ma tardi, altre navi, altre genti, altri mezzi di guerra. Capri restò presidiata e meglio fortificata dai Francesi; perciocché il recente assedio avea scoperto molti errori di arte, e l’isola, di nemica divenuta parte del regno, avea mutate le condizioni di guerra. Il Governo donò i tributi di un anno agl’isolani, ma il dono era minore de’ guadagni che innanzi facevano a cagione della liberalità degli Inglesi, e delle occasioni di controbando, e delle dissipazioni del denaro pubblico fra le sollecitudini della guerra. Quella impresa per celerità, modo ed effetti accrebbe gloria a Gioacchino. […]”

Uno di noi, forse spinto dalle rievocazioni storico- letterarie della prof. esclama: “E’ questo il punto dell’isola da cui i soldati di Gioacchino Murat entrarono a Capri per liberarla dagli inglesi sotto lo sguardo dello stesso che assisteva di fronte, dal Largo dell’ Annunziata?” Il più bravo della classe interviene prontamente facendo un excursus storico molto dettagliato perché tra i compiti assegnati dalla prof. abbiamo approfondito questo episodio che appartiene alla storia del periodo napoleonico e a noi napoletani.

Le assalimmo con impeto, grida, spari e sonar di tamburi; le ponemmo in rotta, e prigioniere si arresero, fuorché poche, più celeri ed industriose, nella confusione della notte e fra gl’intrighi delle strade e del paese, pervenute a chiudersi nel forte. Nella notte istessa, occupata la testa della lunga scala che mena in Capri, e quanta terra si poteva e conoscevasi di Anacapri, fu circondato il forte. Ed a’ primi albòri del dì 5, intimata la resa e minacciato il presidio di sorte estrema, se facesse difesa, che l’ambasciatore (com’è costume) dimostrava inutile, dopo breve consiglio, il forte fu ceduto, altri trecento soldati si diedero prigioni, e, uniti a’ quattrocento già presi, furono a trionfo mandati in Napoli. Vi giunsero quando la malignità di alcuni, o la timidezza di altri, e la ingenita loquacità della plebe, dispensiera di sventure, diceva noi morti o presi: noi già padroni di Anacapri, perciò dell’isola, superbi di avere espugnato luogo fortissimo, assalitori, benché di numero quanto la quarta parte del presidio nemico, e tenendo prigioni al doppio delle nostre forze; noi, se Francesi, lieti di combattere sotto gli occhi di capitano antico e valorosissimo, e se Napoletani, più lieti perché ammirati dal nuovo re, dalla nostra città spettatrice, e facendo gara di arte e di animo con le schiere francesi.

Il successo esalta Murat che nel comunicato ufficiale acclama il valore delle truppe napoletane “che si son mostrate degne di combattere a fianco di quelle imperiali”. Napoleone però fece cancellare questa frase, il Corso mostrò irritazione anche per le modalità con cui il successo di Capri era stato comunicato ufficialmente, una semplice nota del Ministro degli Esteri: “Questo è ridicolo; Capri essendo stata conquistata dalle mie truppe, io dovevo aver conoscenza di questo avvenimento dal mio ministro della guerra, al quale voi dovevate renderne conto. Bisogna aver cura di non far nulla che possa, su questo punto, ferire me o l’esercito francese” (M. Mazzucchelli, Gioacchino Murat, Milano 1932). Questi litigi furono solo i prodomi di quanto accadde più tardi tra i due.

Comprendiamo anche perché fin dai tempi remoti qui persino un imperatore, Tiberio, aveva fatto costruire per se’ una specie di splendido rifugio. Nel 27 d.C., a 67 anni, Tiberio decise di allontanarsi da Roma e stabilirsi a Capri, dove si ritirò nel punto più alto e più inaccessibile: Villa Jovis (che purtroppo non siamo riusciti a visitare). Secondo la tradizione, ben 12 sarebbero state le ville edificate da Tiberio a Capri. La famosa Grotta Azzurra null'altro sarebbe se non una delle sue piscine private. Da questa altezza, prima di proseguire, notiamo tra le rocce la villa di Curzio Malaparte, squadrata, dipinta di rosso ed adagiata come un nido d’aquila a picco sul mare blu solcato da imbarcazioni da diporto. Insolita la prospettiva dall’alto. Di solito l’abbiamo vista dalle barche quando abbiamo costeggiato l’isola. È’ diverso da qui. Vista dall'alto Villa Malaparte è un parallelepipedo color rosso pompeiano che emerge dalla roccia aspra di Punta Masullo puntellata dal verde degli alberi, più in basso della passeggiata del Pizzolungo . Sotto c'è soltanto il mare brillante che cambia gradazione di blu vicino alle rocce. La nostra prof di Letteratura ci spiega che la villa è un' icona dell'architettura razionalista italiana realizzata dallo stesso Curzio Malaparte scrittore, intellettuale, giornalista e poeta che per anni visse proprio in questa sua magnifica dimora arroccata sulle scogliere di Capri.

E questi siamo noi...fotografati dalla prof. Giorgia Valente

Un giorno di scuola particolare: alla scoperta di Capri!

Classe IV E dell'Istituto Nautico "Nino Bixio" di Piano di Sorrento Anno scolastico 2022/23 19 aprile 2023

La riuscita dell’impresa è accolta positivamente da Napoleone. L’imperatore già il 18 settembre aveva fatto sapere che “la presa di Capri sarebbe cosa ottima poichè farebbe temere, agli Inglesi, per la Sicilia…”, ma non va tutto secondo i piani. Il generale Lamarque concesse alla guarnigione inglese di trasferirsi in Sicilia. “Non posso che esprimervi la mia meraviglia per l’armistizio che avete accordato al nemico. Al suo rifiuto d’arrendersi dovevate continuare il fuoco. Ve lo ripeto: la guarnigione doveva essere fatta prigionierà”, scrisse Murat al generale. Più tardi anche Napoleone gli diede ragione: “Ho letto con piacere la vostra relazione sulla presa di Capri. Penso come voi che il generale Lamarque ha commesso una bestialità a lasciarsi sfuggire gli inglesi”.

La storia della villa ci incuriosisce. Ce la racconta una giovane laureanda, con semplicità. Villa Lysis è un luogo speciale e misterioso, legato indissolubilmente alla figura di Jacques Adelswärd Fersen, il nobile parigino che si rifugiò in esilio volontario sull'isola di Capri per allontanarsi dagli scandali che lo avevano travolto in patria. Costruita nel 1904 proprio dal Conte di Fersen, Villa Lysis, una villa in stile liberty, ne rispecchia la sua eclettica personalità: elegante, eccentrica, lussuosa, riservata e nello stesso tempo sfarzosa. Qui il conte riuscì finalmente a godersi fino alla fine dei suoi giorni la sua storia d'amore con il giovane romano Nino Cesarini nella più totale intimità. La loro storia, come ci viene raccontato, fu triste, il conte si tolse la vita nella villa nell’anno del Signore 1923 ( erano gli anni in cui l’Italia si avviava alla dittatura fascita e probabilmente quel periodo non giovò agli spiriti liberi). Fatto sta che sul frontespizio della villa leggiamo un’iscrizione in latino: "Amori et Dolori Sacrum". Anche se non conosciamo il latino, comprendiamo quanta sofferenza abbia spinto il poeta ed intellettuale al “doloroso passo”.

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