ARTE E MITI GRECI - Una galleria di opere d'arte per raccontare i miti greci

MEDUSA IN SCENA, SU UN PALCO E IN UNA CANZONE!

"Medusa"

"...Grazie a lui, l’alba è gioia immortale. Ma una sorte malvagia lo tiene piegato. Il ferro lo inchioda alla roccia; la sua fronte vacilla; in lui, che pende crocifisso, il dolore penetra freddo come una lama. Ore, stagioni, secoli, gli azzannano l’anima, giorno dopo giorno gli si spezza il cuore. Invano il suo corpo si contorce nella stretta; l’istante che fugge disperde il suo pianto nel vento; solo e senza nome, carne abbandonata alla sventura". Tratto dalla poesia "Prometeo" di Simone Weil.

Prometeo legato, Nicolas Sebastian Adam, 1750

Euripide descrive Medea come una donna per cui l’amore è totale e deve essere vissuto nella pienezza. Innamoratissima dell’eroe greco, Giasone, a cui dona due splendidi figli, arriva a tradire suo padre e tutto il suo popolo, addirittura ad uccidere il fratello, pur di aiutare il suo amato nell’impresa di conquistare il vello d’oro. A tal fine, Medea, nipote della maga Circe, utilizza non solo le arti magiche di cui è esperta, ma anche una notevole dose di astuzia e di coraggio. Abbandona la propria patria e segue Giasone a Corinto, aspettandosi da lui lo stesso amore incondizionato ed assoluto, nella certezza di creare con lui la sua nuova famiglia.

 Affresco (cm 38 x 26) raffigurante Medea, proveniente da Villa Arianna a Stabia (cubicolo W 26) e conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli 

Affresco raffigurante Medea, proveniente da Villa Arianna a Stabia e conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli&nbsp;

"Il&nbsp;titano&nbsp;ghermì le faville del fuoco e, nascostele in una canna di nartece, le portò ai mortali. Da allora e solo da allora i nostri antenati riuscirono a carpire il segreto della fiamma e a cessare di tremare per il freddo e per la paura durante la notte, poiché&nbsp;Prometeo&nbsp;sfidò l'inevitabile vendetta degli dei per rischiarare le tenebre dell’umanità". Liberamente tratto dal "Prometeo incatenato" di Eschilo

IL FURTO DEL FUOCO, JAN COSSIERS, 1637

Addolorato dalla perdita della sua amata, Orfeo pianse per sette lunghi mesi, continuando a suonare la sua lira. 

LA MORTE DI ORFEO, EMILE LEVY 1820

APPROFONDIAMO LA NOSTRA CONOSCENZA SU MEDUSA

La storia di Medusa: la Gorgone con i capelli di Serpente

Una galleria di opere d'arte per raccontare i miti greci

La vendetta di Zeus non tardò ad arrivare. Prometeo venne condotto sulla cima del monte Caucaso e qui fu legato ad una roccia con lacci indissolubili. Un'aquila dalle larghe ali, ogni giorno, gli divorava brandelli di fegato. La notte, il fegato dell'immortale Prometeo ricresceva, in un supplizio che non aveva mai fine.

Prometeo incatenato da Vulcano,   Dirk van Babueren,   1623

Prometeo incatenato da Vulcano, Dirk van Babueren, 1623

La vendetta di Medea è atroce e distruttiva.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Il suo obiettivo è far soffrire Giasone. Innanzitutto, uccide, tra terribili sofferenze, la povera Glauce, donandole un manto intriso di veleno mortale. La stessa sorte toccherà anche al re di Corinto, nel momento in cui proverà ad aiutare la figlia a togliersi la veste. Non ancora soddisfatta, tra dolore, tormenti e ripensamenti, decide di togliere all'ex amante il bene più grande, giungendo ad uccidere i suoi stessi figli. Solo ora la sua sete di vendetta è soddisfatta.

Medea uccide i suoi figli, Eugene Delacroix, 1830

Medea uccide i suoi figli,   Eugene Delacroix,   1830

Le gesta del Titano - 

Half tone yellow

AUDIO LIBRO REALIZZATO DAGLI ALUNNI DELLA CLASSE I C LICEO LINGUISTICO DELL'IIS "CARLO LEVI" DI SANT'ARCANGELO (PZ)

ANGELICA CIANCIO, BENEDETTA KAROL FITTIPALDI, GAETANO PRISCO, GIADA BONITO, ILARIA PERGOLA, ISABELLA MARIA UCCELLI, MARIATERESA MASTROPIERRO, MARIA MICHELA VICECONTE, SARA CAVALLO, SONIA GENOVESE, VANESSA ANZALUPO

Si ringrazia il prof. Vincenzo Ciminelli, docente di italiano, per la spiegazione dei miti greci e per il prezioso supporto.

IL MITO DI CASSANDRA Una profetessa di sciagure

Lady Emma Hamilton (1765-1815) as Cassandra George Romney

Lady Emma Hamilton as Cassandra George Romney

Ovidio racconta che Narciso fu il figlio di Cefiso, una divinità fluviale, e di Liriope, una ninfa. La madre era però molto preoccupata a causa della bellezza impareggiabile del suo bambino. Si recò così dall’oracolo Tiresia, che le consigliò di non fargli mai conoscere se stesso. Il bambino crebbe e divenne un adolescente bellissimo, del quale tutti si innamoravano. Narciso, però, respingeva tutti, forse per orgoglio o per forte personalità.

LIRIOPE PRESENTA NARCISO A TIRESIA, GIULIO CARPIONI, 1660

LIRIOPE PRESENTA NARCISO A TIRESIA, GIULIO CARPIONI, 1660

Una ninfa, di nome Eco, si innamorò follemente di Narciso. Ella, però, non poteva dichiararsi in quanto, a causa di una maledizione della dea Giunone, con la sua voce poteva soltanto fare eco a quella di Narciso. Questi la rifiutò bruscamente, condannando la fanciulla a trascorrere il resto della sua esistenza a vagare nelle valli, fino a diventare soltanto una voce.

"Respinta, si nasconde Eco nei boschi, coprendosi di foglie per la vergogna il volto, e da allora vive in antri sperduti.&nbsp;Ma l'amore è confitto in lei e cresce col dolore del rifiuto: un tormento incessante la fa deperire in modo pietoso, la magrezza le raggrinza la pelle e tutti gli umori del corpo si dissolvono nell'aria. Non restano che voce e ossa: la voce esiste ancora; le ossa, dicono, si mutarono in pietre... «Che possa innamorarsi anche lui e non possedere chi ama!». Così disse, e la dea assentì a quella giusta preghiera".&nbsp; Ovidio, Le metamorfosi

«Quisquis amans sequitur fugitivae gaudia formae fronde manus implet baccas seu carpit amaras» «Chi amando insegue le gioie della bellezza fugace riempie le mani di fronde e coglie bacche amare» Maffeo Vincenzo Barberini

"Con questa il dio trafisse la ninfa, con l'altra colpì&nbsp;Apollo&nbsp;trapassandogli le ossa sino al midollo. Subito lui s'innamora, mentre lei nemmeno il nome d'amore vuol sentire e, come la vergine Diana, gode nella penombra dei boschi per le spoglie della selvaggina catturata: solo una benda raccoglie i suoi capelli scomposti. Molti la chiedono, ma lei respinge i pretendenti". OVIDIO, Le metamorfosi

APOLLO E DAFNE, GIOVANNI BATTISTA TIEPOLO

Apollo e Dafne &nbsp;Giovanni Battista&nbsp;Tiepolo&nbsp; (1746)

Capelli di serpente e sguardo pietrificante

La leggenda racconta che Prometeo creò il genere umano, al quale rimase sempre legato da un profondo amore. Prometeo, infatti,&nbsp;insegnò agli uomini a lavorare il legno, modellare i mattoni, costruire le case. Mostrò loro come allevare le greggi, aggiogare i buoi agli aratri e coltivare i campi. Costruì i primi carri e le prime navi. Insegnò agli uomini l'astronomia, i tempi della levata e del tramonto degli astri, i cicli della luna e del sole. Insegnò agli uomini a contare e li istruì nei segni scritti che conservano la memoria delle cose. Indicò agli uomini le erbe medicamentose, e come preparare le misture, gli unguenti e le bevande per guarire le malattie. Rivelò ai mortali i doni nascosti nella terra e l'uso dei metalli. Introdusse l'umanità nelle prime nozioni sociali ed etiche.

Promētheús crea gli uomini, Jean-Simon Berthélemy, 1802

Prometeo crea gli uomini in presenza di Atena, Jean-Simon Berthélemy, 1802

LA CITTÀ DI TROIA BRUCIA IN UN LAMPO. CASSANDRA CORRE AL TEMPIO DI ATENA, INSEGUITA DA ALCUNI GUERRIERI. AIACE IL LOCRIDE, AFFAMATO DI LUSSURIA, LA RAGGIUNGE. STRAPPA VIA LA DONNA AGGRAPPATA ALLA BASE DEL PALLADIO, LA CONDUCE CON LA FORZA FUORI DAL TEMPIO E LA VIOLENTA.

AIACE PORTA VIA CASSANDRA, JOSEPH SOLOMON, 1886

L'AMORE DISPERATO DI ORFEO ED EURIDICE, INTERPRETATO DAL GRANDE PAVAROTTI!

( Luciano Pavarotti )   -   Orfeo ed Euridice    -   "Che Farò Senza Euridice"

"E a lei il Dio: ‘Dato che non puoi essere mia sposa – disse – almeno sarai la mia pianta. Sempre ti avranno i miei capelli, la cetra, la mia faretra, o alloro. Tu accompagnerai i condottieri latini quando lieta una voce accompagnerà il trionfo e il Campidoglio vedrà lunghi cortei. Sui battenti della casa di Augusto, tu medesima, fedelissima custode starai davanti alla porta e proteggerai la quercia che sta nel mezzo; e come il mio capo si mantiene giovane con i capelli intonsi, anche tu porta sempre il vanto perpetuo della fronda". OVIDIO, Le matamorfosi

LA METAMORFOSI DI DAFNE, CARLO CIGNANI, PALAZZO DEL GIARDINO, PARMA

LA METAMORFOSI DI DAFNE, Carlo Cignani, Palazzo del Giardino, Parma

NOI CI SIAMO LASCIATI ISPIRARE DAL MITO DI NARCISO...

"I GEMELLI" NEI "POEMI CONVIVIALI" 1904

"Non posso tacere né gridare la mia sorte, il mio essere. Ho spartito con i mortali un dono divino: per questo fui incatenato al mio destino. Cercai la scaturigine segreta del fuoco che si cela nel midollo della canna, maestro d'ogni arte, via che si apre. Questo fu il peccato di cui pago la pena inchiodato e in catene in faccia al cielo! [...] Guardate il dio incatenato e doloroso, il nemico di&nbsp;Zeus, il detestato da tutti gli dei, che varcano la soglia della reggia di&nbsp;Zeus, perché amo i mortali oltre misura!" Tratto da "Prometeo incatenato" di Eschilo.

IL SUPPLIZIO DI PROMETEO PETER PAUL RUBENS

Il Prometeo di Ronconi - 

La figura di Prometeo secondo Severino - 

COSA PENSA IL FILOSOFO EMANUELE SEVERINO?

Medusa, un tempo tanto bella da rivaleggiare con la bellissima dea Atena, venne da quest'ultima trasformata in un mostro. La sua bocca era armata di denti lunghissimi come zanne di cinghiale; i capelli, da morbidi e lunghissimi, divennero un groviglio di serpenti velenosi; le mani ed i piedi di bronzo avevano artigli da leone, lunghi ed affilati. Questa maschera mostruosa era posta su un corpo da cavallo, con due piccole ali d'oro sulla schiena.

Il suo sguardo aveva il potere di mutare in pietra chi lo avesse incrociato e quindi incuteva terrore sia ai mortali sia agli dei. Anche il sangue di Medusa aveva poteri magici: quello sgorgato dalla vena sinistra era un veleno mortale, mentre quello della vena destra resuscitava i morti ed il possesso di un suo ricciolo poteva assicurare la vittoria sugli avversari.

"PAZZI CHE SFILASTE IN CORTEO INGHIRLANDATO QUESTA PROGENIE NEMICA, FESTEGGIATE L'ULTIMO GIORNO DELLA NOSTRA VITA! QUALI DISGRAZIE SOFFRIRETE, SVENTURATI, SE NON LO FRACASSATE CON ASCE O LO BRUCIATE CON IL FUOCO, PERCHE' NON E' PER MINERVA, NE' PER APOLLO, NE' PER NESSUNO DEGLI DEI CHE CI PROTEGGONO, MA PER LE FURIE, CHE DESIDERANO VENDICARE SU DI NOI IL MATRIMONIO ADULTERO DI ELENA! POVERA TE, CITTÀ DEI MIEI ANTENATI! PRESTO SARAI CENERE LEGGERA! FRA LE MURA SCORRERA' PURPUREO UN MARE DI SANGUE VERSATO ED UN'ONDA DI MORTE!"

CASSANDRA, EVELYN DE MORGAN, 1898

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Nota degli autori Questo lavoro è realizzato nel periodo dell'emergenza Covid-19, in modalità DaD, per dimostrare che la scuola italiana è resiliente ed è in grado di trasformare le difficoltà in opportunità. Anche l'I.I.S. Carlo Levi di Sant'Arcangelo (PZ) partecipa all'iniziativa #lascuolaitaliananonsiferma

A cura della prof. Samantha Petrone

"POTENTE FIGLIA DI ZEUS, DIVINA FRA LE DEE, OSSERVA IL RISPETTO CHE MOSTRANO I GRECI, CHE TANTO STIMI, PER I SUPPLICI CHE SI PROSTRANO DINANZI A TE. NON PERMETTERE CHE QUEST'UOMO EMPIO, CHE HA MACCHIATA LA TUA SACRA DIMORA, TORNI A VEDERE I SUOI, NÈ A METTERE NUOVAMENTE PIEDE NELLA SUA PATRIA".

CASSANDRA CHE IMPLORA MINERVA DI VENDETTA, JEROME MARTIN LANGLOIS, 1810

CASSANDRA CHE IMPLORA MINERVA DI VENDETTA, JEROME MARTIN LANGLOIS, 1810

DINOS DI PROMETEO, PARTICOLARE DELLA CONSEGNA DEL FUOCO

DINOS DI PROMETEO, PARTICOLARE DELLA CONSEGNA DEL FUOCO

"[…] il mio cuore era in pena, quando, il più piccolo dei figli, perché mandato, o per il desiderio di vedere, si fermò sulla soglia della duplice porta; di lì mi disse: “Mamma, vieni! Mio padre Giasone guida un corteo e, vestito d’oro, sprona i cavalli appaiati”. Immediatamente, mi lacerai la veste e mi percossi il petto e non mi risparmiai il volto dai graffi. L’istinto mi spingeva ad andare in mezzo alla folla e a strappare via le corone dai capelli agghindati; mi trattenni a stento dal gridare, così com’ero, con i capelli scarmigliati: “È mio!”, e dal posare le mani su te". Ovidio, Lettere di Eroine

Nel capolavoro di Bernini,&nbsp;Apollo&nbsp;riesce a raggiungere, alla fine di una lunga corsa, la bella Dafne, la quale, sfiorata dalle dita del giovane, inizia la sua trasformazione in albero. Apollo ha il corpo di un adolescente, con i muscoli in tensione; sbilanciato in avanti, compie una rotazione con il busto per afferrare Dafne. Il mantello, che gli sta scivolando via, si gonfia nel vento. È confuso e ansimante. Dafne, invece, intuisce cosa sta accadendo e urla, più per lo stupore che per il dolore: si inarca, ruota il busto e allarga le braccia in alto. Le sue mani e i capelli stanno prendendo&nbsp;la forma di rami e di foglie, le gambe stanno diventando tronco e i piedi&nbsp;radici.

Gruppo scultoreo in marmo "Apollo e Dafne" Gian Lorenzo Bernini, 1622-1625

GRUPPO SCULTOREO IN MARMO, APOLLO E DAFNE, GIAN LORENZO BERNINI, 1622-1625

Gli esseri umani avevano deciso di spartirsi un bue e Prometeo venne incaricato di fare le parti. Poiché il titano voleva di nuovo favorire gli umani, escogitò un trucco: nascose i pezzi di carne migliori sotto un rivoltante ammasso di pelle del bue. Il resto, ossia le ossa e poche frattaglie, le nascose sotto un invitante strato di grasso. Poi invitò Zeus a scegliere per primo la sua parte. L'altra sarebbe toccata agli uomini. Il padre degli dei, ovviamente, scelse la parte che sembrava più succulenta. Quando si accorse dell'inganno, andò su tutte le furie e lanciò una maledizione: da quel giorno gli uomini avrebbero sì sacrificato agli dei solo le parti di scarto degli animali ma, da quello stesso momento, sarebbero diventati mortali. In più, come ulteriore punizione, il vendicativo Zeus tolse agli uomini il fuoco, costringendoli a vivere nell'oscurità della notte.

Prometeo crea l'uomo dall'argilla,   Constantin Hansen,  1845

Prometeo crea l'uomo dall'argilla, Constantin Hansen, 1845

“Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso: che se il Gorgon si mostra, e tu il vedessi, nulla sarebbe del tornar mai suso.” Dante Alighieri, Inferno, Canto IX

Una delle imprese più difficili dell'Eroe Perseo fu proprio quella di uccidere Medusa. In realtà, senza l'aiuto delle divinità, Perseo da solo non sarebbe riuscito neanche a scovare il luogo in cui si rifugiava il mostro. Grazie alla complicità di Atena, che gli consegnò il suo elmo magico e i sandali alati, Perseo riuscì ad uccidere Medusa, decapitandola nel sonno. 

Egli, poi, donò la testa ad Atena, che la mise al centro del suo scudo e sulle proprie insegne, in modo che lo sguardo di Medusa, che non aveva perso il suo potere nella morte, pietrificasse i nemici che avessero avuto l'ardire di guardarla. Dal collo reciso di Medusa nacquero l'eroe Crisone e il cavallo alato Pegaso, i due figli di Poseidone che si trovavano ancora nel suo grembo. Le gocce del suo sangue cadute a terra popolarono il deserto di serpenti velenosi, mentre da quelle che caddero in mare nacque il corallo rosso.

“Una notte, con la piazza illuminata, fui attirato dalla figura del&nbsp;David&nbsp;di&nbsp;Michelangelo. Ma appena vidi il Perseo tutto il resto passò in seconda linea. Rimasi affascinato dallo straordinario equilibrio delle sue magnifiche proporzioni. Perseo, che leva alta la testa di Medusa col suo corpo patetico contorto ai suoi piedi, è l’epitome della tristezza e mi fece pensare al mistico verso di&nbsp;Oscar Wilde: «Perché ogni uomo uccide ciò che ama». Nella lotta di quell’eterno mistero, il&nbsp;bene e il male, il suo scopo era stato raggiunto.” Charlie Chaplin

PERSEO E LA TESTA DI MEDUSA, BENVENUTO CELLINI, 1545

Perseo e la testa di Medusa, Benevenuto Cellini 1545

Disceso negli Inferi, Orfeo dovette fronteggiare il terribile Caronte, traghettatore delle anime dei defunti. Grazie al suono dolce della lira, il giovane riuscì ad ammansirlo e, allo stesso modo, incantò Cerbero, il cane a tre teste che fungeva da guardiano. Dopo varie peripezie, finalmente giunse al cospetto dei due sovrani degli Inferi. Persefone, intenerita dall’amore di Orfeo, permise all’innamorato di riavere la moglie soltanto se, durante il tragitto che li avrebbe condotti fuori dall’Ade, non si fosse mai voltato a guardarla. I due, Orfeo avanti e l’ombra di Euridice indietro, intrapresero così il lungo cammino di ritorno. Ad accompagnarli c’era Ermes, il messaggero degli dei. Sennonché, proprio sulla soglia dell'uscita, Orfeo si voltò, certo di essere ormai fuori. Euridice, che non era ancora uscita, scomparve per sempre.

ORFEO ED EURIDICE, GIOVANNI ANTONIO BURRINI, 1710

"Quale canto sarà mai tanto miserevole da eguagliare il dolore della mia grande sventura? E come potrò mai piangere tanto che io pianga sempre il mio affanno mortale? Me ne starò triste e sconsolato in pianto fino a che i cieli mi terranno in vita: e poiché il mio destino è tanto crudele, non voglio mai più amare nessuna donna". Angelo Poliziano, La fabula di Orfeo

"O sovrani di tutti coloro che hanno perduto la luce del mondo, al quale scende tutto ciò che gli elementi e la natura producono sotto il cielo, ascoltate la ragione dei miei lamenti. Un amore pietoso è la guida dei miei passi: non percorsi questa strada per legare Cerbero, ma solamente per la mia donna. Una serpe nascosta tra i fiori e l'erba mi tolse la mia donna, anzi il mio cuore: per questo conduco la vita in una pena aspra, né posso più resistere al dolore. Ma se in voi c'è ancora una qualche memoria del vostro antico amore [di Plutone e Proserpina], se vi ricordate dell'antico rapimento, restituitemi la mia bella Euridice". Angelo Poliziano, La Fabula di Orfeo, 181-192.

L’idillio di Medea dura qualche anno. Creonte, il re di Corinto, propone a Giasone di sposare sua figlia, Glauce. L’eroe greco considera vantaggioso questo matrimonio, che per lui significa ereditare il regno di Corinto. Il suo unico problema per la realizzazione dell'unione con Glauce è Medea. La donna si oppone con tutte le sue forze e pretende da Giasone un amore totale, lo stesso che lei prova per lui. Invano&nbsp;la nostra protagonista prega l’ormai ex marito di tornare sui suoi passi, facendo riferimento a tutti i sacrifici che lei ha fatto per lui. Giasone è irremovibile sulla sua decisione e a Medea non resta altro che meditare vendetta.

GIASONE E MEDEA,  JOHN WILLIAM WATERHOUSE, 1907

Giasone e Medea, John William Waterhouse, 1907

Orfeo e Euridice erano due sposi innamorati e felici. Il loro amore fu interrotto dal giovane Aristeo, che si innamorò della donna. Euridice, però, non ricambiava questo amore ed era spaventata dalle attenzioni dell'uomo. Un giorno, nel tentativo di sfuggire ad Aristeo, inciampò in un serpente velenoso, che la uccise. Orfeo si disperò e decise di scendere agli inferi per andare a riprendersi la sua amata.

"SENZA PERSUASIONE SIA LE PAROLE DI VERITÀ, SIA QUELLE DI GIUSTIZIA CHE DI INGANNO&nbsp;NON HANNO EFFICACIA. CASSANDRA E' PROFETESSA VERITIERA, MA PER AVER TRADITO UN GIURAMENTO, APOLLO L'HA PRIVATA DEL POTERE DI PERSUASIONE ED ORA LE SUE PAROLE SONO INEFFICACI E NON PIU' DEGNE DI FEDE". UMBERTO GALIMBERTI, GLI EQUIVOCI DELL'ANIMA, 1987.

LADY EMMA HAMILTON COME CASSANDRA, GEORGE RAMNEY

ORFEO ED EURIDICE,FREDERICH LEIGH, 1864TON 

ORFEO ED EURIDICE, FREDERICH LEIGHTON, 1864

Ovidio afferma che Narciso morì consumato dal fuoco di quell’amore irrealizzabile per se stesso. Secondo altri autori, egli si gettò nel fiume, nell’estremo tentativo di raggiungere l’immagine riflessa nell'acqua. Quando le ninfe accorsero per seppellire il suo corpo, al suo posto trovarono dei fiori bellissimi. Si trattava di fiori bianchi e gialli, quelli conosciuti oggi con il nome di "narcisi". Questo termine deriva proprio dalla parola greca narke, che significa stupore (lo stupore di Narciso che vide per la prima volta la propria immagine).

“Del sangue, che dal collo tronco sparse Medusa, in un momento fu formato, E innanzi à Perseo ben guarnito apparse Fuor d’ogni fede un gran cavallo alato. Perseo montovvi, e subito disparse, Che veder volle il mondo in ogni lato. Si drizza contra il Sole, e non s’arresta, Tenendo in man la mostruosa testa.” Ovidio, Le metamorfosi

La morte di Medusa,  Edward Burne-Jones,  1876 - 1879

La morte di Medusa, Edward Burne-Jones, 1876 - 1879

"Ma poi, quale città mi accoglierà? quale ospite offrendomi la sua terra come asilo e la sua casa come rifugio, mi proteggerà? Non ce n’è! Ma restando ancora per poco, se mai mi appaia un baluardo sicuro, e se dovessi morire io stessa, li ucciderò entrambi e avrò la forza di osarlo. No, per la signora che venero sopra tutte e che ho scelta come collaboratrice, per Ecate che abita nei recessi del mio focolare, nessuno di costoro godrà a straziare il mio cuore. Amare nozze preparerò loro e un’amara parentela e triste esilio per me.

Su dunque, non risparmiare nessuna delle arti che conosci, Medea: decidi e agisci. Muovi alla cosa terribile: ora è il momento del coraggio! Vedi quello che ti fanno: e tu non devi far ridere gli sposi, Giasone e la discendente di Sisifo, tu figlia di un nobile padre e della stirpe del sole sei sapiente!" Tratto dalla tragedia di Euripide

Medusa era una delle tre Gorgoni, l'unica mortale, e abitava con le sorelle Steno ed Euriale, in una caverna, nel giardino delle Esperidi, vicino al regno dei morti. Medusa era la più bella delle tre, così bella che fece innamorare perdutamente Poseidone, dio del mare. I due amanti si incontrarono in un piccolo tempio dedicato ad Atena e ciò provocò l'ira della dea, la quale si vendicò, infliggendo a Medusa una terribile punizione.

Paolo Farinati, Poseidone e la Medusa, 1590 circa

Poseidone e la Medusa, Paolo Farinati, 1590

MEDEA, TRA PELLICOLE CINEMATOGRAFICHE...

Giovanni Pacini - Medea - Ouverture

Cherubini: Medea, Overture — Marriner & ASMF

G. A. Benda: Scene from Medea

medea - Trailer

G. A. Benda - Scene dell'opera lirica "Medea"

"C'era una fonte limpida, dalle acque argentee e trasparenti, che mai pastori, caprette portate al pascolo sui monti o altro bestiame avevano toccato, che nessun uccello,&nbsp;fiera o ramo staccatosi da un albero aveva intorpidita. Intorno c'era un prato, rigoglioso per la vicinanza dell’acqua, e un bosco che mai avrebbe permesso al sole di scaldare quel luogo. Qui il ragazzo, spossato dalle fatiche della caccia e dal caldo, venne a sdraiarsi, attratto dalla bellezza del posto e dalla fonte;&nbsp;ma, mentre cerca di calmare la sete, un'altra sete gli nasce:

invaghitosi nel porsi a bere della forma che vede riflessa, s'innamora di una immagine senza corpo: corpo crede ciò che solo è ombra. Attonito fissa sé stesso e senza riuscire a staccarne gli occhi rimane impietrito come una statua scolpita in marmo di Paro".

LADY EMMA HAMILTON COME MEDEA, GEORGE ROMNEY, 1786

LADY EMMA HAMILTON COME MEDEA, GEORGE ROMNEY, 1786