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Concerto di racconti

by Serena Macciocca

Pages 2 and 3 of 189

ISTITUTO COMPRENSIVO ALATRI 2 SACCHETTI SASSETTI
ANNO SCOLASTICO 2021 - 2022
Laboratorio di scrittura creativa
Responsabile del progetto: Prof. Stefano Vari
Tutor: Prof.ssa Maria Rita D'Amico
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LA FAVOLA
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IL NATALE DEGLI ANIMALI
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Una notte di Natale, allo zoo, tutti noi animali ci riunimmo per festeggiare la festività insieme. Eravamo tutti presenti e già seduti al nostro posto, ma uno mancava: il pavone. Quando arrivò, rimanemmo tutti a bocca aperta: lei era stupenda, aveva le piume di un blu acceso con dei cerchi meravigliosi, verdi e con al centro un nucleo nero, e indossava una collana di perle che aveva tutta l’aria di essere costosissima. Con eleganza si sedette al suo posto salutando tutti; vedendola sorridere notai quanto il suo becco fosse lucido e perfetto e i suoi occhi, sorridenti e scuri, emanavano tranquillità. 
Arrivò l'antipasto, poi il primo e dopo ancora tutti gli altri pasti, tutti ci divertivamo, ma notavo che il pavone cercava sempre di attirare l’attenzione su di sé, con battute che a volte facevano ridere, altre invece no. Ma la ignorai… almeno finché non esagerò. 
Era l’ora dei regali, tutti avevano ricevuto regali meravigliosi e ne erano veramente contenti, l’unica che non aveva apprezzato il proprio regalo era lei, il pavone. Iniziò a sbuffare, a volte anche a rispondere male, proprio a noi che cercavamo di farle apprezzare il regalo che le avevamo fatto. Non c’era nulla da fare, era fissa sui suoi pensieri, non voleva affatto cambiare idea. D’improvviso si mise in piedi ed esclamò: “Se davvero volete rendermi felice, dovete darmi tutti i regali che avete ricevuto, perché il mio è davvero orribile; se non me li darete, me ne andrò e non vi sarò più amica!”. 
Tutti gli animali avevano una faccia spiazzata. Nessuno si aspettava una cosa simile da lei. Gli animali naturalmente non potevano fare altro che darle tutti i regali, lei li prese e se ne andò senza dire una parola. Rimasero tutti molto tristi, ma io, che ero il loro capo, il leone, sapevo come risollevare loro il morale, e con dolcezza dissi: “Ragazzi, so che avete perso tutti i vostri regali, però ci siamo divertiti, abbiamo festeggiato e mangiato tutti insieme. Ed essere tristi a causa di uno solo non ha senso. Io non sono affatto triste, so perfettamente che il regalo più grande siete voi, la mia famiglia. Questo è un Natale da cui dobbiamo prendere esempio: ci siamo fidati di qualcuno senza conoscerlo a fondo e per questo ne abbiamo sofferto, ma allo stesso tempo abbiamo capito, grazie a quel qualcuno, il vero significato di famiglia”.
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Aurora Sabellico, classe 3B
LA FORMICA E LA VOLPE
C’era una volta una formica che lavorava su un albero, vicino ad una tana di lupi. La formica, un giorno, vide dal suo albero una volpe che camminava tutta triste e arrabbiata. La formica le si avvicinò e le chiese: “Cos’è successo, amica volpe?”. La volpe le rispose: “I lupi mi hanno rubato tutto il cibo!”. A quel punto la formica, molto gentile, disse alla volpe: “Non ti preoccupare, amica volpe, entrerò nella loro tana e lo riprenderò per te!”. Subito dopo la formica si incamminò verso la tana dei lupi, lasciando la volpe sola a casa sua. La formica era molto piccola, quindi, mentre entrava nella loro tana, non fu vista dai lupi. Appena entrata, però, cercò da tutte le parti, ma non trovò nulla. La formica, dispiaciuta, tornò a casa per scusarsi con la volpe. Arrivata, però, vide uno spettacolo orrendo: tutto il suo cibo, dopo anni di lavoro, era sparito, e con esso la volpe. La formica allora capì che la volpe l’aveva ingannata.

Mai fidarsi ciecamente di nessuno, soprattutto di uno sconosciuto.
C'erano una volta una bellissima civetta e un grande mulo, molto testardo; si conoscevano da molto tempo ed erano migliori amici da una vita; la civetta cercava in tutti i modi di farlo ragionare, ma il mulo non l'ascoltava proprio! Un giorno il mulo si svegliò presto e, nonostante la civetta avesse cercato di dissuaderlo in ogni modo, decise di fare di testa sua e andare in giro in cerca di rogne... ma non era proprio la giornata giusta: il leone si era svegliato con la luna storta ed era pronto a far passare un brutto momento a qualcuno. Il mulo cercava di attaccare briga con tutti gli animali che incontrava, ma nessuno lo assecondava, poiché tutti lo ritenevano inferiore e innocuo; finché il mulo non si avvicinò al leone… e in quattro e quattr'otto fece una brutta fine! La civetta corse verso di lui urlando e piangendo, mentre il leone si puliva i denti con uno stuzzicadenti. La testardaggine del mulo lo aveva portato alla morte ...

Ascolta sempre i consigli degli altri, a volte fare di testa tua potrebbe condurti su una strada sbagliata.
Matteo Zamolo, classe 3A
LA TESTARDAGGINE DEL MULO
C'erano una volta una bellissima civetta e un grande mulo, molto testardo; si conoscevano da molto tempo ed erano migliori amici da una vita; la civetta cercava in tutti i modi di farlo ragionare, ma il mulo non l'ascoltava proprio! Un giorno il mulo si svegliò presto e, nonostante la civetta avesse cercato di dissuaderlo in ogni modo, decise di fare di testa sua e andare in giro in cerca di rogne... ma non era proprio la giornata giusta: il leone si era svegliato con la luna storta ed era pronto a far passare un brutto momento a qualcuno. Il mulo cercava di attaccare briga con tutti gli animali che incontrava, ma nessuno lo assecondava, poiché tutti lo ritenevano inferiore e innocuo; finché il mulo non si avvicinò al leone… e in quattro e quattr'otto fece una brutta fine! La civetta corse verso di lui urlando e piangendo, mentre il leone si puliva i denti con uno stuzzicadenti. La testardaggine del mulo lo aveva portato alla morte ...

Ascolta sempre i consigli degli altri, a volte fare di testa tua potrebbe condurti su una strada sbagliata.
Rayan Haoudi, classe 2A 
IL GHIRO E IL CANE
C’era una volta un ghiro che non aveva mai voglia di far niente. Un giorno gli venne molta fame, ma non aveva voglia di alzarsi dal suo letto. Vide passare dalla finestra della sua camera un cane e allora lo chiamò, lo fece entrare in casa e gli chiese: “Vuoi aiutarmi?”.
Il cane gli rispose: “Certo, che devo fare?”.
E il ghiro: “Siccome mi sono rotto una gamba, non posso muovermi. Mi è venuta molta fame, non è che potresti andare a cogliere per me delle mele sull’albero vicino al fiume?”
Il cane, senza fare domande, partì, colse le mele e dopo dieci minuti tornò dal ghiro e gli disse: “Ecco qui le mele”. Il ghiro lo ringraziò e gli chiese la cortesia di tornare il giorno dopo. Così, il giorno dopo, il cane tornò, prese altre mele al ghiro e gliele portò. E andò avanti così per circa un mese, finché il cane non ne ebbe abbastanza. Un giorno il ghiro gli chiese se invece delle mele poteva portargli delle pere. Il cane uscì brontolando e quando arrivò al pero decise di raccogliere solo quelle marce. Quando gliele portò il ghiro si arrabbiò molto e il cane gli disse: “Mica avevi specificato che non le volevi, quelle marce!”. E ridendo andò via.

Non devi mai approfittarti delle persone che sono buone con te.
Walter Fiorini, classe 2A
LA FIABA
L'IMPRESA DI RAYA
C’era una volta, nel villaggio degli Actachi, una ragazzina di tredici anni di nome Raya, con dei capelli castani e un viso olivastro. Ogni giorno aiutava sua madre nei lavori domestici, poi andava dal padre Islo perché le piaceva salire un po’ sul trono: il padre, infatti, era il capo degli Actachi, una popolazione del sud dell’India. In questo villaggio c’erano diversi mercanti, venditori di alimenti, madri con bambini e padri che lavoravano. 
Un giorno Islo non volle svegliarsi più, voleva solo dormire, e quindi la popolazione si preoccupò. Raya fu la prima ad entrare nella sua capanna, entrò silenziosamente e adagio, ma vedendo il padre con la fronte madida di sudore e il viso sofferente, corse da lui. Subito disse, con tono dispiaciuto: “Che cosa ti è successo, papà?”. Con un filo di voce, l’uomo rispose: “Sono malato, Raya, aiutami!”. Detto questo, perse i sensi. La piccola, sconvolta, uscì dalla tenda e si mise a piangere, non sapeva proprio che fare, così andò dalla madre e le raccontò tutto, ma neanche lei sapeva cosa fare. Le restava soltanto una possibilità: andare dal suo vecchio amico, il saggio del villaggio. Anche se aveva più di cento anni, lui era il migliore amico di Raya e sapeva sempre come aiutarla in qualsiasi situazione, quindi avrebbe saputo farlo anche in quel caso, ne era sicura. Andò da lui e gli raccontò tutto. Il saggio rispose che secondo un'antica leggenda, sul Cima Bianca, un monte altissimo, c’era un fiore molto speciale di colore blu che, se ingerito da una malato, lo curava da qualsiasi male avesse. Disse a Raya: “Aspettami qua”. Andò nel retro della sua capanna e tirò fuori una pergamena piena di polvere e mezza strappata. Si sedette vicino a Raya e disse: “Dovrai seguire i sentieri della foresta della Mujia, attraversare la savana del Bughua e arrampicarti sul Cima Bianca. Tieni, prendi questa pergamena e non fidarti troppo della scorciatoia segnata, bensì della strada più lunga”. 
Raya non perse nemmeno un secondo e partì per l’impresa. Ma, prima che lo facesse, il vecchio le disse: “Prendi questo oggetto, premi il bottone solo quando ti sarà utile!”. 
Raya corse per la lunga discesa della collina e si addentrò nella foresta della Mujia. Appena arrivata si ritrovò davanti una foresta piena di abeti e bacche. Arrivata a metà strada diede uno sguardo alla mappa e vide che stava andando per la via giusta. Arrivò fino ad un cartello di legno scheggiato dove c’era scritto “Savana Bughua”.
Lei, però, visto che era una ragazza furba e intelligente e dalla sua capanna le piaceva guardare la foresta, sapeva già che per quella via c’era una trappola della strega del posto. Quindi passò per una strada alternativa, senza perdere però di vista la sua mappa. Arrivata nel cuore della Savana Bughua, intravide una piramide. Era molto curiosa, perché non ne aveva mai vista una. Entrando nella piramide trovò dell’oro e dei diamanti, ma era dubbiosa e si domandava cosa ci facessero lì tutti quei beni.
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