Inferno 2020

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PROEMIO In un tempo in cui il mondo intero ad una chiusura lunga e tremenda fu costretto,&nbsp; a causa del Covid 19 che chiunque nella propria casa blocca, con coraggio un gruppo di ragazzi, della classe 2g di Tavagnacco,&nbsp; la forza trova di reagire e un’opera comporre. Obbligatorio era in casa rimanere,&nbsp; tra le mura domestiche un fatto inspiegabile accadde,&nbsp; un terribile e angosciante sogno a di noi ognuno,&nbsp; ma anche educativo che farà noi migliori.&nbsp; Perché infatti protagonisti siamo della singola avventura da noi scritta, un semplice sogno,&nbsp;

ma attraverso questo sogno a questa piena di difetti umanità un insegnamento porteremo,&nbsp; un messaggio di cui noi usufruiremo per rendere migliore questo mondo,&nbsp; e la vita nostra e degli altri ancor di più apprezzeremo.&nbsp; Ma adesso ora è che questo viaggio cominci,&nbsp; e la prima emozionante e educativa avventura è il momento che il via prenda, e non sarà un viaggio di cui la paura tu lettore facilmente vinci,&nbsp; questa lettura realtà non sarà, fantasia forse, ma non leggenda.&nbsp; Dunque noi in classe tornati,&nbsp; la professoressa della nostra quarantena di parlare ci chiede,&nbsp;

Folle solitudine di Rebecca De Luca Quasi all’inizio della mia vita, di notte mi lasciai andare nei miei sogni, solitamente ambientati in luoghi lontani da casa mia. Questa volta il luogo era uno dei più insoliti, poiché mi trovavo in una barca assieme ad uno strano essere, di fuoco fatto, che appena vidi, mi spaventai a morte. Sperduta ero nel mare presso Therasia, l’isola sacra del dio vulcano Efesto, che sempre di più si avvicinava agli occhi miei e di quel terribile mostro, il quale remava costantemente con grinta e ferocia. Sceso dalla barca della terribile creatura Traguoco vidi&nbsp;una cosa che mi sorprese:

anime dannate di sabbia ardente coperte, marciavano su una scala infuocata verso&nbsp;il cratere del grande vulcano, perseguitate da diavoli infuocati che sparavano loro scintille di fuoco, facendole soffrire. Quando la mia guida mi vide scoraggiato, mi esortò con grinta perché io venissi con lei, e così presi coraggio, alla sua mano mi aggrappai e ci dirigemmo verso le scale infernali. All’inizio delle scale c’era un diavolo enorme più degli altri che appena ci vide, come un leopardo si scaglia sulla preda, si scagliò su di noi bloccandoci la via e tuonandoci: “Non potete voi entrare in questo luogo oscuro e infernale, la sabbia non vi si attacca quindi l’ora non è quella giusta, istantaneamente dovete allontanarvi e quando di voi rimarrà solo l’anima ne riparleremo.”

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Dopo qualche minuto riuscii a capire chi fossero gli oggetti di tale disprezzo: i padroni di casa. Non avevo visto foto o quadri quindi non sapevo chi fossero questi ricchissimi uomini e la risposta sembrò quasi arrivare dal cielo. In fondo alla sala c'era una rampa di scale dalla quale vidi scendere.....Obama e, a suo seguito, altre importanti figure della storia; tutti erano accomunati da una caratteristica non da poco: avevano lottato contro la piaga del razzismo. Riconobbi solamente qualcuno di loro ma scommetto che ci sarebbe riuscito chiunque: vidi Nelson Mandela, Martin Luther King Jr., Gandhi e Muhammad Ali. In quel momento uno degli uomini che lavoravano si alzò per lucidare

le eleganti scarpe da ufficio dell'ex presidente americano. Chiesi allora alla mia guida di farmi parlare con lui. "Buongiorno"disse in tono piatto. Gli domandai se potessi parlargli; non si rese subito disponibile ma alla vista del mio accompagnatore sembrò cambiare idea: "Io sono David Duke, e per vostra informazione, sono l'ex capo del Ku Klux Klan. Il perché mi trovi in questo orrido posto mi sembra chiaro." In realtà avevo ancora dei dubbi ma sembrò accorgersene:"Nel caso non fosse così chiaro, te lo dico io: come in vita odiai gli esseri umani di pelle scura, ora sono costretto a sottomettermi a uno di loro e ciò non mi garba affatto." Credo più per curiosità che necessità, gli chiesi maggiori informazioni sull'ambiente in cui ci troviamo.

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Appena uscii da un corridoio totalmente buio, entrai in un ambiente dall’atmosfera infernale: c’era acre odore di fumo, cenere che vagava nell’aria, fuliggine che impediva di respirare; ovunque e si sentivano rumori violenti che provenivano da celle totalmente isolate dove si trovavano delle anime di uomini che, circondati da alte fiamme e da quell’aria insalubre tossivano, si lamentavano e ricevevano insulti volgari e violenti. Erano avvolti da nubi di aria

tossica che toglieva loro il respiro e la parola così che non potevano rispondere o difendersi dagli insulti che ricevevano. Continuando nel mio cammino, mi accorsi di una voce maschile vicina a me circa 2 metri, mi affrettai ad avvicinarmi e chiamai la persona che io intravidi dopo una roccia. Al primo richiamo, fece finta di non sentirmi, ma al secondo si avvicinò a me era talmente spaventato, che per poco non perdeva i sensi. La persona si presentò a me: “Mi chiamo Robert “ Appena cominciai a guardarlo bene in faccia, mi accorsi di una certa espressione da bullo, aveva numerose lentiggini sul volto. Allora io domandai: “Che cosa hai combinato per finire in questo luogo? “

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Il "saliscendi" della vita di Agnese Cangiano

Stavo facendo una passeggiata in un parco tutto pieno di fiori profumati in mezzo al quale c’era un pozzo. Scoprii che attraverso esso si scendeva all’Inferno. Quando decisi di scendere nel pozzo, pensavo ci fosse una corda, ma appena mi sporsi feci una macabra scoperta: al posto della corda c’era una lunghissima colonna fatta di tante vertebre impilate. Mi calai attraverso il pozzo, mentre le mie mani si ricoprivano di filamenti nervosi e alla fine della discesa mi ritrovai davanti ad una fermata di autobus sulla quale erano disegnati teschi. Aguzzando la vista, poiché era molto buio, riuscì a vedere che la struttura della pensilina era costituita interamente da ossa. Mentre stavo ancora tremando per la paura di questa visione, sentii delle grida giungere alle mie spalle e un calore improvviso mi raggiunse: quando mi voltai capì che si trattava del clacson di un vecchio autobus infuocato che stava arrivando.

oppure tramite una connessione cablata (ne sono capace anch’io!.). Questa esperienza mi ha fatto capire che la privacy è molto importante, e che se una persona vuole darmi dei dati personali può, ma non dev'essere obbligata, tantomeno bisogna cercare di trovare le informazioni di nascosto. A parer mio, le doti degli hacker potrebbero avere un lato positivo, se usate nel modo corretto! Essi potrebbero lavorare per conto dello Stato e intercettare alcune chiamate e alcuni messaggi per prevenire attentati ad uno Stato.

Mi guarda e io faccio segno di sì con la testa poi mi siedo così da poterla ascoltare meglio, visto che non è molto alta. “Ero una ragazza normale, avevo aperto un centro massaggi e tutto sembrava andare a gonfie vele, fino a che decisi di aprire anche un pub frequentato da molti clienti e dove non mancavano i DJ per far ballare lepersone. Il pub lo aprivo dopo i turni di lavoro nel centro massaggi e spesso le mie colleghe mi seguivano per rilassarsi dopo un’intensa giornata di lavoro. Un giorno decisi di fargli una proposta: se loro si fossero prostituite dentro il mio pub avrebbero ricevuto molti soldi dai ragazzi. Loro accettarono e io cominciai a sfruttarle per far affluire più gente nel locale.” Sono immobile ad ascoltarla e non distolgo lo sguardo dal suo volto.

“Riuscii ad ottenere quel che volevo: più gente nel pub, denaro che arricchiva sia me che le mie colleghe, ormai quasi socie in malaffare. Purtroppo mi scoprirono e fui condannata a due anni di carcere.” fa una piccola pausa per prendere fiato e poi continua “Ma qui io non soffro tanto per il peccato che ho commesso in vita quanto più per le mie colleghe che sono state vittime di un abuso e si sono fidate della persona sbagliata. Lì per lì mi sembrava una cosa normale, pensavo che a loro piacesse avere qualche soldo in più, ma nei due anni di carcere ho avuto tempo per pensare e mi sono resa conto che non solo avevo sfruttato le mie colleghe a scopo economico, ma che avevo dato loro un modo diverso di approcciarsi alla faccenda:

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Appena entrata nel girone non sentii nulla. Mi sembrava strano e pensai di essermi persa. Allora cercai alcune persone a cui poter chiedere delle informazioni.&nbsp; Proseguendo lungo il mio percorso mi ritrovai in mezzo ad una folla di individui che si muoveva in un modo lentissimo. Pensai di approfittarne per chiacchierare con loro, per sapere, almeno, dove ero finita. Mi avvicinai ad una ragazza, ma appena la salutai, lei avvicinò il cellulare all'orecchio e iniziò a discutere.&nbsp; &nbsp;Allora, per non disturbarla, mi diressi verso un uomo. Anche lui, appena gli rivolsi la parola, iniziò a farsi dei selfie, quindi mi spostai per non rovinare le fotografie. Solo in quel momento mi accorsi di un

cartello con scritto: NEGOZIO TECNOLOGICO. Seguii le indicazioni della freccia e mi ritrovai davanti ad un'attività enorme. Rimasi a bocca aperta. Cercai di capire che cos'era quell' azienda: scoprii che era un vecchio negozio che ormai nessuno utilizzava ma che conteneva ancora oggetti nuovissimi che riguardavano la tecnologia. Decisi di entrare. Mi trovai circondata da un'infinità di oggetti tecnologici: telefoni, cellulari, tablet, computer, televisori,...

Oltre a tutti questi oggetti&nbsp;c'erano anche uomini e donne&nbsp;che erano in totale silenzio da quando ero entrata. Capii che loro erano muti perché in vita avevano solo "chattato".Non avevano saputo crearsi una vita reale, chiacchierare

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Sono in un ambiente a me sconosciuto, simile all’Africa subsahariana: tutto desertico, senza acqua e vegetali, solo animali come le iene, il licaone, i leopardi, i leoni,..... e ombre che corrono per sfuggire a queste fiere per evitare di essere graffiate, morse, colpite, ferite,... Davanti a me ci sono violenti attacchi, urla che si mescolano a versi di animali davvero “infernali”, sangue e brandelli di corpi che vengono dilaniati dalle belve: non avevo mai visto tanto dolore. Una splendida ragazza mi si avvicina, la riconosco, è Chiara Ferragni che mi spiega che ha il compito di aiutarmi a capire, aiutarmi ad apprendere un’importante lezione per evitare di finire vittima di falsi modelli.

Inizio a capire il ruolo degli animali e di chi subisce la violenza: sono le persone che in vita hanno pensato solamente a mostrarsi esteticamente e a costringere le ragazze a farsi del male per assomigliare a loro.

Le fiere sono coloro che hanno subito queste violenze, che si sono fatte convincere a non mangiare o a sottoporsi a chirurgie estetiche in vari punti del corpo. Adesso si vendicano sui loro tormentatori, rovinandogli il loro aspetto esteriore. Tutto questo mi sembra un incubo, ma vedendo le scene, capii la lezione: ritenere le persone che appaiono sui social un modello può essere molto grave per la propria salute e il proprio aspetto fisico. Tutto questo mi portò a pensare ai giovani miei coetanei e all’insegnamento di ciò che avevo osservato: l’aspetto esteriore é

Una foresta che soffoca è come una vita senza respiro

Nel bel mezzo della mia giovane vita mi ritrovo in un bosco carbonizzato. Inizio a vagare cercandone la fine, finchè inciampo in una radice di palma. Qui trovo un uomo anziano, con la barba e i capelli grigi, lunghi, avvolti in una bandana nera con dei disegni bianchi. Sopra la sua testa sono appoggiati dei grandi occhiali in legno. Da questi singoli dettagli riesco a capire chi è: Mauro Corona. Mi dice “Alzati ragazzo! Andiamo a&nbsp;vedere come vengono trattati coloro che distruggono la natura soltanto per denaro.”. Passato l’ultimo tratto di boscaglia ancora in piedi, giungiamo alla base di una quercia gigantesca, con il tronco in&nbsp;fiamme ma ancora rivolto verso l’alto.

E’ circondata da un fiume di segatura sulle cui sponde giacciono alcune anime impaurite e vestite da boscaioli.&nbsp; Poi da tutta quella segatura sbuca un camion per il trasporto del legno, enorme e possente. Al suo comando c’è un uomo alto e robusto che ci ordina di allontanarci per facilitare il trasporto delle anime dannate. La mia guida, rivolgendosi a lui, spiega: “ Noi veniamo dal bosco e cerchiamo di aiutarlo e di&nbsp;salvarlo. Sono gli spiriti della natura che vogliono farci entrare.” Il camionista impallidisce. Dalla sua bocca escono parole incomprensibili, ma infine afferma: “Se questa è la loro volontà vi faccio alloggiare nei posti più comodi del mezzo”. Dopo queste parole ci rivolge un cenno e noi saliamo. Infine inizia a raccogliere i dannati con le pinze della gru e li dispone nel cassone in senso orizzontale, uno sopra l’altro. Poi partiamo.

Punizione tra gli agi di Emma Pinosio Scesi ancora e mi ritrovai in una sontuosa reggia. Il profumo in quel luogo era molto piacevole; non mi ci volle molto a riconoscerlo: orchidea nera, come a casa mia. Sorpresa dall'atipico scenario decisi di avventurarmi per le stanze. L'atrio era immenso e desolato ma, in sottofondo, riecheggiava un continuo frastuono di urla e imprecazioni che permeavano tutto l'ambiente. Continuai a camminare, a passo lento, e nel mentre continuai ad osservare l'abitazione: il soffitto era alto e si chiudeva a volta, le lucenti rifiniture in oro spiccavano sulle pareti affrescate con rappresentazioni di feste e banchetti.

che gli veniva continuamente strappata da un capo indio provocandogli immani sofferenze. Alla mia richiesta di informazioni, Rosa Parks mi disse che si trattava del conquistatore spagnolo Pizarro e colui che gli strappava la barba era il capo inca Atahualpa. Volgendo lo sguardo a destra vidi un uomo di carnagione bianca che cercava di sedersi ma incessantemente era colpito da spuntoni acuminati, che gli procuravano ferite profondissime dalle quali sgorgavano fiumi ininterrotti di sangue, impedendogli di prendere posto. Rivolsi i miei occhi dall’altra parte dove notai un soldato con una giacca blu che portava un largo cappello con la tesa obliqua e degli strani baffetti arrotolati verso il basso; cercava di alzarsi disperatamente ma invano dai sedili per scappare dal cerchio di fiamme che lo avvolgeva, provocando un terribile odore acre di plastica bruciata e fumo denso.

Spiccavano nel buio i suoi occhi azzurri nei quali si rifletteva il rossore del fuoco. Attorno a lui notai che il cerchio di fuoco era alimentato da uno steccato di legno che ardeva senza mai consumarsi. Cercando di capire cosa avesse scatenato quell’incendio perenne notai che il finestrino dell’autobus era aperto e “vi fioccavano” innumerevoli frecce infuocate scagliate da uomini a cavallo con degli strani cappelli piumati. Mi accorsi con terrore che una freccia gli passò talmente vicina al viso da fargli incendiare i baffi, procurandogli ustioni perenni e dolori atroci. Non riuscendo a capire chi fosse la vittima e il motivo di tanta rabbia nei suoi confronti chiesi a Rosa chi fosse quell’uomo ed ella mi spiegò che si trattava del generale George Armstrong Custer, comandante delle truppe nordiste nella Guerra di Secessione americana, responsabile del genocidio dei nativi americani e morto nella battaglia

la regola più importante: non toccare neanche uno dei tanti oggetti che stavano all'interno del negozio. Ogni volta che un'anima prende o tocca un oggetto in altri due smartphone compariva la&nbsp;propria immagine: queste diventano migliaia di immagini che ossessiona vano il peccatore che vedeva la sua immagine replicata ovunque.&nbsp; Così, colui che aveva commesso il peccato si rendeva conto di quello che aveva fatto e ripensava alla vita sprecata." Come se tale pena non bastasse, se volgevano lo sguardo al di fuori del&nbsp;negozio, non potevano vedere altro che donne e uomini, ma&nbsp;anche ragazze e ragazzi, che utilizzavano proprio gli oggetti&nbsp;più desiderati dai dannati, facendoli soffrire ancora di più.&nbsp;

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e vedendo che ero vivo voleva condividere con me la sua storia, voleva che io dicessi a quelli come lui: “Basta! Vergognatevi!”. In vita era Mr. James Brown, il padrone di una delle fabbriche tessili più importanti, sorte in Inghilterra dopo la scoperta della macchina a vapore. Il suo racconto di come aveva trattato i bambini da vivo era straziante; preferiva quelli dagli otto ai dodici anni perché capivano bene le cose ma erano ancora docili, non si ribellavano. Erano molto agili e le loro manine riuscivano ad infilare il filo negli aghi da ricamo con estrema velocità. Venivano pagati pochissimo e non chiedevano mai nulla; mangiavano un pezzo di pane dopo quattordici ore di lavoro. Tutto questo perchè lui e quelli come lui vivessero nella ricchezza assoluta, sperperando il denaro. Maria gli ha spiegato che io dovrò portare questa esperienza nel mondo dei

vivi, raccontare quanto sono stati sfortunati i bambini vissuti nel periodo della rivoluzione industriale e quanto siamo fortunati noi.

La cattiveria nei confronti dei bambini va punita, non si possono accettare racconti come quelli del signor Brown, angherie, maltrattamenti, sfruttamenti, violenze. Bisogna combattere anche nel 2020, perché ci sono tanti signor Brown nel mondo che, nonostante le leggi a favore dei minori, continuano a sfruttare i bambini, e questi comportamenti vanno severamente puniti.

Senti ragazzina, questo posto è pieno di persone. Quelle che vedi tu non sono neanche la metà di tutti coloro che si trovano in questo colossale edificio. Forse non li hai riconosciuti ma ci sono numerosi conquistadores spagnoli e portoghesi, al piano superiore c'è Hernan Cortes e poi ci sono i politici il cui numero è spropositato ma ci sono anche molti cittadini comuni. E scommetto che anche molte persone di tua conoscenza, mi raggiungeranno in questo posto orribile. Sei d'accordo? Annuii. Tutto era chiaro. L'uomo stava per aggiungere qualcosa quando fu richiamato da uno dei suoi compagni per aver smesso di lavorare. Duke lo guardò con sguardo quasi mefistofelico, fulminandolo all'istante. Poi si girò verso di me accennando ad un saluto, per poi andarsene.

L'aria che si respira sull'isola di Alessia De Bernardo

Arrivai in un’isola deserta sommersa dall’acqua, un'isola sotto al mare di cui le persone delle terre vicine sanno dell’esistenza, ma che preferiscono ignorare. Scelsi di camminare per vedere il luogo e per scoprire se oltre a me c’era qualcun’altro. Mentre camminavo, sentii una voce alle mie spalle, mi girai e vidi una ragazzina poco più grande di me che mi chiese: -Chi sei tu?-. Dissi il mio nome; diversamente da lei, io sapevo chi era, l’avevo riconosciuta ma preferii accertarmene. -Greta, Greta Thumberg. Camminammo insieme cercando qualcuno, ad un certo punto vedemmo una coltre di&nbsp;fumo nero, ma non ci veniva addosso, era come se ci fosse un vetro tra noi e quel fumo, anche se impaurite scegliemmo di andare vedere il perché.

Riuscimmo a passare tranquillamente nel punto in cui sembrava esserci il vetro e vedemmo delle automobili che andavano in giro senza un pilota a bordo, fabbriche dalle cui ciminiere usciva del fumo di un grigio scuro e c’erano persone che urlavano, non respiravano, cercavano di ripararsi la bocca e il naso dallo smog, gli occhi dal fumo, le orecchie dai motori assordanti delle auto&nbsp;e che cercavano di scappare, di oltrepassare un confine che sembrava aperto ma che era costituito da vetro fuori dal quale potevano vedere meravigliosi prati verdi, mari azzurri ricchi di pesci, cieli tersi con stormi di uccelli,...: eravamo davanti a bolle, a camere a gas che tenevano prigionieri corpi di dannati, uno spettacolo agghiacciante!&nbsp;

A quel punto il mio riferimento parlò: ”Perché non possiamo noi entrare in questo terribile luogo, così se peccheremo conosceremo il nostro destino.” Il diavolo rispose: ”Ho detto voi che non è questa l’ora della vostra pena, quindi sparite o l’Altissimo terribilmente vi giudicherà.” La mia guida ribatté: ”Per me e per questo giovane, educativo sarebbe il viaggio, perché impedire a chi vuole di varcare la soglia infernale?” Il diavolo rispose rassegnato: ”Cedo a voi volenterosi l’opportunità di intraprendere questo viaggio, ma vi consiglio di prepararvi ad un’atmosfera terrificante, perché da questo luogo eterno mai ho visto un’anima uscire”. L’orribile bestia ci lasciò passare, cominciammo a salire le scale, iniziava finalmente il viaggio infernale.

Quando entrammo nel gigante cratere del vulcano, l’ambiente che ci circondava mutò notevolmente. Davanti a noi si estendeva uno sconfinato deserto di ossa umane e una nebbia fittissima non lasciava intravedere nessuna anima dannata. C’era un odore soffocante e nauseabondo di cadaveri. Faceva freddissimo. Un brivido mi attraversò la schiena. Il silenzio era tombale, ma ad un tratto sentimmo dei fruscii e vedemmo in lontananza una sagoma che disperata frugava fra un mucchietto di ossa.

L'oceano sonnambulo di Filippo Marzolini

Lo spavento fu grande non appena varcai le porte: dinanzi a me difatti non vidi terre infuocate ma bensì una distesa d’acqua. La cosa più singolare però era che non mi ci trovavo immerso ma camminavo sospeso in aria a molti metri dal livello dell’acqua, quasi come potessi volare e ciò mi dava un angoscioso senso di vertigine. Sotto di me vidi un oceano maleodorante al pari di una carcassa in decomposizione e nero come il petrolio. Immersi in questo putrido mare si trovavano i dannati. Essi erano coloro che in vita non erano stati in grado di mantenere un segreto soprattutto quando il loro ruolo sociale lo richiedeva.

Venivano trascinati sul fondo dell’oceano da dei mostri con le sembianze di pesci, mostruosamente grandi e spaventosi, che li trattenevano nel fondale finchè non avevano più respiro:&nbsp;come in vita non erano stati in grado di tenere segrete decisioni, accordi, informazioni e avevano diffuso ciò che sapevano, qui venivano obbligati a riempirsi bocca e polmoni di acqua mista a&nbsp;petrolio e liquidi tossici che gli impedivano di chiedere aiuto e respirare fino a farli affogare.

con le parole ma anche negandogli i propri diritti e la propria dignità”. Non appena misi piede sull’asfalto,&nbsp;l’autobus ripartì a tutta velocità e io promisi a me stessa che non avrei mai privato gli altri dei propri diritti e avrei sempre difeso i miei e quelli altrui contro qualunque sopraffazione. Ero così intenta a riflettere sulle ultime parole di Rosa Parks che feci fatica a sentire quella voce che dal profondo mi diceva “Sveglia!!!…Altrimenti perderai l’autobus per andare a scuola!!!!”.

entrata. Capii che loro erano muti perché in vita avevano solo "chattato".Non avevano saputo crearsi una vita reale, chiacchierare con gli amici e le persone; e ora, in questo posto tetro e angosciante sono costretti a tacere per l'eternità.

Come in vita non riuscirono a controllarsi ora e per l'eternità sono costretti a camminare eternamente in un negozio di soli oggetti di elettronica senza poterne toccare neanche uno. Mentre riflettevo, verso di me si diresse una donna molto anziana. Le chiesi qual era il suo nome e lei mi rispose:"Teresa". Teresa mi spiegò parecchie cose e mi fece osservare una ragazza di nome Vittoria. Mi spiegò anche perché era finita in questo ambiente disumano e drammatico. Quando&nbsp;Vittoria era in vita lei aveva solo amici sui social e non le importava di averne nella vita reale. Ad un certo punto vidi Vittoria che stava facendo una strana azione allora chiesi a Teresa che cosa stava facendo e lei me lo spiegò: "Vittoria sta infrangendo

Dopo alcune manovre il camion si dirige verso la quercia in fiamme. Ad un certo punto troviamo un grande passaggio ai piedi dell’albero infuocato. Imboccato questo tunnel entriamo in luogo terribile e soffocante. Tutto impaurito chiedo alla mia guida dove siamo e lui mi risponde: “Siamo appena entrati nell'inferno”. Da lì si iniziano a udire le prime grida di dolore: ci sono fiamme, ceppaglie, rovi, alberi abbattuti che da un momento all'altro rischiano di spezzarsi. In lontananza vediamo delle montagne di segatura infuocate, immense, con sopra delle piccole figure. Ci fermiamo davanti ad esse. L'autista del camion inizia a scaricare i primi dannati: i boscaioli. Come in precedenza tagliarono e bruciarono tutti gli alberi della foresta lasciando e considerando la segatura un materiale insignificante,

adesso sono costretti ad usare i piccoli trucioli per salvarsi dalle fiamme che se ben ad una velocità media continuano a inseguirli senza tregua. Di fronte a questo scenario chiedo all’autista di spiegarmi il motivo di questa violenza nei confronti dei dannati. Mi dice:&nbsp;”Povera gente, in passato è stata semplicemente sfruttata senza guadagnarci niente ma con la colpa di aver accettato un lavoro di distruzione della natura e dell’ambiente. Sono stati usati. Per questo motivo le fiamme procedono ad una velocità costante.”&nbsp; Ad un tratto il camion riprende la corsa, dopo breve tempo giungiamo ad una gigantesca nube di fumo. Non ho parole per spiegare quello che vedo: gente che soffoca, non si regge in piedi e tossisce in continuazione. Sono tutti vestiti con abiti lussuosi, che solo i grandi ricchi possono permettersi.

Fece un profondo sospiro prima di rispondere:

“All’età di 15 anni, pubblicai sui social foto private e imbarazzanti e frasi offensive e dal contenuto spesso falso verso una ragazza della scuola. Più la vedevo stare male, più mi divertivo ad aggravare la sua reputazione sui social

&nbsp;Ho capito l’errore che ho commesso solo in età adulta quando un giorno la riconobbi per strada, ma era troppo tardi per rimediare: aveva i segni sul volto e sul corpo di una salute cagionevole, era evidente che i disturbi alimentari erano la conseguenza di ciò che il mio agire aveva provocato. Non era più la ragazza solare, spensierata, allegra e disponibile verso gli altri. Ora era l’ombra di sè stessa: magra, emaciata, camminava da sola e con lo sguardo assorto e quasi spaventato da chiunque incrociasse. Capivo che avevo rovinato irrimediabilmente la vita, l'esistenza di una persona ed ora 

è giusto che io subisca eternamente la pena che ho provocato a quella ragazza, merito di non poter reagire a ciò che subisco, merito di respirare aria inquinata perché in vita ho tolto la parola, la dignità, la possibilità di difendersi agli altri” Si allontanò vergognato ed io cominciai a riflettere su quanto realmente pericoloso è diffondere notizie, frasi e foto false. Volli proseguire per allontanarmi velocemente da questo luogo; dovevo porre rimedio rapidamente al pessimo uso che stavo facendo delle tecnologie, non potevo più aspettare o rimandare.&nbsp;

Man mano che mi allontanavo dall'ingresso i lamenti diventavano sempre più forti, vicini, divennero insopportabili una volta raggiunto il salone: a differenza dell'atrio era pieno di persone impegnate nei più disparati lavori domestici; non era nulla di diverso dalle semplici faccende ma lo sguardo dei peccatori tradiva la vergogna e il malumore: c'era chi puliva il pavimento, chi riportava le fughe tra le piastrelle al loro banco immacolato, chi lucidava gli ori e gli argenti, chi, vestito di nero impersonava uno spazzacamino. Ormai tra i dannati si era instaurato un rapporto di solidarietà e collaborazione, nessuno svolgeva un lavoro preciso, tutti aiutavano tutti e la cosa mi sembrava alquanto insolita ma a tratti esileranti.

Vedere quei volti rabbiosi era uno spettacolo... particolare.

Li osservai a lungo e nel mentre ascoltai le loro parole: insulti e ostilità rendevano l'atmosfera pesante e satura di odio.

Sentimmo una voce di una donna che cercò la nostra attenzione.&nbsp; Era una donna, bassa, magra vestita con soli stracci. Ci avvicinammo per farle qualche domanda.&nbsp; “Chi siete? Cosa volete?” chiese la ragazza.&nbsp; “Noi siamo solo di passaggio. Siamo venuti a vedere che cosa c’era in questo brutto luogo” rispose Edoardo. “Come mai sei qui e in queste condizioni?” le chiesi. “Mi chiamo Lucia e sono qui perchè non ho amato&nbsp;gli animali. Ho trascorso tutta la vita ad indossare e circondarmi di capi d’abbigliamento e accessori che prevedevano la morte inutile di animali: adoravo le pellicce, acquistavo scarpe e borse di pellami pregiati, i divani della mia villa erano realizzati con materiali che prevedevano la morte di esseri viventi.

Ora sono qui e provo quello che hanno subito loro in vita a causa mia” disse la ragazza. Lucia era come Pietro. Erano destinati alla stessa pena.&nbsp; Però vedemmo&nbsp;spuntare altri uomini che erano nella stessa condizione di Pietro e Lucia. Persone che in vita hanno fatto del male alle persone e agli&nbsp;esperimenti, commercio illegale di animali esotici in condizioni disumane da ogni parte del pianeta, abbandoni e purtroppo tante altre cattiverie. Io ed Edoardo ce ne andammo via e vedemmo che tante erano le persone condannate: probabilmente dovevamo trarre insegnamento da questa visione agghiacciante.

Dovevamo portare all’umanità un messaggio importante: GLI ANIMALI NON VANNO MALTRATTATI, MA SEMPRE RISPETTATI, AMATI E TRATTATI COME ESSERI VIVENTI.

di Little Bighorn del 1876 contro gli indiani d’America. Proseguendo lungo questo interminabile corridoio giunsi verso metà dell’autobus e intravidi una scena raccapricciante: un uomo bianco denudato legato, tramite il cordone di una frusta, sul sedile con le spalle rivolte in avanti. Ininterrottamente comparivano uomini di colore che lo frustavano violentemente con un fascio di piante di cotone piene di spine aguzze, procurandogli cicatrici devastanti sulla schiena. Arrivai finalmente in fondo al corridoio dell’autobus e lì Rosa mi confidò che in quella parte lei non poteva accompagnarmi perché eravamo ormai vicini alla fermata successiva e doveva prepararsi ad aprire le porte. Mi affidò quindi ad un anziano uomo di colore che lei chiamò Nelson. Dopo esserci presentati, quest’uomo mi fece

visitare l’ultima parte di questo macabro ambiente dove i sedili in fondo, tutti allineati e di colore scuro, erano isolati dal resto dell’autobus da sbarre alte fino al soffitto. Dietro queste sbarre potei scorgere tutte persone dalla pelle rosa come la mia, altolocate e ben vestite, che cercavano incessantemente di liberarsi da quella prigione. Appena toccarono la porta di quella “cella”, Nelson, azionando un pulsante di un telecomando nelle sue mani, scatenò una potentissima scarica elettrica che fulminò i dannati, senza ucciderli affinché la loro pena durasse in eterno. Mentre mi riprendevo dallo shock di quella terrificante scena, vidi Rosa in lontananza che mi fece segno di affrettarmi a tornare indietro perché dovevo scendere. Ero ancora turbata da tutto ciò che avevo visto in quei pochi minuti, ma Rosa interruppe i miei pensieri dicendomi:

“Ricorda Agnese che si può uccidere una persona con le armi,

Esternamente la fabbrica era grigio scuro, immersa nel fumo che usciva continuamente da sette ciminiere. Si sentiva ininterrottamente il suono di una sirena che, frastornante, voleva ricordare a chi era dentro alla fabbrica di non smettere mai di lavorare. Dall’entrata della fabbrica si vedeva, sulla sinistra, la riva di un fiume le cui acque avevano un colore grigio e sembravano melmose, putride, come la fogna. Una volta entrati ho visto uno scenario agghiacciante; Maria mi abbracciava e cercava di tranquillizzarmi perchè ero veramente molto colpito e rattristato. Vedevamo persone molto distinte ma disperate, che giungevano con una barca, attraversando quel putrido fiume; la barca era condotta da Gollum, che borbottava “Siete arrivati, miei tessssori” .

Le troppe chiacchiere sono spesso veleno e sembrava proprio che questo liquido provocasse immenso dolore e soffocamento. Una volta annegati venivano lasciati dai pesci e potevano così tornare in superficie per subire la punizione all’infinito. La mia curiosità era tanta e allora chiesi a Efialte di accompagnarmi da uno di loro per sapere quale segreto aveva ingiustamente svelato. Egli annuì e con un gesto delle mani fece apparire un varco di fronte a me che, una volta attraversato, mi portò fino al livello dell’oceano. Arrivato dalle anime, mi accorsi che rimanevo sospeso sul livello dell’oceano a filo d’acqua. Mi si avvicinò un dannato e allora gli chiesi la sua storia ed egli disse con un filo di voce e visibilmente affannato:

&lt;&lt; Facevo parte dei membri del governo bolscevico quando questo decise di rendere pubblici i patti diplomatici segreti del governo zarista firmati fino al lontano 1917. Questo fatto provocò grande imbarazzo tra le potenze mondiali che avevano firmato i patti e profonda inquietudine nella popolazione.&nbsp;Ahimè, solo quando io e miei compagni arrivammo in questo luogo di tortura, ci accorgemmo che "tenere l’acqua in bocca" sarebbe stata la scelta migliore. Ora noi siamo obbligati dal Signore a subire le conseguenze della nostra incosciente decisione e anche supplicando la fine della nostra pena non riavremo mai la beata pace&gt;&gt;. Dopo aver ascoltato attentamente questo racconto, dissi a Efialte che potevamo proseguire il nostro percorso e ritornare al principio di tutto: era indispensabile educare l’umanità, i giovani e la mia lezione doveva servire.

Era davanti all'uomo che per anni aveva perseguitato e insultato la sua etnia. Incuriosita ero di parlargli, ma colei che mi accompagnava oppose resistenza: “Non sopporterei io vederti parlare proprio con colui che il mio popolo perseguitò, colui che è la persona più disprezzabile in questo mondo ingiusto,&nbsp;colui che non ha diritto di parlare con nessuno.” Io ribattei: “Perché non potremmo interrompere per un attimo la sua sofferenza, e visto che tu fai parte del popolo che lui ha disprezzato, potrebbe la sua idea rivalutare sugli ebrei”. La mia guida accettò, così dopo esserci osservati l’un l’altro con una certa aria interrogativa, presi coraggio e chiesi al dannato: “Per quale motivo ti trascini senza sosta fra questi maleodoranti resti umani,

mugugnando con quell’espressione che non sei solito ad avere? Hai forse perduto il tuo orgoglio e la tua destrezza?”. Un sospiro, uno sguardo corrucciato e così rispose: “In vita agii ingiustamente contro chi consideravo diverso e inferiore a me. Ora per rispondere delle mie spietate azioni sono condannato per l’eternità a cercare fra tutte le ossa degli uomini morti a questo mondo, le mie, per ricomporre il mio scheletro.&nbsp;Dopo tanti anni di ricerche inutili, ho capito che tutti gli uomini sono uguali, nessuno ha qualcosa in più alla nascita e tanto meno davanti alla morte. Come vedete sono solo, e questo dice tutto. Non trovo pace, son sempre desto, mai indugio, cammino, cammino e controllo ogni singolo frammento ma son tutti uguali, e di ritrovare quel mio tanto amato e lodato corpo&nbsp;non c’è verso. Mi rendo conto del peccato commesso

Mai nascondersi dietro uno schermo

Camminando ci imbattemmo in un altro luogo e inizialmente non capimmo che genere di dannati erano condannati qui. Era un ambiente molto strano: c’erano delle piccole casette, all’interno delle quali si intravedevano una persona e una&nbsp;strana creatura. All’esterno si alternavano venti gelati e afosi, e quando veniva caldo, spuntava dal nulla anche la lava, e la cosa non mi piaceva affatto.

Non posso dire di preciso quante persone c’erano qui, ma a occhio sembravano molte migliaia.

Come in vita essi hanno rubato dei dati ad altre persone o ad aziende, o addirittura a dei server che possiedono gli Stati, qui, sono costretti a fornire dei dati su loro stessi e se non rispondevano, venivano puniti con delle botte.

Finalmente riuscii a capire che tipologia di dannati&nbsp;vi si trovavano: gli hacker. L’ho capito perché essi, per hackerare, usano dei codici verdi, e questi codici, erano le uniche fonti di illuminazione che c’erano, così ho dedotto che erano proprio loro i condannati in questo posto.

Coloro che porgevano le domande erano chiamati “mastinieri” ed essi erano delle creature molto imponenti e cattive. In mano tenevano un computer nel quale segnavano tutte le risposte che gli venivano date dagli hacker. Essi però conoscevano già le risposte alle domande e se gli hacker non davano le risposte giuste venivano presi a pugni e a calci.&nbsp; Volli interagire con l’hacker più famoso al mondo: Gary McKinnon. Parlò più

Io e Baden ci spaventammo quando un tentacolo del polipo si riprese violentemente l’ombra umana che parlava con noi; ci allontanammo rapidamente.

Avevo capito chiaramente il messaggio di questa avventura raccapricciante: l’ambiente sembra subire i comportamenti degli uomini ma prima o poi si vendica e il male che essi gli hanno fatto subire, gli si ritorce contro sottoforma di varie esperienze, per esempio le varie sofferenze esteriori, pene infernali o le rivincite della natura, i terremoti, le pestilenze o altro e quelle interiori che in alcuni casi sono peggiori rispetto ai precedenti come i sensi di colpa che ti possono portare perfino alla pazzia.

Gli uomini sconfitti dall'astuzia degli animali

Mi incamminai all’interno di uno zoo con il mio amico Edoardo Stoppa. Ero molto spaventato e preoccupato a vedere solamente l’entrata.&nbsp; “ Senti Edoardo, non è che possiamo tornare indietro? gli chiesi. Intanto lui era già andato a controllare il posto senza ascoltare quello che gli stavo dicendo.&nbsp; Non sapevo che cosa fare, o tornare indietro o andare con il mio amico. “Vieni Gabri, guarda!” urlò Edoardo “Ok arrivo”&nbsp; Ci trovammo all’entrata ma non vedemmo nessuno, solo delle gabbie alte, sporche e buie e con dei cartelli con scritto “non entrate”. Io ed Edoardo ci guardammo sbalorditi.&nbsp;

Ad un tratto vidi fuori dallo zoo un signore anziano, con la barba grigia e con un bastone che ci urlava: “Non entrate, è pericoloso!”&nbsp; Edoardo gli chiese: “E perché?” Da quel momento il signore scomparì nel nulla senza rispondere lasciandoci un po’ perplessi. Era un posto tetro, buio, lugubre, sporco e con odori maleodoranti che provenivano dall’interno dello zoo stesso. Si udivano delle strane grida provenienti dall’altra parte dello zoo: probabilmente erano grida femminili, ma non sapevamo di preciso di chi fossero e da dove provenivano. Ad un certo punto sentimmo degli inquietanti rumori provenienti dall’interno di una delle gabbie. Era un uomo, alto, giovane che provava in tutti i modi a liberarsi dalle catene che lo stringevano alle caviglie.

erano convinte di fare del bene per la mia attività e si fidavano di me,” fece una pausa e vidi una lacrima che le rigava la guancia “continuavano per farmi guadagnare. Ma si sono fidate della persona sbagliata: ho favorito lo sfruttamento dei loro corpi ed ho tradito la loro fiducia. Ecco perché merito questo luogo, questa pena, questa sofferenza. ” con questo conclude e comincia a guardarsi attorno con le guance rigate dalle lacrime, poi si ferma con lo sguardo verso l’alto e io faccio lo stesso vedendo le api impazienti di ricominciare a torturarla. “Grazie, non ero mai riuscita a parlare con qualcuno prima d’ora, neanche in vita. Tenevo sempre tutto dentro di me e questo mi faceva stare sempre più male. Adesso mi sento più libera e posso soffrire con un peso in meno e con un’idea molto più precisa di per chi e per cosa devo soffrire” mi dice e appena mi alzo le api si avventano su di lei per ricominciare la tortura.

Penso: una ragazza dotata di astuzia ma che l’ha usata in senso negativo. Nemmeno i due anni di lunga riflessione le avevano permesso di redimersi: ora si è resa conto di cosa ha fatto realmente e sa per cosa e per chi deve soffrire per l’eternità. Almeno si è presa tutte le responsabilità e ha incolpato solo sé stessa e non le sue colleghe. Accenno un saluto con la testa, mi giro e mi allontano guardandola, che soffre con tutte quelle api addosso, da sopra la spalla. Devo proseguire per portare con me un messaggio che potrà cambiare tutto, così riprendo a camminare con tutte le forze che trovo verso un nuovo peccato che mi farà riflettere e potrà darmi un punto di vista differente da quello che abbiamo ai giorni nostri.

A questo punto chiedo alla mia guida chi sono. Mi dice: “Affacciati al finestrino e troverai la tua risposta.” In quel momento mi giro e alcuni uomini si schiantano contro la portiera. Mi rivolgo verso la mia guida che con voce decisa mi dice : “Sono imprenditori e politici senza scrupoli”.&nbsp; Come in precedenza hanno privato il mondo di ossigeno distruggendo la foresta, vestiti bene, con gli abiti del benessere e della ricchezza, adesso sono destinati a respirare fumo e a tossire per l’eternità.

“Camionista si fermi!” ordino. Lui senza esitare frena e dice: “Puoi chiamarmi Occhi di Brace, sono il trasportatore delle anime che in vita hanno distrutto il polmone del mondo e qui scontano la loro pena eterna.” A questo punto ci fa scendere e si allontana fra le nubi di fumo.&nbsp; Io e la mia guida cerchiamo di abbandonare velocemente questo scenario infernale.

Comprendo che è arrivato il tempo di tornare nel mio mondo portando con me una grande e importante lezione di vita: cercherò sempre di curare, rispettare, preservare e tutelare la natura nella sua bellezza. Senza di essa non possiamo esistere: insieme siamo la vita.

Indice Proemio 1. "Il mitico Hernan Cortez sottomesso da una fabbrica" di Riccardo Zampieri 2. "Avventura nel gelo del Polo Nord" di Matteo Zorzut 3. "Punizione tra gli agi" di Emma Pinosio 4. "L’ardua vetta" di Salvatore Vitale 5. "Folle solitudine" di Rebecca De Luca 6. "Il saliscendi della vita" di Agnese Cangiano 7. "La fabbrica infernale" di Emanuele Raccaro 8. "Pentito nella nebbia" di Riccardo Candi 9. "L’oceano sonnambulo" di Filippo Marzolini 10. "La natura non sfrutta, ma l’uomo sì" di Alma Pace

L’autobus si fermò e in alto sul parabrezza, con piccole ossa grondanti sangue, riuscii a leggere la scritta C O L O R E D. Le porte dell’autobus si spalancarono e nell’oscurità più fitta che si potesse presentare ai miei occhi intravidi l’autista che mi fece segno di salire. Poiché non riuscivo a trovare neanche i gradini, abbandonò il posto di guida e mi aiutò a salire porgendomi la sua mano: solo toccando la sua mano capii che si trattava di una donna e le chiesi come si chiamasse. Lei sorridendomi con i suoi denti bianchi, che erano l’unico barlume di luce in quel buio pesto, mi disse di chiamarsi Rosa Parks. Io le chiesi cosa ci facesse lì e la sua risposta fu: “Guido questo autobus che gira perennemente trasportando i dannati e accompagno i visitatori per spiegargli come mai queste persone sono finite qui”. Poiché non riuscivo a capire il motivo per il

quale questo luogo di drammi si trovasse in un autobus, lei mi spiegò che quel mezzo era il luogo simbolo di una lotta per i diritti negati alle persone di colore. Provai a guardarmi intorno ma vedevo solo buio, interrotto ogni tanto da lingue di fuoco, scariche elettriche e grida assordanti. Rosa mi guidò nel corridoio e cominciai ad avanzare piano piano. Procedevo stentatamente nel corridoio dell’autobus fin quando non notai degli uomini bianchi con armature pesanti del Cinquecento e accento spagnolo che si lamentavano atrocemente mentre erano colpiti da proiettili scagliati da indios muniti di archibugio. Tra questa gente sofferente scorsi un uomo di circa 50 anni, con un elmetto di ferro alla cui sommità spiccavano quattro piume; aveva una folta barba

Un uomo venne verso di noi, era molto alto e aveva una barba molto lunga di colore grigio, ci disse che lui, insieme ad altre persone, doveva controllare che nessuno uscisse dal suo spazio. Ci spiegò che le persone che cercavano di uscire, in vita erano stati proprietari di grandi fabbriche che per produrre i beni inquinavano l’aria, mentre loro che dovevano controllarli, erano precedentemente i dipendenti di queste fabbriche. Dovevano restare lì e respirare aria inquinata, non potevano parlare tra di loro, quando si trovavano vicini, cambiavano immediatamente direzione come se comandati.

&nbsp;L’uomo ci spiegò che in vita si erano accordati per non rispettare le leggi sulla tutela dell’ambiente, avevano messo in grave pericolo la natura ma anche la salute dei loro operai. Io e la mia compagna di viaggio cominciavamo a capire: eravamo davanti alla condanna che sono costretti a subire coloro che dell’ambiente ne hanno fatto una discarica, coloro che non hanno salvaguardato il pianeta per noi giovani. Entrambe eravamo quasi felici perché capivamo che i giovani stanno lottando per qualcosa di importante. Non ci trattenemmo molto in quel luogo: non si respirava ma soprattutto la nostra missione doveva proseguire, dovevamo portare la nostra esperienza agli altri e continuare a lottare.&nbsp; &nbsp;

Red zig-zag pattern

L'ardua vetta di Salvatore Vitale Mentre camminavo in quell’ambiente lurido, il sangue rappreso che scrocchiava ai miei passi, intravidi la porta del settimo cerchio che racchiudeva i peccatori carnali.&nbsp;Appena la varcai notai delle grandi pozze di sangue disposte in modo disordinato, in cui stavano in ammollo gli omicidi e i predoni, [...] Superato il primo girone l’ambiente diventò improvvisamente silenzioso, ma dietro quel silenzio l’odore nauseabondo sovrastava il pensiero di rimanere in quel luogo per più di pochi secondi, il campo visivo era ristretto, lo uscurava una fitta nebbia rossiccia, probabilmente il vapore acqueo era sostituito dal sangue in quella miscela. Solo quando ci fui accanto vidi una montagna tanto alta che la cima non era visibile, in poco tempo capii che quella montagna macchiata di sangue e con arti

incastrati nelle rocce, era infinita.&nbsp; A tentar di superare codesta montagna era un'anima completamente differente dalle altre, infatti aveva due teste pendenti direttamente ai fianchi e il vederla mi scosse assai.&nbsp;&nbsp; Notai che ai piedi della montagna, a fianco a me passavano degli spiriti, circa uno ogni 10 minuti. Non sembravano dannati essi, addosso avevano delle vestaglie bianche candide e, al passaggio mormoravano insulti, che, come dardi entravano violentemente nell’udito del dannato, ed a questi insulti il dannato reagiva come ad uno strappo che lacerava le carni, ogni volta in una parte diversa nel corpo. Tanto era cruda, dolorosa e solitaria questa punizione tanto il dannato aveva voglia di fermarsi per parlare con qualcuno.&nbsp;Così chiamai a scendere quella creatura ripugnante a due&nbsp;teste. non ero un dannato, ma bensì un uomo venuto per dare tregua anche se per pochi minuti a quella tremenda tortura, si lanciò verso di me a braccia aperte.

“Ehi tu!” La chiamai io, ma indaffaratissima sembrava non sentirmi.&nbsp; Liliana le gridò e a quel punto essa si voltò spaventata. Le facemmo cenno di raggiungerci ed ecco che l’ombra piano piano si avvicinava a noi borbottando, la sua

figura si faceva sempre più nitida. Fu così che dopo qualche minuto mi trovai faccia a faccia con una versione quasi irriconoscibile di Adolf Hitler, il razzista per eccellenza. Impallidii più di quanto fosse pallido lui, un morto. Ma non avevo alcun timore, ero semplicemente sconcertata da quella visione, poiché fino ad allora ero stata abituata a vederlo nelle immagini sui libri di storia, sempre con quello sguardo fiero e sprezzante, ma ora era diverso. Aveva il viso smunto, segnato da rughe profonde, gli occhi gonfi e socchiusi. Intorno ad essi la pelle era livida e scavata. Si&nbsp;trascinava fra quelle ossa scricchiolanti sfinito, senza più una dignità. La mia guida ebbe una reazione assai diversa: trasalì, la rabbia le riempì gli occhi e il risentimento le invase il cuore.&nbsp;

Come se tutto ciò non fosse sufficientemente drammatico, chi non lavorava si beccava una frustata da un uomo comodamente seduto su una poltrona e comodamente protetto da mascherina, guanti...inoltre ogni volta che aveva bisogno di qualcosa usciva dalla fabbrica una specie di maggiordomo che soddisfava qualunque sua richiesta. La guida mi spiegò che questi peccatori erano gli schiavisti. Infatti come in vita sottomisero altre razze o persone, ora sono costretti a praticare i lavori pesanti soffrendo le condizioni da loro imposte in vita.

Mi avvicinai a uno degli uomini che stavano bruciando gli scarti e gli chiesi come si chiamasse. Lui mi rispose che era Hernan Cortez. Quel nome mi fece sobbalzare! L'avevo conosciuto, o più correttamente, l'avevo studiato sui libri e ricordavo che aveva sottomesso, sterminato fino ad estinguere intere etnie del nuovo mondo. Allora iniziai a conversare con lui dicendogli: "Che cosa hai fatto per esserti meritato questa pena?" "Sono qui perché quando ero in vita ho conquistato e sottomesso diverse popolazioni, ritenendole di razza inferiore: affrontai i Maya e gli Aztechi.

Blue geometrical pattern

Nell'inquietante landa ghiacciata ci mettiamo dunque in cammino, fino a quando da Gelostro arriviamo. Questo Gelostro di ghiaccio è un mostro terrificante, con gli occhi e i denti insieme che un aspetto spaventoso gli danno, identico è il suo corpo al mostro cui Elsa vita diede, troppo grande non è ma di ghiaccio è senz'altro il suo cuore, e sembra che Gelostro d'emozione il significato non sappia. Ma quando di fronte al mostro siamo, subito lui la via ci blocca: "Non potete voi accedere al luogo dove l' Altissimo i peccatori punisce, anime non siete e il gelo non vi colpisce, quando l'ora vostra verrà, nei mondi ultraterreni starete,

ma adesso andarvene voi dovete, altre armi in caso contrario userò." La mia guida a lui risponde: "Di compiere questo viaggio desiderosi siamo, perché impedirlo devi a noi che lo vogliamo?" Gelostro infuriato ribatte: "O ve ne andate, o la forza userò, ripeto il momento giusto non è, per il vostro bene andar dovete." Insiste la mia guida: "Gelostro, arrabbiarti non devi, perché non possiamo noi questo viaggio compiere? Nè a te nè all'Altissimo nessun male faremmo." Rassegnato è Gelostro e sulla barca assieme ad altri dannati salire ci lascia, la strettoia d'acqua attorno al ghiaccio e al gelo percorriamo, perché desiderosi la mia guida ed io siamo di compiere questo terribile viaggio, nel luogo eterno dove di perdono la traccia non c'è.

Pentito nella nebbia di Riccardo Candi

Io e la mia guida entrammo in una valle enorme, avvolta da una fitta nebbia che non permetteva di vedere oltre un braccio di distanza. Il cielo era coperto da nubi grigie e opache, c’era molto caldo ma il sole non si vedeva. Il pavimento era incandescente e di conseguenza i peccatori dovevano correre e saltare continuamente. L’atmosfera che si respirava era di tristezza e di malinconia, inoltre nella nebbia si intravedevano passare ombre di peccatori. In quel luogo così triste e monotono non si sentiva nessun rumore e il silenzio era assoluto. La guida mi disse che lì si trovavano le persone che in vita erano state arroganti, villane e ignoranti. Aggiunse inoltre che per questo loro atteggiamento nella vita terrena i peccatori erano condannati a non poter parlare, non poter vedere per via della nebbia e a non poter udire per il sangue che gli sgorgava dalle orecchie.

Camminammo a lungo, solo la guida sapeva dove andavamo, ma io non capivo nulla di quello che mi succedeva intorno per via della nebbia. Ovviamente il pavimento per me non era incandescente ma non mi piaceva per nulla camminare sul sangue lasciato dai peccatori. Chiesi alla guida se fosse stato possibile ascoltare qualcuno ed egli mi rispose che se una volontà superiore l’avesse voluto, sarebbe stato possibile. Così provai ad interpellare un'ombra che passava nella nebbia ed egli si presentò:- Salve, io sono Oliver Cromwell.- Sembrò felice di poter rompere quel silenzio, così continuò:- Nacqui nel 1599 a Huntingdon. Allo scoppio della guerra civile diventai da subito un ottimo condottiero, arruolando e organizzando un reparto di cavalleria chiamato “Ironside”. Vinsi&nbsp;la battaglia di Marston Moor a capo delle mie truppe, facendomi guadagnare una grandissima reputazione.

lui di me, cosa che mi sembrava giusta, ma credevo fosse stanco di parlare per via dei mastinieri. Gli chiesi subito di raccontarmi di sé stesso e lui iniziò : “Se vuoi posso parlare anche di te…”. Io rimasi a bocca aperta perché questo mi fece capire che egli fu veramente il più grande hacker della storia e che per lui nessuno aveva alcun segreto poiché poteva entrare in qualsiasi dispositivo di qualsiasi persona. Successivamente gli dissi che ero&nbsp; a conoscenza di molte informazioni su me stesso&nbsp; e gli chiesi nuovamente di raccontarmi di sé stesso.&nbsp; Parlò&nbsp; per qualche minuto: “Nacqui il 10 febbraio 1966 a Glasgow. Ero diverso da tutti gli altri, sin dalle elementari. Quando ero piccolo mi diagnosticarono la sindrome di Asperger: avere questa sindrome

mi ha permesso di avere molta dimestichezza con numeri e con lunghe sequenze di dati da memorizzare. Iniziai ad hackerare i computer a 14 anni e a quell'età ero già in grado di entrare in reti blindate.&nbsp;L'obiettivo della mia vita è stato quello di provare l’esistenza degli UFO e per fare ciò ho violato ben 97 network dell’esercito americano tra il 2001 e il 2002.&nbsp; Ero conosciuto con il nickname di “Solo” e quando riuscivo ad hackerare un sito, lasciavo sempre un messaggio che diceva: la vostra sicurezza fa schifo.&nbsp; Io gli alieni li ho visti: ho visto immagini di potenziali navi aliene ma purtroppo non sono riuscito a salvare le immagini”. Dal tono e dalle parole, non sembrava per niente pentito di ciò che aveva fatto nella vita: aveva uno sguardo da persona veramente veramente cattiva.

Ad un certo punto Edoardo gli chiese: “Come ti chiami? Perché sei lì dentro?” L’uomo non rispose, continuando a cercare di liberarsi, fino a quando decise di parlare con noi.&nbsp; “Mi chiamo Pietro e sono quì da quando sono morto”. “Perché sei qui?” chiese Edoardo “Vedi… lavoravo in questo zoo” rispose “maltrattavo gli animali, li torturavo, non me ne prendevo cura ed ero molto crudele con loro e adesso sono rinchiuso qui dentro.&nbsp;Non riesco nemmeno a bere perchè la ciotola dell’acqua si trova in un angolo della mia gabbia e questi attacchi, queste violenze da orsi e tigri non mi permettono di&nbsp;arrivarci.”&nbsp; Non vidi sul volto di Pietro nessuna emozione, nessuna compassione, nessun pentimento. Terminato il suo racconto ricominciò a cercare di liberarsi.

Poi ci disse: “State attenti ragazzi, perché voi non sapete che cosa vi aspetta. State molto attenti!” “Perché?” gli chiesi. Pietro riprese a cercare di liberarsi dalle sue catene, ignorando completamente la mia domanda.&nbsp;

11. "L’aria che si respira sull’isola" di Alessia De Bernardo 12. "Il prezzo delle azioni" di Jessica Casarsa 13. "Una foresta che soffoca è come una vita senza respiro" di Federico Liani 14. "Gli uomini sconfitti dall’astuzia degli animali" di Gabriel Pascolini 15. "L’atletica degli imbrogli" di Mattias Resuli 16. "Mai nascondersi dietro ad uno schermo" di Tommaso Marioni 17. "Infernologia" di Sofia Bassi 18. "Celebrità infernali" di Salima Noemi Carassai 19. "Meglio tardi che mai" di Tommaso Proietti

Mi abbracciò come se fossi un caro che non vedeva da moltissimo tempo, urlò e per la felicità.&nbsp;Quando si scostò notai che si muoveva come se avesse crampi in tutto il corpo: “Cosa facesti in vita per meritare una pena simile?” William Joseph Simmons mi rispose blaterando, sembrava si vergognasse: “In vita ho disprezzato uomini come me ma di pelle diversa.”&nbsp;senza pensare chiesi: “Perchè quando sotto di te, William, passano quegli uomini che non sembrano dannati deridendoti ti feriscono?”

“Essi umiliandomi mi sottraggono le forze, e più tempo passa più il mio corpo è debole fino a che non avrò più forza per scalare questa montagna."

Il prezzo delle azioni

&nbsp;Io e Baden Powell entrammo in un luogo lugubre, sporco di petrolio e fetido di spazzatura che stava riempiendo l'ambiente perché c’era un enorme e mostruoso polipo che rigurgitava i rifiuti. Qui era tutto lercio del sangue dei peccatori che continuavano a urlare e a lamentarsi per le torture del polipo. Lì vedemmo uno dei peccatori e ci dirigemmo verso di lui, io gli chiesi come si chiamava e se avesse avuto voglia di raccontarmi&nbsp;la sua storia e il motivo per cui era lì, lui mi rispose che si chiamava Pirelli è che era onorato di dialogare con me, così iniziò: &lt;&lt;Quando ero bambino vivevo in una famiglia benestante e non mi mancava mai nulla ma ciò che avevo non mi soddisfaceva mai,

ero ingordo e accumulavo tutto ciò che potevo riempiendo tutte le stanze della mia casa e gettando le cose di cui mi stufavo anche se erano ancora quasi nuove. Per soddisfare il mio bisogno di accumulare, quando diventai più grande aprii una fabbrica di gomme stradali e gli scarti che producevo li facevo gettare dai miei collaboratori in un'enorme fossa dietro alla fabbrica per non spendere soldi a portarli in discarica. Con il tempo tutta quella immondizia si decompose e penetrò nel terreno e da lì finì prima nei fiumi sotterranei poi inquinò i mari. Come in vita ho danneggiato il mondo, per cui molti esseri viventi ne hanno risentito, così dopo la morte, sono stato condannato a ingerire le stesse cose che ho gettato, non correttamente, e continuamente vengo frustato dai tentacoli infiniti di questo polipo gigante&gt;&gt;.

Mentre avanzo comincio a scorgere una luce arancione che mi da un senso di sicurezza perché sembra che io sia arrivata alla fine, ma mentre questa diventa sempre più nitida, capisco che proviene da una finestra molto piccola dalla quale proviene del fumo. Mi avvicino ulteriormente e scopro che quella finestrella appartiene ad un edificio, una fabbrica che non presenta entrate frontali, allora seguo un’ape che si dirige sul retro e scopro una grande apertura nel muro: mi affaccio e subito una vampata di calore mi colpisce il viso. All’interno vedo un calderone gigante dove le api versano il sangue estratto dai&nbsp;dannati che, bollendo, emana quello straordinario profumo di miele con cui mi ero colmata i polmoni all’inizio. Sono colpita ed impaurita nello stesso tempo così mi allontano correndo e ad un certo punto crollo seduta sul selciato.

Mi stringo le ginocchia al petto e mi ripeto che devo farcela ad affrontare questo viaggio e nello stesso momento sento una mano che mi sfiora. Mi alzo di scatto e impaurita, mi guardo velocemente intorno per vedere chi è stato e noto una ragazza che cerca di prendermi. A primo impatto indietreggio ma poi capisco che vuole solo parlarmi e mi avvicino. Appena la tocco le api se ne vanno e lei fa due grandi respiri per prendere aria. Dopo essersi ripresa mi dice con un filo di voce: “Kyra Kole”. Afferro subito che è il suo nome e la lascio continuare. “Che Dio ti benedica per questo atto di compassione. Voglio raccontarti la mia storia così potrai capire come mai sono condannata a questa pena e forse potrai comprendere ciò che non hai ancora compreso ma hai solo sperimentato attraverso i tuoi sensi”.

La fabbrica infernale di Emanuele Raccaro Nel sogno stavo rivivendo la giornata emozionante: ero nuovamente a Legoland in Danimarca, il Polar Xplorer era partito per portarmi in cielo. Avevo un po’ di paura ma volevo fare un giro anche su queste montagne russe che, a differenza delle altre tre su cui ero stato, dopo averti portato in cielo ti fanno passare dentro a una montagna. Dopo il mitico giro velocissimo, su e giù in mezzo alle nuvole, urlando ancora per l’eccitazione e per la forte emozione, una volta entrato nella montagna, anziché attraversarla insieme al mio gruppo, sono stato rapito da una luce folgorante che mi ha condotto in un tunnel buio e lunghissimo. Sembravo passare da un sogno ad un incubo: viaggiando in questa galleria ad una velocità laser, mi sono ritrovato in un luogo umido e tenebroso, simile ad una miniera, con un odore nauseabondo.

In quell’oscurità l’unica forma di luce presente era quella degli occhi dei pipistrelli che volavano in modo caotico, disordinato, come se dovesse succedere qualcosa. Morto dalla paura, improvvisamente sono stato colpito da un bagliore, seguito da una voce dolcissima di una signora che, venuta verso di me, prendendomi per mano si è presentata: “Ciao, sono Maria Montessori e sono molto felice che tu sia qui con me. Porterai questa tua esperienza nel mondo dei vivi”.&nbsp;Poi, accompagnandomi, mi ha detto: “Non temere, sarò con te e ti proteggerò, ho amato molto i bambini e ho cercato di aiutarli durante tutta la mia vita, soprattutto quelli più deboli e speciali”. Procedendo con Maria verso l’uscita di quella miniera, ci siamo trovati davanti al cancello di una fabbrica in cui le maniglie erano d’oro massiccio, ma il colore dell’oro si vedeva appena appena perché tutto era avvolto da una nube di fumo nero.

Però, anche se mi allenavo giorni su giorni non riuscivo a migliorare così per un periodo decisi di mollare. Ma non era una buona decisione: quando ripresi ad allenarmi ero ancora meno in forma di prima così pensai che era finito, non volevo più partecipare. Ma riguardando le foto da ragazzino mi ricordai che quella era la MIA gara, era il motivo di tutto quei giorni di allenamento. Così decisi che io quella gara la dovevo vincere a qualunque costo anche imbrogliando. Allora feci uso di qualche sostanza per assicurarmi la vittoria, però, ancora oggi, rimpiango quello che ho fatto. Il mio sogno da bambino era vincere una gara lealmente, ma nel tempo perso tutta la lealtà, imbrogliando tutti coloro che quella gara l’avevano sudata, tutti coloro che la medaglia l’avevano meritata, che si erano allenati per giorni, mesi, forse anni -. Ad un certo punto iniziò a piangere, e io capii che era perché gli avevo dato un attimo di tregua,

lo avevo salvato quei pochi minuti dandogli un po’ di respiro, fermandolo per prendere fiato. Allora lo trattenni ancora un attimo, per il semplice fatto che mi faceva pena vedere tutte quelle persone soffrire, però dovevo capirlo: ero all’Inferno.

Appena l’ombra riprese la sua eterna corsa e tortura capì la lezione che mi era stata data ed anche il messaggio che dovevo riportare sulla Terra: imbrogliare, diventare atleti celebri, vincere in modo scorretto non doveva essere ammesso. Lo sport, il benessere fisico e mentale, la fatica nell’allenarsi e la vittoria conquistata correttamente… ecco il vero scopo dell’attività fisica.

Io gli ho detto che poteva tornare a rispondere alle domande dei mastinieri e successivamente mi guardai intorno. Era un ambiente molto strano: c’erano dei codici (che usano proprio gli hacker) verdi che illuminavano la zona ma non che illuminassero tanto. Ogni dannato risiedeva in una piccola casetta con i mastinieri, che occupavano moltissimo spazio, quindi per loro ce n’era molto poco. Come in vita spesso stavano svegli anche di notte per hackerare i server e i siti, adesso erano&nbsp;condannati a non dormire e quindi a stancarsi molto senza riposare.

Gli hacker non avevano i vestiti, perché nella vita hanno privato le persone della loro privacy e allora qui sono costretti a stare nudi e ad avere un volto, un’identità nota: come in vita si sono nascosti dietro a un computer per hackerare i siti e i server, qui non si possono più nascondere dietro ad uno schermo ma devono farsi vedere ed essere riconosciuti per quello che hanno fatto.&nbsp; Non avrei mai pensato di interagire con degli hacker che per me erano - e sono - delle persone che ammiro molto. Mi spiego meglio, perché non voglio che si capisca che non sono contro l’hacking. Ammiro molto gli hacker perché riescono da un computer ad entrare in un altro, senza connessione wireless

Avventura nel gelo del Polo Nord di Matteo Zorzut "L'incontro con la guida e il viaggio in barca" Alla mia giovane età di dodici anni compiuti, di notte in un sogno io andar mi lascio, terrorizzato mi risveglio su un'enorme distesa di ghiaccio, che nessun segno di vita dà. Quando mi alzo un'illustre figura del mio periodo vedo: Papa Francesco, che della chiesa cattolica è il capo. Col suo bianco vestito addosso verso di me cammina, e mi parla: "Guida sarò io di questo viaggio straordinario, nel luogo dove Dio i peccatori punisce,

vicino all'Inferno sei tu con me, in questo sperduto posto, gelido e inquietante dove vivere non osa nessun uomo." Un po' confuso e incredulo sono, nel vedere l'illustre Papa Francesco, ma una questione a lui spontanea mi sorge: "Egregio Papa Francesco, come noi faremo ad arrivare nell'infernale luogo, di perderci rischiamo in questa landa ghiacciata, persone a cui aiuto chiedere non vedo, poiché in mezzo al ghiaccio sperduti siamo." Mi risponde la mia guida:"Mio giovanotto caro, una barca vi è nella strettoia d'acqua laggiù, dal ghiaccio circondata, è la barca di colui che le anime dannate traghetta, Gelostro, supplicheremo e chiederemo lui di portarci nell'infernale luogo, ma solo se colui che in cielo regna la nostra richiesta accetta."

Così da Papa paolo IV ci rechiamo, e quando da lui siamo, per volontà di Dio i libri dal suo capo scompaiono, Quando la tuta e la maschera gli porgiamo, lui incredulo ci guarda, lentamente comunque lui indossa ciò che gli abbiamo dato, e la mia guida la prima è a parlare: "Caro mio collega purtroppo condannato in questo luogo eterno, perché in vita un grave sbaglio hai compiuto, per aiutarti siamo noi qui, per interrompere le tue sofferenze." E Papa Paolo IV a lui risponde: "Grato sono io a te e al tuo compagno, poiché i miei dolori avete voi interrotto, perché a noi del clero di quel tempo, paura ci faceva chi la ragione usava." Ancora parla la mia guida:

L'Altissimo del tuo pentimento sarà soddisfatto, poiché del tuo peccato la gravità hai compreso. Secondo me per questo motivo l'Altissimo una tregua ti ha concesso. Ma molti che questo peccato compiono ancora in vita sono, in questo infernale girone finiranno, e speriamo che Dio nei loro confronti pietà abbia". Papa Paolo IV di nuovo gli risponde: "Da questo vostro incontro beneficio ne ho tratto, con tutto il mio cuore io vi ringrazio, adesso di salutarci è l'ora giusta, purtroppo la mia pena eterna devo tornare a scontare." Detto questo, Papa Paolo IV la tuta e la maschera si toglie, i libri sul suo capo di nuovo si appiccicano, poiché la fine della sua tregua è arrivata. La mia guida ed io Papa Paolo IV salutiamo.

perché in vita macchiai la storia come una terribile e infame persona. Ma ora vi prego andatevene da questo posto anime innocenti, o sarete&nbsp;catturate dalla sua malinconia”. Non mi sarei mai aspettata queste parole da quell’uomo, così ebbi quasi compassione di lui, ma Liliana che conosceva meglio di me il suo peccato non la ebbe. E nemmeno Colui che tutto governa la ebbe, e fu così che mentre io ancora incredula piangevo commossa, il figuro si allontanò imprecando sottovoce, così che dopo pochi secondi, la nebbia malvagia lo aveva già sottratto ai nostri occhi per sempre. A quel punto mi svegliai di colpo terrorizzata e confusa. Dopo qualche minuto il respiro divenne meno affannato e cercai di ricordare

con chiarezza ciò che avevo visto in quel sogno raccapricciante.

Capii che solo immaginare il mio destino se fossi stata razzista mi faceva gelare il sangue nelle vene; no non avrei mai voluto sbarcare su quella maledetta spiaggia infuocata. E poi l’insegnamento venne da sè.

C'erano degli individui che stavano lavorando in una discarica sconfinata e terrificante; vicino a me notai una montagna di rifiuti e ad osservarli meglio erano tutti rifiuti elettronici: stampanti, computer, smartphone, tablet... Sopra questo gigantesco mucchio un gran numero di dannati era condannato a scomporre un infinito numero di dispositivi per ricavarne dei materiali nascosti all'interno. I metalli ricavati erano molto preziosi: oro, argento, rame e alluminio. Questi ultimi venivano trasportati attraverso dei tubi fino ad un'enorme fabbrica dalla quale uscivano miasmi tossici.

I peccatori indossavano vestiti lacerati e sporchi, camminavano scalzi sui detriti aguzzi. Utilizzavano pesanti martelli per spaccare gli oggetti, tra questa gente si alzavano spesso urla di dolore probabilmente provocate dal fatto che qualcuno si era tagliato, ferito, reciso parti di mani o piedi. Questo però non era il peggio perché altri stavano bruciando i materiali di scarto, inquinando l'aria e rendendola tossica e irrespirabile: quindi per tutti era una grande sofferenza.

I censori di libri Nel profondo lago d'acqua gelida dal ghiaccio circondato, con le tute da subacqueo in acqua continuiamo a nuotare, osservando di questo girone i suoi peccatori: ovvero chi in vita la lettura impedì di libri considerati pericolosi. La pena di questi dannati terribile è come le altre tutte: nudi nuotano, e come nella loro esistenza libri censurarono, ora all'Inferno tutti i libri di cui la lettura impedirono, incollati ai capi dei dannati si trovano, e quindi questi peccatori a fatica nuotano. Ma non finisce qui la punizione loro, poiché enormi squali queste anime dannate mordicchiano, così che questi peccatori di ferite si trovano il loro corpo cosparso.

Pena provo un po' io per questi peccatori, ma meritata la loro punizione è, poiché di un diritto l'uomo privare grave è come peccato. All'improvviso la mia guida in lontananza vede Papa Paolo IV, che a pubblicare l'indice dei libri proibiti fu il primo, e come tutti gli altri dannati tremendamente soffre. Mi propone la mia guida:"Potremmo parlare noi a Papa Paolo IV, che un mio collega è, quindi curioso sono di parlargli, ma prima al mostro che questo girone sorveglia dovremmo chiedere, poiché meglio sarebbe avere il suo consenso. Ci dirigiamo quindi dal mostro che questo girone sorveglia, chiediamo lui una tuta e una maschera da dare a Papa Paolo IV, e come con Gelostro problemi non ne abbiamo.

Alla fine della guerra Carlo I fu giustiziato e&nbsp;io salii al potere, e dopo aver preso delle decisioni a discapito di molti, mi autoproclamai Lord Protettore, diventando così un dittatore. Uno dei motivi per il quale sono&nbsp;qui è aver avvantaggiato alcuni a discapito di molti, concedendo il diritto di votare solo alle persone benestanti. Attenti a voi, giovane ragazzo e sua guida, il peccato da me commesso è molto comune. Tanti prima e dopo di me lo hanno commesso e sono qui in questa valle, sono ombre eternamente doloranti. Giunge voce che anche nel tempo a voi contemporaneo ci sono possibili peccatori destinati a questo luogo, queste persone sono soprattutto capi di stato e politici. Alcuni sono irascibili e presuntuosi, altri prendono decisioni sbagliate a scapito dell’umanità intera.

Speriamo che le parole che voi racconterete al vostro ritorno riescano a redimere queste persone di cui vi ho parlato. Se tra molto tempo non saranno ancora arrivati in questa valle vuol dire che li avrete risparmiati a questa terribile punizione eterna.- Dopo quel discorso continuammo nel percorso e visto che io e la guida non eravamo destinati a quel luogo, per noi i chilometri si trasformarono in metri e fummo subito ai confini della valle.

L'atletica degli imbrogli

Mi ritrovai in un luogo senza vegetazione con pochi alberi spogli, i colori non erano altro che due: grigio e nero. Sentivo un forte vento, quasi una tempesta, ma nonostante questo avevo caldissimo: non era per i vestiti, visto che ero in maniche corte. Ogni passo che facevo, sentivo che il suolo era sempre più arido e ad ogni respiro la gola mi si seccava sempre di più. Vedevo persone che correvano senza sosta e mi chiedevo come facessero a resistere percorrendo chilometri su chilometri. Pensai che non era una cosa normale. Vidi anche che se qualcuno diminuiva la corsa, c’era sempre qualcun altro che lo frustava sulla schiena.

Solo dopo pochi minuti mi accorsi che quello era il luogo dove venivano puniti gli atleti che avevano fatto uso di sostanze. Ho cominciato a capire quando le vidi attentamente quelle persone:, visi sfigurati, occhi rossi e una resistenza enorme; tutto questo per correre dietro a una medaglia fatta di plastica.&nbsp; Allora decisi di fermare uno di loro e di chiedergli cosa stesse succedendo. Lui mi rispose che erano in quel posto per aver fatto uso di una sostanza per vincere una gara, quindi aggiudicarsi una medaglia imbrogliando. Ora, dopo la morte, dovevano correre senza sosta dietro a una medaglia insignificante, fatta di plastica, che alla fine neanche la riescono a vincere, quindi correvano per niente. Così gli chiesi: - Perché hai fatto uso di una sostanza per vincere una medaglia? - Allora lui mi disse: - Perché mi allenavo fin da bambino per la gara e il mio sogno era vincere.

solo una parte di noi e deve essere in armonia con l’aspetto interiore, con il carattere, con i valori e i principi che trasmettiamo con il comportamento. Non è utile fidarsi di modelli estetici che sembrano perfetti ma dei quali non conosciamo altro.

La natura non sfrutta, ma l’uomo sì di Alma Pace

Calore e uno stuzzicante profumo di miele sono le prime cose che il mio corpo vivo, forse l’unico che sta solcando e solcherà queste terre, percepisce in questo nuovo luogo.&nbsp;&nbsp; Odo urli e strepiti sovrastati da un assordante ronzio. L’atmosfera è avvolta da una leggera foschia non troppo densa e fitta che mi permette di vedere quello scenario surreale: migliaia di pali della luce disposti a schiera tutti rivolti verso la medesima direzione; su ognuno di questi pali vedo un dannato fuso al metallo per la schiena e con braccia e gambe libere che sono impegnate a scacciare invano le api che lo circondano e gli entrano nel corpo tramite la bocca per poi uscirne e scomparire nella foschia tutte convergendo in uno stesso punto.&nbsp;

Sono relegati come insetti catturati-vivi, cimici costrette sulla corazza che muovono nervosamente le zampe per potersi rivoltare e camminare-scappare ma che non possono perché hanno compiuto atti di crudeltà verso persone, se stessi o verso altro e sono costretti a lottare per l'eternità senza mai tregua. Procedo timorosa a scopo di trovare una via d’uscita da questo carnaio e cerco di non soffermare lo sguardo sullo scenario circostante per non vedere le migliaia di anime sofferenti che cercano di gridare “AIUTO”: mi accorgo infatti che non ne hanno la possibilità, che la loro voce viene soffocata dalle api che entrano ed escono dai loro corpi.&nbsp;

Grazie alle armi che possedevo li sconfissi facilmente, poi li mandai a lavorare nei campi sotto il sole cocente e nelle miniere, così da sfruttare al massimo tutte le loro risorse. Ora la pena che mi è stata inflitta è assai cruenta, rischiosa ed eternamente drammatica: spacchiamo dei dispositivi in disuso che la società scarta, ma che contengono parti preziose, ne bruciamo i componenti inutili, di scarto, quelli che secondo lui - e qui si tacque e mi indicò l'uomo sulla poltrona e subito riprese - non servono alla fabbrica". Avevo i brividi, il peccatore era stato violentemente richiamato al suo dovere ed io cominciavo a capire che gli uomini di cui avevo letto sui libri e che erano menzionati per

gravi comportamenti verso l'umanità non finivano solo nelle interrogazioni ma...all'Inferno. Mi svegliai di soprassalto ripensando a ciò che avevo sognato: che orrore! - mai e poi mai valuterò inferiori altre categorie di persone! - mi promisi. Per fare in modo che i miei amici non rischiassero di subire una tale pena glielo raccontai utilizzando parole e immagini molto più forti di qualsiasi videogioco di combattimento o film horror.

s’incupirono i nostri volti,&nbsp; un lungo silenzio dopo uno di noi a parlare cominciò: “Uno strano sogno ho fatto, terribile, angoscioso”.&nbsp; Sguardi di approvazione noi ci scambiammo,&nbsp; e alla professoressa affermammo lo stesso fatto a noi capitato.&nbsp; La professoressa il silenzio richiamò: “ Bene, una alla volta voi raccontate il sogno vostro, curiosa sono di a uno a uno sentirvi. “

“Ma cos’era tutto quello che stavo vedendo?” Maria con molta dolcezza mi ha spiegato che eravamo in un ambiente infernale, e che le persone che arrivavano in realtà erano anime di dannati, di peccatori che nella loro vita, soprattutto al tempo della rivoluzione industriale, hanno sfruttato i bambini, privandoli della loro infanzia, dell’affetto, della serenità, del gioco, dell’istruzione, della salute, del cibo e di tutto quello che fortunatamente abbiamo noi. Una volta entrati, i nuovi dannati, sotto la tortura di diavoletti capo reparto che li punzecchiavano con dei fusi, dovevano indossare i vestiti da lavoro, ovvero stracci inzuppati nell’acqua melmosa del fiume. Dovevano iniziare a lavorare subito, a scontare la loro pena, lavorare senza mai fermarsi, come richiedevano a quei poveri bambini che lavoravano quattordici ore al giorno senza mangiare, in ambienti malsani, dovendo

stare attenti alle macchine che utilizzavano e stando in piedi oppure curvi per ore e ore.&nbsp; Le anime di questo luogo piangevano sempre, dovevano lavorare ininterrottamente, al ritmo delle velocissime macchine e se non riuscivano a rispettare quel ritmo le macchine stesse mozzavano loro le dita, che poi, dopo tanto dolore, si sarebbero rigenerate. Il loro lavoro era accompagnato dalla sirena della fabbrica, dall’odore nauseabondo della fogna in cui vivevano e dall’aria resa soffocante dal fumo delle ciminiere. Se osavano fermarsi, i diavoletti azionavano i cannoni che sparavano centinaia di aghi da ricamo dritti nella cute dei poveretti.&nbsp;&nbsp;&nbsp; Passando con Maria tra le anime, mi sono soffermato ad ascoltare un disperato che continuava a ripetere: “Non dovevo farlo, non dovevo essere così avido, così cattivo”,

Il mitico Hernan Cortes sottomesso da una fabbrica di Riccardo Zampieri Mi trovai in un luogo buio, cupo e molto puzzolente, dove riecheggiavano strani rumori. Camminai e camminai finché non vidi un'enorme fabbrica abbandonata, all'entrata c'era un mucchio di rifiuti tra plastica, batterie, sigarette,... Ci tappammo il naso ed entrammo nell'enorme fabbrica che però era più lunga che larga così la attraversammo in poco tempo; aldilà dell'uscita si aprì davanti a noi uno scenario strabiliante che mi fece saltar la mano dal cellulare.

Notammo subito che non c'era connessione, così questo viaggio avrei potuto viverlo attentamente e grazie alla fotocamera sarebbe stato possibile portarmi a casa delle foto ricordo. Mentre stavo ammirando quella terrificante meraviglia si parò davanti a noi una persona che ci disse che era la nostra guida.

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