Lo Sfoglialibro di Scrittura Creativa n.2 - I.C. Oddo Bernacchia - Termoli

Parchment

Immagina di essere la guida di Dante Alighieri e di accompagnare il Sommo poeta nel “suo viaggio”

Sono arrabbiato nero. L’altro giorno sono morto, oggi, al mio funerale è stato un casino. I fiori erano totalmente inguardabili, musica indescrivibile, vestiti osceni. Si vede proprio che quella gente non era davvero triste, avevo chiesto esplicitamente che doveva essere la festa dell’anno. Non hanno invitato neanche qualche comico o qualcosa di divertente. E’ Stata una noia mortale… solo io ridevo, tutti a piangere e nessuno vestito decentemente. Ora mi hanno appena seppellito, ho trovato nella bara un pulsante nero. Ovviamente non ho tempo da perdere. l’ ho premuto. Mi sento leggerissimo e vedo la mia tomba allontanarsi. Penso che sono io ad allontanarmi, ho perso il controllo del mio corpo. Un attimo! Il mio corpo non mi appartiene più! sono solo un’anima! Ora si che mi diverto! C’è una forza superiore che mi sta trasportando da qualche parte. Sono arrivato su un’enorme nuvola , vedo due porte, penso di essere in purgatorio, vorrei rimanere qui per fare qualche scherzetto a coloro che mi hanno organizzato il funerale...in fondo se lo meritano! Però penso di dover fare una scelta, c’è un ragazzo simpatico, penso che seguirò lui… INFERNO, ah ok è la porta dell’Inferno, ok forse me lo sarei aspettato, piange come un dannato ed ha pessimo gusto, una misera tunica rossa orrenda, sembra di stare 700 anni fa, ora che lo vede Satana gli crea da capo il guardaroba, ha bisogno di qualcosa più esuberante, cioè siamo all’ inferno, non a prendere una tisana da mia nonna! Comunque mi basta un secondo per cambiare idea, qui dentro il pessimo gusto regna sovrano, iniziamo col fatto che gli abbinamenti di colori sembrano fatti da un daltonico, rosso, nero, marrone, che obbrobrio!

Intanto che io sono schifato da ciò che ho intorno, questa lagna vivente mi continua a parlare di una che gli piaceva, ora penso mi costringerà a cercarla, solo che da come me la descrive non sembra affatto tipa da inferno, tutta perfettina e senza difetti, vabbè vedremo. C’è un suono orrendo, sembra che stia scoppiando una bomba nucleare, misto ad una tempesta, misto ad un orso polare che digerisce, un’attimo, c’è un chioschetto, magari trovo dei tappi per le orecchie. Mi scusi, posso avere dei tapp...anzi no, non sembra molto affidabile, tralasciando che sta cercando di vendere a qualcuno gli avanzi della cena dell’ospedale che non ho mangiato! Questo posto me lo aspettavo totalmente diverso. C’è un odore nauseabondo, puzza di bruciato, anzi, sembra il profumo che indossava mio padre, sono totalmente confuso ed allo stesso tempo scioccato. Qualcuno mi poteva avvisare che il suolo è pieno di carbone ardente?! Ahia, a terra è tutto bollente, toccando la polvere ho una sensazione indescrivibile, come quando a scuola toccavo il gesso! Ho le vertigini, sembro ubriaco, ma io in vita ero astemio...almeno che non mi hanno somministrato qualcosa sembra un po’ impossibile… poi mi sento lentissimo e muovermi è la cosa più faticosa che io abbia mai fatto, penso che qui non mi troverò per niente bene, sto già morendo di caldo e vedo dei peperoncini! Io il piccante non lo sopporto! Aiuto! Per fortuna quello strano ragazzo ha detto che mi vuole portare a cercare una certa Beatrice in paradiso, penso che questa ve la risparmio!

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Da:Marvin il Marziano A:Edoardo Tundo Oggetto:Conoscersi.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;Data:21/02/2021, Ore:14:25&nbsp; Caro Edoardo, mi chiamo Marvin, qualche giorni fa il nostro radar ha rilevato una minaccia proveniente dal vostro pianeta, era una sonda che conteneva degli&nbsp;involucri di carta con delle&nbsp;informazioni su di voi. Questa sonda,&nbsp;pensiamo, che stia cercando delle tracce di vita sul nostro pianeta Marte. La sonda non è riuscita a captarci perché in quella parte del pianeta, le nostre attività, si svolgono sotto terra. Ci dispiace che avete trovato il nostro pianeta tutto pieno di crateri e massi, ma prima non era così in quanto le buche erano coperte dall'acqua. Ho trovato la tua lettera,&nbsp;mi è sembrata la più interessante tra quelle che c’erano così ho pensato di risponderti, l’unico mezzo che conosco è scriverti una mail. La mia giornata è molto diversa dalla tua: noi non abbiamo una casa ma viviamo in una&nbsp;base spaziale enorme in cui vivono tutti gli abitanti del nostro pianeta. La mattina di solito, dopo aver fatto colazione tutti insieme, con la nostra bevanda energetica che si chiama Alien Energy, ognuno di noi inizia, la propria giornata. Io frequento dei corsi di tecnologia, che mi occupa la maggior parte del tempo, dopo le lezioni teoriche ci fanno guidare i dischi volanti per esercitarci ad eventuali combattimenti che si potrebbero verificare, con alieni provenienti da altri pianeti. Qui sul nostro pianeta, è tutto fondato sulla tecnologia, i mezzi di trasporto, sono esclusivamente navicelle spaziali velocissime che ci consentono di spostarci in maniera rapida. La nostra base spaziale, come ti ho già detto è molto grande, si divide in diverse aree. L’ala Nord è il garage della base, nell’ala&nbsp;sud ci sono i dormitori, nell'ala est c’è l'armeria in cui possiamo entrare solo in casi estremi perché ci sono armi pericolose, invece nell’ala ovest ci sono il poligono,&nbsp;dove noi ci alleniamo a sparare con le nostre armi al plasma, infine&nbsp;ci sono le aule dove noi facciamo lezione.

Abbiamo scoperto che siete molto indietro con la tecnologia,&nbsp;avete ancora problemi di surriscaldamento globale, noi ormai abbiamo risolto questo problema da 90 anni; mi hai scritto che sul tuo pianeta c’è un virus che vi stà creando un sacco di problemi, addirittura anche tante persone che perdono la vita; i nostri&nbsp;scienziati studiano di continuo i virus, ed hanno dei mezzi tecnologici potentissimi, in grado di creare antidoti preziosi per curarvi. Ho fatto delle ricerche su di te,sei un bel ragazzo hai 12 anni, ti piace molto lo spazio, ho letto che ti piacerebbe fare l’astronauta. Mi piacerebbe venire là sulla terra a conoscerti e vedere le tante meraviglie che ci sono da voi. Purtroppo l’unico mezzo che abbiamo per parlare è questo perché a nessuno di noi è permesso di venire sulla Terra, ed avere rapporti con un umano. Ti prego di non dire a&nbsp;nessuno che ti ho scritto perché qui è vietato scrivere ad uno umano. Spero che ti abbia fatto piacere ricevere questa email, risponderò volentieri a tutte le tue curiosità.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Marvin il Marziano

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“Peggio per voi, sarà meglio chiamare i vostri genitori, potreste finire in guai seri! Per quanto riguarda quell’essere, lo porterò via con me, lo farò analizzare da alcuni specialisti”. Subito dopo fuggimmo in bicicletta: presi Odo e ci avventurammo nel bosco. Quel poliziotto era davvero veloce, riusciva a stare al nostro passo. Dissi a Andrea e Giacomo di andare verso la città, mentre io e Simone avremmo proseguito nel bosco. Fortunatamente, il poliziotto cambiò direzione e proseguì dall’altra parte. Di Andrea e Giacomo mi fidavo ciecamente, sicuramente lo avrebbero seminato. Giunti nel luogo dove avevamo trovato Odo, egli emise nuovamente delle radiazioni elettromagnetiche. Improvvisamente, sopra di noi apparve un ufo che era cento volte più grande di quello che accoglieva il piccolo alieno. Una luce abbagliante avvolse completamente Odo, il quale divenne sempre più trasparente fin quando non scomparve del tutto. Prima di andarsene, ci disse: “Grazie di tutto amici, non dimenticherò mai il tempo passato insieme. Sono davvero felice che mi abbiate aiutato a tornare a casa, grazie nuovamente”. Subito dopo questa luce scomparve e lui, insieme alla sua maestosa navicella spaziale, scomparve dalla faccia della Terra con un potentissimo salto nell’iperspazio. Io, Simone, Giacomo e Andrea non potevamo credere a quello che ci era accaduto, ma una cosa era certa: anche tra esseri sconosciuti e diversi ci si può aiutare, basta avere amore e spirito di collaborazione.

“Qui è lo Shuttle Pacific. Ci sentite? Siamo in una situazione di emergenza! Si è verificata un’avaria al motore e stiamo atterrando&nbsp;su un pianeta sconosciuto! Ci sentite?”. Due occhi blu mi scrutano con freddezza. Non ho mai visto uno sguardo così glaciale. Non un lampo o una luce di paura smentisce quella glacialità. E’ ancora ferma, rigida nella sua impeccabile posizione. “Ripeto, situazione di emergenza.” Sto per ricontattare la base quando sento un forte rumore, poi buio. Non ricordo bene cosa sia successo. Ricordo solo la paura che mi attanagliava il cuore ed un dolore mai provato alla testa.&nbsp; Mi risveglio in una stanza con una flebo al braccio. Mi guardo intorno. I colori sfarzosi ed eccentrici non aiutano a far guarire il mio mal di testa. Giallo, arancione, tanti colori vivaci, messi apparentemente a caso sul muro, aumentano la mia voglia di richiudere gli occhi, ma non posso. Mi alzo e penso di non essermi mai sentita così prima. Esco dalla stanza e giro in una casa piccola, accogliente a modo suo. “Ma dove diavolo sono…” “Nella mia abitazione, Pal.” Mi giro spaventata verso il punto da cui proviene la voce angelica. Non so se considerarla così perché è davvero soave o perché sono sicura che è stato proprio colui a cui appartiene quella voce a salvarmi. Scruto con curiosità la figura. Niente stranezze, niente di niente. La guardo con una certa delusione, mi aspettavo qualche essere mostruoso. L’uomo che ho davanti, invece, è perfetto, ricoperto da un'aura di&nbsp;bellezza disumana. Mi guarda con un sorriso così caloroso da non farmi sentire un'estranea. E’ alto, slanciato, con dei capelli neri che gli ricadono dolcemente sulla fronte, mossi, degli occhi verdi mozzafiato e un’aria a dir poco gentile.&nbsp; “Cosa ci fai ancora lì, dai vieni. Prima, però, ti tolgo la flebo.”&nbsp; Lo seguo con timidezza e terrore. Arrivo in cucina dove trovo quegli occhi blu. “Pamela” “Sarah”

La Divina Commedia, uno dei libri più letti e studiati nel mondo, perché? Perché è un testo che parla delle nostre fragilità, dei nostri timori, ma soprattutto dei nostri peccati! Proprio nel mezzo della lettura di un canto dell’Inferno, mi addormento con il libro in mano; complice l’oscurità della sera, rielaboro nel sonno ciò che stavo leggendo e, pian piano, vengo avvolta dall’atmosfera dell’Inferno dantesco. Ecco, mi trovo in una foresta di quelle fitte e molto estese che ricoprono gran parte del territorio nell’Alto Medioevo. Il bosco fitto è sempre stato simbolo di mistero, di paura e di morte e quella era la sensazione che mi avvolgeva in quel momento; certo non immaginavo che tutto sarebbe cambiato! Pensavo a forze misteriose, diavoli ed esseri malvagi dai quali sicuramente non sarei riuscita a sfuggire, ma ecco che da lontano riesco a scorgere un vivente? ...un’anima?... Vorrei fuggire, ma non è facile, ad ogni passo mi insegue, allora mi fermo ed ecco che si avvicina in bicicletta Dante, il sommo poeta. Con un cenno mi invita a salire e, in un fiorentino alla Benigni, mi dice: “O figliuola, hosa aspetti? Sali si fa tardi!”. Quell’incontro mi procura una grande emozione, ma per il poeta è come se tutto fosse già programmato, allora capisco che sono la sua ospite in questo viaggio nell’Inferno. Pedalando pedalando, arriviamo alla famosa porta su cui campeggia la scritta “LASCIATE LE SCARPETTE O VOI CHE ENTRATE”. Sono un po' titubante perché l’Inferno, come ben sapevo, è un posto molto caldo e sicuramente mi sarei bruciata i piedi, ma Dante non batte ciglio a quella richiesta e allora io penso che se non si brucia i piedi lui, nemmeno io! Non appena entriamo,&nbsp;la scena che ci appare è tragicomica: dannati nudi che si accalcano e che urlano sulla barca a motore di Caronte e Caronte, con una radiotrasmittente in mano, si informa sulla situazione meteo dell’altra sponda dell’Acheronte.

Allora Dante si rivolge a me e dice: “Guarda questi bischeri, si haccalhano di qua e di là ma tanto c’è posto per tutti!” Procediamo nel nostro cammino e scendiamo tra i gironi dell’Inferno, sono proprio curiosa di vedere cosa succede! Leggo su una targa “Girone dei golosi”, mi volto e vedo le anime dei golosi immobili costretti a guardare ininterrottamente dei programmi di gastronomia; troppo divertente, coloro che hanno speso la loro vita a mangiar torte e manicaretti ora possono solo guardarli. Questa è la legge del contrappasso! Nel girone successivo, leggo “tecnologici e internauti”, mi affaccio con cautela consapevole che in questo girone un giorno ci potrei essere anche io, ed ecco che mi rendo conto che questo è il girone più affollato, migliaia e migliaia di anime che cercano le combinazioni per accendere un telefonino che non accenderanno mai. Ad un certo punto, Dante si rivolge a me dicendo: “Vieni, mettiti a cecce (mettiti a sedere), riposiamo un po', è ancora lungo sto dannato Inferno”. Mi metto a sedere e improvvisamente sento il suono di un messaggio whatsapp, Dante tira fuori dalla tasca un telefonino e dopo aver letto il massaggio dice: “Devo andare, è Beatrice, dice che mi sta aspettando da un’eternità “. Mentre guardo i miei piedi, caldi e rossi, inizio a sentire uno strano refrigerio: Malik, il mio cane, me li sta leccando. Il mio sogno è finito, però ho ancora stampato sulla faccia un sorrisetto e penso alla mia professoressa: “attualizzazione della Divina Commedia”.

Arlecchino è un ragazzo adolescente. Dopo essere tornato a casa, si toglie la maschera sorridente e spensierata, l'armatura di chi si fa scivolare tutto addosso. Si guarda allo specchio e vede un ragazzo malinconico e sperduto. Gli altri, invece, lo vedono come un ragazzo allegro, un ragazzo da imitare. Prova a cambiare stile, abito, cappello, ma lui si sente sempre più solo. Prova a indossare di nuovo quella maschera, ma sa che sta ingannando se stesso. Arrivata la sera, si addormenta, ponendosi questa domanda, “Chi sono io davvero? Forse tutto, forse nessuno, forse… Chissà proprio quella maschera.&nbsp;

Mi guardo allo specchio. Osservo il mio sguardo perso e malinconico, lo stesso sguardo di quando ero un adolescente. Penso che il presente è peggio del passato. Ho ancora dentro di me quell’urlo che ho tentato di non far uscire mai. Ora penso che avrei dovuto lasciarlo andare. Eppure, prima ero più felice. Ricordo le risate con i miei amici, i viaggi con la mia famiglia, le feste dove l’unica frase che sentivi prima di arrivarci era “Torna a casa prima di mezzanotte!”. Ricordo tutte queste cose belle, come ricordo anche i miei pianti. Pianti che ora ritengo inutili, ma che prima erano fondamentali per sfogarmi. In questo momento non riesco ad immaginarmi come avrei fatto a superare tutto senza lacrime. Le lacrime, i pianti e le grida tirate fuori erano la mia unica valvola di sfogo. Malgrado tutto, se mi dessero l’occasione di tornare indietro, direi di no. Direi di no perchè penso che come ce l’ho fatta una volta, ce la posso fare anche ora. Mi guardo allo specchio. Vedo un uomo forte che supererà anche questa.

&nbsp;Arlecchino si mostrava sempre allegro, con un sorriso sul viso. Si vestiva sempre in modo stravagante&nbsp;con colori sgargianti, pantaloni con toppe arancioni e gialle e camicette verdi e rosse. Ma Arlecchino non era solo allegria, anche lui poteva soffrire, poteva star male. Allegro fuori e triste dentro, sempre in compagnia ma perennemente solo. I suoi occhi tristi e spenti che si guardano allo specchio, la tristezza nascosta sotto tanta felicità. Aiutava a far sorridere gli altri perché non riusciva ad aiutare se stesso. I bambini più tristi ridevano quando lui passava, con quei colori lui trasmetteva allegria ma, quando arrivava nella sua stanzetta, si sedeva sullo sgabello, avvolto nel lenzuolo e pensava a quella tristezza che lo stava soffocando. C’erano giorni più tristi di altri e a volte si svegliava la mattina senza una ragione di vita. A&nbsp;quel punto...dove la trovi la forza di alzarti dal letto? Ma lui la trovava sempre. Trovava la forza di alzarsi e apriva la finestra, guardava il sole e sorrideva sempre. Pensava&nbsp;al fatto che, se si fosse fatto divorare dalla tristezza, quel sole non lo avrebbe fatto sorridere più, perché non lo avrebbe visto con gli stessi occhi. Crescere fa parte della vita, anzi, è la vita. Ci saranno sempre dei giorni o dei periodi bui o semplicemente tristi ma Arlecchino deve trovare la forza di continuare a camminare dritto per la sua strada. Una sera si sedette sul suo sgabello e prese lo specchio. Capì che, a causa della tristezza, si era costruito un muro per tenere lontani i sentimenti che, secondo lui, erano la fonte principale di dolore. Sotto quella maschera sorridente, c’era molta tristezza dovuta a tante cose, a tante persone, a vecchie emozioni...

Narrow ruled paper

Caro diario, ho da farti una confessione: oggi ho commesso un atto molto brutto, ho fatto una rapina. Era un sabato mattina, mi ero svegliata con una lettera vicino a me molto sospetta, su cui c’era scritto “Ti aspetto all’angolo del supermercato alle ore 18:30 di questa sera” e sulla busta c’era un simbolo che mi sembrava familiare. Ero un po’ spaventata, ma non molto, quella mattina andai a fare delle commissioni in centro per mia mamma, passai dal fruttivendolo e poi andai al&nbsp;nuovo supermercato che aveva aperto da due settimane. Era la seconda volta che ci andavo e fu proprio lì che vidi quel simbolo. Entrai a prendere ciò che mi serviva e me ne andai; mentre ero per gli scaffali del negozio notai una signora che mi fissava, ma non le diedi importanza. Ritornai a&nbsp;casa e mi riposai, all’ora riportata nella lettera mi presentai sul luogo dell’incontro, dove incontrai un signore con una bandana nera sul volto, per non farsi riconoscere. Mi diede un’altra busta, sempre con lo stesso simbolo. Ritornai a casa e aprii la busta, c’era scritto “Se vuoi riuscire a guadagnare dei soldi devi fare una rapina alla gioielleria in centro. Dovrai prendere gli orecchini con i diamanti arrivati da poco e come ricompensa riceverai 15.000 euro”. In quel periodo avevo bisogno di soldi quindi senza nessuno scrupolo la sera stessa andai a fare la rapina. Riuscii a disattivare gli allarmi&nbsp;e le videocamere ed entrai molto furtivamente, andai a prendere gli orecchini ben posizionati al centro della vetrina del negozio...

Pensando di aver tolto tutti gli allarmi, andai dritta sugli orecchini e proprio in quel momento scattò un allarme. Presa dal panico scappai,&nbsp;ma la porta era bloccata, quindi passai da quella sul retro e nel frattempo si sentivano le sirene della polizia. Cercai di andare il più lontano possibile e mi nascosi in una fabbrica abbandonata; la mattina seguente andai a casa. Fu proprio lì che mi aspettò la polizia insieme ai miei genitori, riuscirono a rintracciarmi grazie a una telecamera che si trovava sotto la vetrina degli orecchini. Mi arrestarono e mi portarono in carcere e mi diedero&nbsp;un quaderno e una penna dove poter scrivere e passare il tempo, poiché non si poteva fare nient'altro. Durante le lunghe giornate in questo orribile luogo pensavo a tutto ciò che avevo lasciato fuori: alla mia famiglia, alla mia casa, al mio cane. Ero davvero pentita di ciò che avevo fatto, avevo reagito d’impulso per il desiderio di guadagnare in modo facile, senza pensare agli insegnamenti e agli esempi dati dai miei genitori che hanno fatto sempre sacrifici per costruire ciò che avevano. Sentivo un gran peso nel cuore per la delusione e il dolore dato alla mia famiglia. Adesso devo andare perché hanno appena servito il pranzo,&nbsp;non sembra molto invitante, ma è l’unica cosa che posso mangiare.&nbsp;

Egregio signor Sindaco, mi chiamo Lorenzo Atterrato sono uno studente della sua città. Con questa lettera vorrei farle presente alcune idee o miglioramenti del Paese per il bene di tutti, bambini e adulti. Per rendere accogliente la città, sarebbero utili delle zone relax con tavoli da pic-nic per i turisti e non. Nel Parco Comunale sono già presenti alcune aree di questo tipo, ma sarebbe bene ristrutturare, o meglio modernizzare/cambiare per rendere il tutto confortevole. Nello stesso parco ci sono anche delle aree riservate ai cani, ma sono spoglie, perciò l’idea migliore sarebbe inserire qualche “struttura” per loro nell’area. Mi riferisco principalmente al nostro Parco Comunale, perché è l’unica zona immersa nella natura con alberi, laghetti, giochini per i bambini, campi da calcio/tennis e una piscina ancora in fase di costruzione da molto tempo. A proposito di quest’ultima, l’idea di una piscina pubblica nel parco è geniale e sorprendente e attirerebbe molte persone soprattutto nel periodo estivo. C’è un cartello che rappresenterebbe la piscina conclusa dopo i dovuti lavori ed è sensazionale, perciò sarebbe bene concluderla. I campi per lo sport sono, invece, molto efficienti e funzionanti a livello sociale. Dovrebbe far costruire anche delle zone ritrovo per noi ragazzi, magari in un edificio o all’aria aperta. In inverno, ovviamente, sarebbe meglio in una struttura, con videogiochi, un mini-cinema, buffet,... tenendo conto dei beni materiali presenti, quindi senza rovinare o compromettere l’ambiente circostante. In estate/primavera si potrebbe avere una zona ritrovo all’aperto con tavoli, sedie, scivoli, che dire, un posto confortevole.

Per gli adulti si potrebbero costruire degli edifici per i loro hobby o un'unica grande struttura per racchiudere diverse attività, come ad esempio: scalare, leggere, riparare cose, lavorare il legno/metallo/argilla, palestra e diverse attività sportive. Secondo me, sarebbe un'ottima idea far nascere o trovare i propri hobby, come tempo libero dopo il lavoro o la famiglia. Anche per gli anziani ci vorrebbe un posto di ritrovo per le loro attività preferite come il bingo, il gioco a carte, ma anche per parlare tra di loro. Le mie richieste sono per il bene dei cittadini per rendere la nostra città più’ socievole. La ringrazio per la sua attenzione e spero vivamente che tenga conto della mia lettera. Distinti saluti

Paper texture

Era sera e Maria si stava tranquillamente divertendo a una festa di compleanno. Calò la notte, era l’ora di tornare a casa per mettersi sotto le coperte e riposare dopo la lunga e divertente serata. Tutte le amiche erano andate via, rimaneva solamente lei con la festeggiata; iniziò a preoccuparsi perché i genitori non arrivavano, allora decise di tornare a casa da sola, prima che si facesse troppo tardi. Camminava spensierata, dopo un po’ arrivò un acquazzone con dei tuoni rumorosi che a lei davano fastidio e facevano anche un po’ paura, così si mise a correre sperando di tornare subito a casa, e di tornarci asciutta. Per fare prima entrò in un vicolo stretto, buio e isolato. A un certo punto provò angoscia perché aveva la sensazione che qualcuno la seguisse. Davanti a sé vide una luce, si avvicinò e il suo cuore batteva sempre più forte, aveva ormai la sensazione di non respirare più. Raggiunto il punto luminoso, notò un particolare molto strano sulla roccia, era incisa la forma di una mano. La toccò e si aprì una piccola porta segreta, dietro di lei si sentivano dei passi ancora più vicini, allora decise di entrare in quel passaggio segreto. Entrando si catapultò in un mondo parallelo molto diverso dalla sua città, c’erano zombie che camminavano storti e un po’ sbilanciati come se stessero cadendo, anime che le volavano attorno, scheletri che prendevano vita se uno li guardava negli occhi. Lei si sentì circondata da questi mostri allora iniziò a urlare sperando che qualcuno la sentisse però non potevano sentire oltre il passaggio, voleva scappare ma non poteva e allora pensò:&nbsp;“Perché non ho aspettato i miei genitori!”. In quel momento sentiva un mix di emozioni, paura e tristezza, ma soprattutto le mancavano i suoi genitori, non faceva altro che urlare, prima piano e poi sempre più forte fin quando con un grido fortissimo si trovò nel suo letto con i genitori accanto che non capivano perché urlasse e si rese conto di aver sognato tutto, sia il compleanno, sia i mostri.

Gli anziani ci raccontavano sempre che in un bosco c’era una casa abbandonata molto vecchia. Ci dicevano che in passato ci viveva una signora. Un giorno la signora scomparve nel nulla e non si seppe più niente di lei, ma da allora si sentivano dei lamenti da quella vecchia casa. Io e i miei amici decidemmo di andare a vedere se quei racconti erano veri o solo dicerie. L’indomani ci incamminammo fino a quando, immersa nel verde, trovammo la vecchia casa abbandonata. L’aspetto non era un granché e l’atmosfera intorno alla casa era molto tetra, sembrava che non fossimo soli e che qualcuno ci osservasse. Ci facemmo coraggio e con molta curiosità entrammo nella casa. All’interno c’era polvere e ragnatele. ma era tutto al proprio posto, come se qualcuno avesse sistemato tutto. Ad un tratto sentimmo dei passi venire dal piano di sopra e decidemmo di salire per vedere cosa ci fosse. Arrivati sopra, entrammo nella camera della signora. ma appena entrati cominciarono a sentirsi rumori in tutta la casa, le finestre iniziarono a sbattere e le porte ad aprirsi e chiudersi. La paura ebbe il sopravvento e fuggimmo. Appena fuori ci voltammo e vedemmo una donna alla finestra. Il vento si alzò, l’aria divenne cupa e, sopraffatti dal terrore, fuggimmo via senza voltarci. Da quel giorno nessuno di noi mise più piede in quel bosco. Mentre leggo, pensieri spaventosi mi tormentano. Mi è capitato molte volte di stare a casa&nbsp;da sola, ma questa volta è diverso. Ho il brutto presentimento che qualcosa succederà&nbsp;stasera… Cerco di non essere pessimista e continuo a leggere. (segue)

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La LEGGENDA..................................................................................6 Il RACCONTO AUTOBIOGRAFICO ......................................8 Il RACCONTO di FORMAZIONE..........................................20 La BIOGRAFIA ROMANZATA ................................................24 Il RACCONTO FANTASTICO ..................................................28 Il RACCONTO di FANTASCIENZA .....................................30 Il RACCONTO di PAURA ......................................................... 40

Il DIARIO d'INVENZIONE ........................................................44 La LETTERA e l'EMAIL ............................................................. 48 L'INTERVISTA IMMAGINARIA ..................................................58 La POESIA in RIMA ......................................................................60 La POESIA .........................................................................................66

Il DANTEDì ......................................................................................68

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Abbiamo scritto molto quest'anno, giocato con le parole, dato spazio alle emozioni più profonde e siamo orgogliosi di farvi leggere le nostre storie, in prosa e in versi. Siamo cresciuti insieme, condividendo idee e stati d'animo, e abbiamo capito che la scrittura può essere divertente e utile!

Le pagine di questo Sfoglialibro sono solo alcune delle tante realizzate dagli studenti della nostra scuola nel corso del laboratorio di scrittura creativa programmata per l'anno scolastico 2020/2021.

Tiziana Cucaro, referente del progetto di scrittura creativa Maria Teresa Speranza, docente di italiano della classe 1A Mariangela Montazzoli, docente di italiano della classe 2A Fabiana Tedeschi, docente di italiano della classe 3A e 2D Anna Maria Lalli, docente di italiano della classe 1B e 3B Maricò Gallo, docente di italiano della classe 2B e 3C Francesca De Gregorio, docente di italiano della classe 1C e 2C

Istituto Comprensivo "Oddo Bernacchia" TERMOLI

Lo SFOGLIALIBRO di SCRITTURA CREATIVA

Raccolta antologica di testi in prosa e in versi realizzati dagli studenti della Scuola Secondaria di Primo Grado nell'ambito del laboratorio di SCRITTURA CREATIVA

La scuola che vorrei non è una scuola che inizia alle 9:30 del mattino, con lunghe ricreazioni, o dove si fa solo ciò che più ci piace. La scuola che vorrei è una scuola dove si fa più lavoro pratico, si studia in modo più dinamico: facendo dei laboratori, dove si aprono dei dibattiti su tematiche attuali ai quali tutti contribuiscono in base alle proprie conoscenze. So bene che non può esistere una scuola senza voti, compiti, interrogazioni, altrimenti non sarebbe tale, sarebbe tutto un gioco, ma con le cose che ho citato per me sarebbe di sicuro più piacevole. Sarebbe bello...fare più spesso delle gite magari ai musei per studiare storia in modo diverso, o far intervenire più spesso alle lezioni scrittori, storici o specialisti delle varie discipline... La mia idea di scuola è una scuola dove non si temono i professori, non si ha paura di intervenire perché magari si ha l’ansia di sbagliare. Io mi sento abbastanza libero di intervenire, ma noto che alcuni compagni sono più timorosi, e mi piacerebbe che gli insegnanti riuscissero a fare emergere anche i più timidi. Nella scuola che vorrei ci sarebbe quindi sempre un bel rapporto con gli insegnanti, si potrebbe interviene con spontaneità e ogni tanto si potrebbe fare anche una risata (sempre senza esagerare)! Secondo me i professori dovrebbero far piacere la scuola ai ragazzi; oggi alcuni lo fanno o almeno ci provano, il problema è chi fa apparire la scuola come una sorta di punizione e non come un ambiente dove noi dobbiamo scoprire tante cose e sviluppare la nostra personalità. La scuola per me serve anche e soprattutto socializzare, sapersi confrontare con gli altri&nbsp;a scuola nascono delle belle amicizie ma anche dei legami importanti con gli insegnanti. Questa è la scuola che vorrei, un posto dove teoria, compiti, verifiche vanno a fondersi con il rispetto, la spontaneità, l’amicizia e dove ognuno di noi possa esprimere le proprie emozioni.

Sono nato il 1 marzo 2008 in Romania, ho iniziato a parlare a 12 mesi e a camminare a un anno e mezzo. Fino a tre anni sono rimasto in Romania con i miei nonni perché i miei genitori erano venuti qui in Italia per lavorare. Quando ho compiuto tre anni mia madre venne a prendermi in Romania per iniziare l’asilo. All’inizio non parlavo mai perché l’italiano per me era una nuova lingua, però dopo un paio di settimane ho imparato l’italiano e ho incontrato tanti amici, tra cui alcuni li frequento ancora oggi. A sei anni ho iniziato le elementari, anche lì ho fatto tante amicizie e ci divertivamo insieme a combinare guai e a uscire per giocare a palla. In terza elementare arrivò una bambina autistica alla quale io e la mia classe ci siamo stati molto affezionati, anche se a volte ci pizzicava e ci tirava i capelli. La quinta elementare è stato l’anno più bello anche se sapevo di non rivedere più alcuni dei miei compagni. Dopo le vacanze estive ho incominciato la prima media e ho fatto tante amicizie. Fino a marzo è andato tutto bene, facevamo tanti lavori, poi è arrivato il Coronavirus, un virus che colpisce soprattutto bambini e anziani e ci hanno messo in quarantena. Abbiamo iniziato la didattica a distanza, una nuova esperienza.

Dopo le vacanze estive è iniziata la seconda media, un anno molto difficile caratterizzato da periodi di lezione in presenza e periodi in dad. Speriamo che passi presto perché la scuola con i compagni è tutta un'altra cosa!

Arlecchino si guarda allo specchio…niente,&nbsp;nello specchio non c'è assolutamente niente. Con uno sguardo perso osserva ciò che lo circonda: cosa vede? Non lo sa., Llo chiede a sua madre e la mamma dice di vedere soltanto muri robusti, lo chiede a suo padre che dice di vedere soltanto muri sottili. Si guarda ancora allo specchio, vede un bambino piccolo che gioca con gli amici, vede numerosi bambini che si nascondono dietro muri robusti e mobili leggeri. Adesso osserva ciò che ha intorno: vede solamente muri robusti e mobili leggeri, lo specchio si muove;&nbsp;adesso nello specchio c'è una persona adulta che si dispera su muri sottili e prende a calci mobili pesanti. Tutto intorno a lui vede muri&nbsp;sottili e mobili pesanti, lo specchio cade per terra, si spezza in milioni di pezzettini. In ognuno di essi ci sono raffigurazioni diverse di se stesso, torna ad osservare l’ambiente intorno a lui con sguardo perso e vuoto ma non capisce cosa stia vedendo. Ancora scosso, pensa chi sia lui:&nbsp;chi é Arlecchino? Si sente confuso, che cos'è lui veramente? All’età di 16 anni, si è un bambino oppure un adulto, uno studente oppure un giovane lavoratore? Riprende lo specchio ormai rotto ed inizia a raccogliere i vetri che sono caduti. Mentre pulisce, mette insieme tutte le schegge di vetro, si rivede in molteplici forme, infine vede la sua immagine. Adesso capisce…. lui non è una sola persona ma l’insieme di ciò che è stato e ciò che sarà, lui è l’insieme di molteplici caratteri. Allora Arlecchino si chiede, lui quante persone è?&nbsp;

Guardarsi attraverso lo specchio è sempre complicato. Arlecchino lo sa. Come ogni mattina, dopo essersi svegliato, decide di guardarsi allo specchio. Ogni giorno si riconosce di meno, ogni giorno vede un pezzo della sua personalità scomparire. Che cosa deve fare per tornare bambino, quando giocava spensierato con suo fratello? Non era una malattia, come aveva pensato, era l’adolescenza. Aveva deciso di scavare dentro sé stesso, come suggeritogli dalla madre psicologa. E’ difficile scavare dentro sé stessi. Arlecchino lo sa. L’adolescenza è un periodo complicato, il periodo del cambiamento. Non è chiaro chi si è e che cosa si vuole, in che cosa si crede e quale sia la propria meta.

Molti adulti ricordano l’adolescenza come il periodo più complicato della propria vita, fatta di delusioni e di incertezze, tuttavia Arlecchino non comprende queste parole, perché la sua adolescenza la vive tra risate e spensieratezza. Forse non è ancora entrato in questa tempesta chiamata adolescenza, oppure è troppo spensierato da permettere ad un periodo di rovinare la sua vita.

Arlecchino oltre lo specchio, Pablo Picasso, 1923

Il mio primo giorno di scuola delle medie

Il mio primo giorno di scuola ero nervoso ed emozionato: chi avrei incontrato? Che professori avrei avuto? E i miei nuovi amici, chissà come sarebbero stati!! E poi l’emozione di andare a scuola e tornare a casa da solo, visto che per cinque anni le mie maestre non mi facevano uscire dal cancello se non vedevano mia madre. Il primo giorno mi ha accompagnato lei stessa ed anche lei è venuta con il pullman; alle otto meno cinque eravamo nell' atrio della scuola con le altre due prime. Prima la Preside ci ha fatto il discorso di benvenuto, poi due coriste delle terze, accompagnate da tre prof di musica e di canto ci hanno cantato la canzone: “Benvenuto” di Laura Pausini, non con le parole originali, ma modificate per noi. Dopo l’applauso, ogni insegnante veniva a chiamare la sua classe; siamo stati i primi ad essere chiamati dall'elenco dalla professoressa Cornacchione, la nostra insegnante di arte e immagine. Quindi un saluto veloce a mia madre ed ho iniziato questa nuova avventura! Ora sono qui che scrivo, l’anno è ormai quasi finito, il tempo è passato velocissimo. Peccato che questo Coronavirus non sia ancora andato via perché sta lasciando nelle persone la paura di stare insieme ed io non posso invitare i miei amici per una passeggiata o a casa mia come facevamo fino ad ottobre. Per il momento non posso lamentarmi, poi si sa: con alcuni si lega di più, con altri di meno. Mi piace di più stare in classe che stare in videolezione: se qualcuno dice qualcosa di divertente, mi piace sentire 19 risate all'unisono e vedere anche il prof di turno che non vorrebbe ridere, ma poi le risate che risuonano diventano di 20 persone. Speriamo di tornare al più presto alla normalità e poter togliere le mascherine che ci nascondono il sorriso.

Se il covid non ci fosse sarebbe un paradiso e ognuno di noi potrebbe tornare a fare tutto...in presenza. Sono tante le attività che mi mancano, come prima cosa mi servirebbe una bella passeggiata per il centro senza la mascherina per respirare aria fresca, non di casa o di mascherina.&nbsp;In questa uscita andrei anche in pizzeria per mangiare una bella pizza con gli amici: quasi ho dimenticato il gusto della pizza come la fanno alla Vida o alla Bella Napoli. Come seconda cosa vorrei assolutamente andare in altre città per esempio a Pescara, oppure ad Alberobello o in qualche zoo come quello di Fasano, il mio preferito: qui c’è un trenino che entra nel villaggio delle scimmie che sono libere, loro si agganciano alle fessure delle sbarre per impedire di entrare, c’è un po’ di puzza, ma ne vale la pena. Questo zoo lo adoro perché puoi fare un “safari”, ossia si può entrare nello zoo vero e proprio e possono entrare anche gli animali nella macchina se si ha un finestrino aperto.&nbsp;Infatti, qualche anno fa, due giraffe si sono affacciate nella mia auto e una zebra ha cercato di mangiare il vetro della mia auto! Poi ci sono anche spettacoli con i delfini o con i leoni marini: l'anno scorso ho conosciuto un leone marino di nome Tobia che più o meno ha la mia età ed esegue tutti i comandi e grazie a lui ho sentito il verso dei leoni marini dal vivo! L’ultima cosa che mi piacerebbe fare senza il covid è andare all’Aqualand perché mi manca il cosiddetto torrente lento: l’ultima volta che ci sono andato avevo appena toccato il fondo e riuscivo a camminarci. Poi vorrei rientrare nella vasca dell’idromassaggio: l'acqua è alta, ma io so nuotare. Infine c’è una vasca con le onde dove voglio assolutamente tornare perché c’è un’onda pari a quella della Tirrenia, quindi molto divertente. Purtroppo queste cose ora non si possono fare, ma un giorno ci spero e chissà se si potranno avverare...

Il vento porta d’autunno le foglie ormai rinsecchite piccole e fragili Tu sei una di queste un tocco e ti sgretoli. E così voli libera alla continua ricerca di un albero ormai lontano.

Apostrofata come folle sguardi mi invadono la mente rinchiusa in una tomba d’amore Il tempo si confonde&nbsp; La luna abbaglia il giorno&nbsp; Il sole riempie la notte&nbsp; Scavo in lagune di idee&nbsp; luride e folli&nbsp; sono per molti&nbsp; Annegata in pianti eterni&nbsp; di sogni persi Mi afferro all’illusione di essere diversa.

Il dolore è un uomo coperto incappucciato con una lacrima che scende e grida in cerca della luce.

Ho cercato di abbagliare i miei pensieri con troppe illusioni. Ho tentato di guardare attraverso finti sorrisi. Ho appeso tutto a un filo&nbsp;che ha ceduto agli inganni di cui non mi accorgevo.

La luna illumina quel riflesso Volto sporco in penombra trema dal gelo d’una notte di gennaio scavato dalla fame e dal terrore In lontananza un urlo di un uomo La città senza luci fa più paura Di chi è quel volto? Sono io senza padre senza madre bastardo randagio ladruncolo la gente mi chiama così mai con un nome quello non l’ho mai avuto Sono io e mi basterò I denti battono e cerco calore nell’abbraccio d’un giornale Bruciano gli occhi di lacrime Mi basterò Mi basterò &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;

Una sera di nebbia vagava un bambino,&nbsp; una sera di nebbia piccino piccino. Una sera di nebbia un contadino,&nbsp; una sera di nebbia coltivava il giardino. Una sera di nebbia pioveva appena un pochino,&nbsp; una sera di nebbia usciva un nonnino. Una sera di nebbia, mangiava un pochino una sera di nebbia, un cagnolino.

C’era una volta il tempo per giocare insieme agli amici, fino a sudare. Le corse in bici, le partite a calcetto, ogni spazio era perfetto. In palestra facevo grandi sforzi, ma non provavo mai dei rimorsi. Le risate e la competizione ci rendevano tutti uno squadrone. La lettura ed il disegno mi aguzzano l’ingegno, fino a tuffarmi in un mondo speciale dove sono libero di sognare. Navigare, solcare mari lontani e volare libero come i gabbiani. Disegnare mi rilassa, il colore i miei occhi accarezza e in questo modo mando via la tristezza. E’ l’unica cosa che per ora mi resta&nbsp; fino a quando non&nbsp;ritornerò a far festa.

La musica mi tiene compagnia&nbsp; perché in questi giorni non c’è allegria.&nbsp;&nbsp; Le canzoni&nbsp;mi piace suonare e con la chitarra mi diverto a strimpellare. Di certo non sono un professionista,&nbsp; ma da grande vorrei diventare un chitarrista. Sono strani questi momenti da passare, ma la musica mi può aiutare. Meno solo io mi sento&nbsp; se trasmetto il mio sentimento, mi fa tornare in allegria&nbsp; anche nei giorni di pandemia. La musica è la mia passione&nbsp; e la coltivo con devozione.

Oggi tra computer, videogiochi e TV, il tempo per stare insieme non c’è più! Occhi sullo schermo e movimento delle dita in velocità: credetemi nei giochi ci vuole abilità! Sono un ragazzino a cui piace anche ballare e fino ad un anno fa lo potevo fare! I miei amici mi dicevano: ”Vieni con noi a giocare! Ballare, solo una bambina lo può fare!”. Ho risposto con tanto orgoglio&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; e lo ripeterò tutte le volte che voglio: “E’ bello giocare, è bello calciare, ma è molto bello anche ballare!”.

I miei interessi sono tanti&nbsp; che coinvolgono anche i grandi: Per cominciare adoro il pallone che per me è un bell’ amicone. Assai divertente è anche la bici per gironzolare con i miei amici. Ma eccezionali sono i videogiochi che sembrano essere sempre pochi. Mi piacerebbe anche la moto, ma per ora la vedo solo in foto! Mi accontento però del monopattino per non star fermo neanche un attimo. Rilassante è una nuotata in piscina mentre sott’acqua faccio qualche bollicina. Ed infine, ma non meno importanti, fare ricerche su dinosauri ed elefanti. &nbsp; &nbsp; &nbsp;

Sarah, mia sorella maggiore, mi guarda con indifferenza. “Pamela, dobbiamo uscire di qui immediatamente. Non siamo ben accette. Lhow ci ha ospitate, ma gli altri non ci daranno il benvenuto. Mi volto e trovo lo stesso sorriso. Annuisco lievemente.&nbsp; “Lhow mi sta aiutando ad aggiustare la navicella, a provare a contattare la base.” La bionda continua a parlare con un freddezza da&nbsp;mettere i brividi. Lhow si accorge della tensione che si sta propagando nell’aria e prende la parola. “A Grug nessuno è benvenuto. Alla gente non piacciono gli estranei, specialmente i terrestri… vi considerano insulsi.”&nbsp; Mi guarda con un velo di tristezza negli occhi. Ha usato il termine più carino e gentile, me lo sento. “Parlo la vostra lingua, perché l’abbiamo creata noi. So tutte le lingue della Terra, la sua storia, ogni cosa e ogni dettaglio.” Smette di parlare, nonostante la mia evidente curiosità. Ci fa cenno di seguirlo in un corridoio buio. Entriamo in una stanza enorme, completamente nera. Mi stupisce il fatto che Sarah si fidi di questo alieno. “Non chiamarmi alieno, per favore, preferisco grugariano”. Detto ciò, abbozza un sorriso di cortesia. Mi guardo attorno. Ci sono macchinari, mai visti prima, dappertutto. FIli e cavi che cadono dal soffitto, sono rigidi ed infiniti. Il colore grigio dei cavi è scuro quasi quanto le pareti. Tutti si collegano a delle cabine di vetro, di forma ovale. La scena che mi si presenta davanti mi fa salire il voltastomaco. In ogni cabina c’è un piccolo essere, uguale ai neonati, nutrito da macchine. Lhow mi guarda con i suoi occhi verde prato.&nbsp; “Sono esperimenti, tranquilla.” Lo guardo con una faccia stralunata, stessa cosa Sarah. Come si fa ad essere tranquilli in una situazione simile?! “Abbiamo iniettato loro un virus diverso dal vostro.” Io e mia sorella lo guardiamo con terrore.

“Voi siete un esperimento. Vedete, molto tempo fa la scienza qui aveva fatto grandi progressi e la CGR ha deciso di osare di più. Così siete nati voi, senza capacità. Voi umani avete delle conoscenze basilari qui, non potete fare questo” e mentre parla lo vedo prendere altre sembianze: capelli bianchi e occhi completamente neri. Mi guarda e dice: “Battito accelerato, ti stai chiedendo come scappare e hai una paura tremenda.” Sarah rimane immobile a fissare quello che sta succedendo. Lui ritorna come prima, con la stessa aura di perfezione. “Qui ognuno ha delle capacità, chi più utili, chi di meno. Abbiamo deciso di iniettarvi il virus B-33 e spedirvi sul pianeta Terra.” Ogni azione, ogni singola guerra è stata dettata da loro. Noi, mia sorella, tutti. Vorrei non crederci, ma i finti bambini imprigionati sono l’evidente realtà. Ogni morto per cui abbiamo pianto e ogni singolo bambino che moriva di fame, tutte le storie di ciascuno erano solo frutto della decisione di qualcun altro. Non ho mai creduto nel destino o in un’entità superiore. Non ho mai pensato che ci potesse essere tanto al di fuori della Terra.. Non voglio pensare che siamo solo dei giocattoli e dei burattini. Voglio credere che ci sia qualcos'altro di più bello. Guardo Sarah negli occhi e ci capiamo subito. Dobbiamo rimanere qui, anche a costo della vita. Dobbiamo saperne di più. Non solo per la nostra sete di conoscenza, ma per l’umanità intera. Tutti devono sapere. Voler sapere di più, però, oltre i limiti della nostra conoscenza non porterà a nulla di buono. Questa è una verità indicibile.

Caro diario, è tanto tempo che non scrivo, sono successe tante cose nella mia vita e ho bisogno di raccontare ciò che ho fatto. Sento un grande peso, sono triste ed arrabbiato per quello che ho fatto, ma non sapevo come agire. Ho perso il lavoro e sono diversi mesi che non riesco a trovarne un altro, sono senza soldi! Mia madre si è ammalata, è a casa da sola e ha bisogno di medicine e aiuto. Non sapevo come aiutarla così mi è venuta una terribile idea... Ho deciso di rapinare una gioielleria. Prima di tutto, mi sono procurato una pistola con gli ultimi soldi che avevo, e ho osservato la gioielleria e il gioielliere per diversi giorni. Ho capito&nbsp;che il momento migliore era la mattina appena aperto. Così una settimana fa ho deciso di mettere in atto il mio piano. Mi sono svegliato alle 5 del mattino perché non riuscivo a dormire a causa della pressione. Alle 7 ero davanti il negozio vestito in modo elegante e ho gironzolato nel quartiere fino all’apertura. Alle 9, puntualissimo, il gioielliere ha aperto il negozio e io alle 9 e 10 ho suonato al campanello: ero molto agitato, mi tremavano le mani! Il gioielliere mi ha aperto ed io gli ho subito&nbsp;puntato la pistola contro e gli ho detto di darmi tutti i soldi che aveva. Il gioielliere mi ha iniziato a implorare di non fargli del male. Aveva una famiglia da sfamare, il periodo era molto difficile anche per lui. In quel momento mi sono reso conto di quello che stavo facendo. Ma come mi era saltato in mente! Cosa stavo pensando!. Così mi sono girato e sono scappato. Vicino al fiume ho buttato la pistola in acqua e sono tornato a casa. Ora sono diversi giorni che non riesco ad uscire di casa, mi sento uno schifo:, come ho potuto pensare di rapinare una persona innocente! Devo assolutamente trovare un lavoro e curare mia madre, sono disperato!&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;

Caro diario, una settimana fa ho fatto un colpo in banca. E’ stato bellissimo perché ho rapinato la banca più sconosciuta al mondo, ma la più ricca al mondo. Quando sono tornato nel mio bunker segreto non ho trovato nessuno, ho pensato che fossero tornati a casa. Mentre facevo un giro intorno al tavolo ho visto una macchia di sangue e poi ho visto il cadavere del mio migliore amico. In quel momento ero triste ed io non sono uno che piange molto. La notte dopo ho visto il killer di Jack, da quel momento sono diventato una spia-killer. Dopo che lui si è addormentato, gli ho messo un coltello penzolante sul soffitto con una corda e l’ho messo in modo che quando si alza, il coltello lo infilza. Avendo uno zio killer e un nonno rapinatore, sono un esperto. Infatti, per non farmi scoprire, ho usato dei guanti con un tessuto che aveva delle impronte diverse dalle mie. Quando la polizia fu avvisata dal fratello del killer, iniziò ad investigare. Il giorno dopo la polizia arrestò l’uomo da cui avevo preso le impronte. Adesso ti devo salutare perché sento la polizia... forse hanno trovato qualcosa su di me. Ci vediamo tra 4 anni, forse. Ciao.&nbsp;

La nuvola bianca si trova nel cielo,&nbsp; a volte è grigia e a volte meno. La mattina, quando sorge il sole,&nbsp; lei si sposta e va altrove. Tutti i bambini la guardano meravigliati, immaginando draghi e vascelli dei pirati.&nbsp; Si muove nel cielo trasportata dal vento, ma è sempre presente in ogni momento. Quando arriva la sera, lei va a riposare, ma stai sicuro che la mattina seguente,&nbsp; la potrei ritrovare.

Il cielo ride con riso turchino,&nbsp; benché lascia l’inverno con fare meschino.&nbsp; Il bosco fiorisce,&nbsp; benché sulle cime la neve languisce. Mangia il bambino sul prato fiorito, benché di giocare a palla non ha finito. È spuntato sul ciglio un fiore tutto colorato, grosso e profumato come un gelato.&nbsp;&nbsp;

Il mio nome è Lorenza e sono in piena adolescenza. Ogni giorno mi alzo col sorriso quando mamma arriva all’improvviso e mi da tanti baci sul viso.&nbsp; Sono una ragazza intelligente e mi piace essere coerente, mi piace essere giocosa e con le persone che amo molto affettuosa. Delle mie cose sono gelosa e se qualcuno le tocca divento furiosa. Nella mia camera c’è sempre disordine ma non riesco mai a mettere in ordine. &nbsp; La mia passione è disegnare&nbsp; ma prima di iniziare&nbsp; accendo la musica che mi fa concentrare Ogni giorno non può mancare un telefilm che mi fa rilassare.

L'intervista immaginaria ai personaggi dell'Odissea

I: Buongiorno Ulisse, è un onore per me poter fare questa intervista. Partiamo subito: quale delle tue qualità ti ha aiutato maggiormente a superare ogni avventura? U: Sicuramente la mia furbizia, mi ha aiutato ad affrontare ostacoli importanti come il gigante Polifemo. I: Durante il lungo viaggio verso Itaca, cosa ti ha dato speranza? U: La possibilità di poter raggiungere presto la mia patria e di poter, soprattutto, riabbracciare la mia famiglia, mia moglie Penelope e mio figlio Telemaco. I: Affrontare tutte queste avventure, ti ha insegnato qualcosa? U: Nonostante gli ostacoli, sono sopravvissuto imparando a non arrendermi mai. È stato un grande insegnamento che mi ha spinto a superare le mille difficoltà. I: Lo stratagemma del tuo cavallo di Troia è riuscito a ribaltare la guerra e a battere i tuoi nemici. Come ti sei sentito in seguito a questo importante contributo? U: Vincere contro i nemici e porre fine ad una guerra così lunga mi ha reso molto orgoglioso e fiero delle mie capacità. I: Qual è stata l’avventura più difficile da superare? U: Sono sincero. Grazie alla mia astuzia non ho avuto difficoltà a superare ogni avventura. Però, il momento in cui ho avuto più timore è stato quando ho dovuto sconfiggere il Ciclope. Per fortuna sono riuscito a mantenere i nervi saldi e a trovare anche lì il modo di risolvere la situazione. I: Grazie mille Ulisse per la tua testimonianza, sei uno stimolo a non arrendersi mai di fronte alle difficoltà. U: Grazie a te, è stato un piacere.

I: Buonasera, Telemaco! T: Buonasera! I: Che emozioni ha provato quando suo padre, Odisseo, è partito per Troia? T: Quando mio padre partì, ero molto piccolo, per me crescere senza un padre è stato difficile. I: Quindi lei è cresciuto senza una figura paterna? T: E’ stata dura. Ricordo che ogni notte mi affacciavo alla piccola finestra piangendo, sperando di scrutare in lontananza la nave di mio padre. I: Senza una figura paterna, quella materna è stata più importante per lei? T: Anche se mio padre è stato assente per 10 anni, mia madre Penelope non ha mai preso il suo posto. I: E’ stato più difficile con l’arrivo dei Proci? T: Naturalmente sì.&nbsp; I: Perché? T: Ho sempre temuto che uno di essi potesse prendere in sposa mia madre. I: Sapeva che suo padre non era morto? T: Quei pochi anni in cui siamo stati insieme ho imparato ad avere fiducia in lui: mi ha insegnato a crescere e a vivere autonomamente, sapevo che lui ci sarebbe sempre stato per me. I: Per lei suo padre cosa rappresenta?&nbsp; T: Per me non è mai stato solo una figura paterna, ma anche un compagno di giochi ed un maestro di vita. I: Affascinante! Grazie per essere stato presente. T: Grazie a lei.

Poco dopo decisi di iniziare una "terapia" inventata da&nbsp;me, che aveva come elementi la musica e l'arte. Vi starete chiedendo come mai proprio questi?&nbsp;Ho sempre amato l'arte, dipingere, sentire l'odore della tempera fresco ed il leggero fruscio&nbsp;del pennello sulla tela. Invece, per quanto riguarda la musica, l'ho sempre vista come il colore dell'anima. La musica ti entra dentro. Spesso per non sentire i pensieri, si alza il volume nelle cuffiette. Subito dopo è subentrata la fotografia. Le foto bloccano per sempre gli istanti sulla pellicola. Ho iniziato a fotografare le cose che ancora oggi mi rendono felice, come i sorrisi, i tramonti, il mare… Quando fotografo qualcosa tendo a farlo in bianco e nero. Non perché sono una persona triste, anzi. Sono solo gelosa dei colori impressi sulla stampa. Voglio tenerli per me e sapere che quando guardo quella foto solo io posso ricordare com'erano quei colori in realtà. Difficilmente scatto qualche foto&nbsp;a me stessa e se lo faccio è perché non ci sono solo io nella foto. La mia migliore&nbsp;amica è una delle persone che più amo fotografare perché si veste bene ed è fotogenica ed è l'insieme delle cose che più mi rendono felice. Sono qui, ora, a dire che la paura è scomparsa, il dolore, anche grazie alla terapia, alle tempere, alla musica, alle foto e a Maria, anche. Sono convinta che ci possa essere un brutto periodo nella vita di ognuno di noi,&nbsp;ma un periodo "no" non è una brutta vita. Quando accade qualcosa di brutto bisogna rendersi conto di quanto la nostra anima spesso è piena di cose negative. Bisogna pulirla pezzo dopo pezzo, fino a quando la sensazione di felicita non riappare.&nbsp;&nbsp;Un'anima&nbsp;sana e pulita è più forte di quanto si possa immaginare e di questo ne ho avuto la prova. Ora sono una ragazza che, a soli 14 anni, può avere la certezza&nbsp;che quella che ha accanto è una vera amica. Una ragazza che ha una marea di sogni tra i quali lavorare come restauratrice di beni culturali. Il restauro è la medicina dell'arte e a me, la medicina e l'arte m'hanno salvata.&nbsp;Ora può darsi che tutte le storie inizino con un abissale " c'era una volta", ma sta a noi decidere come farle finire.

Tutte le storie iniziano con un abissale&nbsp;"c'era una volta ", ma se tutto quello che c'era prima, come certezze, idee e obiettivi svanissero nel nulla? Ed è cosi che è cambiata la mia persona. Non avevo più certezze e questo mi spaventava. Non avevo ideali, obiettivi o sogni. Dentro di me avevo solo vuoto e paura. Cosa mi stava succedendo? Lo spiegherò tra poco. Non star qui a raccontare drammi adolescenziali, storie d'amore o litigate con gli amici. parlerò di un'operazione di nuovi obiettivi, passioni e problemi. Perché si, la vita dei ragazzi non è tutta rose e fiori. I problemi ci sono, magari non riguardano bollette o fatture, ma non sono da screditare. Io ho deciso di annientare la pura usando tre elementi: la fotografia, la musica e l'arte. Come ho già detto , ho dovuto&nbsp;subire un intervento all'età di 10 anni. Lì ho visto il vuoto. Ben 35 punti in testa ed i capelli rasati da una parte. I primi giorni furono difficili. Non avevo voglia di fare nulla e molte persone attribuivano&nbsp;questo comportamento&nbsp;ancora all'effetto dell'anestesia. Non era esattamente così. Beh, certo, non provavo&nbsp;dolore fisico, ma provavo quello emotivo. Il giorno in cui avvenne "l'incidente" la mia migliore amica era con me. Di fatti Maria fu l'unico motivo per cui decisi di rimettermi su. Da quel giorno avevo deciso che il mio primo obiettivo era stare bene per Maria. Noi due ci conoscevamo da sette&nbsp;anni e avevamo programmato di realizzare sogni e fare viaggi assieme. Erano promesse e volevo mantenerle. Iniziai così un percorso&nbsp;post-traumatico con una specialista a Roma. Ci andavo ogni martedì. Lei era fantastica, Aveva i capelli rosa e corti, tubino nero tacchi fucsia a spillo ed un carattere particolare. L'adoravo. Non mi dispiaceva affatto andarci per due semplici motivi: il primo era che potevo vedere Roma, la mia città del cuore, il secondo era che martedì dopo martedì&nbsp;stavo sempre meglio. Ero orgogliosa, stavo raggiungendo il mio primo obiettivo.

Ho vissuto un’esperienza davvero insolita che voglio assolutamente raccontare: io e i miei amici abbiamo aiutato un alieno a ritornare sul suo pianeta! Era una giornata come tutte le altre. Io, Giacomo, Andrea e Simone eravamo al parco perché, come tutti i martedì e i giovedì, avevamo l’allenamento di calcio per la partita della domenica. Dopo aver salutato Giacomo e Andrea, io e Simone stavamo percorrendo la stessa strada per tornare a casa. Improvvisamente, sentimmo un rumore fortissimo provenire dal bosco, che si trovava proprio di fronte alle nostre abitazioni. “Simo, hai sentito, che cosa è stato?”. “Non ne ho la più pallida idea, penso che provenga dal bosco qui di fronte!” Dopodiché, andammo immediatamente a controllare cosa fosse accaduto. Quando ci trovammo vicino al bosco, la maggior parte degli alberi era in fiamme; pian piano entrammo fino a raggiungerne il centro e fu proprio da lì che ebbe inizio la nostra avventura. Vi era un cratere di diametro immenso, dove c’era una navicella spaziale a forma di uovo. Questa si aprì e uscì un fumo densissimo, molto probabilmente il motore era danneggiato. Uscì una strana creatura. Un brivido gelido ci stava percorrendo tutta la schiena, il sudore stava scendendo dalle nostre fronti e il terrore si stava impossessando di noi, paralizzandoci del tutto. “Simo, che cos’è questa specie di creatura?” “Non lo so, penso sia un alieno”. Non sapevamo con certezza cosa fosse, ma non volevamo credere a quello che stavamo osservando. La creatura era alta all’incirca un metro e mezzo, aveva gli occhi di colore rosso, la pelle era verde con delle macchie nere, non aveva mani, ma delle ventose; era privo di naso, capelli e orecchie, indossava una tuta di colore grigio metallo.

Eravamo del tutto confusi, poiché era come se stesse comunicando con noi in modo telepatico: al suo pensiero la nostra mente si apriva; ci diceva di stare tranquilli e che ci potevamo avvicinare perché non ci avrebbe fatto del male. Dopo esserci avvicinati, iniziammo un dialogo con lui. “Salve terrestri, mi chiamo Odo, sono un alieno proveniente dal pianeta Plutone” Parlava molto lentamente, come se stesse soffrendo. “Davvero! Come mai sei atterrato su questo pianeta?”, chiese Simone con molta curiosità. “Io e altri miei amici ci stavamo dirigendo verso il pianeta Marte, perché avevamo un meeting con i Marziani. Dopo essere usciti dal pianeta, ci siamo preparati per il salto nell’iperspazio, ma il mio generatore a turbina era molto danneggiato, per cui sono uscito dalla velocità luce molto più avanti rispetto a tutti i miei compagni e sono giunto su questo pianeta; ora, come potete vedere, il motore è danneggiato e non conosco il modo per ripararlo”. Io e Simone non potevamo credere alle parole di Odo. Pensavamo che tutte quelle cose dette, non esistessero nella realtà, bensì in quella di Star Wars, Star Trek…Nel momento in cui ascoltammo la sua storia, decidemmo di aiutarlo per tornare sul suo pianeta. “Allora, chi lo accoglierà nella propria casa? Io non penso proprio, mia madre, appena vede un topo, salta sul divano, urlando come una matta.” “Neanche io penso di poterlo ospitare, i miei non vogliono che&nbsp;porti a casa degli sconosciuti”. “Allora ce la giochiamo alla solita maniera, con la monetina?”. “Per me va bene: “testa” lo porterò a casa io, “croce” lo farai tu!”, disse Simone con un tono molto serio. Lanciai la monetina e... alla fine uscì “testa”, per cui toccò a me ospitarlo per la notte. “Ci vediamo domani per vedere come possiamo aiutarlo, Ok?”. “ Perfetto, allora a domani”.

Michele è un ragazzo che viene in classe con me. Ha un carattere forte e destinato ad essere un leader. Ha una corporatura robusta ed è alto 1,76 metri. Lo ammiro perché mi fa ridere e abbiamo lo stesso senso dell’umorismo. Michele veste sempre firmato con marche sportive. Ha gli occhi verdi come un gatto, ha le palpebre a mandorla, l’aria di un “tamarro” ed è molto "cringe". Michele è informato su tutto, soprattutto in storia, sa delle guerre dalla A alla zeta. Michele è una delle persone più simpatiche che abbia mai conosciuto. Volevo aggiungere che spero di ritrovarlo alle scuole superiori. Ormai in classe è indispensabile, se io non lo avessi conosciuto, io sarei una persona totalmente diversa ora. Io e lui non giochiamo più alla playstation e non so perché, però mi mancano molto le partite con lui. Michele ha la fortuna di avere uno zio che gli da tutto l’amore del mondo. Il suo difetto più grande è il disordine e non sa cosa sia l’ordine. Ringrazio Michele perché toglie la tristezza e fa entrare la felicità. Anche nei momenti più duri, lui ti fa ridere.

Io vorrei assomigliare a Roberto Bolle. E’ un grandissimo ballerino e cerco di imitare i suoi movimenti e i suoi gesti. Adoro ballare, è la cosa che più mi piace fare al mondo. Quando lo guardo danzare, rimango estasiata, non solo per le coreografie, sempre stupende, ma per le sue espressioni e la sua delicatezza nel ballare. Infatti le composizioni dei passi si sposano alla perfezione fra di loro. Quando ballo, i miei genitori mi dicono che sono brava e che sembro una farfalla che vola graziosamente, io non me ne rendo conto perchè quando ballo penso solo a non sbagliare i passi. La mia maestra di danza, mi dice sempre che sorrido quando ballo. Questa cosa mi rende&nbsp;felice perchè lo faccio spontaneamente. Ho sempre desiderato di andare in una accademia di danza, magari anche alla Scala di Milano! Ma per ora è solo un sogno nel cassetto, molto lontano. Roberto Bolle, invece, a circa dodici anni ha lasciato la sua famiglia per andare a studiare danza classica in una accademia. Lo ammiro così tanto anche per questo motivo. Adoro vederlo sollevare la ragazza e farla volteggiare dolcemente. Quando balla con una donna, ci mette così tanto sentimento che sembra innamorato. Di solito a danza balliamo a gruppi, ma due anni fa ho ballato con un ragazzino della mia stessa età, non mi ha potuto sollevare come fa Roberto Bolle, perchè era ancora piccolo, ma è stato ugualmente bello. Quando invece Roberto balla con più di una persona, il ballo è il triplo più maestoso, sono tutti perfettamente sincronizzati e coordinati. Roberto Bolle è anche bello, un grandissimo uomo. E’ alto e molto muscoloso, sempre in posizione eretta. Ha gli occhi chiari e i capelli scuri. Ora ha una quarantina di anni ma non li dimostra affatto, sembra giovanissimo. Roberto Bolle è fidanzato con un ragazzo perchè non è etero, ma gay. E’ molto riservato in questo infatti non ha mai parlato del suo fidanzato.&nbsp;Beh, insomma Roberto Bolle è il mio idolo!

di Maria Letizia Tortoriello, 2C

Cara nonna,&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; ti scrivo questa lettera perché voglio che tu senta il mio affetto, senza gli abbracci ma con le parole. Ti ringrazio per tutto quello che mi hai insegnato: mi hai fatto capire come vivere al meglio la vita. Ti ringrazio per tutti i consigli che mi dai e che mi darai in futuro. Ti ringrazio per avermi ascoltata sempre, per avermi consolata quando qualcosa non andava nel verso giusto, per avermi coccolata e per avermi comprato tutto quello che volevo. Beh questo Natale non lo potremo passare insieme a causa del Covid ma spero che con queste parole tu possa sentirmi vicina, anche perché non potremo mangiare il panettone insieme o giocare a tombola come ogni anno. Se da grande diventerò professoressa è grazie a te, perché voglio fare il tuo stesso lavoro. Sei sempre stata il mio punto di riferimento e per questo voglio essere uguale a te perché sei una persona meravigliosa e speciale. Grazie per farmi da nonna, mamma e migliore amica. BUON NATALE NONNA. La tua nipotina Serena.

Da: Alessandra Plescia A: professoressa Tiziana Cucaro Oggetto: la DAD Gentile professoressa, Appena ricevuta la notizia che ci sarebbe stata la sospensione dell’attività scolastica in presenza ho avuto un attimo di sconforto. Ho ripensato&nbsp;al periodo in cui, l'anno scorso, siamo stati a casa a causa del lockdown ed è stato molto lungo. Questa volta sono stati solo pochi giorni, e saperlo mi ha risollevata. In questo modo però, la scuola mi sembra più leggera perché le ore sono diminuite. Mi manca il contatto con i compagni e&nbsp;i professori. Tutto è così meccanico e distaccato. Ritrovarmi davanti al monitor mi blocca. Mi sento osservata sempre. Non mi sento proprio a mio agio. Il lato positivo è che i miei compagni sono più educati, c'è meno confusione in classe e quindi riesco a capire tutto ciò che i professori spiegano.&nbsp; E poi è un sollievo non dover indossare la mascherina durante le lezioni, è davvero fastidiosa. Mi auguro di non dover prolungare questo periodo di scuola a casa, preferisco comunque tornare in classe e vivere realmente le emozioni positive e negative che provo. Mi sento triste al solo pensiero. Cordiali saluti dalla sua alunna Alessandra Plescia, 2D

Verso le 17 ero andata a dormire, dato che sentivo una forte stanchezza da tutto il giorno, ma non mi risvegliai in camera mia, dove mi ero addormentata, bensì in una selva. Mi spaventai molto, non mi era mai capitato… e infatti non è una cosa che capita tutti i giorni. Cercai di mantenere la calma e mi alzai da terra, dove mi ero svegliata, camminando tra i cespugli, l’erba, gli alberi, e tutta la natura non curata e di un verde molto scuro. Faceva molto freddo e penso che fosse calato il sole, e dico “penso” perché non vedevo il cielo, dato che sopra la mia testa c’erano solo rami e foglie che a malapena si reggevano sugli alberi. Pestai qualcosa davanti a me, era un cespuglio molto grande, che non avevo visto perché guardavo in alto. Quel cespuglio odorava di erba bagnata e di pioggia, degli odori che messi insieme sono molto, molto sgradevoli. Mi sono tappata il naso e ho spostato il cespuglio, ma non sono riuscita ad attraversarlo. -Stai qui! Ho bisogno di qualcuno che mi stia vicino. Siamo nell’inferno!- ha detto un uomo che ho riconosciuto subito. -D...Dante?! Ma cosa mi sta succedendo?- gli ho urlato io dandomi tanti pizzicotti per verificare che fosse reale. -Portami con te, ovunque tu stia andando!.- ha esclamato lui. Senza dire niente gli ho preso il braccio e l'ho portato con me dietro il cespuglio sporco e bagnato, dove abbiamo trovato una scia bianca molto profumata che indicava a destra. Siamo andati infatti lì, iniziando a parlare di come ci fossimo ritrovati lì e della sua vita, che a me interessava molto.

La scia ci ha indicato di fermarci, e a quel punto è apparsa davanti a noi una grande spirale bianca e profumata come la scia, era evidente fossero collegate. Siamo entrati dentro la spirale senza esitazione e senza parlare. Eravamo chiaramente nel paradiso. Dante era felicissimo, ha fatto un giro su sé stesso e ancora emozionato ha detto: -Non ci credo! Grazie di avermi tenuto compagnia, Beatrice sarà fiera di me!- Io gli ho sorriso e l’ho salutato, poi con molta leggerezza, così tanta che mi sembrava di star volando, mi sono diretta verso gli alberi e i fiori, era tutto molto profumato. Ho raccolto qualche fiore e mi sono sdraiata sul prato pulito per qualche minuto.&nbsp; Dopo, ancora più piena di energie positive, sono tornata verso la spirale bianca e l’ho attraversata sorridendo. Proprio in quel momento sono entrata in un tunnel, una specie di scivolo. Vedevo tutto appannato e a volte gli occhi si chiudevano contro la mia volontà. Ho visto Lucifero, la selva oscura, Dante preoccupato, tutto in fretta e senza poter fare nulla, poi il paradiso e subito dopo… basta. Mi sono svegliata come se qualcuno o qualcosa mi avesse frenata. Ero sudata e avevo il fiatone, ma finalmente ero nella mia stanza. Ho cercato Dante dentro casa e dopo essermi rassegnata ho realizzato: era stato tutto un sogno.

Per entrare nell’Inferno bisogna usare la barca di Caronte, un vecchio uomo con una barba bianca, dei capelli folti sempre bianchi e degli occhi rossi come se fuoriuscisse del fuoco.&nbsp; Una volta passati dalla Darvaza, la porta dell’Inferno, il clima diventa cocente e il paesaggio pelago. In ogni parte ci sono delle alte e robuste montagne ricoperte da una fittissima nebbia, che però non è nè grigia nè bianca ma di un rosso vivo che dà l’impressione che quella nebbia non fosse fatta di nubi ma di lava. Per arrivare nella tana dove vive Lucifero bisogna attraversare un pericoloso sentiero su e giù tra le montagne, che nel mentre, ribollivano di lava; ed è per questo che toccando l’altura per più di cinque secondi ci si ustiona gravemente. Dopo pochi metri percorsi si sentono dei suoni angoscianti e pieni di disperazione, molto probabilmente sono i dannati che stanno scontando le loro pene. Questi suoni si interrompono quando si passa in una lunghissima galleria dove, dopo aver camminato per circa 6 km, si vede ancora un buio immenso che non dà uno spiraglio di luce. Dopo una lunga, anzi lunghissima camminata si arriva alla tana del diavolo, che ha un odore fetido, soffocante che fa venire la nausea. Una volta arrivati, il diabolico Lucifero concluderà la storia.

Dall’anticamera dell’Inferno, proseguendo il cammino, arrivai insieme a Dante e Virgilio sulla riva di un fiume. Subito vidi un uomo vecchio, ossuto e con una folta barba bianca che indossava un sudicio mantello. Gli occhi rossi come il sangue sprigionavano odio e rabbia. Sembrava un demone dai capelli bianchi. Caricava le anime dei dannati sulla sua barca per trasportarle da una riva all'altra del fiume infernale. Le ombre dei peccatori, nudi, affollavano la riva in attesa di essere traghettate. Quei corpi ammassati emanavano un odore nauseabondo che mi scese in gola, provocandomi un forte disgusto. Sentivo le loro urla angoscianti e i loro pianti disperati. Il rumore dei loro denti che battevano diventava sempre più forte. Udivo Caronte inveire contro di loro bastonandoli ferocemente con il suo remo.&nbsp;&nbsp; L’umidità che saliva dall’acqua del fiume rimaneva attaccata sulla mia pelle lasciandola bagnata. La paura si era impossessata completamente di me.&nbsp;

Ah , le scelte…che brutta cosa. Ti mettono in difficoltà. Non sai che scegliere, se il nero o il bianco, il cuore o la mente, il giorno o la notte. Ti ritrovi improvvisamente faccia a faccia con te stesso, cercando di prendere la strada giusta, senza ferire nessuno… Si sa, le ferite fanno male e, a volte, come le scelte, anch’esse ti segnano. Ecco, l’errore più grande della mia vita è stato causato proprio da una di queste scelte. Mi sentivo come su un ring, nel bel mezzo di un round. Da una parte il pugile bianco che rappresentava l’educazione, il rispetto, l’intelligenza, la sincerità, la curiosità, l’essere fedeli, la vera amicizia. Dall’altra parte del ring, il pugile nero, che si porta dietro di sé maleducazione, prese in giro, superiorità, brutti vizi, cattive parole, fumo e dipendenze. Il momento di decretare il vincitore è stato il peggiore, ma decisivo. Dovevo scegliere chi far vincere. Stavo per alzare il braccio del pugile bianco, lo preferivo. Ma il pugile nero mi prese e mi trascinò via nella sua mischia, a festeggiare, a esultare per la vittoria. Vedevo che la folla intorno era più entusiasta. Io volevo far vincere il bianco, ma se loro erano più felici di quella scelta, la feci andare bene anche a me. Decisi di scegliere la loro strada, non a conoscenza di tutto quello che avrebbe portato. Trasferendolo alla realtà, avevo a che fare con due persone, uno l’opposto dell’altro , proprio come i due pugili. Io scelsi … il pugile nero, la parte tossica. Pensavo che sarei stata accettata e che sarei diventata popolare anche io seguendo la massa e le mode. Purtroppo finii in una brutta situazione.&nbsp;Per fortuna, invece, non mi feci condizionare del tutto.&nbsp;Mi sentivo in una gabbia. Non potevo uscire con altre persone, dovevo fare quello che dicevano per non offendere nessuno e dicevo di sì a qualsiasi offerta… beh, grossissimo sbaglio. Io intanto, mi affezionavo sempre di più al pugile nero, non per quello che passavo, ma perché ci tenevo veramente e le volevo bene e credevo che ricambiasse. Ne ero convinta. Ci credevo nel nostro rapporto.

Ogni giorno però sentivo che stava per accadere qualcosa che mi avrebbe ferito. Stava per arrivare la mia penitenza per la mia scelta sbagliata. Io lo sapevo … e iniziai a pensare cosa stava passando il pugile bianco. Sentivo di averlo ferito. Teneva veramente a me e si fidava. Ecco che iniziò a salire il senso di colpa: volevo cambiare strada, ma se cambiavo in quel momento avrei ferito me, perché ci tenevo, e credevo di ferire anche lei. Quindi decisi di aspettare il momento adatto per cambiare senza ferire nessuno. Nel mentre mi affezionavo sempre di più, ma saliva il senso di colpa. Passo il tempo ed ecco che quella mia “penitenza” è arrivata. Scoprii che fino ad ora non ero stata nulla per questa persona, solo il suo cagnolino. Tutto era per colpa mia. Io ho scelto questa strada, io mi sono fatta condizionare, io non ho avuto il coraggio di dire di no. Mi resi conto di aver capito troppo tardi il valore del pugile bianco, della persona con&nbsp;quei mille aggettivi fantastici e qualità uniche. Sicuro non potevo riprendere il tempo che avevo perso con lei, ma potevo e soprattutto, volevo rimediare. Ancora oggi mi sento in colpa… per averla ferita, per essere diventata un’altra persona, per non aver seguito quello che volevo veramente, per averla accantonata per seguire le bruttissime e inutili mode. Con lei oggi sono me stessa. Posso dire “Sì, ho fatto vincere il pugilato bianco fregandomene della reazione del pubblico intorno al ring”. Lei mi accetta, con tutti i miei piccoli problemi, con tutta me stessa. Io, ovviamente, faccio lo stesso. Ed eccoci qui, insieme, ad intraprendere un ennesimo percorso, con in mano tutto il nostro splendido rapporto. Eh sì, è anche arrivato il momento di scegliere le scuole superiori. Non è per niente facile! Bisogna tener conto delle proprio passioni, dei propri gusti, dei propri sogni. Quale cassetto dei sogni apro? Quale passione continuo a coltivare?&nbsp;Quale strada prendo? Ah , le scelte…

Ciao me del futuro, sono trascorsi cinque&nbsp;anni&nbsp;e hai compiuto la maggiore età. Credo che sono cambiate tante cose. Conosco molto bene i tuoi gusti, le tue passioni, ma anche le tue paure e le tue preoccupazioni. Tra di noi ci sono cinque anni di differenza e sicuramente&nbsp;sul tuo volto sono nati dei baffetti e un po' di barbetta. Spero che tu abbia anche&nbsp;quei&nbsp;capelli lunghi che tanto sognavi di avere, ricordi che ogni volta che li tagliavi era una discussione e a volte un pianto? Sono certo che ormai farai le tue scelte indipendentemente dagli altri, anche se i consigli di mamma e papà saranno per te sempre molto importanti. Ricordi quella volta che volevo a tutti i costi andare a mangiare con gli amici mentre infuriava la pandemia?&nbsp;Non volevo sentir ragione e alla fine grazie ai consigli di mamma sono riuscito a ragionare e a capire cosa fosse giusto fare. Ti dico che&nbsp;non è stato assolutamente semplice&nbsp;stare chiuso in casa e dover rinunciare a tutte le cose belle: alle uscite con gli amici, alle passeggiate, al cinema, al pallone, alla festa di compleanno…alla scuola,&nbsp;proprio&nbsp;così! Ho sentito anche la mancanza della scuola,&nbsp;che&nbsp;periodaccio!&nbsp;Solo grazie alla tecnologia è stato possibile seguire le lezioni, divertirsi a distanza con gli amici, vedendo anche film insieme. Sicuramente i tuoi dispositivi non avranno niente a che vedere con questi. Le connessioni a volte sono lente e qualche volta si&nbsp;verificano veri blackout. Sono certo che tu non hai più di questi problemi e dovendo affrontare l’ultimo anno delle superiori puoi utilizzare computer più efficienti. Non ti scrivo per sapere cosa il futuro ha in serbo per me, né quali sogni si realizzeranno, né quali persone a me care saranno ancora al mio fianco. Ti scrivo perché spero che gli anni e le esperienze vissute ti abbiano fortificato, responsabilizzato&nbsp;cosi che&nbsp;tu possa fare&nbsp;le scelte più giuste per la&nbsp;vita. Ti voglio bene!

Caro me del futuro, ti scrivo dal 2021 in un momento molto particolare. Ricorderai sicuramente quando 5 anni fa c’era il coronavirus. Siamo stati a casa per un lungo periodo e non siamo andati a scuola (ricordi la famosa didattica a distanza?).E’ stato molto faticoso per tutti noi. Alcune volte mi vedevo con i miei amici (Marialivia, Camilla, Noemi e Riccardo) ma solo tramite lo schermo di un telefono! Spero tanto che tra 5 anni saremo ancora tutti amici per ricordare insieme il passato. Questo virus ci ha messo molto in difficoltà, ma ci ha fatto rendere conto delle cose importanti e riflettere sul valore di un rapporto o di un semplice abbraccio. Spero tanto che tra 5 anni sarà tornato tutto alla normalità e penseremo al covid solo come un brutto ricordo! Ti mando un saluto!

Sulle coste sabbiose del Mar Rosso viveva una dolce fanciulla Rachelle che a causa di un incidente era rimasta sola. Aveva perso entrambi i genitori in un naufragio in mare in una terribile notte di luna piena. Ogni anno nello stesso giorno la fanciulla si recava sulle rive del mare per portare i fiori ai suoi genitori; in uno di questi giorni, tra lacrime e solitudine, sentì in lontananza un verso, diverso da ogni altro verso che conosceva, dal tono inquietante e misterioso. Rachelle decise di seguire quello strano suono e arrivò in una radura ricca di cespugli dai lunghi rami verdi e piccole foglie colorate. Tra le foglie spuntavano strane piume variopinte come ali di uccello esotico ma, dopo alcuni momenti di attesa, Rachelle si accorse che in realtà si trattava di un animale mai visto prima d’allora.&nbsp;Un essere ibrido dalle sembianze di una mucca nella parte superiore ma con il corpo di un uccello e la coda di un insetto. Lo spavento impietrì la ragazza che non riuscì a muoversi per molto tempo fin quando lo strano animale iniziò a girarle intorno come ad improvvisare una danza. La fanciulla si sciolse in una risata profonda che le fece dimenticare la sua tristezza. 

Nel bosco dei Faggi c’erano tre amici: il maiale Sergio, l’uccello Michele e Antonio il rinoceronte. Giocavano sempre nel bosco, un posto tranquillo. Un giorno arrivò un branco di iene che voleva conquistare il bosco fino a rovinarlo e trasformarlo in un luogo triste. Il sindaco orso riunì tutta la popolazione per annunciare la notizia e chiese loro un consiglio per risolvere il problema. Si proposero volontari i tre amici. Svelarono un segreto al sindaco: loro tre insieme potevano trasformarsi in un mostro chiamato “POWIRONTE”, un mostro fortissimo e spettacolare.&nbsp;Il sindaco diede loro fiducia per bloccare l’avanzata. Le iene entrarono nel bosco, ad aspettarle c’erano due antilopi che attirarono la loro attenzione. Così il POWIRONTE maestoso riuscì a cacciare via tutti i prepotenti, dopo averli attaccati a sorpresa. Il bosco fu salvo grazie ai tre eroi: Sergio, Michele, Antonio.

Mentre l’animale continuava nella sua strana danza, Rachelle si domandò se quella stravagante creatura avesse un nome e pensò di chiamarlo MURNATRO come le iniziali dei suoi genitori MURZIO e ATROSIA. Da quel momento i due divennero inseparabili.

Il termine “leggenda” deriva dal latino e significa “storie che si devono leggere”, “degne di essere lette”. Gli uomini, in passato, non potendo spiegare razionalmente determinati eventi, provavano a darsi da soli una spiegazione attraverso le leggende. Questo avveniva, ad esempio, per giustificare la fondazione di una città, l’origine dei fenomeni naturali, la conformazione di un paesaggio, la nascita di un’usanza. Le leggende popolari possono essere molto antiche e fanno parte del patrimonio culturale di ogni società; esse appartengono alla tradizione orale, sono state inventate, cioè, non da una persona sola, ma si sono costruite passando da una narrazione all’altra, fino a raggiungere la forma con cui sono state tramandate fino a noi.

Leggenda sul “perché l'Italia ha la forma dello stivale” Prima che si scoprisse che l’Italia avesse la forma dello stivale, c’era gente che diceva che fosse tonda, altri che fosse ovale e altri ancora che fosse quadrata. Questo era motivo di continui litigi e discussioni tra la popolazione. Il supremo capo, stanco di tutto, decise di chiedere aiuto agli Dèi. L’unico dio che accolse la richiesta di aiuto fu il dio della moda che si fece dare dal supremo capo alcuni indumenti. Tra questi una maglia, un pantalone, una scarpa e uno stivale. Pose, sotto ciascuno di questi, un sasso che prese la forma dell’indumento messo sopra. Poi li consegnò al supremo capo che li fece vedere alla popolazione e disse che dovevano scegliere la forma più bella. Alla fine la popolazione preferì lo stivale. E da quel giorno l’Italia prese la forma dello stesso.&nbsp;

Tanto tempo fa sulle coste della Sardegna sbarcò una flotta di pirati alla ricerca di ricchezze. I cittadini del villaggio, non sapendo come&nbsp;combatterli, chiesero aiuto agli Dèi. Così il dio dell'amore andò in loro soccorso e per scacciare i pirati decise di accecarli con della polvere rosa, la polvere dell'amore. Quella polvere è ancora presente sulle spiagge della Sardegna e chiunque passi per quelle spiagge sarà accecato dall'amore.

Io e Odo tornammo a casa in bicicletta, si mise dietro di me, reggendosi sulla mia vita. Una volta arrivati, entrai un attimo nel garage per prendere un telo, subito dopo lo usai per coprirlo per non farlo riconoscere. Entrai in casa. “Ehi, Giuseppe, cos’è quel telo? disse mia madre. “Ehm...Ehm, l’ho usato per raccogliere i panni che sono caduti per terra dallo stendino; fuori c’è un gran vento!!”. “Ah, che bravo ragazzo che ho! Lo puoi portare di sopra, poi ci penserò io”. “OK, mamma”. Dopo essere entrati in camera mia, misi via il telo e gli dissi: “Aspetta qui, ora devo andare a cenare, ti porterò qualcosa da mangiare”. Subito dopo cena, tornai in camera con degli avanzi del pollo che aveva cucinato la mamma. Quando entrai, mi accorsi che era tutto a soqquadro e continuava a mettere in disordine l’armadio; stava cercando, molto probabilmente, degli attrezzi. “Che cosa stai facendo?!? Non vedi che stai mettendo tutto in disordine! Ti ho portato qualcosa da mangiare”. “Grazie ho davvero fame. Stavo costruendo un radiotrasmettitore in modo da far sapere ai miei amici che sto bene e che il motore del mio ufo è danneggiato, per cui devono venire a prendermi sulla Terra”. Dopo aver udito le sue parole, mi calmai. Erano all’incirca le undici di sera. “Allora, tu dormirai qui nell’armadio; domani mattina verrò a chiamarti, ma, mi raccomando, non andartene in giro, per favore!!!”. “Non ti preoccupare, rimarrò qui tutto il tempo”. Le mie erano parole al vento. Infatti, verso le tre di notte, sentii un rumore provenire dal corridoio. Mi svegliai e decisi di seguire i passi. Quando arrivai nel salotto di casa, notai che la porta principale era aperta.

Una volta uscito, vidi Odo seduto sull’erba del giardino con le gambe incrociate, come se stesse meditando. Stava utilizzando il radiotrasmettitore di cui mi aveva parlato qualche ora prima. Stava emettendo delle onde elettromagnetiche, le quali si dirigevano nello spazio. Subito dopo, lo presi e lo riportai in casa, dicendogli nuovamente che non doveva uscire. Questa volta mi ascoltò. Il giorno dopo, verso le due del pomeriggio, incontrai, Simone, Andrea e Giacomo di fronte al bosco dove incontrammo per la prima volta Odo. “Quindi, volete dire che avete trovato l’alieno in questo posto e che deve ritornare su Marte!?!”, dissero Giacomo e Andrea con stupore. “E’ andata esattamente così e oggi stesso lo aiuteremo a tornare a casa”, continuammo io e Simone. “Come pensate di aiutarlo?”, chiese Andrea. “Ha costruito un radiotrasmettitore in grado di inviare dei segnali elettromagnetici nello spazio”, riferì Simone. “I miei amici hanno detto che verranno a momenti a prendermi. Devo trovarmi nello stesso posto dove si è schiantata la mia navicella spaziale”. “Ed è esattamente quello che faremo: ti porteremo lì e potrai raggiungere i tuoi compagni su Marte!!!”. Tutto sembrava filare liscio come l’olio, ma, dopo dieci minuti, una macchina della polizia ci sbarrò la strada. Simone coprì subito Odo con un telo. Dal veicolo, uscì un uomo che era grande quanto un armadio e che poteva sollevare due ragazzini come noi. “Che cosa nascondete sotto quel telo ?”. Nessuno di noi rispose. Allora, quest’ultimo si avvicinò con aria minacciosa e tolse con violenza il telo dal corpo di Odo. “Che diavolo è questa cosa?”. Tutti noi stavamo balbettando, cercando di giustificare quell'inconveniente.

Coco si stava recando in Rue Cambon 31. Quel giorno era stato un incubo, non le era andato nulla per il verso giusto,&nbsp;aveva dimenticato le chiavi, era rimasta chiusa fuori casa e per giunta la sua automobile si era bloccata in mezzo alla strada. Aprendo la porta della sua boutique, aveva trovato Ernest Beaux, il famoso profumiere, che conversava con la commessa del negozio. Coco si avvicinò al tavolino che era riposto affianco al camerini e vi trovò sopra alcuni campioncini. Mentre testava la fragranza di ogni profumo, Ernest la guardava con occhio attento, sperando che non&nbsp;prendesse il numero cinque, perché conteneva un errore di lavorazione. La stilista scelse proprio quello. Il grande giorno. Il cinque maggio Coco Chanel lanciava finalmente il suo profumo: lo Chanel n.5. La famosa stilista era fiera di sé perché era passata da essere una bambina timida con tante sofferenze da lasciarsi alle spalle, ad essere un’icona nel mondo della moda.&nbsp;

Come ogni giorno, Kamala si sedette sul divano vicino alla madre per guardare la televisione. Ogni pomeriggio, prima di iniziare i compiti guardavano il notiziario. Quel giorno venne trasmessa una notizia agghiacciante:, una donna, Breonna Taylor, era stata uccisa dai poliziotti americani perché nera. La madre di Kamala, Shymala, spense immediatamente la televisione e la mandò a studiare. Kamala, una bambina di soli dodici anni, si portava già un grande peso addosso, quasi come fosse una colpa, la colpa di avere la pelle più scura rispetto agli altri. A scuola le era stata rivolta qualche battuta a riguardo, ma Kamala non diede mai peso a quelle parole. Anzi, più le venivano dette cose del genere, più lei si sentiva forte e soprattutto intelligente, poiché lei non si fermava alle apparenze e sicuramente non avrebbe mai preso in giro una persona per il colore della pelle. Ma aveva bisogno che anche le altre persone la pensassero allo stesso modo. Oggi Kamala è la Vicepresidente degli Stati Uniti d’America, non ha mai smesso di credere nei suoi sogni e di sperare nel progresso e di poter cambiare le cose. L’ha dimostrato durante il suo primo discorso, ringraziando in primis le donne che hanno lottato per l’uguaglianza e, che se non fosse stato per loro, lei non sarebbe stata lì. Finì il suo discorso, garantendo a tutti i cittadini neri una convivenza in una società migliore, senza continui pregiudizi e discriminazioni.

Sfiorò con la punta delle dita le scarpette di raso. Per un breve secondo non potè fare a meno di domandarsi se stesse facendo davvero tutto ciò che era in suo potere. Con fermezza, scacciò quei pensieri ed infilò le scarpette, aspettando il solito cenno prima di varcare la scena di quel locale spento, chiuso e quasi asfissiante. C’erano state sicuramente serate migliori: la sala non straripava di persone, ma non era neanche vuota. Mise da parte le sue preoccupazioni quotidiane ed iniziò a ballare seguendo la melodia e ripetendo i passi in mente. Suo padre, la guerra, il nazismo… non aveva tempo per ciò in quel momento. Tuttavia sapeva che il suo tormento interiore si esprimeva perfettamente tramite la danza che si respirava nella sala. “Vorrei poter aiutare”. Quando la musica si fermò, fece lo stesso, rimanendo sollevata sulle punte e avvertendo il familiare dolore alle dita dei piedi. La sala rimase in silenzio. Quieta. Erano quelli gli spettacoli migliori, quelli senza alcun rumore. Lasciò la scena e pian piano, al sicuro dietro il tendone blu, scorse alcuni che rilasciavano offerte per supportare la causa. Contro il nazismo. Dopo essersi cambiata e coperta, uscì in strada, nel pieno dell’inverno olandese. Scortata dal freddo pungente, arrivò a casa. Davanti al focolare, stavano la madre e il fratello, che provavano a scaldarsi quanto più possibile. -Bentornata, tesoro!- la salutò la donna, in un sottile mormorio. -Mi dispiace, ma per cena non abbiamo nulla.-&nbsp;aggiunse con voce incrinata. -Va bene, va bene mamma, non preoccuparti.- disse cercando di forzare un sorriso. -Vado a letto se non è un problema.- disse ricevendo solo un cenno. Si rifugiò nella camera adiacente, rannicchiandosi sotto le coperte per tentare di stare al caldo. E mentre i morsi della fame le stringevano lo stomaco, si ripromise che avrebbe impedito che altri passassero ciò che stava vivendo lei.

Quarantaquattro anni dopo, lasciava di prima mattina la sua casa nella periferia di Los Angeles, diretta in aeroporto. -Audrey, ha richiamato Covent per il ruolo nella sua commedia- la informò Paul, il suo assistente -Chiama quasi una volta al giorno, lascia perdere. Siamo già in ritardo, il volo parte tra due ore- disse in fretta la donna. Entrarono in macchina e si avviarono alla volta verso l'aeroporto. Nonostante anni di esperienza nel cinema e nel mondo dello spettacolo in generale, si sentiva estremamente nervosa. Era la sua prima missione umanitaria. Voleva e sperava che tutto andasse per il meglio. Batté nervosamente le dita sul bracciolo della portiera e rimase in silenzio per tutto il tragitto. Forse da una parte aveva ancora paura di mettersi a confronto con quel passato che anche lei aveva condiviso. In quei minuti di silenzio riuscì a ricordare quella promessa fatta a sé stessa tanti anni prima, quella promessa che ora si stava apprestando a rispettare, temendo forse di deludere quella ragazzina un po’ spavalda, che non aveva mai dimenticato.

Mentre leggo, pensieri spaventosi mi tormentano. Mi è capitato molte volte di stare a casa&nbsp;da sola, ma questa volta è diverso. Ho il brutto presentimento che qualcosa succederà&nbsp; stasera… Cerco di non essere pessimista e continuo a leggere.&nbsp; Mi arriva un messaggio: è di Leila, la mia migliore amica.&nbsp; Hey Zoe, che fai? &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;Niente di interessante, tu? Studio, ma non ho più voglia. Vuoi fare la videochiamata? &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;Va bene, chiamami tu. Dopo qualche secondo Leila mi chiama. &lt;&lt;Sono a casa da sola, grazie di avermi chiamata&gt;&gt; le dico sollevata. Lei scoppia a ridere. &lt;&lt;Che c’è&gt;&gt; le dico confusa. &lt;&lt;Hai paura!&gt;&gt; dice ridendo ancor di più. &lt;&lt;Stupida&gt;&gt; sussurro. &lt;&lt;Ti ho sentita&gt;&gt; dice mentre sorrido. &lt;&lt;Oggi succederà qualcosa Leila, ho un brutto presentimento&gt;&gt; Leila nota il mio sguardo&nbsp; preoccupato. &lt;&lt;Cara mia, tu leggi troppi libri&gt;&gt;&nbsp; Questa volta non rido. &lt;&lt;Leila sono seria&gt;&gt; &lt;&lt;Si si ok&gt;&gt; dice lei per farmi smettere di parlare. Cominciamo a chiacchierare e passa mezz’ora, un’ora, un’ora e mezza… Finché non accade qualcosa di strano… Mentre ridiamo e scherziamo, sentiamo un urlo.&nbsp; &lt;&lt;Leila, che succede&gt;&gt;&nbsp; &lt;&lt;Non lo so, sarà mio fratello che litiga con la mamma, però non sembrava il suo&nbsp; lamento…&gt;&gt; &lt;&lt;Leila, e se fosse successo qualcosa a tua madre?&gt;&gt;&nbsp; Lei mi guarda preoccupata e va in cucina. Rimane impietrita. &lt;&lt;Leila&gt;&gt; la chiamo. &lt;&lt;Leila! Che succede!&gt;&gt; urlo il più forte che posso. Lei gira la fotocamera. Sua madre è distesa in una pozza di sangue sul pavimento. Sussulto&nbsp; portandomi una mano alla bocca Leila comincia a piangere. &lt;&lt;Z-Zoe, c-come è-è su-successo&gt;&gt;&nbsp; Prima che io possa rispondere, il fratello grida. &lt;&lt;Leila, ora sta’ calma e nasconditi. Fai silenzio&gt;&gt; Lei fa come dico e si nasconde nell’armadio. Non riesco a vederla perché è tutto buio, ma riesco a sentire… Ululati.&nbsp; L’armadio in cui è nascosta Leila si apre. Il sangue schizza dappertutto, mentre Leila grida. Trattengo il respiro per non piangere. Anche Leila mi ha abbandonata. Davanti al mio schermo, una figura pelosa dagli occhi rossi mi squadra. Io urlo. &lt;&lt;E ADESSO TOCCA A TE&gt;&gt; dice con una voce profonda. Chiudo la chiamata.

Mi arriva un messaggio: è di Leila, la mia migliore amica.&nbsp; Hey Zoe, che fai? Niente di interessante, tu? Studio, ma non ho più voglia. Vuoi fare la videochiamata? Va bene, chiamami tu. Dopo qualche secondo Leila mi chiama. "Sono a casa da sola, grazie di avermi chiamata", le dico sollevata. Lei scoppia a ridere. "Che c’è", le dico confusa. "Hai paura!", dice ridendo ancor di più. "Stupida", sussurro. "Ti ho sentita", dice mentre sorrido. "Oggi succederà qualcosa Leila, ho un brutto presentimento". Leila nota il mio sguardo&nbsp;preoccupato. "Cara mia, tu leggi troppi libri". Questa volta non rido. "Leila sono seria" "Si si ok", dice lei per farmi smettere di parlare. Cominciamo a chiacchierare e passa mezz’ora, un’ora, un’ora e mezza… Finché non accade qualcosa di strano… Mentre ridiamo e scherziamo, sentiamo un urlo.&nbsp; "Leila, che succede"&nbsp; "Non lo so, sarà mio fratello che litiga con la mamma, però non sembrava il suo&nbsp;lamento…" "Leila, e se fosse successo qualcosa a tua madre?" Lei mi guarda preoccupata e va in cucina. Rimane impietrita. "Leila", la chiamo. "Leila! Che succede!", urlo il più forte che posso. Lei gira la fotocamera. Sua madre è distesa in una pozza di sangue sul pavimento. Sussulto&nbsp;portandomi una mano alla bocca. Leila comincia a piangere. "Z-Zoe, c-come è-è su-successo". Prima che io possa rispondere, il fratello grida. "Leila, ora sta’ calma e nasconditi. Fai silenzio".

Lei fa come dico e si nasconde nell’armadio. Non riesco a vederla perché è tutto buio, ma riesco a sentire… Ululati.&nbsp;L’armadio in cui è nascosta Leila si apre. Il sangue schizza dappertutto, mentre Leila grida. Trattengo il respiro per non piangere. Anche Leila mi ha abbandonata. Davanti al mio schermo, una figura pelosa dagli occhi rossi mi squadra. Io urlo. "E ADESSO TOCCA A TE", dice con una voce profonda. Chiudo la chiamata. Spaventata non so cosa fare. Dopo qualche minuto, decido di nascondermi sotto al letto, pensando che lì non possa trovarmi.&nbsp;Sento una specie di ruggito. Si fa sempre più vicino. Le mani sono imbrattate di sudore, le&nbsp;labbra mi tremano e faccio respiri profondi per calmarmi.&nbsp; ‘Stai calma’ penso ‘Non succederà nulla, quella creatura non esiste. Sarà qualcuno che&nbsp;ti sta facendo uno scherzo.’ Il mio ottimismo non serve a nulla. Si sentono dei tonfi che si avvicinano. Il cuore mi martella nel petto mentre brividi di freddo mi pervadono la schiena. Dallo spazio lasciato dal piumone grigio e il pavimento, intravedo due zampe con gli artigli. Deglutisco. Sposto lo sguardo dall’altra parte, fino a quando quel mostro affonda le sue zanne nel mio&nbsp;polpaccio. Grido per il dolore. Mi intravedo nello specchio: i capelli neri sempre ordinati, sono tutti spettinati, gli occhi&nbsp;marroni sempre luminosi, ora sono sgranati per la paura. Le mie labbra rosa chiare, ora sono serrate. Mentre piango provo a sorridere. Le fossette sono sempre le stesse.&nbsp;Faccio un bel respiro. Riesco a liberare la mia gamba e riesco a rialzarmi, ma non troppo&nbsp;velocemente. La creatura si getta sui miei fianchi e mi trascina via dalla mia stanza.&nbsp;Consapevole di quello che mi succederà, mi arrendo. ‘OH MIO DIO! UN LICANTROPO!’&nbsp; Solo ora mi accorgo cos’è veramente la creatura. Decido di prendere il telefono, così che&nbsp;possa puntargli la torcia degli occhi, ma è troppo tardi. Ha già cominciato a mordermi. Le&nbsp;mani mi tremano e non riesco ad alzarmi per il dolore. Il lupo mannaro spalanca la sua&nbsp;bocca rivelando denti aguzzi, che mi squarciano la gola. Con un sobbalzo mi sveglio. Boccheggio tremando. Non ho nessun graffio, niente di niente.&nbsp;Provo a chiamare Leila. Lei mi risponde. Vuol dire che è viva. Sollevata mi alzo, il mio piede&nbsp;schiaccia qualcosa di appuntito: un artiglio. Ma, cosa sarà successo allora...

Dante mi stava mostrando la selva oscura da lui descritta nella Divina Commedia, quando d'un tratto sono precipitato in un fosso molto profondo. Quando mi sono svegliato ero un po’ stordito dalla caduta, ma non solo, in quel posto faceva caldo, era buio e non vedevo nulla. Dante mi ha detto che si trattava dell’inferno, ma non capivo di cosa parlasse, quindi mi sono alzato e l’ho seguito. Il pavimento era sudaticcio e appiccicoso, ho riaperto gli occhi e c’era un’atmosfera mostruosa di colore rosso, in ogni sentiero giravano spiriti che vedevo a stento accompagnati dalle fiamme posizionate al bordo di esso. Ma questo non era nulla in confronto che&nbsp;a ciò che ho visto dopo: dietro una siepe infuocata c’era un uomo dal nome Lucifero che si trovava su un trono di fuoco che e ad ogni spirito che arrivava gli dava un&nbsp;ordine. Lui puzzava di bruciato e di fumo quindi sono svenuto e dopo mi risvegliai direttamente nella selva oscura.

Sono con Dante e lo sto accompagnando all’Inferno. Entriamo&nbsp; e dentro tante persone intorno che ci circondano.&nbsp; Ci sono dei dannati che stanno sotto un grosso macigno come punizione e noi&nbsp; li guardiamo. Intorno a noi ci sono degli alberi alti, tutti vicini che sembrano formare un bosco. Fa molto caldo, come in un deserto. Sento il bruciato e vedo la roccia tutta scheggiata da cui fuoriesce la lava tutta liquida e mi si appiccica sulle dita e poco dopo si secca e lasciandomi i segni delle bruciature. Piano piano ci incamminiamo verso il Purgatorio.&nbsp;&nbsp;

Seguimi Dante, dissi appena usciti dalla selva oscura. Mi diressi verso un portone sperduto nel bel mezzo del nulla. Mi avvicinai piano ed entrai, mentre Dante rimase dietro di me per tutto il&nbsp;viaggio senza dire una parola. In un attimo mi ritrovai in un luogo spaventoso, in cui avvertivo la presenza del male. Sembrava di essere in un vulcano, le fiamme e il fuoco dominavano la scena, poi&nbsp;un odore forte, acido, che procurava la nausea. Delle grida stridule&nbsp;risuonavano nelle orecchie. Erano le anime che rimpiangevano la loro vita terrena e i loro sbagli. Ognuno veniva collocato in un girone diverso in base alla gravità degli atti commessi nella vita passata. Chiunque lì dentro uscirebbe fuori di testa, sentendosi in trappola con il fiato che manca a causa del caldo afoso. In lontananza scorsi un uomo molto anziano che andava da una sponda del fiume all’altra, tramite una barca. L’acqua del fiume era nera e torbida e incuriositi&nbsp;io e Dante andammo verso il fiume. L’uomo non era in ottime condizioni: era molto magro, con&nbsp;gli occhi rosso fuoco e i capelli bianchi arruffati in testa. Mi avvicinai a lui e chiesi: "Chi è lei?". "Sono Caronte, figlio di Erebo e della notte", rispose. "E cosa stai facendo su quella barca?" "Sto trasportando le anime nei tre regni: Inferno Purgatorio e Paradiso." "Immagino che questo sia l’inferno", dissi un po’ impaurito. "Proprio così - rispose Caronte - Adesso però dovete andare via, non potrete rimanere qui a lungo voi vivi." "Potremmo andare negli altri regni, sono sicuro che saranno meno spaventosi di questo." "Hai ragione, è il momento di andare", concordò Dante. "Addio Caronte", dissi salutando un po’ scosso da quella esperienza nell’oscurità dell’Inferno.

“Qui è lo shuttle Pacific, ci sentite? Siamo in una situazione di emergenza!” Urlai al microfono, ma nessuno mi rispose. Mi rivolsi al mio compagno di viaggio e gli dissi: “ Amico, siamo spacciati; che cosa ci succederà? Ho il timore che non riusciremo mai più a tornare sulla Terra! Tu hai qualche idea?” Lui mi rispose: “Jack, scendiamo dallo Shuttle ed esploriamo questo pianeta sconosciuto e, magari, chissà, troveremo, anche, qualcosa che ci aiuterà a tornare a casa”. Symon riusciva sempre a tranquillizzarmi, ma in questo caso non ci riuscì… Dopo qualche secondo, atterrammo e l’astronave si aprì. Io rimasi sbalordito: questo pianeta era davvero magnifico! C’erano tanti grattacieli altissimi, con i vetri oscurati, di forme a dir poco particolari. Si riusciva a vedere, inoltre, un ascensore che andava velocissimo: in pochi secondi si passava dal primo al centesimo piano. Iniziai a camminare e, nel mentre, cominciai a vedere qualche abitante di quel pianeta. Avevano tutti la pelle di colore verde, di bassa statura, con delle orecchie abbastanza sporgenti. I maschi avevano i capelli corti, mentre le femmine li avevano lunghi e i fianchi più sporgenti. Indossavano vestiti molto stravaganti, fatti di materiali riciclati.&nbsp;Ad un certo punto, un alieno estrasse dalla tasca uno strano oggetto, di forma rotonda e molto compatto e disse: “ Ehi, Pug, dimmi dove si trova Angy”. Quella specie di telefono, con voce metallica, lo guidò e lo portò nel giro di poco esattamente da Angy. Sulle nostre teste c’era un traffico di navicelle coloratissime e silenziosissime. La cosa che ci parve più strana era che nessuno ci notasse e guardasse in maniera curiosa o infastidita, come se fosse normale che degli umani passeggiassero sul loro pianeta. D’un tratto, però, avvertimmo dei rumori fortissimi; ci voltammo e gridai:” Aiutooo!”. Era un robot alto quanto i grattacieli, aveva sembianze umane e quando faceva un passo, con i suoi grandi piedi metallici,&nbsp;tremava tutto il terreno. Symon disse: “Amico, dobbiamo trovare un posto dove nasconderci, altrimenti ci ucciderà”.

Intanto vidi tutti gli alieni correre ed urlare, altri venivano pestati ed uccisi dal mostruoso essere. All’improvviso, mentre venivamo inseguiti dal robot, un alieno ci disse: “Forza, venite con me!”.&nbsp;Ci portò nella base spaziale del pianeta, in una stanza dove c’erano altri due extraterrestri, con un camice bianco. Poi ci chiese: “ Cosa ci fate qui, sul nostro pianeta?”. Io risposi: “Il nostro Shuttle ha avuto un guasto e siamo dovuti atterrare”. Poco dopo, un altro alieno ci condusse davanti ad un grande monitor, sul quale erano proiettate le immagini della Terra e ci disse: “ Ragazzi, anche se a voi sembra che abbiate trascorso, meno di un giorno qui, in realtà sulla Terra sono passati vent’ anni. Come potete vedere le strade sul vostro pianeta sono completamente deserte, perché i livelli d’inquinamento sono estremi ed è stato vietato&nbsp;uscire dalle proprie abitazioni, a causa dell’aria colma di gas velenosi. Gli scienziati hanno comunicato che al vostro pianeta resta poco tempo”. Symon mi disse: “Ma, ma come è possibile? Quindi moriranno tutti? E noi che fine faremo?”. L’extraterrestre rispose: “Calmi ragazzi, noi abbiamo un accordo da proporvi. Come avete visto, noi abbiamo un pianeta all’avanguardia, con una tecnologia avanzatissima, però, abbiamo creato il robot più intelligente che sia mai esistito ed essendo tale, non siamo più in grado di controllarlo e sta distruggendo Extradius, il nostro pianeta. Noi ospiteremo gli umani qui, salvandoli dalla strage terrestre e, in compenso, voi ci aiuterete a distruggere il robot, all’unica condizione che nessuno inquini più e che tutti rispettiate il nostro programma sostenibile. Con la Velociraptor, la macchina del teletrasporto, in poche ore sarete tutti qui”. Noi accettammo subito. Venne trasmesso su tutte le reti televisive della Terra il discorso dell’alieno, così tutti gli umani si prepararono e furono teletrasportati su Extradius. Da quel momento, ci fu una bellissima e proficua collaborazione tra alieni e umani e, attraverso i loro insegnamenti e il loro esempio, capimmo l’importanza di proteggere e preservare l’ambiente e, soprattutto, imparammo a non avere pregiudizi nei confronti dei “diversi”.

Da: Bit 78A A: Manuel Di Dodo Oggetto: in cerca di un amico Ciao terrestre Manuel, sono Bit 78A, un abitante del pianeta Marte. Ti scrivo per raccontarti cosa ho visto ieri sera vicino al cratere Jezero, non molto lontano dal mio rifugio. Stavo giocando insieme ai miei fratelli e all'improvviso abbiamo visto scendere dal cielo una strana cosa che piano piano si avvicinava al terreno. Ci siamo subito nascosti perché abbiamo l'ordine di metterci al sicuro. Dal nostro rifugio, attraverso gli schermi, abbiamo seguito tutte le operazioni di atterraggio e abbiamo capito che quello strano oggetto proveniva dal pianeta Terra. Tu ne sai qualcosa? A noi hanno raccontato che voi terrestri non siete nuovi a queste missioni, cercate altre forme di vita nell'universo, ma non le avete mai trovate. Ti svelo un segreto: non perché non esistono, ma perché noi siamo molto bravi a non farci trovare! Ti chiederai perché, vero? Te lo spiego subito. Noi siamo un popolo amichevole e pacifico, ma un po' diffidente verso voi terrestri. Come hai potuto sicuramente vedere dalla vostra storia, ogni volta che veniva scoperta una nuova terra, veniva subito sottomessa e i suoi abitanti sfruttati e maltrattati. Noi non vogliamo fare la stessa fine, abbiamo lavorato tanto per raggiungere la civiltà che abbiamo, ne siamo molto fieri e fino a quando non vediamo che i terrestri hanno buone intenzioni non ci faremo trovare. Penso che restereste molto meravigliati a scoprire come siamo e come viviamo. Sei curioso? Allora, partiamo dall'aspetto fisico: noi marziani abbiamo due grandi occhi neri, per osservare tutto con molta attenzione, non abbiamo capelli, baffi o barba, le nostre braccia sono allungabili, non abbiamo gambe e piedi, ma ci spostiamo fluttuando. Una cosa particolare che ci contraddistingue è che cambiamo colore in base alle emozioni che proviamo. Questo non è sempre un bene, perché non puoi nascondere quello che pensi e quello che provi.

Per fortuna qui siamo abituati ad avere rispetto di tutti, non esiste prendere in giro o offendere qualcuno. Da te è diverso vero? Da qui vediamo che molti sono pieni di egoismo, usano gli altri per i propri interessi. Anche per questo ancora non ci facciamo trovare. Per il resto la nostra vita è più o meno simile alla vostra, gli adulti lavorano e i ragazzi vanno a scuola. Noi non studiamo sui libri, non abbiamo lavagne, quaderni e penne, i nostri insegnanti usano degli ologrammi per le spiegazioni. Ad esempio durante l'ora di storia sembra di essere proprio nel posto e nel momento che dobbiamo studiare, usiamo una specie di realtà 3D.&nbsp; Siamo molto più avanti con la tecnologia. Penso che piacerebbe molto anche a voi, vero? A dire la verità, a volte vi invidio, fate tante attività manuali che noi non facciamo, come colorare, ritagliare, costruire con la pasta modellabile, e così via. Un'altra differenza (che io vi invidio), tra noi marziani e voi terrestri, è sicuramente il cibo! Voi avete una infinità di cibi e bevande, noi praticamente mangiamo una sola volta al giorno sempre la stessa cosa, cioè il "drull", piccole palline simili alle vostre patate. Non vedo l'ora di assaggiare la vostra pizza, le lasagne, le torte, il gelato! Devono essere buonissimi!!! Immagino che ti stai chiedendo come facciamo a sapere queste cose di voi… bè, anche noi mandiamo le nostre sonde a esplorare il vostro pianeta. Vediamo tutte le cose belle che avete, la natura, il mare, gli animali, le vostre bellissime città. Non siete tutti cattivi, ci sono tantissimi terrestri gentili, come te. Mi piacerebbe molto diventare tuo amico, raccontarti le mie giornate e sapere le tue. Chissà, magari un giorno potremo anche incontrarci! Sarebbe bellissimo. Mi raccomando, per ora mantieni il segreto. Aspetto la tua risposta, ciao. Bit 78A

Oggi vorrei parlarvi di una persona per me molto speciale: mia nonna. Liliana è la mia nonna materna, in realtà il suo vero nome è Dora ma lasciate che vi racconti la sua vita...Nasce il 14 maggio 1950 in un piccolo paesino molisano, Santa Croce di Magliano, la mia bisnonna Lucia, donna forte e madre già di ben dieci figli, avrebbe voluto chiamarla Liliana, ma il bisnonno Giuseppe senza dir nulla segnò all’anagrafe la nascita di Dora. Nonna, però, non si diede per vinta e continuò impropriamente a chiamarla Liliana...Così se per tutti oggi mia nonna si chiama Liliana in realtà il suo&nbsp;nome è Dora! Dai suoi racconti di bambina capisco che ha vissuto un’infanzia felice, tra tanti fratelli e sorelle che ogni giorno si recavano nei campi a lavorare e poi la sera tutti insieme intorno la povera cena. Sì, a quei tempi non c’era molto da mangiare, ecco perché quasi tutti i fratelli maschi sono emigrati all’estero. In seguito la situazione economica per i miei bisnonni è migliorata. Durante la giovinezza ha potuto vivere con più agi, in una casa grande e nuova, con frigo, cucina e di questo deve sicuramente ringraziare il sacrificio dei fratelli maggiori. A volte vedo grande tristezza nei suoi occhi, sento il senso di quel sentimento di solitudine di una vita bella e piena con tutta la sua famiglia. Penso che abbia avuto una bella giovinezza, amava poco andare a fare i lavori di campagna, quindi la “furba” con scuse banali cercava sempre di fare in modo di rimanere a casa in paese! Qui ha conosciuto mio nonno, intorno ai diciotto anni, con grandi sacrifici, perché a quei tempi le ragazze “per bene” non potevano uscire da sole e con i ragazzi come oggi. Nonno è subito piaciuto a nonna, era un tipo speciale, faceva parte di una band musicale nata&nbsp;in Svizzera, era molto moderno e poi era bello! Alto, magro castano e molto simpatico. Nonna al contrario era un po’ bassina, magra e con lunghi capelli neri! Ebbene dopo due anni di conoscenza i nonni si sono sposati, nonno già lavorava in Svizzera come

idraulico e guadagnava molto bene, nonna lo raggiunse qualche tempo dopo il matrimonio. Mi racconta sempre di aver passato dei giorni molto felici con lui. In Svizzera nonna ha svolto vari lavori tra cui la cuoca e il lavoro più bello, cioè quello di cioccolatiera in una fabbrica di cioccolato. Filava tutto liscio, ma un brutto giorno nonno si ammalò, girò vari ospedali e a soli trentatré anni morì di un brutto male, il tumore al pancreas. Che brutti giorni furono per mia nonna, lei non ne parla mai, ma a soli ventinove anni è rimasta sola con due figli di tre e sette anni da crescere... In quel paese straniero purtroppo senza nonno non c’era più nulla da fare...Ecco è proprio a partire da questo punto della sua vita che ho capito la straordinarietà della sua vita. Da sola, senza grandi aiuti, ha organizzato i funerali di mio nonno, il suo rientro al paese natale, la vendita del piccolo appartamento acquistato e il trasloco di tutti i suoi beni. Ma la cosa forse più difficile deve essere stata spiegare a mia madre e mia zia la perdita di un padre...Al suo ritorno in paese ha trovato il grande cuore della sua famiglia. La mia bisnonna era lì a braccia aperte ad accogliere la mia povera nonna affranta. Non so come abbia fatto, così giovane a rimboccarsi le maniche e pensare al benessere delle figlie. Dopo qualche anno dopo il rientro è riuscita a rientrare in un concorso comunale come cuoca della mensa. Una manna dal cielo! Era finalmente autonoma economicamente e in grado di non sentirsi un peso per la bisnonna. L’ammiro per questo. Mia madre mi racconta che quegli anni sono stati molto difficili e faticosi per la nonna e spesso era nervosa e stanca e la sera a casa parlava poco. Mia nonna non si è mai risposata e ha vissuto un’intera vita dedicata al ricordo del caro nonno e delle adorate figlie per cui ha dato sempre il meglio. È riuscita a farle studiare e non le ha mai private di nulla, ma come dice lei "senza viziarle". Lei però non è stata solamente una grande madre, ma è anche una fantastica nonna per me e mio fratello. Lei è…&nbsp;mia nonna.

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