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Ferdinando Valletti

by tutta la 3 E Pergolesi 2

Cover

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3E IC 7° Pergolesi 2 Pozzuoli
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"Chiamatemi Nando"
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Ferdinando Valletti
il mediano della Memoria
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Noi ragazze e ragazzi della classe 3 E dell’I.C.7° Pergolesi 2 abbiamo colto l'occasione del Giorno della Memoria 2021 per approfondire attraverso “un’intervista impossibile” la figura di Ferdinando Valletti. Ferdinando Valletti è un Giusto dello Sport, che anche grazie al suo essere atleta, mediano nel calcio e nella vita, lottò per difendere la dignità umana nei campi di concentramento. Con il desiderio di “saziare” la nostra voglia di conoscere e comprendere, abbiamo immaginato di essere tra quei ragazzi fortunati che lo hanno ospitato nelle loro scuole; anche noi ci siamo fatti raccontare la sua testimonianza della Shoah! La sua storia, oltre a essere molto toccante, può insegnarci molto: ad esempio, che proprio quando sembra tutto perso, può arrivarci un aiuto inaspettato. Quindi, non bisogna smettere mai di credere in se stessi, nei propri sogni e nel futuro. Ferdinando Valletti ci ha insegnato che non bisogna mai farsi scoraggiare da quelli che sembrano ostacoli insormontabili e che la memoria del bene ci dà la spinta a diventare persone migliori.

Qual è la storia di Ferdinando Valletti? Lo scoprirete sfogliando il libro!
Signor Valletti...

Per favore, chiamatemi "Nando".
Che onore! Sappiamo che è il suo soprannome. Siamo molto felici di poterla intervistare. La sentiamo un po' come un amico speciale, per il quale abbiamo molta ammirazione.

Grazie, ragazzi, anch'io sono felice di essere qui per raccontarvi la mia storia. Spero che la mia testimonianza possa lasciare un segno nella vostra vita... per non dimenticare e per ricordare il bene!

Sarà sicuramente così... Siamo emozionati. Da dove partiamo? Possiamo dire che ci fu un primo tempo della sua vita e che cominciò nel 1938?

Eh sì, mi trasferii da Verona a Milano per lavorare all'Alfa Romeo. Mi sentivo frastornato e felice. Ero un operaio, ma non solo: avevo un sogno nel cassetto.
Ci spieghi meglio...

Lavoravo in fabbrica, ma la mia passione era il calcio. Ci sapevo fare col pallone, sapete! E dopo qualche anno si realizzò il mio sogno di calciatore: giocavo nel Milan o, come dicevano i fascisti, nel Milano. Ero un mediano. Mi dicevano che ero un mediano in campo e nella vita, perché mi sacrificavo per i compagni e in fabbrica per la famiglia.
Era felice, quindi?

Molto! Purtroppo però, durante un'amichevole uno scontro di gioco come tanti mi costò caro. Mi ritrovai a terra e sentii che qualcosa non andava, perché avevo un forte dolore al ginocchio. Fu una sentenza atroce per me: menisco rotto! All'epoca, parliamo del 1943, significava niente più calcio. Il mio sogno si era già concluso!
Come reagì all'infortunio?

Mi dedicai completamente al lavoro in fabbrica. Dopo l'8 settembre mi avvicinai ai partigiani e decisi di mettermi in gioco per la liberazione dell'Italia. Distribuivo volantini per lo sciopero del '44: volevamo cambiare l'Italia!
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