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Damasco e dintorni

by Progetto didattico del Liceo "Leonardo da Vinci" di Floridia (Sr)

Pages 2 and 3 of 36

Damasco e dintorni
di Chiara Palazzolo
Un’esperienza didattica
Prodotto realizzato dagli alunni del Liceo “Leonardo da Vinci” di Floridia (Siracusa)
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Chiara Palazzolo
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Nasce il 31 ottobre 1961 a Catania. Trascorre l'infanzia a Floridia, in provincia di Siracusa, poi, per frequentare l'università di Scienze politiche alla Luiss, si trasferisce a Roma. Dopo aver completato gli studi comincia a collaborare con numerose testate giornalistiche tra cui Il “Giornale di Siracusa”, le pagine culturali della “Gazzetta del Sud” e de "Il Messaggero”
Nel 1987 vince il Premio Teramo nella sezione esordienti con il racconto inedito “Damasco e dintorni”
Nel 2000 pubblica il suo primo romanzo “La casa della festa” e nel 2003 "I bambini sono tornati" che viene tradotto in Germania e con cui partecipa al Premio Strega. I romanzi con i quali riesce a conquistare il grande pubblico sono quelli di carattere gotico e fantastico nei quali inserisce la sperimentazione linguistica che la contraddistingue.
Nasce così la trilogia di Mirta/Luna, che comprende “Non mi uccidere”, “Strappami il cuore” e “Ti porterò nel sangue” . Questa trilogia made in Italy, ha convinto la critica e conquistato il pubblico. I romanzi sono stati tradotti anche in spagnolo .
Dopo la partecipazione a due antologie di horror-fantasy la rivisitazione del fantastico prosegue nel 2011 con l’opera “Nel bosco di Aus“ che viene eletto romanzo dell’anno (2011) da Radio Fahrenheit. Qui emerge un’altra immagine suggestiva, quella della Strega, con cui la protagonista Carla dovrà progressivamente cimentarsi. Questo è purtroppo l’ultimo lavoro dell’autrice
Chiara Palazzolo morirà il 6 agosto 2012 in seguito a una lunga malattia.
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Damasco e dintorni
Audioracconto: clicca sulle pagine per ascoltare
Per il racconto "Damasco e dintorni" © Erede Chiara Palazzolo
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La giovane creatura avanzava a mossettine lente e sbilenche lungo l'erta e sassosa parete. Zampettava incerta, abbacinata dal disco solare a picco nel caldo mezzogiorno.
Voleva tornare a casa, ma si era un po' persa tra rocce e anfratti oscuri e cominciava a dubitare della sua capacità d'orientamento acquisita troppo di recente.
I fili d'erba e le stoppie bruciate dalla calura dell'agosto fiammeggiante le davano noia, impigliandosi continuamente nella piccola corazza. Il sentiero divenne tutto d'un tratto più ripido e scosceso. I movimenti della creaturina, da lenti che erano, si fecero oltremodo guardinghi. Il suo piccolo cuore cominciò a battere a dismisura per lo sforzo e la tensione.
Improvvisamente, abbagliata in pieno da un raggio di troppo, la creaturina non vide più nulla, mise una zampetta in fallo e rovinò giù per il dirupo. Svenne. Rinvenne che il sole già calava all'orizzonte. Aveva creduto di morire, e invece! Certo, vedeva tutto in modo strano, come sottosopra, ma sicuramente era effetto del brutto volo. Provò quindi a muoversi, ma i suoi tentativi furono del tutto inutili. Ogni sforzo risultava vano e la prospettiva del mondo rimaneva capovolta. Provò a sgambettare con più forza, ma nulla accadde. Piangente, impaurita, la piccola creatura iniziò a implorare Dio affinché la salvasse dalla brutta situazione in cui s'era cacciata per la troppa imprudenza. In realtà - con rimorso stava pensando proprio a questo- fino ad allora la creatura non aveva creduto in nessun Dio, o meglio, come tutte le creature estremamente giovani, non si era mai posta il problema della sua esistenza.
Ma adesso! Nella sua situazione! Solo l'intervento divino poteva salvarla. "Aiutami, aiutami!" implorava sempre più afflitta.
La coppia passeggiava nel bosco assaporando un cono gelato e discutendo animatamente. "Guarda là" fece l'uomo, interrompendo la conversazione. La donna seguì il suo sguardo e vide nell'erba fitta una tartaruga di piccole dimensioni rovesciata sul dorso, che agitava trafelata le zampette coriacee. La donna scoppiò a ridere. "Com'è buffa!" esclamò continuando a leccare il suo gelato. "Non c'è animale più stupido" sentenziò l'uomo. "Già la loro lentezza le definisce in tutti sensi.
Distolsero quindi lo sguardo e si allontanarono motteggiando le zampette in aria della tartarughina. La tartaruga non li vide, come non aveva visto un uomo in vita sua. Lei teneva gli occhi per terra quando camminava. La tartarughina, come tutta la razza delle tartarughe, non sapeva neppure dell'esistenza degli uomini. Ma le vecchie generazioni erano molto religiose.Esausta e sfinita, la tartarughina aveva smesso pure di agitarsi. Oramai attendeva la notte e con essa la morte. Sicuramente infatti sarebbe stata presa da qualche orribile e selvaggio animale notturno. Indifesa com'era, sarebbe stata senz'altro divorata in un sol boccone. "Oh Dio, ti prego-balbettò la povera tartaruga - perché non mi aiuti?"
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