Magazine donne

Pochi tra noi ragazzi conoscono la vicenda di Franca Viola, avvenuta&nbsp;in Sicilia negli anni ’60,&nbsp;una storia che parla di coraggio,&nbsp;di diritti e di emancipazione femminile e per questo merita spazio nel nostro libro. “Rapita, sequestrata, abusata dal suo ex fidanzato&nbsp;Melodia, ebbe il coraggio di dire NO alle nozze riparatrici con l’autore dell’abuso, che secondo le regole morali e giuridiche degli anni ’60 avrebbero salvato il suo “onore” ed esonerato da qualsiasi responsabilità penale&nbsp;l’autore della violenza ed i suoi complici.&nbsp; Franca,&nbsp;allora diciassettenne, non&nbsp;accetta quella umiliante condizione e,&nbsp;sfidando le regole di una società arcaica,&nbsp;difende la propria dignità difronte al giudice, rifiutando di convolare a nozze con il suo aguzzino. Minacce, ricatti, l’ostilità dell’opinione pubblica sono il prezzo che Franca deve pagare. Dopo avere cercato in tutti i modi di screditare la ragazza, Melodia e i suoi complici vengono condannati a 11 anni di reclusione. Queste le parole di Franca “non ho mai avuto paura…e se non hai avuto paura di morire, muori una sola volta”, queste le sue parole, questo il suo coraggio ed è anche a questo coraggio che dobbiamo il crollo del muro di omertà che ha caratterizzato la violenza sulle donne&nbsp;fino agli anni ’60.&nbsp; Le parole&nbsp;di questa giovane donna risuonano ancora oggi&nbsp;per noi ragazze&nbsp;come un monito.&nbsp; Il gesto di Franca ha segnato una tappa fondamentale nel cammino dell’emancipazione femminile. Anche al suo esempio dobbiamo infatti l’abrogazione del delitto d’onore e delle vergognose nozze&nbsp;riparatrici che legittimavano di fatto la violenza sulle donne. Per questo motivo tutte noi ragazze di oggi&nbsp;ti diciamo: Grazie Franca.

La violenza di genere è purtroppo un problema strutturale della società che nonostante le lotte femministe dell' ultimo secolo continua ad essere di&nbsp;stampo patriarcale.&nbsp;Il&nbsp;femminicidio&nbsp;rappresenta&nbsp;l'estrema conseguenza della disparità di genere&nbsp;presente nel mondo. Per combattere il fenomeno è necessario che la lotta alla violenza sulle donne acquisti una maggiore legittimità sociale:smettiamo di considerarla un fatto privato!

PRIMA DEL SUCCESSO Nasce il 1giugno 1926 a Los Angeles, a causa della madre mentalmente instabile, Norma Jeane fu affidata a diverse famiglie, subì violenze e maltrattamenti, per essere infine affidata ad una prozia. Il 26 giugno 1945 il fotografo David Conover, recatosi in fabbrica per fotografare “ragazze che tenessero alto il morale delle truppe”, la immortalò per la rivista Yank dando così inizio alla sua carriera da modella. Notata da Emmeline Snively, direttrice della più importante agenzia pubblicitaria di Hollywood, le fece schiarire i capelli, le insegnò a sorridere e ad utilizzare la voce: ha inizia così la sua lunga e difficile strada verso il successo. CARRIERA Norma Jeane si trasforma nel suo pseudonimo di Marilyn Monroe. Dall’eyeliner alle ciglia finte, un paio di autoreggenti Dior e finalmente la trasformazione avvenuta: una splendida venere bionda, con un sorriso perfetto e un’alone di mistero nel suo sguardo. Nel 1953 è con il film “Niagara” di Henry Hathaway, in cui interpretava una Femme Fatale che cerca di uccidere il marito, che il mondo si accorse che era comparsa una nuova stella: il suo nome era Marilyn Monroe. Cominciano così le sue partecipazioni come protagonista a film che la resero una divinità del cinema: “Gli uomini preferiscono le bionde” di Howard Hawks e “Come sposare un milionario”, entrambi successi al botteghino che però la incastrarono nello stereotipo della “dumb blond”.

è un personaggio&nbsp;estremamente complesso e controverso. Con lei, Flaubert dissacra le eroine romantiche dei romanzi sentimentali&nbsp;creando un personaggio femminile che si mostra in tutta la sua&nbsp;fragilità&nbsp;emotiva.&nbsp; Emma va dunque considerata una vera e propria “antieroina”, che non può essere paragonata a modelli femminili emancipati come Elizabeth Bennet&nbsp;o Jane Eyre&nbsp;e che va analizzata&nbsp;in relazione sia alla sua particolare situazione psicologica, sia&nbsp;all'epoca storica e al ceto sociale&nbsp;in cui è&nbsp;vissuta: la classe piccolo borghese della provincia normanna, condizioni che l'hanno resa incapace di emanciparsi e hanno determinato il suo tragico destino.&nbsp;La storia,&nbsp;infatti, è ambientata nella prima metà dell’800 negli anni della&nbsp;"Monarchia di luglio", ovvero il regno di Luigi Filippo d'Orléans. Si tratta di un periodo di netta ascesa della classe medio-borghese in cui le donne, in Francia come altrove, sono ben lontane dal&nbsp;raggiungere forme consolidate di autonomia economica, specialmente in provincia! Il&nbsp;matrimonio&nbsp;era allora&nbsp;il più naturale destino, per&nbsp;una donna, oltre che l'unica possibilità di identità sociale, di sussistenza economica e di realizzazione personale, con la maternità. Emma non mette mai in discussione&nbsp;le sue aspettative, piuttosto incolpa&nbsp;la propria natura femminile ritenendola responsabile dell'impossibilità di essere autonoma e di dover dipendere da un marito. Essa è infatti una donna prigioniera&nbsp;in&nbsp;un mondo di uomini liberi.

La sua arroganza e le sue trasgressioni finali sono&nbsp;una sorta di estrema ribellione ad un mondo maschilista e meschino che non lascia&nbsp;alla donna la possibilità di&nbsp;affrancarsi dalla dipendenza e di realizzare le proprie aspirazioni. D'altro canto, a quell'epoca e in quel contesto sociale, quali&nbsp;scelte aveva una donna&nbsp;che, come Emma, volesse esercitare un qualche potere sul proprio destino? Solo due: rassegnarsi e restare fedele ad un ottuso matrimonio o&nbsp;sedurre altri uomini e commettere adulterio, sperando che ciò portasse a una situazione più soddisfacente. Mentre gli uomini hanno accesso all'agiatezza ed alla proprietà, l'unica moneta che Emma possieda per&nbsp;cambiare la sua vita è la propria bellezza e il proprio corpo. E' sempre alla seduzione&nbsp;infatti che ricorre; in particolare&nbsp;quando, alla fine, va disperata in cerca dei soldi per pagare i debiti:&nbsp;prima da Rodolphe e poi da altri uomini, sempre più orrendi... Per tutto ciò, Emma&nbsp;considerata l'archetipo della rivendicazione femminile della libertà: in un mondo che prescrive la sottomissione, lei tenta una grossolana&nbsp;forma di liberazione dalla schiavitù del ruolo femminile e ne esce distrutta.&nbsp; Vittima di una società borghese, maschilista e mentalmente ristretta, vittima della propria ingenuità e del proprio idealismo romantico e vittima degli individui che l'hanno circondata ed ingannata... Questo è certamente uno dei motivi per cui il libro ebbe tanto successo presso le lettrici&nbsp;dell'epoca e tra i movimenti femministi del secolo scorso ed è tuttora tra i romanzi più amati e letti al mondo. Non a caso Flaubert diceva che "La pauvre Bovary souffrait et pleurait dans tous les villages de France".&nbsp;E di sicuro soffre ancora oggi...

est une condition d’insatisfaction psychologique et sociale pour son existence, une "maladie" qui conduit à la mort. Le bovarysme est la fracture entre le rêve, ce que nous voulons et la réalité décevante dans laquelle nous vivons, qui se traduit par l’ennui, l’indolence, la fuite vers des mondes imaginaires où vivre une vie remplie de toutes ses ambitions réprimées. Chez Emma, sa douleur pour la vie conduit à de nombreuses manifestations pathologiques : états dépressifs, dépenses folles, suicide.

précurseur du réalisme de Guy de Maupassant, (1859-193) et du Naturalisme d’Emile Zola. Emma est, sous certains aspects, une image de Flaubert, d’où la célèbre : "Madame Bovary c’est moi". Lui aussi, comme une génération entière, partageait les rêves du romantisme, à laquelle il mit fin l’échec de la Révolution de 1848; avec le suicide d’Emma, c’est le romantique Flaubert de prendre congé du passé.

Emma e le possibili interpretazioni: donna malvagia e perversa o&nbsp;vittima ingenua?

Quello di Emma è un personaggio talmente sfaccettato e complesso che si presta a più livelli di&nbsp;interpretazione.&nbsp; C'è chi vide in lei solo una donna malvagia, arida e perversa che non esita davanti a niente pur di&nbsp;ottenere lussi e piaceri, che si degrada e finisce per distruggere se stessa e la propria famiglia. Ma la cui punizione finale servirà di monito a tutte le donne... E' ciò che sostenne l'avvocato difensore al processo per immoralità che il romanzo subì nel 1857 e che lo salvò dalla condanna. C'è chi la considera&nbsp;una donna che ha "giocato male le sue carte",&nbsp;che avrebbe potuto accontentarsi di un uomo che le assicurava amore ed un tetto sopra la testa per poi gestire le proprie pulsioni in una maniera più furba.&nbsp; C'è chi, infine,&nbsp;la considera essenzialmente una donna malata,&nbsp;la cui&nbsp;nevrosi&nbsp;la spinge a immedesimarsi in un'eroina romantica, per cui i gesti di tutta la sua vita sarebbe una sorta di fiction:&nbsp;Emma avrebbe per così dire&nbsp;"interpretato"&nbsp;Madame Bovary.&nbsp; Ad esempio&nbsp;il&nbsp;suo gesto di abbracciare la piccola Berthe (di solito ignorata) per creare una scena di&nbsp;seducente "maternità"&nbsp;agli occhi di Léon; perfino&nbsp;la sua morte&nbsp;sembra&nbsp;un'interpretazione melodrammatica:&nbsp;esauriti i tentativi di trovare soldi, immerge&nbsp;le dita nel vaso di arsenico&nbsp;ingurgitandolo rapidamente;&nbsp;poi si prepara a morire (scrive una lettera al marito,&nbsp;si aggiusta in una bella postura sul letto...) credendo di addormentarsi, così&nbsp;come si erano addormentate le colpevoli suicide dei suoi vecchi drammi sentimentali.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Vittima ingenua di una nevrosi&nbsp;ancora sconosciuta o&nbsp;furba civetta?&nbsp;Sognatrice assetata d'ideale o piccola borghese frustrata e bramosa di vita e di lusso?&nbsp;Aldilà della&nbsp;particolare opinione&nbsp;di ognuno di noi,&nbsp;Emma&nbsp;Bovary&nbsp;resta tra i personaggi della letteratura più conosciuti ed apprezzati di tutti i tempi. La sua personalità di&nbsp;sognatrice ingenua spicca&nbsp;sulla&nbsp;mediocrità degli uomini che l'hanno&nbsp;circondata ed ingannata, e&nbsp;la sua patetica, personale&nbsp;ricerca della felicità ci commuove, così come la sua tragica fine, un’agonia lunghissima e terribile.&nbsp; Quell’arsenico nero che esce dalla sua bocca sembra, infine, ricordare l’inchiostro delle letture che l’hanno nutrita e quella realtà, che ha sempre rifiutato, sembra alla fine vincere sull'illusione.&nbsp;

La Femme fatale in La Lupa di Verga e Bocca di Rosa di De André

Come non notare la presenza della femme fatale in molti capolavori della nostra cultura? Musicisti e scrittori sono spesso stati ispirati dal fascino femminile, ma il caso di&nbsp;"La lupa"&nbsp;e di&nbsp;"Bocca di rosa"&nbsp;sono certo unici. Due esempi di donne affascinanti, ma in primo luogo libere e caratterizzate da una forte personalità. Senza curarsi delle convenzioni sociali e delle regole imposte dalla moralità pubblica e dal credo religioso,&nbsp;seguono la loro strada verso l'indipendenza.

“La Lupa” e “Bocca di Rosa” due esempi di donne affascinanti, ma in primo luogo libere e caratterizzate da una forte personalità,&nbsp;non curanti delle convenzioni sociali e delle regole imposte dalla moralità pubblica che le relegano ai confini della comunità per il loro fascino e la loro indipendenza.

La chiamavano bocca di rosa Metteva l'amore, metteva l'amore La chiamavano bocca di rosa Metteva l'amore sopra ogni cosa Appena scese alla stazione Nel paesino di Sant'Ilario Tutti si accorsero con uno sguardo Che non si trattava di un missionario C'è chi l'amore lo fa per noia Chi se lo sceglie per professione Bocca di rosa né l'uno né l'altro Lei lo faceva per passione [...] [...] E alla stazione successiva Molta più gente di quando partiva Chi mandò un bacio, chi gettò un fiore Chi si prenota per due ore Persino il parroco che non disprezza Fra un miserere e un'estrema unzione Il bene effimero della bellezza La vuole accanto in processione E con la Vergine in prima fila E bocca di rosa poco lontano Si porta a spasso per il paese L'amore sacro e l'amor profano

Bocca di Rosa è un brano scritto da Fabrizio De André nel 1967. Il testo della canzone ha per protagonista una prostituta, al cui fascino nessun uomo può resistere.

E' utile riflettere&nbsp;quanto la donna sia soggetta a facili critiche, non soltanto per il suo atteggiamento, ma anche per l' aspetto fisico. 

Qualsiasi deviazione rispetto alla norma, sia per quanto riguarda il canone estetico che quello morale, è suscettibile di condanna ed esclusione, senza possibilità di inclusione o redenzione. La letteratura e&nbsp;la musica, però, possono servire ad eliminare inutili pregiudizi.

Nata nel 1876 nei Paesi Bassi, Margaretha sposa un ufficiale dell'esercito coloniale olandese, 20 anni più vecchio di lei. Insieme hanno due figli. Il loro è un matrimonio infelice, talvolta fisicamente violento. Nel 1902, la coppia divorzia. La donna rimasta priva di mezzi economici e armata solo della sua conturbante bellezza si trasferisce&nbsp;a Parigi, qui posa per alcuni pittori e si reinventa come ballerina.&nbsp;Una sera si esibisce in una danza dal sapore orientale: è la svolta della sua vita. Il suo fascino esotico, dato dall’incarnato olivastro e dagli occhi scuri, la sua danza fatta di movenze feline e raffinate, di veli che si tolgono un dopo l’altro, con un forte richiamo a Salomè,

affascinano le folle nelle capitali culturali di tutta Europa. Marghareta diviene ben presto&nbsp;Mata Hari, ”occhio dell'alba" (in lingua malese). Si esibirà in importanti teatri e il Times scriverà di lei “un’avvenenza che sconfina nell’incredibile, una figura dal fascino strano con le movenze di una “belva divina” che pare ti conduca in una foresta incantata”. A partire dal 1905,&nbsp;Mata Hari è&nbsp;in grado di trovare successo come cortigiana, seducendo i ricchi e potenti di più nazioni, inclusi alti funzionari governativi. Ma durante la guerra suscita anche sospetti di spionaggio.&nbsp;

Nel tribunale di Latina l'avvocato Lagostena Bassi,&nbsp;che ci ha lasciati il 4 marzo 2008,&nbsp;in "Processo per stupro" (1979), il primo processo ripreso dal vivo dalle telecamere Rai, ha difeso la giovane vittima non solo dagli artefici della violenza, ma anche dai loro legali: le requisitorie fino ad allora tendevano, infatti, a dimostrare presunti atteggiamenti sconvenienti o una "colpevole" passività della ragazza, che avrebbero attenuato, se non addirittura giustificato, la gravità del gesto. Di questa condizione di dolorosa discriminazione Tina Lagostena Bassi denuncia tutta la drammaticità.

Requisitoria dell'avvocato Giorgio Zeppieri difensore degli stupratori

“La violenza c’è sempre stata […] Non la subiamo noi uomini? Non la subiamo noi anche da parte delle nostre mogli? E come non le subiamo? Io oggi per andare fuori ho dovuto portare due testi con me! L’avvocato Mazzucca e l’avvocato Sarandrea, testimoni che andavo a pranzo con loro, sennò non uscivo di casa. Non è una violenza questa? Eppure mia moglie mica mi mena. È vero che siete testimoni? Siete testi? E allora, Signor Presidente, che cosa abbiamo voluto? Che cosa avete voluto? La parità dei diritti. Avete cominciato a scimmiottare l’uomo. Voi portavate la veste, perché avete voluto mettere i pantaloni? Avete cominciato con il dire “Abbiamo parità di diritto, perché io alle nove di sera debbo stare a casa, mentre mio marito il mio fidanzato mio cugino mio fratello mio nonno mio bisnonno vanno in giro?” Vi siete messe voi in questa situazione. E allora ognuno purtroppo raccoglie i frutti che ha seminato. Se questa ragazza si fosse stata a casa, se l’avessero tenuta presso il caminetto, non si sarebbe verificato niente”.

GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE PERCHE' IL 25 NOVEMBRE

“Zapatos Rojos"

Perché in quella data del&nbsp;1960&nbsp;venivano uccise le&nbsp;tre sorelle Mirabal,&nbsp;eroine che si batterono con tutta la loro forza per la&nbsp;liberazione della Repubblica Dominicana, una lotta che le ha viste spegnersi nelle barbare mani di agenti del dittatore Farael Trujillo, tra violenza e torture.&nbsp;

La violenza di genere purtroppo è molto diffusa nel mondo. La storia ed il significato delle scarpe rosse del 25 novembre, hanno inizio dall’altra parte del mondo. A&nbsp;Ciudad Juárez (Messico)&nbsp;si manifestava sempre più spesso contro&nbsp;i&nbsp;numerosi casi di femminicidio&nbsp;che devastavano le famiglie. Nel&nbsp;2009 l’artista Elina Chauvet decise di dare visibilità a quell’invisibilità attraverso le scarpe rosse, poiché nella maggior parte dei casi era l’unica cosa che restava delle donne ammazzate. Quindi raccolse 33 paia di scarpe color sangue e le espose in modo da emulare una marcia silenziosa. Un progetto che ha creato un metodo per urlare al mondo l’orrore che il femminicidio compie quasi quotidianamente.&nbsp;Ogni paia di di “Zapatos Rojas” (Scarpe Rosse), rappresenta una storia di paura.&nbsp;Il&nbsp;colore rosso&nbsp;è stato scelto in quanto simbolo dell’amore, della&nbsp;passione&nbsp;che si trasforma in male ed in violenza, simbolo della possessione morbosa che diventa una trappola mortale e simbolo della femminilità che purtroppo, oggi, troppe volte viene violata.

Nel&nbsp;2009 l’artista Elina Chauvet ha percepito che la&nbsp;società messicana&nbsp;era diventata passiva di fronte alla scomparsa. A&nbsp;Ciudad Juárez (Messico)&nbsp;si manifestava sempre più spesso contro&nbsp;i&nbsp;numerosi casi di femminicidio&nbsp;che devastavano le famiglie. Decise di dare visibilità a quell’invisibilità attraverso le scarpe rosse, poiché nella maggior parte dei casi era l’unica cosa che restava delle donne ammazzate. Quindi raccolse 33 paia di scarpe color sangue e le espose in modo da emulare una marcia silenziosa.

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Cause del Femminicidio&nbsp;

Le Istituzioni in Italia

Il femminicidio&nbsp;è legata al cambiamento&nbsp;del&nbsp; RUOLO&nbsp;SOCIALE&nbsp;delle donne, alla loro&nbsp;emancipazione, ecco perchè si può dire che il femminicidio sia un fenomeno moderno.

L’uomo reagisce con violenza per riaffermare la propria autorità, il proprio potere.&nbsp; La nozione di patriarcato spiegava il fenomeno attraverso l’equazione potere-violenza: poiché gli uomini detengono il potere nella società, essi usano la violenza come espressione del potere.

della&nbsp;Stampa: spesso queste donne vengono uccise due volte. Una volta nella cronaca e una volta nella narrazione. La cosa paradossale è che di queste morti se ne parla fin troppo nei dettagli macabri e raccapriccianti&nbsp;che fanno audience, le 30 coltellate… ma non si sottolineano le relazioni di senso. della Magistratura: pochissimo si fa per quando riguarda: la protezione della donna e il rispetto della legge e di pratiche che negli altri paesi, creano un livello di soglia oltre la quale la gente sa che dare uno schiaffo alla propria fidanzata è un reato. della Politica: mancano&nbsp;le politiche attive,&nbsp;un esempio: in Italia non abbiamo un sistema di finanziamento delle case rifugio a livello nazionale (in cui lavorano psicologhe, avvocati, operatrici di servizi sociali), tutto è lasciato all’arbitrio delle amministrazioni locali.

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Diana Russell è stata una delle più importanti attiviste e studiose di violenza di genere che ha contribuito alla sensibilizzazione sul femminicidio. A lei si deve soprattutto la&nbsp;diffusione del termine femminicidio, coniato da lei a fine anni ’70.&nbsp;&nbsp;Alla Russell&nbsp;si deve anche l’idea di far rientrare il&nbsp;concetto di femminicidio in una&nbsp;categoria criminologica vera e propria.&nbsp;&nbsp;

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A cura di Ducatelli Alexia

“Viviamo in una società che insegna alle Donne a difendersi dallo stupro, invece di insegnare agli uomini a non stuprare le Donne.”

Oggi, in Italia e nel mondo, è ancora molto alto il numero di femminicidi commessi ogni giorno da parte degli uomini, in particolar modo da parte dei mariti o ex mariti e fidanzati delle vittime. Solo&nbsp;in Italia,&nbsp;ogni due, tre giorni, una Donna viene uccisa ed ogni giorno si sentono notizie di violenza e crudeltà. La&nbsp;violenza&nbsp;può essere psicologica, fisica o sessuale. Il femminicidio è un tremendo fenomeno che non può essere trascurato ma deve essere combattuto con&nbsp;forza e coraggio&nbsp;perché ogni Donna ha il&nbsp;diritto&nbsp;di&nbsp;vivere,&nbsp;di&nbsp;amare&nbsp;e di&nbsp;essere amata&nbsp;nella totale libertà e nel rispetto del suo essere umano.

RICONOSCERE

La violenza di genere non è una componente nuova nella storia dell’uomo, ma possiamo riconoscerla tale se considerata in qualità di oggetto di studio e di ricerca sociologica e la lotta per il suo contrasto socialmente legittimata.

La violenza di genere si esprime con forme diverse, in contesti geografici, culturali ed economici molto differenti, ma è sempre animata dal medesimo scopo: il&nbsp;mantenimento dello squilibrio di potere tra i generi nella società

Nel 1916 compie&nbsp;40 anni e la sua carriera artistica è irrimediabilmente giunta al termine:&nbsp;fragile e facilmente ricattabile, viene assoldata come agente segreto H-21, al servizio della Germania, ma la donna non sa di essere controllata dal controspionaggio francese.&nbsp;Mata Hari accetta, ma l’attività di spionaggio condotta spregiudicatamente su due fronti, la condurrà a una tragica fine. Dopo che fu uccisa a colpi d'arma da fuoco, i suoi resti furono donati per la dissezione alla facoltà di medicina dell'Università di Parigi.

Quel corpo tanto desiderato in vita, nessuno più lo voleva, dopo la morte. Ma intanto il mito era nato, la spia femminile per antonomasia, la prima spia donna del ‘900 e il suo nome che&nbsp;evoca mistero, seduzione e doppiezza entra nella leggenda. Lo spirito di Mata Hari continua a rivivere nei film degli anni a venire, inaugurando quel filone cinematografico che vede spie femminili,&nbsp;femme fatale,&nbsp;affascinanti e disarmanti, seducenti e per questo pericolose,&nbsp;come protagoniste.

Giovanni Battista a causa di Erodìade, sua moglie, che era stata prima la moglie di suo fratello Filippo.&nbsp;Giovanni accusava Erode di adulterio e diceva: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello”.&nbsp;Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere. Erodìade raggiungerà il suo scopo, attraverso la figlia. Infatti, la fanciulla dopo aver danzato davanti allo zio Erode e&nbsp;ai suoi&nbsp;convitati, piacque tanto che&nbsp;il re disse: «Chiedimi quello che vuoi e te lo darò»…Ella, uscita, domandò a sua madre: «Che cosa devo chiedere? ». Quella rispose: «La testa di Giovanni Battista». E subito, ritornata svelta dal re, fece la sua richiesta: «Voglio che tu mi dia immediatamente, sopra un vassoio, la testa di Giovanni Battista»”. Il re si contristò, tuttavia non volle contrariare la fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre”. Oscar Wilde trasfigurò la vicenda evangelica&nbsp;e la fanciulla si trasformò da vittima delle istigazioni materne, secondo il Vangelo di Marco, in&nbsp;femme fatale, icona decadente.&nbsp;E’ lei a nutrire per il profeta una passione ardente e sensuale e&nbsp;respinta dal Battista, ne decreta la morte, chiedendo ad Erode, che le porti la sua testa tagliata in un vassoio d’argento, per poterne baciare le labbra, quelle stesse labbra che non aveva potuto baciare in vita. Salomè con la sua danza sinuosa e avvolgente, strega Erode e lo costringe al proprio volere. La fanciulla,&nbsp;emblema della donna “fatale” in quanto conduce alla morte, esercita un fascino quasi magico sull’uomo e lo conduce alle azioni più riprovevoli, preda com’è&nbsp;di una perversa pulsione. Nel dramma di Wilde, però Erode si pentirà&nbsp;del suo gesto e inorridito dalla freddezza di Salomè ne ordinerà l’uccisione.

Salomè: il male sotto forma di incanto&nbsp;

La storia di Salomè è un incrocio fra storia e leggenda, un mito affrontato per secoli da artisti, in ogni campo: Caravaggio nella pittura, Oscar Wilde nel teatro, Richard Strauss nella musica. Proprio per l’accumulo di molte varianti leggendarie di morte, Salomè viene attirata in una zona d’ombra e di mistero. Nel modello artistico, Salomè, giovane incosciente strumento di vendetta della madre Erodiade, diventa il simbolo della più devastante e morbosa lussuria.

La Traviata, tratta da un fatto di cronaca vero

Violetta Valéry,&nbsp;altri non è&nbsp;se non&nbsp;Madame Alphonsine Rose Plessis, contessa di Pérregaux, lei stessa si cambierà il nome in&nbsp;Marie Duplessis, Marie&nbsp;suona meno ordinario e l’aggiunta del&nbsp;du&nbsp;al cognome le conferisce un’allure&nbsp;più aristocratica. Ha ventitré anni quando muore di tisi, nel 1847. A dispetto del titolo&nbsp;di contessa, acquisito per matrimonio, non fa parte della nobiltà, anzi: vissuta in condizioni di estrema povertà fin da bambina e con un padre violento e alcolizzato, cerca in tutti i modi di sopravvivere svolgendo i lavori più disparati. A sedici anni diventa l’amante di un commerciante parigino, inizia così a farsi conoscere nell’alta società che, in poco tempo, la eleva a centro della vita mondana del tempo. Tanti sono stati i suoi amanti, ma il più autorevole di essi rimane&nbsp;lo scrittore&nbsp;Alexandre Dumas (figlio),&nbsp;il quale, in memoria di questa ragazza dai capelli neri e la carnagione chiarissima, le dedica uno dei romanzi più belli della letteratura francese,&nbsp;“La Dame aux Camélias”&nbsp;(“La signora delle camelie”) Marie Duplessis diviene&nbsp;M.me&nbsp;Marguerite Gautier,&nbsp;da cui&nbsp;Dumas trae anche una versione teatrale che affascinò tanto Giuseppe Verdi da decide di trarne un’opera lirica, dal titolo “La Traviata”.

Il 2020: l’anno peggiore per i femminicidi

Il 2020 è stato in percentuale l’anno peggiore per quanto riguarda i casi di femminicidio. Il 2020 è stato l’anno in cui l’incidenza della componente femminile nel totale degli omicidi è stata del 40,6%, cioè la più alta di sempre.&nbsp;

Secondo l’OMS, una donna su tre è vittima nel mondo di una qualche forma di violenza. In Italia, sono quasi sette milioni (dati Istat), la gran parte madri. 65% di casi in cui i figli assistono alla violenza domestica e 25% in cui la subiscono direttamente Le denunce crescono,&nbsp;ma purtroppo anche le morti:&nbsp;diminuiscono gli omicidi e non i femminicidi&nbsp;(uno ogni due giorni)

La relazione tra lockdown e femminicidi: l’esasperazione delle dinamiche di conflittualità

Tra marzo e giugno, ben 21 delle 26 vittime di femminicidio in famiglia si trovavano sotto lo stesso tetto con il proprio assassino

&nbsp;Chi è Salomè ?&nbsp;

dal racconto evangelico all’opera di Oscar Wilde

Oscar Wilde compose l’opera “Salomè"&nbsp;nel 1893. Fu scritta in lingua francese per Sarah Bernhardt, celebre attrice dell’epoca e musicata nel&nbsp;1905 da Richard Strauss. Oscar Wilde inventò una storia blasfema, in cui la fanciulla era responsabile del martirio di San Giovanni Battista, che ebbe l’impudenza di sottrarsi a un suo bacio, non cedendo alla sua seduzione.&nbsp; L’opera,&nbsp;che fu rappresentata la prima volta&nbsp;a Parigi nel 1896,&nbsp;nel Regno Unito, invece,&nbsp;fu vietata fino al 1931. In Inghilterra vigeva ancora il divieto ancestrale di portare in scena soggetti tratti dalle Sacre Scritture, e ancora a fine Ottocento, il Lord Ciambellano vietava che la Bibbia fosse prostituita al teatro.&nbsp; La storia della&nbsp;principessa giudaica vissuta&nbsp;nel I° secolo, che danzò durante il banchetto di Erode Antima, è narrata nei Vangeli di Matteo e Marco.

Autore L’autore di Strange Fruit è Abel Meeropol, un ebreo americano e comunista, che avrebbe scritto il testo nel 1930 dopo aver visto un nero impiccato nello stato dell’Indiana, e successivamente avrebbe aggiunto la melodia.

Secondo il “Guardian”, il capolavoro di Billie Holiday è la prima grande canzone di protesta. Fu eseguita per la prima volta a New York nel 1939 come forma di denuncia al razzismo e in particolare ai linciaggi a cui venivano sottoposti i neri del sud degli Stati Uniti. Alla fine della canzone si capisce che lo “strano frutto” penzolante dall’albero è il cadavere di un nero impiccato. Dopo l’ultima parola l’intera sala piomba nel buio e quando torna la luce Billie non è più lì. Tutti ammirano il coraggio dell’esibizione e percepiscono che in che in quella stanza si sta facendo la storia. Billie Holiday, una donna e per giunta&nbsp;nera, ha il coraggio di legare al mondo dell’intrattenimento una canzone di denuncia.&nbsp;Il successo fu enorme, gli attivisti che si opponevano alle leggi che giustificano i linciaggi dei neri spedivano copie della canzone ai parlamentari, e contemporaneamente alcune radio la bandirono,&nbsp;ma il cerchio si chiuse nel 1999, quando il “Time” decise di eleggerla canzone del secolo, proprio nella versione interpretata da Billy Holiday, per la sua maggiore intensità.

Curiosità L’esecuzione più celebre fu nel 1947 a New York, quando Billie Holiday si trafisse per sbaglio il cuoio capelluto con uno spillo e il sangue cominciò a scorrere lungo il suo viso.

Lo stupro nel Codice Penale italiano

In Italia il Codice Rocco; Lo stupro nel Codice Penale italiano classificava i reati di violenza sessuale e incesto, rispettivamente, tra i “delitti contro la moralità pubblica e il buon costume” e i “delitti contro la morale familiare”. La violenza sessuale, in altre parole, non era considerata un’offesa contro la persona, ma contro una generica moralità pubblica. Il codice conteneva, inoltre, uno specifico articolo (art. 544, abrogato solo nel 1981) che ammetteva il “matrimonio riparatore“, per cui l’accusato di delitti di violenza carnale, anche su una minorenne, avrebbe avuto estinto il reato nel caso di matrimonio con la persona offesa. Solo nel 1996 (legge n. 66, Norme contro la violenza sessuale), dopo diciannove anni di discussioni parlamentari, sono state totalmente rinnovate le norme contro la violenza sessuale ed è stato affermato il principio per cui lo stupro è un crimine contro la persona (oggi articolo 609-bis)

Giuseppe Verdi&nbsp;un uomo pronto a&nbsp;sfidare le convenzioni sociali del tempo

Nella genesi dell’opera ebbe probabilmente parte anche il vissuto privato di Verdi; in quel tempo, infatti, egli conviveva con Giuseppina Strepponi, una ex cantante lirica. In età più matura, si unirono in un sodalizio sentimentale ed artistico: in Giuseppina Strepponi Verdi trovò una compagna ed una collaboratrice molto valida. Questo rapporto non era però ben visto: il fatto che convivessero senza essere sposati aveva dato luogo a chiacchiericci e maldicenze. Anche il suocero di Verdi, il padre della sua precedente moglie defunta, non approvava questa relazione. Ma Verdi gli rispose così, in una lettera del 21 gennaio 1852: “In casa mia vive una signora libera, indipendente, amante come me della vita solitaria, con una fortuna che la mette al coperto di ogni bisogno. Né io né lei dobbiamo a chicchessia conto delle nostre azioni… A lei, in casa mia, si deve pari anzi maggior rispetto che non si deve a me… Ella ne ha tutto il diritto…”.

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01. Musica - Billie Holiday - La Traviata 02. Cinema - Le Mondine 03. Letteratura - Madame Bovary - La Lupa 04. Arte - Pop Art - Marilyn Monroe 05. Personaggi - Salomé - Mata Hari 06. Fatti di cronaca - Franca Viola - Tina Lagostena Bassi 07. Attualità - Le Donne Votano - Il Femminicio

A cura di: Cateni Fabio Grafica a cura di: Ducatelli Alexia

A cura di: Pagani Ilenia Grafica a cura di: Del Fiacco Sara &amp; Pagani Ilenia

A cura di: Del Fiacco Sara Grafica a cura di: Del Fiacco Sara &amp; Ducatelli Alexia

A cura di: Brafa Michela Grafica a cura di: Del Fiacco Sara

A cura di: Sanarico Marco Grafica a cura di: Del Fiacco Sara &amp; Sanarico Marco

A cura di: Ducatelli Alexia Grafica a cura di: Ducatelli Alexia

Grafica a cura di: Herrera Carolina &amp; Somaschini Rebecca

A cura di: Gatti Stefano Grafica a cura di: Ducatelli Alexia

Grafica a cura di: Ducatelli Alexia &amp; Saber Nouran

A cura di: Colnaghi Elena Grafica a cura di: Pagani Ilenia

Le canzoni delle mondine ispirano il testo scritto da Pietro Besate, funzionario del PCI, in occasione di un congresso del 1950. La musica è presa da una canzone popolare di risaia dal titolo "La rondinella". I temi sono quelli relativi allo sfruttamento delle lavoratrici, ma anche della lotta antifascista. L'ultima strofa, il cui pacifismo un po' generico si collega con le campagne politiche del PCI per la pace negli anni cinquanta, è eseguita talvolta con questa variante: "Ed ai padroni farem la guerra, / tutti uniti insieme noi li vincerem. / Non più sfruttati sulla terra / e più forti dei cannoni noi sarem".

RISO AMARO DI DE SANTIS

Francesca, giovane cameriera d'albergo, istigata dal suo amante, Walter, ruba la collana di una cliente. I due fuggono e Francesca si unisce alle mondine, che partono in treno. Nel dormitorio delle mondariso, Francesca viene derubata della collana da una compagna, Silvana. Sul luogo giunge Walter, il quale apprende che Silvana è presumibilmente in possesso della collana, e la aggira. Silvana non è insensibile alle premure dell'uomo e diviene l'amante di Walter. Francesca si è ormai pentita del male fatto. Walter scopre poi che la collana rubata è falsa e decide di rubare il riso accumulato nei magazzini come premio finale per le mondariso.

L'esordiente&nbsp;Silvana Mangano&nbsp;diventa&nbsp;prima diva italiana del dopoguerra&nbsp;grazie al successo del film "Riso amaro" di De Santis,&nbsp;uno dei&nbsp;manifesti del&nbsp;Neorealismo, sia per la presenza contadina delle "monda riso", sia perché mette in luce (come accade in quasi tutti i film neorealisti del decennio 1943-1953)&nbsp;l'impulso del riscatto nella&nbsp;lotta tra sfruttatori e sfruttati. Molti furono i&nbsp;detrattori del film perché la rappresentazione era molto lontana dalla realtà,&nbsp;all'insegna dell'eccesso dei canoni del cinema hollywoodiano che&nbsp;ammiravano la sensualità della diva, esaltando&nbsp;le&nbsp;forme di un corpo a metà strada tra la contadina e&nbsp;le&nbsp;pin-up. Ma Silvana è troppo radicata nel lavoro per essere una vamp. Racchiude in&nbsp;sé la generosità, ma sa essere anche rivale e ladra, una donna che seduce ed è sedotta, colpevole e innocente, traditrice e tradita. In questo doppio si gioca il Neorealismo di De Santis.

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Son la&nbsp;mondina, son la sfruttata, son la proletaria che giammai tremò: mi hanno uccisa, incatenata, carcere e violenza, nulla mi fermò, Coi nostri corpi sulle rotaie, noi abbiam fermato i nostri sfruttator; c'è molto fango sulle risaie, ma non porta macchia il simbol del lavor, E lotteremo per il lavoro, per la pace, il pane e per la libertà, e creeremo un mondo nuovo di giustizia e di nuova civiltà. Questa bandiera gloriosa e bella noi l'abbiam raccolta e la portiam più in su dal Vercellese a Molinella, alla testa della nostra gioventù. E se qualcuno vuol far la guerra, tutti uniti insieme noi lo fermerem: vogliam la pace sulla terra e più forti dei cannoni noi sarem.

Le donne votano per la prima volta nel mondo

Nuova Zelanda 1893; Australia 1902; Finlandia 1906; Norvegia 1907; Danimarca 1915; Canada 1917; Russia1917; Austria 1918; Germania 1918; Inghilterra 1918; Stati Uniti 1920; Svezia 1921; Spagna 1931; Francia 1944; Italia 1945; Svizzera 1971; Arabia Saudita 2011.

Madame Bovary se déroule dans la première moitié du XIXème siècle, pendant les années de la «&nbsp;monarchie de Juillet&nbsp;», c'est-à-dire le règne de Louis Philippe d'Orléans. Il s’agit d’une période qui voit&nbsp;ascension de la bourgeoisie, la&nbsp;classe&nbsp;que Flaubert déteste et dans laquelle les femmes, en France comme ailleurs, n’avaient aucune chance d’indépendance économique et d’émancipation personnelle en dehors du mariage.&nbsp; Les femmes, surtout&nbsp;celles de la&nbsp;bourgeoisie, considérées comme incapables de se gérer elles-mêmes, passaient directement de la tutelle paternelle à la tutelle conjugale, dans une perpétuelle condition de dépendance.&nbsp;Donc, il est compréhensible&nbsp;qu'Emma, sortie du couvent et retournée à la ferme où elle vivait&nbsp;isolée avec son père veuf, ait immédiatement accepté la demande en mariage de Charles Bovary, comme seule chance d’échapper aux limitations de la vie de campagne et de s’insérer dans une nouvelle dimension sociale. Emma, élevée au couvent, a fait secrètement beaucoup de lectures romanesques: lectrice sans esprit critique, elle refuse la réalité et rêve de redécouvrir la vie exceptionnelle des héroïnes romantiques décrite dans les livres, une vie faite de passions, luxe,&nbsp;salons&nbsp;mondains etc... Comme des graines jetées dans un terrain fertile, ces idées s’emparent de sa personnalité jusqu’à se transformer en une exigence incontournable,&nbsp;pendant que la vie lente de la province française et la médiocrité de son mari commencent bientôt à la suffoquer.&nbsp; La perception de la désolante vie provinciale s’intensifie à la suite d’un bal dans un château auquel Emma et Charles prennent part:&nbsp;elle fait pour la première fois&nbsp;l'expérience du&nbsp;monde qu'elle avait connu dans les romans et dont elle revait. Emma, piégée dans une existence insatisfaisante, commence alors à vivre dans une dimension illusoire, à cultiver des rêves impossibles et des ambitions tirées des livres, en venant ainsi à incarner ce que, de son nom, a été appelé "Bovarysme" [Link]. Il s’agit d’une lente et douloureuse régression, qui arrive à des tentatives d’émancipation qui sont de véritables transgressions morales: gaspillage de l’argent, mensonges, perversions morales, adultères qui finissent toujours en abandon pour Emma, jusqu’à sa fin tragique. Désespérée, Emma&nbsp;vole de l’arsenic&nbsp;à la pharmacie de Monsieur Homais et&nbsp;se suicide. Peu après, Charles, découvrant l’adultère de sa femme, se renferme&nbsp;dans le silence et la&nbsp;douleur, jusqu’à mourir&nbsp;de chagrin peu après, laissant sa fille orpheline&nbsp;et destinée à la misère.

"La Traviata"&nbsp;di Giuseppe Verdi

LA TRAVIATA DI GIUSEPPE VERDI UN VERO SCANDALO

Un vero scandalo sia per il tema,&nbsp;una ‘prostituta’ per ricchi, sia perché la storia narra una vicenda contemporanea, un dramma borghese di una cortigiana e di “nobili” protettori che provocò il disappunto moralistico nel pubblico benpensante che non si entusiasmò alla prima, in quel 6 marzo 1853 alla Fenice di Venezia, nonostante la storia, per volere della censura, fosse già stata retrodatata&nbsp;di un secolo.

Con “La Traviata”&nbsp;Giuseppe Verdi mette in scena, per la prima volta nella storia del teatro italiano, i vizi privati della società del tempo, lasciando intravedere un pesante giudizio negativo sul perbenismo borghese di cui&nbsp;la protagonista Violetta è vittima.

La figura dell’eroina perseguitata dalla sorte, debole e socialmente emarginata sarà poi ripresa dalla corrente verista di fine Ottocento.

LA CAMELIA, IL SEGRETO DI UN FIORE

La protagonista della storia, era una cortigiana che amava esibire un fiore di Camellia, appuntandolo con cura al vestito che indossava dichiarando così la sua disponibilità nel concedersi, con il fiore bianco, o l’indisponibilità, indossando invece quello rosso

"Bocca di rosa" viene esclusa dalla comunità a causa dei suoi ‘facili costumi’, ma in realtà tutti gli uomini del paese, compresi il prete e i carabinieri (che dovrebbero essere tutori della moralità pubblica) sono stregati dalla sua bellezza. Le altre donne, invece, sono invidiose della sua avvenenza. Perfino quando si trasferisce in un altro paese Bocca di Rosa viene percepita come un pericolo e per questo allontanata di nuovo. Ad essere additata, prima&nbsp;che per l’operato, è la “sua passione” . Come canta De Andrè&nbsp;“ c’è chi l’amore lo fa per noia, c’è chi lo fa per professione, bocca di rosa né l’uno né l’altro lei lo faceva per passione”.&nbsp;Forse alla fine questa donna un segno lo lascia. Lei che&nbsp;‘metteva l’amore in ogni cosa’.

Il suo volere non era quello di seminare odio, rancore e invidia, ma quello di diffondere una forma di amore nuova e libera da convenzioni e pregiudizi. Questo forse lo comprendono bene i carabinieri che “quella volta a prendere il treno l’accompagnarono malvolentieri”, forse pentiti, hanno conosciuto la forza dell’antipregiudizio&nbsp;e l’amore universale, quello della religiosità personale di De Andrè.&nbsp;“Persino il parroco&nbsp;che"&nbsp;riconosce in lei&nbsp;“il bene effimero della bellezza”, “la volle accanto in processione”,&nbsp;con una forte allusione all'amore&nbsp;spirituale e carnale, ”Amore sacro e all’amore profano”, quell’eterno binomio che dall’arte&nbsp;del&nbsp;dipinto di Tiziano, riecheggia nella musica di De Andrè.

"E' colpa della luna, quando più si avvicina alla terra, rende gli uomini folli" Cit. Otello di Shakespeare

Salomè di Wilde,&nbsp;fredda incantatrice lunare

Oscar Wilde, nella sua Salomè, elabora riferimenti alle simbologie lunari dei miti orientali, alla scoperta degli inquietanti aspetti dell'identità femminile in grado di rendere folli, come la luna shakespeariana. La Luna è costantemente evocata nelle immagini che ritraggono Salomè, come una "pallida principessa".&nbsp; &nbsp;Tra Salomè e la Luna esiste un legame evidente simbolo della coppia Amore/Morte (Eros /Thanatos).

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- B i o g r a f i a -

Billie Holiday ebbe un’infanzia difficile, costretta&nbsp;a subire diversi maltrattamenti, a 11 anni denunciò uno stupro, ma non venne minimamente preso in considerazione in quanto lei, essendo nera, non fu creduta. Costretta a prostituirsi per vivere,&nbsp;finisce in prigione per 4 mesi a Welfare Island per adescamento. Rimessa in libertà, a 15 anni inizia la sua carriera da cantante in squallidi club. Si dice che quando non si ha nulla da perdere è più facile rischiare soprattutto in condizioni di precarietà e

l’ansia del domani… così era scandita la giornata della giovane Billie, quando una sera come le altre decise di cantare in un locale a New York e proprio lì trovò la sua fortuna nella musica, che diventò da quel momento la sua arma vincente.&nbsp;

Billy Holiday, la signora del&nbsp;Jazz e del blues

Billy Holiday, la signora del&nbsp;Jazz e del blues

All’anagrafe Eleanore Fagan, in arte Billie Holiday, vissuta tra il 1915 e il 1959, è stata una cantante statunitense fra le più grandi di tutti i tempi nei generi jazz e blues. Un successo iniziato con 57 dollari sviluppato poi su scala internazionale e&nbsp;promosso dalla casa discografica Columbia Records con l’uscita di molte canzoni tra cui “The Strange Fruit”, che fu uno dei maggiori successi. Irriverente verso le convenzioni e con una potenza emotiva accresciuta dalle sofferenze della vita.&nbsp; “Amare è anche soffrire e soffrire è necessario per amare” diceva Billy. Billie Holiday incarnava questo esempio di ribellione. Quando si ascolta una sua canzone accompagnata dal pianoforte sembra quasi di essere trasportati in un’altra dimensione un po’ nostalgica e un po’ romantica, come in un film in bianco e nero. Riuscì&nbsp;con la sua voce ad oltrepassare di gran lunga le parole di denuncia, usando genialità, novità e protesta stessa. Billie passa alla storia anche per questo: è un ibrido di classe che si vanta di essere tale, insomma uno “strano frutto” anche lei,&nbsp;ma in definitiva una vera stella, inafferrabile, inusuale e dallo splendore fortemente esplosivo ed abbagliante.

La Traviata di Giuseppe Verdi

Quella di&nbsp;Violetta Valery&nbsp;è una nuova forma di eroismo, un eroismo privato di una donna ‘deviata’ che spera, con l’amore, di uscire dal ruolo di cortigiana in cui l’ha confinata la società; ma questa medesima società, con il suo perbenismo e la sua morale ipocrita, in quel ruolo la obbliga a tornare per forza.

La sua morte è il prezzo da pagare per salvare l’onore di una famiglia rispettabile che l’ha respinta e costretta ad allontanarsi.

Costretta&nbsp;a non amare chi desidera, “&nbsp;Sarìa per me sventura un serio amore? …Oh gioia ch‘io non conobbi, essere amata amando“, dirà Violetta, decide di non rinunciare ad Alfredo, divenendo la sua amante.

Alfredo non prova vergogna nel farsi mantenere dalla donna, pur sapendo da dove proviene il denaro, fino a quando non interviene il padre di Alfredo, Germont che&nbsp;aggredisce Violetta condannandola per la sua immoralità che ricade sulla famiglia. Violetta è rassegnata al sacrificio, farsi lasciare da Alfredo e rinunciare per sempre all’amore.&nbsp;

Alfredo, scoperto l’ equivoco torna da lei, ma ormai è tardi e sul letto morente, Violetta potrà finalmente rivelargli&nbsp;il suo amore con le parole: “Amami, Alfredo, amami quanto io t’amo, addio.”

Violetta,&nbsp;la “traviata”,&nbsp;che vuol dire ‘persona che ha perso la via dell’onestà’, ‘prostituta’, è alla fine,&nbsp;paradossalmente, la persona più onesta e nobile di tutti. I veri responsabili della triste fine di Violetta sono i contemporanei e la loro&nbsp;falsa e cinica morale.

Dopo aver passato l’infanzia ad elemosinare affetto e abbracci, la popolarità la portò ad essere attorniata da persone: tutti la vogliono, tutti la amano e tutti la desiderano. La bionda svampita che celebrava il glamour sfoggiando le sue curve mozzafiato strizzata in abiti di alta moda, che andava a dormire indossando solamente qualche goccia Chanel n.5 e partecipava a feste facendo capitolare ai suoi piedi tutti gli uomini che incrociavano il suo sguardo, si tolse la vita il 5 agosto 1962 nella sua camera da letto della casa di Brentwood a Los Angeles. Dietro la maschera, dietro il trucco e le ciglia finte, quando era sola con se stessa però, Marilyn scompariva e tornava ad essere la piccola Norma Jeane: non le importava niente dei diamanti, delle feste e dei vestiti costosi, ciò che desiderava era l’amore di qualcuno. Molti probabilmente si sono limitati a pensare che fosse una diva troppo presa dalla notorietà, in realtà però era una donna molto triste e sola, per tutta la sua vita non ha fatto altro che cercare di colmare la sua solitudine sperando di trovare qualcuno che l’amasse come persona e non come diva. “Agli appuntamenti sono immancabilmente in ritardo, a volte anche di due ore. Mi perdo nei miei pensieri e mi sento lontana da tutto. A volte so il vero motivo di quello che faccio. Nella vasca non c’è Marilyn, ma Norma Jeane.”

La pop art è una corrente artistica nata nella&nbsp;seconda metà degli anni Cinquanta negli Stati Uniti&nbsp;per poi diffondersi con successo anche in Europa negli anni Sessanta.

Pubblicità, televisione, cinema, ma anche scaffali dei supermercati diventano i soggetti delle opere d’arte,&nbsp;come le celebri scatole di barattoli di salsa Campbell di Warhol, gli eroi del cinema e dello spettacolo o le immagini colorate dei fumetti.

Il nome pop art è l’abbreviazione di “popular art”, per sottolineare come questa nuova corrente artistica traesse ispirazione da soggetti “popolari”, ispirati cioè dalla&nbsp;cultura di massa.

I principali esponenti di questa corrente furono Andy Warhol, Roy Lichtenstein, James Rosenquist e&nbsp;Claes Thure Oldenburg.

Come ogni corrente artistica, anche la pop art è figlia del suo tempo. La pop art sfrutta proprio le modalità di comunicazione e la filosofia della società dei consumi, trasformandole in arte, con un chiaro intento ironico e provocatorio.

L’americano Andy Warhol è probabilmente l’artista più conosciuto della&nbsp;pop art, movimento artistico che sfrutta le immagini della&nbsp;comunicazione di massa e della pubblicità come fonte di ispirazione.&nbsp;Per questo motivo, una delle tecniche preferite da Andy Warhol è la serigrafia, con cui&nbsp;riproduce in copie identiche il soggetto delle sue opere, fino a svuotarlo di significato. È come se l’opera d’arte si trasformasse in un prodotto, pronto per entrare nelle case delle persone. 

Non a caso secondo Andy Warhol, l’arte va “consumata”,&nbsp;come una zuppa di fagioli, un televisore o un abito costoso. Le opere più famose di Andy Warhol sono le serigrafie che ritraggono&nbsp;Marilyn Monroe (1967) e le serie dei Barattoli della&nbsp;Campbell’s Soup&nbsp;(1962). Tra le sue opere più note ci sono anche i ritratti di&nbsp;Mao Tse Tung&nbsp;(Mao, 1973) e del pugile&nbsp;Muhammad Ali&nbsp;(1977). Negli anni ’60 Andy Warhol fonda a New York la&nbsp;Factory, luogo di incontro di famosi artisti come Bob Dylan, Lou Reed e&nbsp;Allen Ginsberg a cui Warhol affittò uno dei suoi loft nella Grande Mela.

Oltre che per l’arte, la Factory di Warhol era anche famosa per le sue&nbsp;feste all’avanguardia e trasgressive.

"IO NON SONO PROPRIETÀ DI NESSUNO"

Franca nasce nel 1947 ad Alcamo, in Sicilia, in una famiglia di mezzadri. A quindici anni si fidanza con Filippo Melodia, ma il padre decide di rompere il fidanzamento della figlia dopo alcune accuse di Filippo per reati legati alla mafia. Per il giovane è un affronto e il 26 dicembre 1965 rapisce Viola, la tiene prigioniera e abusa di lei. Conta sul matrimonio riparatore cui la ragazza sarebbe costretta dalle consuetudini. Il gesto di Franca è incredibilmente coraggioso in un’Italia ancora paternalistica e maschilista: rifiuta il “matrimonio riparatore” e accusa il suo rapitore. Ne nasce uno storico processo che segnerà per sempre la lotta per i diritti delle donne in Italia.

Il caso di Franca Viola negli anni '60 simbolo di emancipazione femminile

Si deve a una giovanissima ragazza siciliana di 17 anni un grande atto di coraggio: Franca Viola sarà la prima donna italiana a rifiutare la legge del “matrimonio riparatore” (l’art. 544 del Codice Rocco).

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Come tante Berlino, prima del novembre ’89, le città Messicane da una parte e le Messicane dall’altra parte della cortina, aree metropolitane che entrerebbero l’una nell’altra se solo non le tagliasse in due quel muro. Al di quà, sul suolo americano, una città dotata di tutto quel che resta del sogno americano,&nbsp;di là il posto più pericoloso del mondo, dicono, infestato da bande di delinquenti. L’indotto del narcotraffico. Qui nelle&nbsp;maquilladoras,&nbsp;stabilimenti&nbsp;americani , dove il costo del lavoro è più basso il personale è senza troppe pretese, moltissime sono le donne.Tante non tornano a casa dopo il lavoro. Almeno 400 ogni anno a un ritmo costante da oltre 20 anni.&nbsp; Più di una al giorno.

“Femmes fatales”&nbsp;e danzatrici seducenti, da&nbsp;Salomè&nbsp;a Mata Hari

Oscar Wilde farà eseguire a&nbsp;Salomè&nbsp;la famosa “danza dei sette veli”. Una danza in origine sacra, dedicata,&nbsp;nella mitologia babilonese, alla dea Ishtar, spesso rappresentata con sette veli, che&nbsp;corrispondono&nbsp;ai sette chakra (centri energetici del corpo), dove l’abbandono di un&nbsp;velo simboleggia l’allontanamento degli aspetti umani negativi per esaltarne quelli positivi.&nbsp;La danza in Wilde si carica, invece,&nbsp;di un erotismo macabro e sconvolgente, che suggerisce al pubblico la coincidenza tra veli e peccati e&nbsp;Salomè&nbsp;viene così a rappresentare l’archetipo della danzatrice ammaliatrice e seducente&nbsp;par excellence.&nbsp;E proprio nel solco di questa tradizione di provocanti danzatrici nascerà la passionale habanera Carmen e una ancor&nbsp;più sensuale incantatrice e "&nbsp;femme fatale"&nbsp;in carne ed ossa, Mata Hari.

FEMMINICIDIO : /fem·mi·ni·cì·dio/ Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte.

Il femminicidio in Italia

QUANTE SONO LE DONNE UCCISE IN ITALIA ?&nbsp;&nbsp;1377 dal 2005 CIRCA&nbsp;115 DONNE OGNI ANNO,&nbsp;UNA OGNI 3 GIORNI&nbsp;CIRCA L'ASSASSINO AVEVA UN LEGAME CON LA VITTIMA&nbsp;80% L'ASSASSINO È DI NAZIONALITÀ ITALIANA&nbsp;75% IL FEMMINICIDIO È AVVENUTO NEL NORD ITALIA&nbsp;48% 80% DONNE UCCISE DA CHI AVREBBE DOVUTO AMARLE *familiare/partner/ex (dati a partire dal 2005)

IL FEMMINICIDIO

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