La pasticceria siciliana

Pop art green

Grey polka dot pattern

Il buccellato nasce da anni di&nbsp;<a href="https://www.siciliafan.it/arancini-di-montalbano-andrea-camilleri/">storia e culture</a>&nbsp;diverse. Il nome deriva dal latino “buccellatum“, cioè un pane a forma di&nbsp;ciambella&nbsp;che gli antichi Romani preparavano nei periodi di festa. A quanto pare, però, il dolce siciliano avrebbe molto in comune con un dolce della tradizione toscana. Fin dai tempi del&nbsp;Medioevo, infatti, a Lucca si prepara un dolce a forma di&nbsp;ciambella, ripieno di&nbsp;uva passa. L’incontro tra le due culture sarebbe avvenuto proprio nell’epoca medievale, con l’arrivo a Palermo&nbsp;di una comunità lucchese, che diffuse la sua ricetta.&nbsp;Naturalmente, in&nbsp;Sicilia&nbsp;il dolce subì l’influenza araba e si arricchì di nuovi&nbsp;ingredienti, come cedri, arance, mandorlee fichi secchi .

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Le cassatelle di ricotta sono una delle specialità pasticciere siciliane più famose. Una volta si preparavano solamente nel periodo di Carnevale e in occasione delle festività pasquali, ma adesso nelle pasticcerie delle provincie siciliane puoi trovarle tutto l’anno. Quella delle&nbsp;cassatelle di ricotta&nbsp;è una produzione tipica siciliana ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei&nbsp;<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Cassatella">prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T.) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf).</a> In realtà le&nbsp;cassatelle&nbsp;sono, come dice il nome stesso, una versione mignon della&nbsp;<a href="https://quellidellaratatouille.it/cassata-al-forno/">cassata di ricotta</a>. Pare che l’origine della specialità dolciaria, pur esistendo in diverse forme e ricette in tutta la regione, assumendo a seconda dei luoghi nomi diversi, risalga al 1700 nella cittadina di&nbsp;Calatafimi-Segesta. Le cassatelle sono diffuse largamente nella Sicilia occidentale, dove sono denominate anche in altri modi, come ad esempio&nbsp;cappidduzzi&nbsp;a Marsala, o&nbsp;raviola&nbsp;a Mazara del Vallo. Le ricette hanno tutte in comune la presenza di un ripieno e la forma mezzaluna.&nbsp;

INGREDIENTI 500 g di mandorle pelate 500 g di zucchero 125 ml di acqua Una bustina di vanillina Coloranti alimentari

Procedimento:&nbsp; Miscelare in una scodella la farina di mandorle, lo zucchero a velo, il glucosio, la vanillina e l'aroma di mandorla. Versare l'acqua sulla miscela ottenuta e impastare per pochi minuti, dapprima con un cucchiaio e poi con le mani. Si raccomanda di non impastare per molto tempo perché si otterrebbe un impasto oleoso e non più utilizzabile. Passare le mani nell'amido per dolci e formare, con l'impasto ottenuto, delle sfere di varia dimensione tenendo conto del tipo di stampo che si vuole utilizzare. Spennellare la forma di gesso con l'amido (oppure rivestire la forma di gesso con pellicola trasparente), inserire la sfera di pasta di mandorle nello stampo, pressarla leggermente e quindi estrarla. Per colorare la pasta di mandorle utilizzare i colori alimentari che devono essere sciolti in una soluzione al 50% di acqua e alcool alimentare (in mancanza di alcool si può utilizzare un liquore secco allo stato puro come Gin, Vodka, Whisky, Cognac). Se si desidera lucidare la frutta di martorana, dopo aver fatto asciugare i colori per almeno un giorno, si può passare il Brillante usando un pennello.

Orange polka dot pattern

INGREDIENTI: Per l’impasto &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;500&nbsp;gr&nbsp;farina 00 &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;100&nbsp;gr&nbsp;zucchero &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;125&nbsp;gr&nbsp;burro&nbsp;(o strutto) &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;9&nbsp;gr&nbsp;ammoniaca per dolci&nbsp;o mezza bustina di lievito per dolci &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;2&nbsp;uova &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;scorza grattugiata di 1 limone &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;20&nbsp;ml&nbsp;latte &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;mezzo&nbsp;cucchiaino&nbsp;semi di anice&nbsp;facoltativo

&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;Per la glassa di zucchero al limone &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;500&nbsp;gr&nbsp;zucchero &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;100&nbsp;ml&nbsp;acqua: 100 ml. &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;succo di 1 limone

PROCEDIMENTO Setacciate la&nbsp;farina 00&nbsp;e mettetela nel boccale della planetaria con il&nbsp;burro freddo a pezzetti. Lavorate con il gancio K fino a quando il burro non si sarà completamente sbriciolato. Aggiungete lo&nbsp;zucchero, l’ammoniaca&nbsp;e la&nbsp;scorza di limone&nbsp;grattugiata e mescolate. Aggiungete le&nbsp;uova&nbsp;e continuate a lavorare. Versate anche il&nbsp;latte&nbsp;continuando a lavorare. Otterrete un impasto a grosse briciole. Versate l’impasto sulla spianatoia e lavoratelo con le mani fino a quando non diventa liscio. Avvolgetelo nella pellicola e mettetelo in frigo per 30 minuti. Trascorso questo tempo, suddividete l’impasto in&nbsp;porzioni da 50 gr. Con ognuna di esse realizzate&nbsp;un filoncino lungo 45 cm circa. Adagiate i taralli su una teglia rivestita di carta forno. Cuocete in&nbsp;forno ventilato preriscaldato a 180° per 30 minuti, ripiano medio. Trascorso&nbsp;

Blue polka dot pattern

La storia I&nbsp;“Pupi cu l’ova”&nbsp;siciliani sono dei dolci pasquali, considerati oggi delle vere e proprie opere d’arte della pasticceria tradizionale. Sono strettamente legati al simbolismo pasquale per via dell’uso delle uova, elemento simbolo di rinascita della natura che, con l’avvento del cristianesimo, assume anche il significato di resurrezione e di speranza, motivo per cui le uova si trovano in molte preparazioni pasquali e non solo siciliane. Questo dolce assume nomi diversi a seconda della località in cui viene preparato. Per esempio a Trapani è conosciuto come“campanaru”&nbsp;o “cannatuni”, a Palermo è chiamato&nbsp;“pupu ccù l’ovu”, nel nisseno&nbsp;“cannileri”, ad Agrigento lo si conosce come&nbsp;“panaredda”, “cuddura cull’ovu”&nbsp;a Siracusa, e&nbsp;“palummedda”&nbsp;a Catania.

Si tratta di pani o paste dolci di diversa grandezza e dalle forme svariate, sopra ed entro le quali vengono racchiuse delle uova sode. In passato questo dolce veniva regalato ai più piccoli e ad ognuno di loro veniva associata una forma diversa: la “Pupa”, ovvero la bambola, era destinata alle femminucce, “U&nbsp;Jadduzzu”, il gallo, era offerto ai maschietti, mentre quello a forma di cuore, era destinato ai più grandi, ed era il regalo pasquale preferito dagli innamorati. Nel tempo, rispetto alla classica decorazione tradizionale con semi di sesamo e papavero, al dolce si sono aggiunti nuovi elementi decorativi, come la glassa di zucchero, albume e limone che una volta veniva stesa con una penna di gallina.

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Pink polka dot pattern

La&nbsp;sfincia di San Giuseppe&nbsp;è un dolce fritto tipico della pasticceria siciliana, inserito nella lista dei&nbsp;prodotti agroalimentari tradizionali italiani&nbsp; del&nbsp;Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali&nbsp;. È diffuso nella&nbsp;Sicilia&nbsp;occidentale, originariamente prodotto a&nbsp;Palermo, e viene consumato tradizionalmente il&nbsp;19 marzo, durante la&nbsp;festa di&nbsp;San Giuseppe, considerata in tutta l’Isola la prima festività della nuova stagione primaverile, oltre che la&nbsp;festa del papà. Col tempo, il prodotto ha perso il legame con la stagione primaverile ed è diventato disponibile al consumo in tutti i giorni dell’anno.

Storia della&nbsp;“Sfincia di San Giuseppe” L’origine di questo dolce è antichissima, tanto che compare, anche se con nomi diversi, nella&nbsp;Bibbia&nbsp;e nel&nbsp;Corano. Inoltre, pare che sia l’evoluzione di pani e dolci&nbsp;Arabi/Persiani&nbsp;fritti nell’olio. Questa gustosa e semplice frittella è stata trasformata in un dolce prelibato dall’abilità delle suore del monastero delle Stimmate, situato a Palermo, che l’hanno tramandato ai pasticcieri palermitani e l’hanno dedicato al&nbsp;Santo degli umili, come umili del resto sono anche gli ingredienti. All’inizio la ricetta era piuttosto semplice ma i pasticceri palermitani hanno reso questo dolce ancora più gustoso arricchendolo con alcuni ingredienti tipicamente siciliani:&nbsp;crema di&nbsp;ricotta, grani di&nbsp;pistacchio&nbsp;e canditi di scorza d’arancia. Secondo una vecchia tradizione, la Sfincia veniva preparata dalla suocera per la nuora per cercare di “addolcire” i rapporti tra le due, tipicamente parecchio difficili e ostili a causa della gelosia delle due donne nei confronti, rispettivamente, del figlio e del marito.

Pop art yellow

Cucinare è un modo di accudire me stessa, anche di pensare, mentre tocco&#160; e odoro il cibo: di sentirmi viva!

La cucina è un luogo di incontro, un terreno di raccolta, una fonte di sostentamento e nutrimento, è festività, sicurezza e soddisfazione.

Il cibo&#160; non ha solo nutrito l'uomo, ma è diventato il simbolo del suo lavoro e della sua stessa sopravvivenza. E' servito a legare la comunità, a identificare popoli, a definire culture e tradizioni, a costruire e intrattenere rapporti tra uomini e l'aldilà , a scandire calendari e festività.

RICETTARIO"PASTICCIANDO"

la leggenda vuole che la frutta martorana sia stata inventata proprio dalle monache della Martorana. Un giorno di fine ottobre arrivò al convento l'annuncio di una inaspettata visita del re, curioso di vedere con i propri occhi il meraviglioso giardino delle benedettine di cui tanto si parlava nel Regno. Una notizia che buttò subito nello sconforto la madre superiora e tutte le religiose: in autunno, infatti, gli alberi e i rosai del chiostro erano tristi e spogli, senza fiori e senza frutti. Fu la suora cuciniera a trovare una soluzione: aveva inventato un dolce a base di mandorle e miele, da offrire al re, morbido e facile da manipolare. Bisognava lasciarlo asciugare un paio di giorni all'aria e poi era subito pronto da servire. L’originale idea era quella di realizzare, con l’impasto, dei frutti dipinti talmente bene da sembrare dei veri agrumi da appendere tra i rami degli alberi. Arrivò il giorno tanto atteso della visita del sovrano e una volta entrato nel chiostro, dopo una pausa di riflessione che alle monache parve durare un’eternità, il re esclamò: «Devo farvi i miei complimenti, madre. Il vostro giardino è l'unico in tutta la città ad avere alberi così carichi di frutti maturi. Viene quasi voglia di assaggiarli». Staccò una grossa arancia per sbucciarla e solo allora si rese conto che non era un frutto. Sopraffatto dal dolce inganno scoppiò in una grande risata. «Questi fruttini di mandorla e miele sono stati realizzati in vostro onore, maestà», ammise compiaciuta la superiora. «Sono dolci degni di un re, sono proprio regali, potremmo chiamarli pasta reale!», aggiunse il Gran Cancelliere che non vedeva l’ora di assaggiarne uno. Il re promise allora di tornare in primavera, per ammirare le rose fiorite delle benedettine e prima di andare via si fece preparare un fagottino pieno di quei golosi fruttini.

La STORIA Maria Carolina&nbsp;d’Asburgo Lorena,&nbsp;Regina di Napoli e di Sicilia, moglie di Ferdinando di Borbone&nbsp;era solita far visita alle monache del monastero dato che erano famose a Palermo per la loro cucina molto buona. La Madre superiora stanca di nutrire la folla che accompagnava la regina, decise di presentare un modesto biscotto di pastafrolla ricoperto di sesamo al posto di offrire una guantiera di dolci raffinati.&nbsp;La Regina fu conquistata dal quel gusto nuovo.

INGREDIENTI: 1 KG Farina 350 G Zucchero semolato 3 Uova 1 Bustina di vanillina 10 G. Lievito 100 G. Latte Sesamo q. b.

PROCEDIMENTO Mescolare il burro con lo zucchero nell'impastatrice . Aggiungere vanillina farina e uova, infine versare il latte e l'ammoniaca. Una volta preparato l'impasto fatelo riposare per mezz'ora. trascorsa mezz'ora prendete l'impasto e formate dei biscotti allungati, Disporre il sesamo in piatto grande e bagnatelo per farlo aderire ai biscotti. Infornate a 180 gradi per circa 20 minuti

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Per le sfince Sciogliere lo strutto e il sale in un tegame insieme all'acqua e portare a bollore. Quindi aggiungere la farina setacciata poco alla volta, mescolando continuamente affinché il composto prenda il colore della cera e si stacchi dalle pareti del tegame. Versare l’impasto in una terrina, lasciarlo intiepidire e cominciare a incorporare un uovo intero per volta fino a ottenere un composto liscio e dalla consistenza cremosa e densa. Infine, aggiungere il bicarbonato e lavorare la pasta per qualche altro minuto. Cuocere 3-4 cucchiaiate di composto per volta in abbondante olio caldo a 165 °C rigirandoli di tanto in tanto fino a farle gonfiare e dorare bene (10-20 minuti).

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Per la crema ricotta Mettere la ricotta di pecora a sgocciolare in un colino e riporla in frigorifero finché non avrà perso il siero, quindi setacciarla, mescolarla per bene in una terrina insieme allo zucchero e aggiungere le gocce di cioccolato e la zucca candita a dadini.

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INGREDIENTI Pupa cu l’ova Farina: 500 g Strutto: 175g Uova: 2 Zucchero: 175g Latte: 50g Ammoniaca: 10 g Vanillina: 1 bustina Glassa Zucchero a velo: 125g Albume: 1 Qualche goccia di limone

PROCEDIMENTO Impastare su di una spianatoia la farina, setacciata, con lo zucchero, lo strutto tagliato a pezzetti, le uova, la vanillina e il lievito, aggiungendo via via il latte a filo fino a ottenere un impasto liscio e consistente. Formare una palla con la pasta, avvolgerla in una pellicola e lasciarla riposare in frigorifero per almeno 60 minuti. Trascorso questo tempo, dividere la pasta in sei porzioni e con il mattarello stendere ciascuna porzione in una sfoglia dello spessore di 7-10 mm. Dare alle sfoglie la forma di agnellini, colombe, campane, fiori, cuori, cesti o pupi e fissare un uovo sodo su ogni sfoglia con due striscioline di pasta disposte a croce. Disporre i pupi su una teglia rivestita con carta da forno e, dopo averli spennellati con del latte o uovo sbattuto e cosparsi di zuccherini colorati, cuocerli in forno preriscaldato a 180 °C fino a doratura (20-30 minuti). Il pupu cu l'ovu si serve a temperatura ambiente.

Watercolor texture 3

CONCLUSIONI Per B. partecipare al laboratorio di cucina e cucinare le ha permesso di apprendere e costruire le proprie competenze attraverso il fare, il provare piacere nel fare, ripetere le esperienze e sperimentare la propria creatività. Il cibo e la cucina diventano occasioni speciali per potere mettere in gioco azioni educative in grado di stimolare la sua autonomia. Saper usare le mani vuol dire sviluppare qualcosa, vuol dire sviluppare quel saper fare! La cucina ha permesso a B. di sviluppare la manualità, l'attenzione, la concentrazione, la fantasia e l'aspetto della socializzazione e della cooperazione che si sviluppa attraverso la realizzazione di un progetto comune. La cucina le ha permesso di sviluppare i propri sensi conoscendo nuovi ingredienti, assaggiandoli ,annusandoli, toccandoli. La cucina ha insegnato a creare buone abitudini igieniche come lavare le mani e mantenere pulito l'ambiente di lavoro. Una delle principali cose che che la cucina insegna è il rispetto delle regole il concetto di tempo e dell'attesa, cucinando si fa esperienza dei tempi dell'impasto ,della lievitazione e della cottura. In cucina si impara che anche se non si ottiene un prodotto sempre perfetto questo può essere consumato, perché cucinare è un'abilità che ognuno di noi acquisisce a modo suo secondo le proprie inclinazioni!

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Purple polka dot pattern

LE ORIGINI DEL CANNOLO SICILIANO, TRA SACRO E PROFANO Fin dai tempi degli Arabi e poi dei Romani, l’antica ricetta del cannolo si è fatta portavoce di storie e leggende popolari che ne hanno definito, sempre più, l’immagine e i tratti distintivi. Il cannolo, infatti, prende la propria origine etimologica dalla canna di fiume (cannello) attorno a cui, un tempo, l’impasto veniva arrotolato per conferirgli la sua tipica forma cilindrica. E dobbiamo partire proprio dall’aspetto bizzarro e originale del re dei dolci siciliani per fare un accenno alla sua origine. Anzi, alle sue origini. Secondo la tradizione più diffusa, il cannolo siciliano nacque durante la dominazione araba in Sicilia, in una zona dell’isola chiamata Qal’at al-Nissa, oggi Caltanissetta, che letteralmente si traduce con “Castello delle donne”. E sono proprio le donne le protagoniste delle storie e delle leggende che ruotano attorno alla sua nascita. Perché il cannolo ha un’origine sacra, è vero, ma anche una profana. Secondo la tradizione sacra, il cannolo siciliano nacque all’interno di un convento di Caltanissetta in cui le suore, in occasione del Carnevale, si dilettavano nella preparazione di dolci di ricotta e mandorle tritate, decorati con deliziosi pezzetti di cioccolato. Eppure, c’è una tradizione più remota che riconduce, invece, le origini del cannolo all’epoca della dominazione araba. Secondo quest’antica leggenda, infatti, il cannolo nacque tra le mura dell’Harem all’interno del Castello di Caltanissetta in cui viveva l’Emiro con le sue concubine. Nel palazzo dell’Emiro, le donne arabe erano solite sperimentare nuove ricette e preparare pietanze e dolci per omaggiarlo. Pare, inoltre, si fossero ispirate all’antica ricetta romana, rivista però nell’aspetto per conferirgli un’insolita forma fallica.

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Green polka dot pattern

INGREDIENTI: FARINA 500 G. BURRO: 175 G. ZUCCHERO:175 G. AMMONIACA: 1 BUSTINA UOVA: 2 VANILLINA: 1 BUSTINA LATTE: 50 G. PROCEDIMENTO Inserire nell’ impastatrice burro e zucchero, poi aggiungere farina, liquidi e infine gli aromi. dopo avere fatto l’impasto fate riposare per almeno 30 minuti. Fare le forme e infornare a 180° per circa 20 minuti. Spolverare con zucchero a velo.&nbsp;

Procedimento Unite la&nbsp;farina&nbsp;setacciata allo&nbsp;zucchero. Mescolate, aggiungete l'olio caldo e iniziate ad impastare. Unite poco alla volta il&nbsp;vino riscaldato continuando a lavorare l'impasto fino ad ottenere un composto ben liscio. Avvolgetelo nella pellicola trasparente e mettetelo a riposare. Intanto preparate il ripieno mescolando la&nbsp;ricotta&nbsp;ben asciutta con&nbsp;lo&nbsp;zucchero&nbsp;e le gocce&nbsp;di cioccolato. Riprendete l’impasto e lavoratelo con la macchina per la pasta fresca. Ottenute delle sfoglie sottili dello spessore di pochi millimetri adagiatevi sopra una cucchiaiata di ricotta, a distanza una dall'altra, per creare tanti ravioli a mezzaluna. Dopo aver agevolato l'uscita dell'aria, pressare con le dita dove i due lembi di sfoglia vanno a chiudersi, per impedire l'uscita della ricotta. Tagliare con la rotellina dentellata o chiuderli pressando con i rebbi della forchetta. Passate quindi alla frittura delle&nbsp;cassatelle, in abbondante olio caldo. Dovranno risultare ben dorate. Scolatele bene e adagiatele su della carta assorbente, quindi spolveratele con abbondante&nbsp;zucchero a velo e servite

Ingredienti per 33 cassatelle Per l'Impasto: 300 gr&nbsp;di&nbsp;farina 00 30 gr&nbsp;di&nbsp;zucchero 50 gr&nbsp;di&nbsp;burro&nbsp;(morbido) 2&nbsp;uova 2 cucchiai&nbsp;di&nbsp;marsala 1&nbsp;limone&nbsp;(la scorza grattugiata) 1 pizzico&nbsp;di&nbsp;sale

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Per farcire 350 gr&nbsp;di&nbsp;ricotta&nbsp; 90 gr&nbsp;di&nbsp;zucchero a velo 90 gr&nbsp;di&nbsp;cioccolato fondente 1 cucchiaino&nbsp;di&nbsp;cannella&nbsp;(in polvere) Per Friggere: q.b.&nbsp;di&nbsp;olio di semi Per Spolverizzare: q.b.&nbsp;di&nbsp;zucchero a velo

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I biscotti algerini sono biscotti dentellati e cosparsi di zucchero a velo tipici di Palermo. A dispetto del nome esotico le cui origini si sono ormai smarrite nello scorrere del tempo, i biscotti algerini furono creati forse nel XVI secolo dalle monache dell’ormai scomparso Monastero Sette Angeli di Palermo, che li vendevano per provvedere al sostentamento economico della loro comunità. Facilmente trovabili in ogni forno e bar di Palermo, sono ideali per la colazione.

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INGREDIENTI Scorza di cannoli Farina: 250 g Uovo:1 Acqua:20 g Aceto: 60 g Strutto: 20g Zucchero: 35 g Cacao: 5 g

Crema Ricotta: 1 kg Zucchero: 350 g Vanillina: 1 bustina Gocce di cioccolato: 100 g.

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I  dolci siciliani più tipici

1. <a href="bookcreator://page/gHZX_KhBSHq3RcEk_x9duA">Biscotti Algerini</a>

2. <a href="bookcreator://page/Fy4X2WfKRf-00SuTK1w2kg">Biscotti reginelle</a>

3.<a href="bookcreator://page/wu_DBW1aTk6cA-Lb4EWZJg"> Buccellati</a>

4. <a href="bookcreator://page/5d6WYuaTSJqnH6urSR870Q">Biscotti Taralli</a>

5. <a href="bookcreator://page/VYf8GywGSiuGA1RPtEXdIA">Cannoli</a>

6. <a href="bookcreator://page/5d6fWmBWQG2wQpH0kNjNAA">Pupa Cull'ova</a>

7.<a href="bookcreator://page/E6PLT6V_TZePWHl95bO4VA"> Frutta Matorana</a>

8<a href="bookcreator://page/8KjcAMf-QFS6yFnljHPWrw">. Sfincia di San Giuseppe</a>

9.<a href="bookcreator://page/2jRx1j8KRlSPaJStYS11Ig"> Cassatelle</a>

<a href="bookcreator://page/SOM9nbQAT3OYlTqXVj5DuQ">Conclusioni</a>

INGREDIENTI: IMPASTO Farina: 500 g Uova: 2 Burro: 200 g Zucchero: 175 g Scorza di arancia e limone Vanillina. 1 bustina Ammoniaca: 10 g Latte: 40 g

RIPIENO Fichi secchi: 500 g Mandorle: 150 g Aroma rum: q.b. Nocciole: 100 g. Marmellata di albicocche: q.b. Estratto di vaniglia: q.b. Cioccolato fondente: 100 g Cannella: q.b.&nbsp;

PROCEDIMENTO Impasto: Versare in un recipiente la farina setacciata, lo zucchero, gli aromi, ammoniaca, burro, uova e latte. Impastare fino ad ottenere un impasto liscio e morbido. Condimento: Fate bollire i fichi, tagliarli e aggiungere mandorle, pistacchi e cioccolato fondente. Infine aggiungere marmellata di albicocche e rhum. Spianare la pasta con un mattarello, creare una forma rettangolare, spalmare l’impasto nella parte centrale e chiudere i due lembi. Infornare a 180° per circa 20 minuti. Fare raffreddare e tagliare a strisce. Spolverare con zucchero a velo.

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