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Parole, immagini e musica: uno sguardo multimediale alla Divina Commedia
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Nell'ambito del progetto Dante: il percorso del desiderio che celebra il settimo centenario dalla scomparsa di Dante Alighieri, le classi 2E, 2F e 2G del plesso Carissimi dell'Istituto comprensivo Marino Centro hanno intrapreso, con i docenti di italiano, arte e strumento musicale, un percorso volto alla realizzazione di un libro digitale.
Le studentesse e gli studenti hanno messo in campo le loro conoscenze di letteratura, le loro capacità interpretative di un testo poetico, le loro abilità artistiche e musicali.
Per accompagnarli in questo viaggio tra le terzine dell'Inferno dantesco, attraverso la musicalità e la complessità del poema, i docenti hanno affiancato a metodologie più tradizionali strumenti e pratiche che rendessero l'opera più fruibile e coinvolgente per un pubblico di giovani lettori.
Le studentesse e gli studenti hanno messo in campo le loro conoscenze di letteratura, le loro capacità interpretative di un testo poetico, le loro abilità artistiche e musicali.
Per accompagnarli in questo viaggio tra le terzine dell'Inferno dantesco, attraverso la musicalità e la complessità del poema, i docenti hanno affiancato a metodologie più tradizionali strumenti e pratiche che rendessero l'opera più fruibile e coinvolgente per un pubblico di giovani lettori.
Inferno, canto XXVI
«Un volo che ha qualcosa di folle, ma conoscere è un dovere di ogni uomo».
Il folle volo di Ulisse
Lo maggior corno de la fiamma antica
cominciò a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica;
indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori e disse: "Quando
mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
cominciò a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica;
indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori e disse: "Quando
mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l'alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi,
e l'altre che quel mare intorno bagna.
Io e' compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov' Ercule segnò li suoi riguardi
acciò che l'uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l'altra già m'avea lasciata Setta.
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi,
e l'altre che quel mare intorno bagna.
Io e' compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov' Ercule segnò li suoi riguardi
acciò che l'uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l'altra già m'avea lasciata Setta.