Scrittura creativa

Tanto tempo fa, in America, cinque fratelli avevano perso i genitori ed erano rimasti soli. I nonni desideravano che vivessero con loro, ma i ragazzi decisero di restare nella propria casa. Poichè le cause della morte della madre e del padre non erano chiare, i poveri orfani erano in cerca di qualche spiegazione. In una bruttissima giornata di pioggia, mentre uno dei fratelli prendeva un libro dalla biblioteca, vide aprirsi, nella parete laterale, una piccola stanza. Era buia e incuteva terrore, ma i ragazzi, incuriositi, entrarono.&nbsp;Nessuno si fece prendere dal panico, finchè non trovarono un biglietto, con su scritto: "Attenzione!

Le molteplici trappole disseminate in quel luogo vi stavano mettendo in pericolo". I fratelli inziarono a guardarsi intorno e decisero di procedere. Schivarono tutti i tranelli incontrati e si ritrovarono in un’altra stanza. Aveva pareti colorate che davano allegria e facevano svanire la paura. Lì trovarono una vecchia televisione e una cassetta degli anni Sessanta; uno dei fratelli si fece coraggio e la inserì. Nel filmetto appariva un demone dalla faccia brutta e malvagia, vestiva neri stracci sporchi, sopra la testa gli spuntavano due corna rosse che assomigliavano a quelle di un toro. Lo spirito malvagio si rivolse direttamente ai ragazzi: avrebbero dovuto superare quattro prove per aprire la porta e ritrovare la libertà.

Di lei si dice che sia all'antica, perché non è iscritta a nessun social network e usa Internet con il computer solo per fare delle ricerche per la scuola. Dice che il cellulare, i social e la Rete sono noiosi e fanno perdere solo tempo, preferisce avere tanti altri hobby: nuotare, guardare film, leggere libri, giocare con la sorellina piccola e andare in bicicletta. Tutte le altre persone hanno sempre il telefono in mano, in ogni&nbsp;occasione, quindi lei sembra diversa, ma è felice così. Giorgia Pia Gabrielli

Il mio letto è il cielo

Il mio letto è come il cielo, mio fratello mi mette le ali per farmi volare e mi accompagna. Di notte vado a cercare le stelle, ne prendo una e la porto con me: mi fa compagnia. Veglia sul mio sonno e mi fa fare sogni tranquilli. Elena Masullo &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;

Un piccolo canarino dal pelo liscio e morbido aveva un sogno, quello di imparare a volare. Un giorno, preso dal desiderio di raggiungere il suo obiettivo, decise di salire sul ramo più alto dell’albero in cui viveva e spiccare il volo. Prese una lunga rincorsa, si lanciò verso il cielo e solo dopo alcuni secondi realizzò che si stava librando nell'aria. Andò dritto fino a quando non trovò uno strato di folta nebbia; anche se non si vedeva niente e non capiva dove si stesse dirigendo, volò dritto senza mai fermarsi. Dopo un po’ di tempo la nebbia&nbsp;finì e l’uccellino non era più nel suo bosco; decise allora di

scendere pian piano. Attorno a sé vide solo un mucchio di sabbia rossa, al&nbsp;posto dell’erba c’era la sabbia, al posto degli alberi c’era la sabbia, era completamente circondato da sabbia.&nbsp;Il sole, di un colore rosso fuoco, pulsava forte su di lui e lo rendeva così stanco che non riusciva a volare. A un tratto, su di lui arrivò un’enorme ombra nera: era un'aquila dalle piume d’argento, con grandi ali che a ogni battito lanciavano una forte ventata che riusciva a spazzare via la sabbia. Il rapace con uno sguardo aggressivo scese in picchiata verso l’uccellino, che temette di essere mangiato, ma non fu così. L'aquila gli chiese cosa ci facesse un uccellino della sua specie da quelle parti, perché aveva capito che si era perso. Lo fece salire sul suo dorso e iniziò a sfrecciava come una saetta, di certo non la spaventava la nebbia.

"O. BERNACCHIA-M. BRIGIDA" Modulo: SCRITTURA CREATIVA DA 0.0 A 3.0 Plesso "Schweitzer" Prima sez. G Prima sez. H Prima sez. S

Arrivati nel bosco dove si trovava l’albero dell’uccellino, l’aquila lo posò su un ramo, si girò e spiccò il volo verso la sua terra. Sofia Votta

In un bel pomeriggio d’estate, a lezione, presi le mie scarpette rosa, le calzai e iniziai a ballare con un forte dolore che partiva dalla caviglia e percorreva tutto il mio corpo. L’insegnante, con lo sguardo pieno di stupore, applaudiva con tutta la sua forza. Quando la mia danza ebbe termine, lei mi fece tanti di quei complimenti che stavo per esplodere; poi mi lasciò andare.&nbsp;Il pomeriggio seguente tornai lì e la mia maestra mi disse: «Devi

il principe e la principessa si sposarono. Quella macchina dei sogni rimase conservata in un famoso museo nel mondo. Giorgia Di Peso

Sofia era una bellissima&nbsp;ragazza dai capelli castani e dagli occhi nocciola, che sembrava annegassero in un mare incantato. Dopo aver viaggiato in aereo per la prima volta, ne rimase meravigliata e pensò di volerlo fare ancora. Quel desiderio la spinse a superare tutti gli esami di volo per diventare pilota. Il suo primo giorno di volo lo passò divinamente, senza neanche un problema infatti,&nbsp;volando, si sentiva&nbsp;come un gabbiano libero nel cielo, come un pesce in un mare infinito.

Quando presi la palla, ebbi una sensazione bellissima: non mi sembrava vero che dopo tanti anni stavo iniziando a immergermi nella mia passione. Alla fine della lezione io ero molto stanca ma felice. Claudia era andata via. Mentre mi rivestivo, i miei dissero all'allenatrice che avrei continuato, così quel giorno diventò il più bello. Quando tornai a casa raccontai alle mie sorelle tutto quello che avevo imparato di nuovo.&nbsp; Sara Aufiero

Il mio letto è musica

Il mio letto è come la musica. Giorgia mi ci accompagna quando sono giù e ascoltiamo la nostra canzone preferita. Di notte indosso le cuffiette chiudo gli occhi, sogno. Mi perdo nei pensieri e mi lascio tutto alle spalle. Nel letto porto le mie passioni e i biscotti al cioccolato, che ogni tanto mangio. Ascolto tutta la notte la musica e poi, quando viene giorno, torno nel mondo, tolgo le cuffie e mi lascio navigare in una musica nuova. Claudia Langiano

Le prove erano queste: attraversare un percorso fatto di lava, scattare una foto al demone,&nbsp;&nbsp;sconfiggere un drago, riempire un secchio di lava. I compiti, molto difficili, dovevano essere svolti nella piccola stanza e, per sconfiggere il drago i ragazzi erano stati dotati di un'arma. Tutte le missioni vennero compiute con successo e il premio finale fu quello di aver riportato in vita i genitori. In casa, la famiglia al completo visse per anni e anni felice e contenta. Giada Aufiero

Emanuele un giorno passeggiava in bicicletta con il suo amico Giuseppe. I due, pur pedalando lentamente, si allontanarono l’un l’altro. Giuseppe, che era avanti, non vedendo più il suo amico, si fermò. Stanco di aspettare, ritornò indietro e lo trovò a terra: il poverino era caduto. Dopo aver chiesto ad Emanuele come si sentisse, Giuseppe osservò la bici dell’amico: era&nbsp;tutta graffiata.&nbsp;I segni erano grigi come il cielo prima di un temporale. Emanuele si sentiva ansioso per quello che avrebbero potuto dire la mamma e il papà.&nbsp;

Conclusione Per terminare questa raccolta, lasciamo la parola ai piccoli scrittori… “Mi è piaciuto frequentare il laboratorio di scrittura, poiché mi sono sentito libero di esprimermi, ma soprattutto perché ho usato il computer e ho imparato a utilizzare nuovi termini”. Federico Ferrandino “Durante il laboratorio di scrittura creativa ho prodotto racconti di vario genere, anche prendendo spunto da altre narrazioni. Mi ha colpito il fatto di non dover seguire una traccia ma solamente la mia fantasia. All’inizio mi sottovalutavo ma poi, durante l’attività, ho cominciato ad essere sempre più sicura di me, quindi termino questo percorso con la soddisfazione di aver imparato qualcosa”. Desirè Fenderico

creò diverse fonti dell'indispensabile liquido racchiuso in laghi, fiumi, torrenti e ruscelli e ammonì l’uomo che se si fosse comportato di nuovo male, avrebbe&nbsp;fatto sparire per sempre l’acqua. Antonio Giovanni Pio Travaglini

Alice, una ragazza diversa

Alice è una ragazza di quindici anni, che vive con la sua famiglia in una casa di tre piani a Torino e frequenta il primo anno della scuola superiore. Lei ha tanti amici: i compagni di scuola, della piscina, moltissimi nel quartiere e anche tanti cugini. E' una ragazza simpatica, carina e molto intelligente, infatti è la più brava della classe, ma è considerata un po' pazza perché, a differenza di tutti gli altri ragazzi, non ha il cellulare e quindi non può “messaggiare” con i suoi amici e, per mettersi d'accordo con loro, li chiama con il telefono dei suoi genitori.

Si risvegliò in un altro regno molto cupo e non poteva tornare indietro facilmente: per aprire il portale aveva bisogno di una chiave. Per trovarla avrebbe dovuto procedere attraverso diverse accessi. Quando arrivò di fronte alla porta numero uno, trovò una spada. La prese ed entrò in un cunicolo, dove venne assalito da un serpente velenoso a tre teste. Dopo ore e ore di combattimento, l’animale cominciò a indebolirsi, allora il ragazzo lo sgozzò e si diresse verso la porta numero due. Entrò e vide un pappagallo, che lo invitò a creare una pozione di veleno, che gli sarebbe stata utile nella prova successiva. Il ragazzo era molto abile nelle produzioni chimiche, perciò eseguì il compito senza difficoltà, ma provava molta ansia pensando di dover affrontare la prova seguente. Appena entrò nella terza stanza, vide un mostro gigantesco a cinque teste. L’essere deforme fluttuava con le sue enormi ali

e lanciava palle incandescenti.&nbsp;L’esploratore estrasse la sua spada e prese la&nbsp;pozione, la lanciò contro il mostro, che morì avvelenato. Una volta che l’essere fu a terra, uscì da esso un liquido nero contenente la chiave che avrebbe attivato il portale. Il nostro eroe ritornò nel punto in cui il suo viaggio nel nuovo mondo era cominciato, inserì la chiave e rientrò nel suo regno natio. Ritornò al villaggio di origine e fu incoronato come re a vita. Christian Miraglia

In quel giorno di settembre, all'inizio dell'autunno, non riuscivo a pensare che mancassero poche ore alla realizzazione del mio desiderio. Ero molto in ansia ma allo stesso tempo felicissima, perché finalmente, per la prima volta, potevo praticare il mio sport preferito: la ginnastica ritmica. Fin da piccola, all'età di cinque anni, aveva iniziato a piacermi, infatti, insieme alle mie sorelle, inventavo delle coreografie facendo ruote, capriole, ponti e verticali. Poi con loro mi esibivo al cospetto di mamma e papà.

La mia sorella maggiore fin da piccola si era dedicata a questa disciplina, vincendo tante medaglie. Fu lei ad insegnarmi, a casa, come si fa la ruota. Così, in quel giorno di settembre, insieme alla mia amica Claudia andai in palestra. Io e lei c’eravamo messe d’accordo a scuola.&nbsp;Ritornata a casa, mi ero tolta la giacca, avevo appoggiato a terra la cartella e avevo chiesto alla mia mamma: «Posso andare con Claudia in palestra?». «Va bene!» rispose. Ero felicissima, mi batteva forte il cuore, così corsi subito ad avvisare la mia amica. Finalmente eravamo lì. C’erano tante ragazze&nbsp;dai dieci ai quattordici anni, mi vergognavo molto!&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Durante la lezione i miei genitori erano rimasti a guardarmi, forse per questo ero un po’ intimidita, però poi se ne andarono perché dovevano fare delle commissioni.

sapere che ogni anno mando un’allieva&nbsp;in una prestigiosa accademia di Parigi per allenarsi con un professionista, quest’anno ho scelto te». Il mio cuore batteva all’impazzata, come se stesse sulle montagne russe, poi chiesi tutte le informazioni necessarie e andai a casa saltellando allegramente. Raccontai tutto a mia madre, che ne fu contentissima. Il grande giorno era ormai arrivato.&nbsp;Mamma e io partimmo per Parigi e il viaggio andò alla grande, turbolenze a parte! Arrivate all’aeroporto, con un taxi raggiungemmo l’hotel, dove mi preparai per la mia prima lezione che andò benissimo, anche perché l’istruttore era italiano.&nbsp; All’ora di cena ci recammo presso un ristorante vicino alla torre Eiffel e, dopo un giretto, ritornammo esauste in albergo. Il tempo volava e io diventavo sempre più brava, ma l’ultimo giorno quel dolore tornò.&nbsp;

La mattina seguente ripartii per l’Italia e il pomeriggio, a causa della caviglia malridotta, non feci lezione e così per una settimana. Dovetti curarmi per due mesi, prima di tornare a danzare. Un bel giorno arrivò una comunicazione da Parigi: mi veniva offerta una borsa di studio per l’accademia nella quale ero stata mandata dalla mia maestra. Decisi di andarci, perché il mio sogno si era avverato. Martina Crolla&nbsp;

un’operazione, allora chiamai mio padre, che giunse lì in un batter d’occhio. Il veterinario disse che ci volevano esattamente mille euro per l’intervento, ma mio padre non poteva permetterselo. Sconvolto prese me e Rocky e uscì dallo studio del dottore e mi disse: &lt;&lt;Melissa, non ho a disposizione mille euro e tu questo lo sai bene&gt;&gt;.&nbsp;&lt;&lt;Papà , ti prego, facciamo questo sforzo!&gt;&gt; aggiunsi io senza ragionare. Allora lui, con tutta calma, mi spiegò che non sarebbe stato possibile e io, con tutta la comprensione del mondo, mi misi a piangere. Mio&nbsp;padre allora continuò: &lt;&lt;Domani lo donerò a una famiglia che conosco, noi non possiamo più tenerlo&gt;&gt; e così fece. Per quattro notti non dormii, ero preoccupata per Rocky, ero tristissima e disperata. Un giorno andai da lui insieme a mio padre e lo trovai in ottime condizioni. Lui si ricordava di me e non voleva lasciarmi uscire dalla casa, ma poi si rassegnò.

Ero molto felice di aver rivisto il cane e oggi lo sono ancora, perché so che&nbsp;sta bene e posso fidarmi dei sui nuovi padroni. Melissa Bonapitacola

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Quando ero una bimba desideravo tantissimo un cane, ma la mia casa era troppo piccola per accoglierne uno. Un giorno mio padre ricevette una chiamata da mio nonno, che diceva di andare subito da lui per una sorpresa meravigliosa e piccina. Entrata in casa del nonno, sentii un cane abbaiare.&nbsp;I miei zii Luca e Francesco dal balcone mi chiamarono, li raggiunsi e lì vidi&nbsp;Lucky: era minuscolo, bellissimo come il sole al tramonto e bianco come lo zucchero filato.&nbsp;

Mi misi a giocare con lui, poi aiuti mio zio Luca a finire di costruire e verniciare la cuccia: era verde come un prato e bianco come una nuvola. Quando Lucky era diventato grande, mio nonno non poteva più tenerlo in casa, quindi lo diede a mio zio che lo portò in campagna. Lucky era molto lontano da me ma mio padre, quando mi vedeva un po’ triste, mi portava da lui. In campagna non era solo ma in compagnia di un’altra cagnolina, Sasha, bianca come la lana e soffice come la neve. Adesso mio padre è molto impegnato e non mi può accompagnare da Lucky quando sono infelice o arrabbiata e questo mi fa sentire molto addolorata. Grazia Selvaggio

PREMESSA Il progetto di recupero e potenziamento dal titolo “INSIEME SI PUO’” è stato rivolto a gruppi di allievi appartenenti alle tre classi prime del plesso "Schweitzer". Esso ha avuto come finalità il miglioramento delle competenze alfabetiche funzionali, digitali e metacognitive. E' stata messa al centro dell’attività didattica la produzione di testi, attraverso un approccio metodologico che guidasse gli alunni a esplorare e a costruire un personale processo di scrittura. Attraverso una didattica laboratoriale, sono stati offerti strumenti, tecniche e strategie che i ragazzi hanno utilizzato in ogni fase del lavoro per accompagnare ciascuna operazione con la riflessione sui propri procedimenti mentali.

Sono state fornite occasioni di incontro con testi modello e l’importante opportunità di condividere il processo di scrittura con i compagni. Questo ebook contiene alcune produzioni che i ragazzi hanno scritto con molta libertà, partendo da stimoli che hanno attivato la loro creatività. A volte la lettura di un racconto, altre una poesia o la sequenza descrittiva di un testo letterario hanno messo in moto la fantasia dei giovanissimi scrittori, che hanno seguito l'onda delle loro idee per sperimentare e giocare con le parole. G.Gallina G. Cupone

Era estate quando mio nonno mi portò per la prima volta al circo , io avevo circa cinque anni ed ero appassionata di animali . Quella sera il tendone non era ancora pronto, ma le gabbie potevano essere visitate. Quando scesi dalla macchina, urlai. Sentivo che la gioia mi stava assalendo, guardavo gli animali intorno a me e non sapevo quale accarezzare prima. Andai dai serpenti, erano giganteschi e viscidissimi, sembrava che li avessero bagnati&nbsp;

con l’acqua; poi passai agli elefanti e la prima cosa che mi venne in mente fu quella di salirci sopra, ma non vedevo scale, avrei dovuto arrampicarmi sulle loro zampe per arrivare sulla schiena, però mi sembrava molto pericoloso. Quindi passai ai pellicani, poi mi fermai su una panchina a riposarmi e, dopo qualche secondo, vidi in lontananza una chioma folta e dorata sdraiata a terra. Corsi da lei e mi trovai di fronte un leone che riposava dolcemente. Mentre mio nonno parlava con un suo caro amico, la mia fidata mano pian piano accarezzava&nbsp;l’ingabbiato re della foresta, non avevo affatto paura e&nbsp;non volevo più scollarmi da lui, ma purtroppo mio nonno si voltò, mi vide e rimase agghiacciato: non sapeva cosa fare, se urlare o portarmi via, per questo si mise le mani nei capelli. Lui mi portò a casa, ma io sarei rimasta con il leone per ore ed ore. Giorgia Milanese

L’aereo che pilotava era un bellissimo gabbiano che volava libero come quello delle storie che le leggeva la mamma quando era una bambina. Quando partiva, riuscire a vedere, anche se solo un pochino, il maestoso paesaggio naturale sotto di lei: dei parchi dove giocavano sull'erba soffice e fresca tantissimi bambini, poi montagne con cime&nbsp;innevate, pian piano saliva sempre più, superando le nuvole che le sembravano accumuli di zucchero filato. Lorenzo Sciarretta

Balto era un cane che viveva in un palazzo reale, dentro una gabbia ornata di diamanti e oro, un Pit Bull di razza pura, con orecchie rizzate in su e con un pelo di colore bianco, che lo rendeva speciale. Il re gli mise al collo un collare ornato con punte di platino. Essendo un cane aggressivo, tutta la corte reale, con l’approvazione del re, lo lasciò in una gabbia fino all'età adulta. All'inizio Balto combatteva, per uscire dalla quella che per lui era sempre stata una prigione.

Tommaso ha diciotto anni e ha già la patente. Per lui è una gran figata guidare la macchina e fare sopra e sotto per andare all’università. Lui studia a Roma per diventare dentista professionale per i bambini che hanno meno di quindici&nbsp;anni, è sempre stato il suo sogno fin da piccolo dedicarsi ai ragazzini. Però, anche se è maggiorenne&nbsp;e sembra essere un ragazzo gentile e maturo, lui è tutto il contrario.

Prima di tutto&nbsp;vi dico cosa fa agli altri studenti e al prof quando si trova in classe. Mette gomme da masticare sulle sedie&nbsp;oppure&nbsp;fa loro lo sgambetto o, con una cannuccia, sputa pezzi di carta … che schifo! Invece al professore fa il verso. Abita in via Fiore 2, in una bella villetta , vive da solo anzi, non proprio , ci sono con lui due graziosi gatti di razza persiana con il pelo bianco. I suoi felini sono come lui, se dai loro fastidio, si ribellano e ti possono anche graffiare.&nbsp;State attenti! Emmanuel&nbsp;Cannarsa

tetra proprio come la peste che lì imperversava. Vi rimase fino alla fine dei suoi giorni. Morì a novant’anni per una malattia, nessuno capì mai quale. Dopo la sua morte la maledizione cessò, per questo molti credettero che lei fosse stata una strega.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Emanuela Inverso&nbsp;

Una vecchia nave salpò dal porto e si perse nella fitta nebbia. L’equipaggio aveva lavorato&nbsp;alacremente&nbsp;per riparare il motore in avaria. La giornata era fredda e, a causa del vento forte, molti marinai erano scesi in coperta al caldo. All’improvviso un forte rumore fece fermare la nave. Gli strumenti di bordo erano fuori uso. Il capitano, da vecchio marinaio, capì che qualcosa aveva urtato l’imbarcazione. Si affacciò a poppa e vide un grosso iceberg. Nel giro di poco tempo entrò dell’acqua nella nave.

A dare la notizia ai genitori dell’amico fu Giuseppe, anche lui molto preoccupato, perché aveva capito che la bici era da buttare. Qualche giorno dopo furono scoperte le dinamiche dell’incidente: una macchina, che camminava a una velocità&nbsp;superiore a quella limite, aveva colpito la parte posteriore della bici, che Emanuele aveva bloccato bruscamente dopo aver visto una buca. Il guidatore dell’auto riconobbe il suo sbaglio e decise di provare a riparare la bici, ma non ci riuscì. Allora decise di ricomprarne una nuova. Era una mountain bike rossa come la lava di un vulcano. Si finse un corriere&nbsp;e&nbsp;citofonò a casa del ragazzo. Emanuele, sceso giù, trovò la sorpresa. Rimase a bocca aperta, ringraziò l’automobilista e se ne andò via sfrecciando sulla sua bicicletta&nbsp;fiammante. Giuseppe Perfetto

Un giorno d' estate, due sorelle decisero di passare la giornata su una spiaggia deserta con il mare mosso. Si chiamavano Marta e Nicole. La prima, quattordicenne, aveva i capelli castani e gli occhi azzurri. L’altra, invece, aveva appena compiuto dieci anni, aveva occhi grandi e verdi come il prato di casa sua, pieno di fiori in primavera e bello anche d' inverno, quand’era pieno di neve. Mentre facevano il bagno, Marta disse: «Nicole, &nbsp;vado a prendere un gelato, tu resta qui e fai attenzione, ci potrebbero essere delle buche scavate dalle onde».&nbsp;

Il principe Mark, in cerca di una fidanzata, decise di organizzare un ballo al palazzo, con tutte le fanciulle regno. Verso metà serata si presentò una bellissima ragazza, che attirò l’attenzione di tutti. Aveva scarpe di cristallo, capelli biondi legati con delle trecce incrociate tra loro e una corona di diamanti sul capo. Indossava un fantastico vestito rosa con tantissimo tulle glitterato e farfalle colorate sul corpetto. Il principe si innamorò subito di lei e, dopo aver ballato, la portò in un giardino segreto dove c’era una macchina dei sogni.&nbsp;

La principessa espresse il suo desiderio:­ «Voglio che tutti possano essere felici grazie a questa strana ma bella macchina!». Il marchingegno rese contente molte persone, ma non tutte. Mancava una bambina di nome Giorgia. Ella chiese un incontro al principe e il magnanimo la accontentò. Quando Giorgia fu al palazzo, il principe la portò dov'era la macchina dei sogni e la giovinetta disse: «Vorrei incontrare il mio idolo!». Il principe a bassa voce sussurrò: «Devi dire chi è!». «Iris Ferrari!» rispose «Lei è il mio idolo, perché riesce a trasmettermi una felicità assurda. E’ una ragazza dolcissima, molto altruista, gentile. E’ una persona molto forte: è riuscita ad abbattere il muro della timidezza, comprendendo il valore della vita». Bene! Anche questo sogno si era realizzato. La bambina passò il giorno più bello della sua vita. Dopo che tutti ebbero raggiunto la felicità,

L’acqua è un bene prezioso

Un tempo i mari non erano salati e dentro di essi non c’erano pesci grandi e pericolosi; c’era, a dir poco, un paradiso in una meravigliosa distesa di acqua cristallina. Però&nbsp;l’uomo, con la sua indifferenza e malvagità, continuava&nbsp;a sfruttare e inquinare il mare, uccidendo le piccole creature marine. Tutto ciò fece inquietare Poseidone , il dio del mare, che punì gli esseri umani facendo diventare

l’acqua dei mari e degli oceani salata e popolandola anche di pesci grandi, feroci e aggressivi. Gli uomini, dopo aver preso coscienza della nuova situazione, si spaventarono e decisero di andare dal dio per chiedergli perdono. Lo cercarono in lungo e in largo senza trovarlo. Solo al calar della sera, Poseidone si fece vedere su uno scoglio in mezzo al mare e, prima che essi potessero parlare, tuonò: «Siete contenti del male che avete fatto ai miei mari? Adesso saranno i miei mari che faranno del&nbsp;male a voi!». Gli uomini, mortificati, lo supplicarono di far tornare tutto come prima, ma fu inutile, perché&nbsp;Poseidone&nbsp;rimase fermo sui suoi passi e gli esseri umani, a malincuore, dovettero adattarsi a quel nuovo mondo. Con il passare del tempo la popolazione umana iniziava a diminuire a causa della mancanza di acqua dolce e ciò fece pena al re dei mari che, non potendo annullare la maledizione,

La peste nera e la principessa&nbsp;

C'era una volta una principessa bellissima e giovane, con gli occhi azzurri e i capelli biondi, di nome Rosa Borromea. Lei viveva in una città molto grande, dove c'erano conti, principi e regine.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Un giorno giunsero lì degli stregoni molto infuriati, perché gli uomini inquinavano i loro territori, creando macchie nere ovunque. Allora essi lanciarono una maledizione a tutti gli abitanti di quella grandissima e bellissima città, a tutti tranne una, la principessa Rosa, dicendo:&nbsp;«Che siano maledetti tutti gli abitanti di questo luogo, abbiano la peste nera. Nessuno scampi a questa maledizione, tranne la principessa Rosa!».

Tutti scappavano, piangevano, si disperavano, ma soprattutto erano invidiosi della principessa, che non era stata maledetta.&nbsp;Anche lei era molto spaventata e si chiedeva perché fosse scampata al sortilegio, ma non riusciva a capirlo. Rosa cambiò città. Passarono gli anni, si sposò con un&nbsp;uomo avvenente come lei ed&nbsp;ebbe due figli altrettanto belli, ma in fondo al cuore non era ancora contenta, perché aveva dovuto lasciare il suo luogo natio. Dopo così tanto tempo, non ancora capiva perché non fosse stata maledetta. Passarono ancora altri anni, lei iniziò a invecchiare e, purtroppo, proprio il giorno dei suoi settant’anni suo marito la abbandonò, morendo&nbsp;per un infarto improvviso. I suoi figli partirono, lasciandola sola. Rosa, disperata, decise di andare nella sua terra d’origine. Una volta arrivata lì, se ne innamorò totalmente, anche se questa era diventata

Lì venne accolta da alcune suore. Qualche giorno dopo il suo arrivo, incontrò un ragazzino della sua età che aveva anch'egli perso i genitori per un incidente stradale, era pallido e triste in viso, aveva stracci per vestiti, occhi azzurri come l’acqua del mare e capelli biondi, era solitario e non parlava molto, non riusciva a superare il lutto proprio come Jennifer, si chiamava Andy. Lei riuscì ad avvicinarsi a lui e gli chiese: «Perché non giochi con gli altri?» Andy rispose: «Perché non ne ho voglia». Jennifer capiva e gli sussurrò: «Anch'io ho perso i genitori a causa di un incidente stradale». Andy, sorpreso, disse sottovoce: «Davvero?». La ragazza annuì. Da allora Jennifer e Andy iniziarono a raccontarsi i giorni felici dell’infanzia. Quando il ragazzo venne adottato, Jennifer avrebbe voluto andarsene con lui. Di notte non riusciva più a dormire.

Ma questa storia così dolorosa ebbe un finale felice, perché anche la ragazza fu scelta da una famiglia, proprio quella che aveva già con sé il suo amico. Sophia D'Andrea

Giulia e la sua cagnolina

Giulia era una bambina con occhi molto grandi e belli e lunghissimi capelli biondi. Un giorno decise di andare al canile per prendere una cagnolina, così prese il coraggio a due mani e ne parlò con i suoi genitori. La mamma, perplessa, le disse: - Giulia, sai che avere una cagnolina è una grande responsabilità? Sarebbe come avere una sorellina! - Mamma, papà, io ne sono certa e vi prometto che me me prenderò cura.

Andarono al canile e ne videro una bellissima, aveva un pelo molto lungo, morbido e biondo e gli occhi grandi e stupendi proprio come la sua padrona.&nbsp; Dopo una settimana passata a prendersi cura del cane, Giulia si stancò, così chiese ai genitori di riportarla indietro.&nbsp; Il papà la riproverò : «Visto? La mamma ti aveva avvisata e tu le avevi promesso che te ne saresti presa cura!». Giulia era una bambina molto viziata e non mantenne fede alla sua promessa. Un giorno, mentre camminava su un bellissimo prato verde con fiori di tutti i colori, la ragazzina vide un sacco di bambine giocare, divertendosi, con le proprie cagnoline, così si ricordò di tutti i bellissimi momenti trascorsi insieme alla sua giocando con il frisbee, con la palla, a fare i bagnetti, a lanciare gli ossi. Una mattina, durante la colazione, si mise a leggere un articolo di giornale sui cani e scoprì

Tutti correvano senza una meta. Il capitano intuì il pericolo, ordinò di indossare&nbsp;i giubbotti di salvataggio e mandar giù le tre scialuppe con qualche provvista. Esse vennero calate nell’acqua gelida, nella quale alcuni marinai caddero. I più esperti riuscirono a mettersi in salvo e il capitano lasciò la nave per ultimo. Le scialuppe continuarono a navigare tutta la notte. A un tratto, il capitano e i suoi uomini avvistarono&nbsp;un’isola deserta e decisero di raggiungerla per trovarvi riparo. Sembrava un luogo abbandonato, deserto. Alcuni videro un vecchio castello e, incuriositi, entrarono. Non potevano immaginare che fosse pieno d’oro, monete, statue e armi.&nbsp; Dentro una scatola trovarono un libro che raccontava la storia di quell’isola maledetta. Nessuno poteva toccare quell’oro perchè apparteneva ad un grande re morto molto giovane, in onore del quale era stato costruito quel castello.

Se uno avesse toccato l’oro, una maledizione sarebbe ricaduta su di lui. I marinai cominciarono a ridere, non credendo a questa storia. Misero tutto l’oro possibile nelle tasche, contenti di essere diventati ricchi. Il capitano, invece, non toccò nulla. Ripartirono tutti contenti sulle loro imbarcazioni di salvataggio, ma un’onda gigantesca le fece capovolgere. Il capitano si aggrappò a un vecchio baule e riuscì a salvarsi. Passò una nave e lo caricò. Quel baule era stato la sua salvezza e, quando lo aprì, lo trovò pieno di monete. Era stato premiato per non aver toccato l’oro del re. Kristian Mirco

divertivo molto a colpire sulle gambe mio padre, che forse a casa tornò zoppo. Ad un certo punto arrivò da Termoli il mio amico Tommaso, mi sorprese molto vederlo lì.&nbsp; Insieme salimmo sullo slittino pronti a fare la discesa… suicida,&nbsp;che diventò omicida, perché facemmo male al papà del mio amico. Pranzammo insieme e dopo giocammo con palle di neve, che avevo messo sotto un albero all’ombra ed erano quasi diventate di ghiaccio. Alla fine della giornata, tornato a casa, ripensai a quanto ci fossimo divertiti. Vittorio Sciarretta

Tanto tempo fa, in un villaggio, viveva un giovane esploratore alto e robusto. Un giorno si imbatté in una grotta buia ma, fortunatamente, aveva con sé la torcia che lo accompagnava in ogni sua avventura. Andò avanti in quella spelonca per ore e ore, finché una luce che proveniva dal profondo quasi lo accecò. Giunse nel punto di propagazione della radiazione luminosa e trovò un portale allora, essendo un giovane molto coraggioso, lo oltrepassò.&nbsp;

Era una mattina d’estate ed ero felicissima perché io e mio padre stavamo andando al canile. Saliti in macchina, ci avviammo. Dopo due ore eravamo arrivati, il guardiano ci accolse e ci fece vedere tutti i cani. Noi cercavamo un pastore abruzzese e ne vedemmo due: uno quasi in pericolo di vita e l’altro abbastanza sano. Io scelsi quel povero cane che non aveva un’ottima salute. Allora lo presi e mio padre e io lo portammo a vaccinare.&nbsp;

Lo chiamai Rocky. Arrivata a casa, lo presentai alla mia famiglia e tutti, eccitati, lo accettarono.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Un giorno, mentre lo portavo a passeggio, improvvisamente batté la zampa contro un palo. Io lo accarezzai e lui si calmò. Poi, però, un pastore tedesco lo aggredì; io feci di tutto per fermarlo ma non ci riuscii. L’avversario, mostrando tutti i denti inferociti, puntava forte contro il povero Rocky, che a differenza sua non era così forte. Allora, convinta, mi misi in mezzo a loro, ma questa azione non fece altro che peggiorare lo scontro. Provai a fermarlo nuovamente e per un pelo non mi morse, per fortuna arrivò il suo padrone, che lo bloccò. Rocky era salvo, ma notai che era profondamente ferito alla stessa zampa che prima aveva sbattuto. Ero preoccupata, non sapevo più che fare, allora corsi dal veterinario con Rocky in braccio. Corsi per più di mezz'ora e finalmente arrivai. Il dottore mi disse che serviva

che, quando vengono abbandonati dal padrone, i poveretti vivono male e a volte per la nostalgia muoiono. Appena ebbe finito di leggere questa frase, Giulia corse al piano di sopra in camera sua piangendo a dirotto, pensando e ripensando al male che aveva fatto alla sua cagnolina. Senza dire niente ai suoi genitori, si lavò, si vestì e corse subito al canile per riprenderla. La mamma e il papà la seguirono tutto il tempo. Giulia era ormai arrivata al canile e appena&nbsp;vide la sua cagnolina corse da lei per abbracciarla ed esclamò: «Lucy, non ti lascerò mai più, tu occupi un posto molto speciale per me, anche se non te l'ho dimostrato finora». La mamma e il papà corsero subito da loro due per abbracciarle. Adesso la bambina viveva felice con la sua cagnolina. Mariaflavia Aurelio

Jennifer era una ragazzina solare e simpatica. Un giorno funesto, nell'inverno del 1981 i suoi genitori erano morti in un incidente stradale. Jennifer non riusciva a superare il lutto. Un giorno se ne andò di casa perché non aveva più nemmeno una moneta per comprare cibo e mantenere la baracca, mise in uno zaino l’ultimo pezzo di pane, una foto dei genitori, dei vestiti e si incamminò verso l’orfanotrofio.

Nicole cadde in una di esse e, per non annegare, cercava di aggrapparsi al palo cui era attaccato il cartello con su scritto “Limite di balneazione”, ma senza grandissimi successi. Quando la sorella tornò e vide la scena non ci pensò due volte, si tuffò in mare anche non sapendo nuotare bene; sfortunatamente anche lei cadde nel fosso. Nicole, disperata, pensò: «Dovevo ancora andare al concerto del mio cantante preferito! Non voglio morire ora!».&nbsp; Fortuna volle che passasse sul bagnasciuga un ragazzo con una tavola in mano, appena tornato dal suo allenamento di surf nella spiaggia a qualche metro distante; egli, vedendo la scena, si tuffò, ma ebbe la stessa sventura! Intanto, su un peschereccio, due uomini provavano a prendere qualche tonno, pesce che viveva in quelle acque.&nbsp; Uno abboccò e, mentre entrambi svolgevano il loro duro lavoro, il più giovane disse all'altro:

«Guarda! Ci sono tre ragazzi in mare, aiutiamoli!». Si avvicinarono e lanciarono loro due salvagente. Il giorno dopo, per festeggiare, andarono tutti al concerto del cantante preferito di Nicole. Gloria Venditti

Ero piccolo e curioso ma soprattutto fortunato, ero a Roccaraso, un paese di montagna. La mia casa era un appartamento in un grande residence di dieci piani. Eravamo in quattro a dormire lì, i miei genitori, io e il mio fratellino Davide. La nostra dimora era molto accogliente c’erano due stanze, un bagno, una cucina e un salotto.&nbsp;Una delle due camere aveva un letto a castello, l’altra un matrimoniale più duro delle pietre e un bell’armadio.

La sala aveva qualche mobile, una TV e un tappeto rosso su cui poggiava un divano letto rivestito da una coperta a quadri verdi. La cucina era piccola con scaffali per piatti e suppellettili; una piccola finestra di legno si affacciava sul salotto. Il bagno e la cucina, a differenza delle altre stanze, non aveva la moquette ma un pavimento freddo come il ghiaccio. Quella mattina mi ero alzato di buon’ora e avevo svegliato i miei genitori, che dormivano ancora come ghiri. Durante la notte aveva nevicato e io non vedevo l’ora di uscire per toccare la neve e modellarla come argilla. Presa la macchina, uscimmo e ci fermammo in una grande pianura situata davanti al “Parco Avventura”. Subito presi lo slittino corsi verso grandi mucchi di neve accumulatisi durante la notte. Temevo di ribaltarmi ancor prima di salire ma, per fortuna, non feci quella fine. Andavo veloce quando scendevo giù e mi

Però, con il passare del tempo, capì che non serviva a niente, così iniziò a guadagnarsi la fiducia del re. In una giornata di sole, il re lo fece uscire per fargli fare il suo pasto giornaliero ma lui, incuriosito, da ciò che lo circondava, scappò. Essendo un cane di stazza grossa, era forte e veloce ma non resistente, per questo durante il suo tragitto fece molte soste. Arrivò in Egitto, fino al fiume Nilo. Si fermò per dissetarsi, ma fu colto di soprassalto da una guardia del faraone che lo portò nel palazzo. La reggia era due volte più grande dell’altra in cui aveva vissuto; l’entrata, a Balto sembrò un luogo famigliare. Dopo un po’, dalla sala del trono uscì il faraone e il cane gli saltò addosso, perché il padrone che lo aveva accudito da piccolo era lui. Infatti Balto era nato e aveva vissuto in quel palazzo prima di essere rapito e portato

dall’altro re. Così visse per il resto della sua vita con il faraone d’Egitto. Nicolò Santone

Il mio letto è come una nuvola Vittorio la sera mi aiuta a volare e nel buio iniziamo a viaggiare. A volte porto un binocolo per osservare dall’alto la mia città. La mattina esco dai sogni e torno alla realtà, per andare a scuola dai miei compagni. Emanuele Carosella

Il mio letto è come un albero, mia madre mi aiuta a salire e mi dà la buonanotte. Spesso sogno di arrampicarmi su quest’albero immenso. Raggiungo la cima e da lì mi sento il padrone del mondo. Quando mi sveglio sento odor di cioccolato: mamma ha preparato i biscotti. Joele Nathan Martella

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