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Il Fiore delle Emozioni

by Classe 5°A Primaria

Pages 6 and 7 of 25

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Jimmy, incuriosito da ciò che poteva trovarsi al suo interno, decise di entrarci. Il portale si chiuse immediatamente dietro Jimmy e intorno a lui tutto si fece buio: era come essere nel nulla, sospeso nell’aria, ma poi iniziò a vedere un fioco luccichio, che presto divenne un forte bagliore. Jimmy chiuse gli occhi per via dell’intensa luce. Come per incanto, si ritrovò catapultato su un pianeta minuscolo, in un’altra dimensione, chissà dove nell’immensità dell’Universo. Era giunto sul pianeta Karnaby. 

Karnaby era tutto grigio, bianco e nero, sembrava di essere in un film d’epoca. Esso era completamente disabitato, anche se c’era un piccolo cimitero, costituito da delle lapidi in marmo grigio disposte ordinatamente in fila e circondato da una cinta di mura di pietra, a testimonianza del fatto che altre persone ci avevano vissuto nel passato. Anche se il pianeta non aveva colori né abitanti, erano presenti molti animali. Tra essi vi erano ricci, lupi, volpi, cavalli, conigli, scoiattoli e insetti di tutti i tipi. Le piante presenti erano per la maggior parte secche e il cielo era ricoperto da una coltre di nuvoloni neri e minacciosi. Sul pianeta c’era una casa enorme, ben arredata e dotata di tutti i confort, ma in tinta col resto del mondo: il pavimento era di mattoni in pietra grigia, c’era un enorme bagno con una sauna, una camera con un letto galleggiante del colore dell’ebano, cucina con un bancone in carbone. Era circondata da un ampio giardino con tulipani, margherite, rose, gigli, papaveri, denti di leone, soffioni e chi più ne ha più ne metta, peccato che fossero tutti grigi, bianchi o neri. Nel misterioso pianeta Karnaby c’era anche una lunghissima funivia magica che collegava la pianura alla cima del monte Kompa, la cima più alta del pianeta, su cui era presente una cascata, la cui acqua saliva al posto di scendere, procedendo dal lago situato ai piedi del monte Kompa fino alla sorgente. 
Per quanto Jimmy fosse abituato al variopinto mondo di Nikorma, questa nuova dimensione non gli dispiaceva più di tanto, in fondo sarebbe finalmente rimasto da solo senza che nessuno potesse più prenderlo in giro per via del suo aspetto grigio, del suo carattere grigio o del suo tatuaggio… E il bello è che, finalmente, sentì di aver trovato un mondo, rigorosamente grigio, compatibile con lui. Jimmy, per quanto fosse lontano da casa, si sentì a suo agio, per la prima volta dopo dodici anni, finalmente si sentiva in di non stonare con l’ambiente circostante. Decise quindi che, mentre avrebbe cercato il modo per tornare a casa, sarebbe rimasto lì, che forse non sarebbe stato neanche poi così male.

Passarono i giorni, i giorni divennero mesi, e i mesi divennero anni. 

Ogni mattina il maghetto si svegliava e ripeteva la sua routine, in modo robotico: si alzava, si preparava la colazione sul piano di carbone della cucina, si vestiva e faceva la sua solita passeggiata, durante la quale, con il suo sguardo rivolto verso il basso, inciampava sempre nello stesso punto, un masso posto a pochi metri dalla sua casa.
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Finito il suo giretto, inciampando nel solito sasso anche sulla strada di ritorno; tornato a casa, si sdraiava sul divano e guardava un po’ di TV, che trasmetteva solo documentari scientifici in bianco e nero. All’ora di pranzo si scaldava nel microonde - peraltro non funzionante - il suo pasto, mangiava il suo piatto freddo e beveva dell’acqua con un retrogusto erbaceo, che lui definiva una tisana, dopodiché si recava di nuovo sul divano, accasciandosi senza forze. 
Jimmy aveva una stanza in cui preparava le sue pozioni. Lì passava la maggior parte del tempo cercando di creare intrugli che gli permettessero di insaporire il cibo o di far funzionare il microonde - ed ogni tentativo si rivelava sempre e comunque un fiasco - oppure cercava di creare medicine per alleviare il dolore che si causava ogni giorno inciampando nel masso durante la passeggiata mattutina.

Per l’ora di cena ripeteva la stessa routine del pranzo. A pasto terminato, si faceva una doccia nel cupo bagno che si trovava al piano superiore. Una volta entrato nel bagno, si chiudeva la porta alle spalle e si toglieva i vestiti, appallottolandoli e gettandoli in terra. A doccia terminata, indossava un accappatoio nero e si sedeva su uno sgabello. Dopo aver tentato di asciugarsi i capelli con un phon non funzionante, si metteva il suo solito profumo inodore e indossava gli stessi vestiti sporchi che aveva tolto prima di lavarsi. Provava nuovamente ad azionare l’asciugacapelli, ma tanto non funzionava lo stesso. La porta del bagno, una volta chiusa, non poteva essere più riaperta dall’interno, ma Jimmy se lo dimenticava sempre e così, come ogni sera, doveva calarsi dalla finestra: se solo si ricordasse della porta difettosa… o quantomeno di portarsi dietro la bacchetta magica per aprirla!
Uscendo dalla finestra cadeva sempre di faccia sull’aiuola delle rose, che fortunatamente attutivano il suo atterraggio imbranato, ma in compenso lo sporcavano di terra e costellavano i suoi vestiti di fili d’erba, oltre che riempirlo di punture e graffi per via delle spine. Si incamminava poi sul selciato ma, visto che i piedi erano bagnati, Jimmy scivolava sempre, cadendo nuovamente di muso. Quando finalmente riusciva ad entrare in casa era più sporco di prima, più stanco che mai e pieno di lividi. A questo punto la sua giornata poteva così concludersi in bellezza, nello stesso letto galleggiante in cui tutto era cominciato, in cui cadeva a peso morto, consumato dalle fatiche della giornata.

Purtroppo l’arte non era più parte della sua quotidianità, forse perché il mondo attorno a lui non aveva i colori di Nikorma: non disegnava più le sue amate coccinelle, perché erano troppo allegre e colorate per i suoi gusti. Quando non era impegnato a guardare i noiosi documentari scientifici in bianco e nero, per divertirsi fissava la parete di casa, ovviamente grigia come lui, con cui intratteneva discussioni.
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Finito il suo giretto, inciampando nel solito sasso anche sulla strada di ritorno; tornato a casa, si sdraiava sul divano e guardava un po’ di TV, che trasmetteva solo documentari scientifici in bianco e nero. All’ora di pranzo si scaldava nel microonde - peraltro non funzionante - il suo pasto, mangiava il suo piatto freddo e beveva dell’acqua con un retrogusto erbaceo, che lui definiva una tisana, dopodiché si recava di nuovo sul divano, accasciandosi senza forze. 
Jimmy aveva una stanza in cui preparava le sue pozioni. Lì passava la maggior parte del tempo cercando di creare intrugli che gli permettessero di insaporire il cibo o di far funzionare il microonde - ed ogni tentativo si rivelava sempre e comunque un fiasco - oppure cercava di creare medicine per alleviare il dolore che si causava ogni giorno inciampando nel masso durante la passeggiata mattutina.

Per l’ora di cena ripeteva la stessa routine del pranzo. A pasto terminato, si faceva una doccia nel cupo bagno che si trovava al piano superiore. Una volta entrato nel bagno, si chiudeva la porta alle spalle e si toglieva i vestiti, appallottolandoli e gettandoli in terra. A doccia terminata, indossava un accappatoio nero e si sedeva su uno sgabello. Dopo aver tentato di asciugarsi i capelli con un phon non funzionante, si metteva il suo solito profumo inodore e indossava gli stessi vestiti sporchi che aveva tolto prima di lavarsi. Provava nuovamente ad azionare l’asciugacapelli, ma tanto non funzionava lo stesso. La porta del bagno, una volta chiusa, non poteva essere più riaperta dall’interno, ma Jimmy se lo dimenticava sempre e così, come ogni sera, doveva calarsi dalla finestra: se solo si ricordasse della porta difettosa… o quantomeno di portarsi dietro la bacchetta magica per aprirla!
Uscendo dalla finestra cadeva sempre di faccia sull’aiuola delle rose, che fortunatamente attutivano il suo atterraggio imbranato, ma in compenso lo sporcavano di terra e costellavano i suoi vestiti di fili d’erba, oltre che riempirlo di punture e graffi per via delle spine. Si incamminava poi sul selciato ma, visto che i piedi erano bagnati, Jimmy scivolava sempre, cadendo nuovamente di muso. Quando finalmente riusciva ad entrare in casa era più sporco di prima, più stanco che mai e pieno di lividi. A questo punto la sua giornata poteva così concludersi in bellezza, nello stesso letto galleggiante in cui tutto era cominciato, in cui cadeva a peso morto, consumato dalle fatiche della giornata.

Purtroppo l’arte non era più parte della sua quotidianità, forse perché il mondo attorno a lui non aveva i colori di Nikorma: non disegnava più le sue amate coccinelle, perché erano troppo allegre e colorate per i suoi gusti. Quando non era impegnato a guardare i noiosi documentari scientifici in bianco e nero, per divertirsi fissava la parete di casa, ovviamente grigia come lui, con cui intratteneva discussioni.