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IL SETTECENTOLE IDEE DELL'ILLUMINISMO
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L'uscita dell'umanità dalle tenebre del passatoLoading...



IL QUADRO STORICO
La prima metà del secolo è segnata da tre guerre di successione: la guerra di successione spagnola (1702-14); la guerra di successione polacca (1733-35); la guerra di successione austriaca (1740-48).
Durante le guerre di successione, gli Stati italiani furono oggetto della consueta logica di spartizione e di compensazione territoriale tra le maggiori potenze europee.
A partire dagli anni Quaranta del Settecento, in molti Stati europei si aprì una fase di collaborazione fra sovrani e intellettuali. Riforme fiscali, perfezionamento del catasto, svecchiamento dell'apparato educativo, riordinamento delle burocrazie dell'amministrazione furono i punti programmatici salienti dell'azione di sovrani come Federico II in Prussia (1740-86), Maria Teresa in Austria (1740-80) e Caterina II in Russia (1762-96) che chiamarono alla loro corte prestigiosi intellettuali come Voltaire e Diderot.
Riformismo in Italia. A Napoli con Carlo di Borbone furono affrontate molteplici questioni in campo amministrativo giudiziario e fiscale. All'avanguardia si posero anche l'opera riformatrice dell'arciduca Pietro Leopoldo di Lorena nel Granducato di Toscana, quella dei Borboni nel piccolo Ducato di Parma e Piacenza, e quella dell'amministrazione asburgica in Lombardia.
Durante le guerre di successione, gli Stati italiani furono oggetto della consueta logica di spartizione e di compensazione territoriale tra le maggiori potenze europee.
A partire dagli anni Quaranta del Settecento, in molti Stati europei si aprì una fase di collaborazione fra sovrani e intellettuali. Riforme fiscali, perfezionamento del catasto, svecchiamento dell'apparato educativo, riordinamento delle burocrazie dell'amministrazione furono i punti programmatici salienti dell'azione di sovrani come Federico II in Prussia (1740-86), Maria Teresa in Austria (1740-80) e Caterina II in Russia (1762-96) che chiamarono alla loro corte prestigiosi intellettuali come Voltaire e Diderot.
Riformismo in Italia. A Napoli con Carlo di Borbone furono affrontate molteplici questioni in campo amministrativo giudiziario e fiscale. All'avanguardia si posero anche l'opera riformatrice dell'arciduca Pietro Leopoldo di Lorena nel Granducato di Toscana, quella dei Borboni nel piccolo Ducato di Parma e Piacenza, e quella dell'amministrazione asburgica in Lombardia.

Il settecento fu, dunque, in gran parte un'età di riforme. Vi si affermò infatti, a partire dalla seconda metà del secolo, l'idea che il cambiamento socio-economico potesse essere gestito e guidato mediante l'attività legislativa, in modo da evitare violente fratture, salvaguardando la posizione predominante delle elite politico-sociali dell' Ancien regime, ma accogliendo in parte le esigenze di una società sempre più complessa e in fermento. Nacque così il concetto di "progresso", inteso come fiducia nella storia, concepita come destinata ad evolversi verso un maggiore e più diffuso benessere. Si trattava di una vera e propria utopia laica, basata cioè non sulla religione, ma sulla ragione.
IL QUADRO STORICO
La prima metà del secolo è segnata da tre guerre di successione: la guerra di successione spagnola (1702-14); la guerra di successione polacca (1733-35); la guerra di successione austriaca (1740-48).
Durante le guerre di successione, gli Stati italiani furono oggetto della consueta logica di spartizione e di compensazione territoriale tra le maggiori potenze europee.
A partire dagli anni Quaranta del Settecento, in molti Stati europei si aprì una fase di collaborazione fra sovrani e intellettuali. Riforme fiscali, perfezionamento del catasto, svecchiamento dell'apparato educativo, riordinamento delle burocrazie dell'amministrazione furono i punti programmatici salienti dell'azione di sovrani come Federico II in Prussia (1740-86), Maria Teresa in Austria (1740-80) e Caterina II in Russia (1762-96) che chiamarono alla loro corte prestigiosi intellettuali come Voltaire e Diderot.
Riformismo in Italia. A Napoli con Carlo di Borbone furono affrontate molteplici questioni in campo amministrativo giudiziario e fiscale. All'avanguardia si posero anche l'opera riformatrice dell'arciduca Pietro Leopoldo di Lorena nel Granducato di Toscana, quella dei Borboni nel piccolo Ducato di Parma e Piacenza, e quella dell'amministrazione asburgica in Lombardia.
Durante le guerre di successione, gli Stati italiani furono oggetto della consueta logica di spartizione e di compensazione territoriale tra le maggiori potenze europee.
A partire dagli anni Quaranta del Settecento, in molti Stati europei si aprì una fase di collaborazione fra sovrani e intellettuali. Riforme fiscali, perfezionamento del catasto, svecchiamento dell'apparato educativo, riordinamento delle burocrazie dell'amministrazione furono i punti programmatici salienti dell'azione di sovrani come Federico II in Prussia (1740-86), Maria Teresa in Austria (1740-80) e Caterina II in Russia (1762-96) che chiamarono alla loro corte prestigiosi intellettuali come Voltaire e Diderot.
Riformismo in Italia. A Napoli con Carlo di Borbone furono affrontate molteplici questioni in campo amministrativo giudiziario e fiscale. All'avanguardia si posero anche l'opera riformatrice dell'arciduca Pietro Leopoldo di Lorena nel Granducato di Toscana, quella dei Borboni nel piccolo Ducato di Parma e Piacenza, e quella dell'amministrazione asburgica in Lombardia.

Il settecento fu, dunque, in gran parte un'età di riforme. Vi si affermò infatti, a partire dalla seconda metà del secolo, l'idea che il cambiamento socio-economico potesse essere gestito e guidato mediante l'attività legislativa, in modo da evitare violente fratture, salvaguardando la posizione predominante delle elite politico-sociali dell' Ancien regime, ma accogliendo in parte le esigenze di una società sempre più complessa e in fermento. Nacque così il concetto di "progresso", inteso come fiducia nella storia, concepita come destinata ad evolversi verso un maggiore e più diffuso benessere. Si trattava di una vera e propria utopia laica, basata cioè non sulla religione, ma sulla ragione.
LA LUCE DELLA RAGIONE
Nel Settecento si diffonde in Europa l'illuminismo, un movimento di pensiero nato in Francia che influenza tutti gli aspetti della vita e della cultura, il termine "illuminismo" suggerisce l'idea di una luce che illumina le menti umane attraverso l'uso della ragione, "liberando" gli uomini dalle "tenebre" del passato, ovvero da una cultura oscurantista e da credenze opprimenti.
L'uso della ragione cambia il mondo, crea le condizioni per una più giusta convivenza fra gli uomini e per un progresso materiale potenzialmente illimitato. Perché questo accada occorre che il sapere esca dalla ristretta cerchia di intellettuali e illumini tutti coloro che devono collaborare a questa utopia progressista
L'uso della ragione cambia il mondo, crea le condizioni per una più giusta convivenza fra gli uomini e per un progresso materiale potenzialmente illimitato. Perché questo accada occorre che il sapere esca dalla ristretta cerchia di intellettuali e illumini tutti coloro che devono collaborare a questa utopia progressista
Il "Caffè", pubblicato tra Brescia e Milano dal 1764 al 1766 ad opera dei fratelli Verri, divenne l'organo di un gruppo di intellettuali con un programma culturale omogeneo, che intendeva sollecitare interventi efficaci nella società.


Si assiste a uno straordinario sviluppo della cultura. Si moltiplicarono le iniziative di divulgazione del sapere, che poté raggiungere anche ceti e gruppi sociali non privilegiati, come la piccola borghesia e le donne: accanto alle accademie si affermano i caffè e i salotti, dove persone di diversa estrazione possono confrontarsi su temi di attualità.
L'impresa più significativa fu quella dell' Encyclopédie, opera redatta da Diderot e D'Alembert, che divenne fin da subito un vero e proprio monumento alla nuova intellettualità illuminista, e che dimostrò l'esistenza di un pubblico avido di un'informazione complessiva, aggiornata, e di carattere non solo letterario, ma anche tecnico-scientifico.
LA LUCE DELLA RAGIONE
Nel Settecento si diffonde in Europa l'illuminismo, un movimento di pensiero nato in Francia che influenza tutti gli aspetti della vita e della cultura, il termine "illuminismo" suggerisce l'idea di una luce che illumina le menti umane attraverso l'uso della ragione, "liberando" gli uomini dalle "tenebre" del passato, ovvero da una cultura oscurantista e da credenze opprimenti.
L'uso della ragione cambia il mondo, crea le condizioni per una più giusta convivenza fra gli uomini e per un progresso materiale potenzialmente illimitato. Perché questo accada occorre che il sapere esca dalla ristretta cerchia di intellettuali e illumini tutti coloro che devono collaborare a questa utopia progressista
L'uso della ragione cambia il mondo, crea le condizioni per una più giusta convivenza fra gli uomini e per un progresso materiale potenzialmente illimitato. Perché questo accada occorre che il sapere esca dalla ristretta cerchia di intellettuali e illumini tutti coloro che devono collaborare a questa utopia progressista
Il "Caffè", pubblicato tra Brescia e Milano dal 1764 al 1766 ad opera dei fratelli Verri, divenne l'organo di un gruppo di intellettuali con un programma culturale omogeneo, che intendeva sollecitare interventi efficaci nella società.


Si assiste a uno straordinario sviluppo della cultura. Si moltiplicarono le iniziative di divulgazione del sapere, che poté raggiungere anche ceti e gruppi sociali non privilegiati, come la piccola borghesia e le donne: accanto alle accademie si affermano i caffè e i salotti, dove persone di diversa estrazione possono confrontarsi su temi di attualità.
L'impresa più significativa fu quella dell' Encyclopédie, opera redatta da Diderot e D'Alembert, che divenne fin da subito un vero e proprio monumento alla nuova intellettualità illuminista, e che dimostrò l'esistenza di un pubblico avido di un'informazione complessiva, aggiornata, e di carattere non solo letterario, ma anche tecnico-scientifico.
VOILTAIRE E LA CRITICA DELL'INTOLLERANZA RELIGIOSA
Nel Settecento la tolleranza riguardava eminentemente la sfera religiosa, cioè la possibilità di una pacifica convivenza tra le varie fedi. La tolleranza settecentesca non riguardava, in generale, quelli che oggi noi consideriamo i diritti dell'individuo, ma solo il diritto di libertà di religione.

Fra i tanti autori illuministi che difesero la tolleranza religiosa, primeggia Voltaire (1694-1778), che su questo tema combatte una delle sue battaglie più ostinate. Voltaire vede nell'atteggiamento assolutistico e fanatico con cui le religioni sostengono di possedere l'unica ed esclusiva chiave per la salvezza, un pericolo mortale. La sua polemica è feroce soprattutto nei confronti della Chiesa cattolica, ma, in generale, egli si schiera contro ogni fede che non tolleri l'esistenza di altri modi di pensare e di raffigurarsi il destino dell'uomo.
Voltaire compose l' opera "Trattato sulla tolleranza" sull’onda dell’impressione suscitata in lui all’apprendere del caso Calas, di cui aveva avuto notizia nel 1762, pochi mesi dopo l’avvenuta esecuzione a Tolosa del protestante ugonotto Jean Calas. Il Trattato sulla tolleranza è pertanto dettato dall’emergenza giuridica di un processo difficile e complicato, fondato sull’accusa a Calas di avere compiuto un delitto rituale. Tuttavia, il Trattato di Voltaire non rimane circoscritto alla contingenza storica, non è solamente un’opera diretta alla cattolica corte francese e all’opinione pubblica francese, ma è anche una riflessione generale sulla tolleranza, che eleva la tolleranza dalla dimensione cristianocentrica a una dimensione universale: la tolleranza riguarda tutti gli uomini.