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ILLUSTRAZIONI IiSPIRATE AI RACCONTI DI "MARCOVALDO, OVVERO LE STAGIONI IN CITTA'"

by Classe 2°A

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Illustrazioni ispirate ai racconti di
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"marcovaldo, ovvero le stagioni in città"
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Classe 2°A
Funghi in città
Marcovaldo, mentre aspetta il tram per andare al lavoro, scopre dei funghi cresciuti su una striscia d'aiuola d'un corso cittadino. Crede di poter ritrovare un angolo di natura anche in città, un angolo solo a lui noto, e quando è finalmente arrivato il momento di raccogliere i funghi insieme ai figli, scopre che altre persone sono arrivate prima di lui tra le quali c'era anche Amadigi, uno spazzino occhialuto e spilungone che a Marcovaldo era antipatico da tempo; decide dunque di spargere la voce e far sì che tutti possano raccoglierli. L'episodio è concluso da una corsa in ospedale, i funghi erano velenosi e i malcapitati rivali nella raccolta si ritrovano tutti accomunati da un identico destino: condividere la stanza d'ospedale.
"Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l’attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto. Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse ad una tegola, non gli sfuggivano mai: non c’era tafano sul dorso d’un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola, buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marcovaldo non notasse, e non facesse oggetto di ragionamento, scoprendo i mutamenti della stagione, i desideri del suo animo, e le miserie della sua esistenza.
Così un mattino, aspettando il tram che lo portava alla ditta Sbav dov’era uomo di fatica, notò qualcosa d’insolito presso la fermata, nella striscia di terra sterile e incrostata che segue l’alberatura del viale: in certi punti, al ceppo degli alberi, sembrava si gonfiassero bernoccoli che qua e là s’aprivano e lasciavano affiorare tondeggianti corpi sotterranei.
Si chinò a legarsi le scarpe e guardò meglio: erano funghi, veri funghi, che stavano spuntando proprio nel cuore della città !"
Villeggiatura in panchina
Marcovaldo si sente soffocare in casa sua: dormono tutti in una sola camera. La panchina di una piazza alberata che ogni mattina attraversa per recarsi al lavoro lo fa sognare e immagina quanto sarà fresco e riposante dormirci tutto da solo. Una notte caldissima prende il suo guanciale e, zitto zitto, ci va. Ma la panchina è occupata da una coppia che litiga e lui deve aspettare a lungo; nell'attesa contempla la luna con la sua misteriosa luce naturale confrontandola con quella falsamente vivace di un semaforo. Quando finalmente può occupare la panchina, le luci del semaforo lo disturbano e poi ci sono rumori e puzze inconsuete che impediscono più di una volta a Marcovaldo di trovare il sonno tanto desiderato.
"Il fresco e la pace c’erano, ma non la panca libera. Vi sedevano due innamorati [...]
ma i due non tubavano mica: litigavano. E tra due innamorati un litigio non si può dire mai a che ora andrà a finire."
 E anche quando crolla sfinito e si addormenta, non può godere del riposo sperato: si risveglia pieno di dolori alla schiena e al fianco, con i quali deve correre al lavoro: è già mattina.
La città smarrita nella neve
In città è caduta la neve. Marcovaldo è incaricato di spalare il cortile antistante della ditta dove lavora. Marcovaldo sente la neve come amica, come un elemento che annulla la gabbia di muri in cui è imprigionata la sua vita. Con i mucchi di neve Marcovaldo crea strade tutte sue. Trasformato in pupazzo di neve da un carico di tre quintali piombatogli addosso dalle tegole ne esce gonfio ed intasato dal raffreddore. Per una tromba d'aria provocata da uno starnuto di Marcovaldo tutta la neve viene risucchiata in su e il cortile si ripresenta con le cose di tutti i giorni, spigolose ed ostili.
"Andò al lavoro a piedi[...] Le vie e i corsi s’aprivano sterminate e deserte come candide gole tra rocce di montagne. La città nascosta sotto quel mantello chissà se era sempre la stessa o se nella notte l’avevano cambiata con un’altra? Chissà se sotto quei monticelli bianchi c’erano ancora le pompe della benzina, le edicole, le fermate dei tram o se non c’erano che sacchi e sacchi di neve? Marcovaldo camminando sognava di perdersi in una città diversa: invece i suoi passi lo riportavano proprio al suo posto di lavoro di tutti i giorni..."
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