LETTERE AI GIUSTI

Caro Carlo Angela, In questo terzo anno di scuola media abbiamo approfondito l’argomento della Shoah, già trattato anche negli anni precedenti. Quest’anno abbiamo studiato in particolare i Giusti tra le Nazioni e abbiamo incontrato Lei, un uomo fantastico e pieno di forza che ha compiuto una missione molto difficile e importante che, alla fine, è riuscito a portare a termine, salvando centinaia di persone ebree e antifasciste. Noi siamo tre ragazzi, Marta, Margherita e Joele della scuola media Giovanni XXIII di Senago. Siamo rimasti fortemente colpiti nel leggere la storia della sua straordinaria vita scritta da suo figlio, Piero Angela, ma, soprattutto, la cosa che ci ha riempiti di ammirazione è quando nella sua vita non si è arreso davanti al primo ostacolo ma è andato avanti e ne ha superati tanti altri. Un'altra cosa che ci ha colpito molto è il fatto che Lei non è rimasto indifferente davanti alle atrocità commesse dai nazisti ai nostri simili.

"L'indifferenza è più colpevole della violenza stessa" 

Purtroppo, ancora oggi ci capita di vedere molte persone indifferenti alle ingiustizie che vengono commesse e alla sofferenza del prossimo. Lei è stato un “partigiano” che non ha agito sul campo di battaglia ma ha agito con coraggio nella&nbsp;struttura psichiatrica a Olcenengo, falsificando migliaia di cartelle cliniche che hanno permesso di salvare molte vite. Questo è stato un vero gesto da Giusto. Con questa nostra lettera vorremmo ringraziarLa migliaia di volte per quello che ha fatto, perché grazie a Lei e a tante altre persone che hanno combattuto contro l'ingiustizia, il mondo sarebbe un luogo senza speranza . Grazie di cuore.

Margherita Mantovani, Joele Volpi e Marta Marli

Anche se magari ti sentivi come tutti gli altri, in realtà, secondo noi, non lo eri. Purtroppo, nel mondo c’è tanta cattiveria ma, per fortuna, c’è anche gente come te che è in grado di diffondere il bene. Sappiamo che sei venuto a mancare da poco e, se solo ci fossimo informati sulla tua storia prima, saremmo corsi a ringraziarti e a farti i complimenti. Speriamo che da lassù tu possa leggere questa lettera e che tu possa comprendere che qui sulla terra c’è ancora la tua memoria. Grazie di tutto per ciò che hai fatto! Sei e sarai sempre un esempio per tutti noi.&nbsp;

Lara Fioritti, Martina Mezzavilla e Jacopo Fossati

Cher Kaddur, nous vous écrivons une lettre idéal, en espérant que vous pouvez nous écouter, où qu'il soit et quel que soit votre paradis. Nous avons connu votre histoire grâce à un laboratoire sur les Juste de la Shoah que nous sommes en train de faire à l'école. Ce que vous avez fait nous a surpris, aussi parce-que nous vivons à une époque où l'intollerance et le racisme envers les musulmans sont très présents. Nous entendons souvent parler de manière discriminatoire de la religion islamique et qui le professe est considéré comme différent ou un problème pour notre pays. C'est parce que nous sommes heureux de connaître l'histoire de une personne comme vous, que a risqué tout pour aider les personnes en grave difficulté. Votre histoire est, donc, pour nous un grand exemple et nous voulons que votre mémoire reste comme un précieux héritage pour notre génération et les suivantes.&nbsp; Merci,&nbsp; Sara, Emma

Caro Oscar Schindler la tua storia ci ha colpito molto perchè hai rinunciato alla ricchezza per salvare la vita a più di 900 ebrei mettendo in rischio la tua. Per questo sei una grandissima persona. Ironia del destino dopo la fuga in Argentina e il rientro in Europa non hai avuto il supporto di nessuno e ti sei trovato povero e solo. Per fortuna conclusa la guerra il bene da te compiuto è stato riconosciuto e onorato con un albero a te dedicato nel giardino dei Giusti dello Yad Vashen di Gerusalemme. Per noi sei un esempio,perché da persona normale, quale eri, hai fatto la differenza, diventando un eroe; questo ci insegna che non serve essere grandi uomini per compiere del bene. Pensare che nel mondo ci siano persone come te ci rincuora molto; ti promettiamo di non dimenticarti e di seguire il tuo messaggio combattendo indifferenza.

Simone Acunzo, Gabriele Genesi e Lorenzo Di Fini

Benedetto De Beni rimane in Ucraina con il contingente italiano. Dopo l’8 settembre si rifiuta di entrare nell’ esercito della repubblica di Salò e viene deportato in un campo di concentramento tedesco. Tornerà a casa a guerra finita, quando Sara e Rachel Turok sono già rientrate in Ucraina. Benedetto De Beni si spegne a Seriate il 26 gennaio 1966. L’8 settembre 1996 sarà il figlio Bernardo De Beni a ricevere dallo Yad Vashem il riconoscimento postumo di Giusto tra le Nazioni. Alla cerimonia era presente Rachel Turok. Il 4 giugno 2010 il Comune di Calcinate ha dedicato un albero del giardino in viale Olmi a Benedetto De Beni.

Nell’agosto ’43 il Patronato è colpito da una bomba che devasta l’edificio, ma il sacerdote, per evitare che i ragazzi suoi ospiti siano richiamati al fronte nelle file repubblichine, li nasconde nelle cantine e ne altera i documenti. Nel novembre ’44, due mesi dopo la chiusura della Colonia Don Eugenio viene arrestato perchè sospettato delle sue attività, ma la reazione ferma di tutto il quartiere e le pressioni del cardinale Schuster ne determinano la liberazione, allontanando lo spettro della deportazione. Cinque mesi dopo Milano è liberata dalle brigate partigiane e anche il coraggioso prete dei poveri è salvo. Don Eugenio continua la sua frenetica attività a favore dei ragazzi anche nel dopoguerra, costruendo altre colonie. Muore il 29 gennaio 1977 e dopo lunghe ricerche sono riusciti a rintracciare in Israele Alberto Fazio, uno dei bambini ebrei nascosti dal sacerdote, e a ricostruire così le vicende di aiuto e di salvataggio di cui fu protagonista. Il 28 marzo 1990 gli fu dato il titolo di “Giusto tra le Nazioni”.

Non poteva accettare che ciò accadesse. Aveva capito che l’esperienza di un genocidio produce una doppia responsabilità: insieme al dovere di ricordare le vittime, esiste quello di non dimenticare chi ha rischiato la vita per salvarle. Ogni gesto di responsabilità, di resistenza, anche il più piccolo, va salvato dall'oblio, difeso nella memoria. Seguendo il principio di Moshè Bejski, “non un solo Giusto deve essere dimenticato”. Ha trasmesso alle autorità dello Yad Vashem i documenti e le testimonianze che hanno consentito di dichiarare Giovanni Gelati e Lydia Cardon, inseparabile compagna di una vita, “Giusti fra le Nazioni”, accanto ad altri livornesi come Frisini e Canessa il cui nome è già iscritto nel “Viale dei Giusti” a Gerusalemme. Sia in benedizione la loro memoria.

Il termine&nbsp;Giusti&nbsp;è tratto dal passo della Bibbia che afferma "chi salva una vita salva il mondo intero" ed è stato utilizzato, per la prima volta, in Israele in riferimento a coloro che hanno salvato gli ebrei durante la persecuzione nazista in Europa. Il concetto di&nbsp;Giusto&nbsp;è stato ripreso per ricordare i tentativi di fermare lo sterminio del popolo armeno in Turchia nel 1915 e, per estensione, a tutti coloro che nel mondo hanno cercato o cercano di impedire il crimine di genocidio, di difendere i diritti dell'uomo, in primo luogo la dignità umana, nelle situazioni estreme, o che si battono per salvaguardare la verità e la memoria contro i ricorrenti tentativi di negare la realtà delle persecuzioni.

La storia di Giovanni Barbareschi...

Nasce a Milano l'11 febbraio 1922, studia in seminario e, con l'armistizio dell'8 settembre 1943, decide di appoggiare la Resistenza. Assieme ad altri tre sacerdoti suoi amici, don Enrico Bigatti, don Andrea Ghetti, don Natale Motta, è tra gli iniziatori e attivi gestori dell'Oscar (Organizzazione Soccorso Cattolico Antifascisti Ricercati). L’organizzazione riesce a portare in salvo in Svizzera migliaia di persone, preparando per antifascisti, ebrei, prigionieri alleati rimasti dietro le linee, i documenti falsi per circolare fino al momento di espatri. Il 10 agosto 1944, 15 partigiani sono fucilati in piazzale Loreto dalla Brigata Muti e lasciati sulla piazza; il diacono Barbareschi, che ha proposto al

La storia di Gino Bartali...

Gino Bartali,&nbsp;nato a Firenze nel 1914, è stato un famoso campione di ciclismo, vincitore di tre Giri d’Italia e due Tour de France. Bartali era un devoto cattolico ed era molto legato all'Arcivescovo&nbsp;Angelo Elia Dalla Costa&nbsp;(riconosciuto come Giusto tra le Nazioni nel 2012). Di conseguenza, dopo l'occupazione tedesca in Italia nel settembre 1943, Bartali - che era un corriere della Resistenza - giocò un ruolo molto importante nel salvataggio degli ebrei da parte della&nbsp;Delegazione per l’assistenza agli immigrati&nbsp;, rete avviata dallo stesso Dalla Costa e dal rabbino&nbsp;Nathan Cassuto.&nbsp;

Bartali, che per allenarsi era noto coprire grandi distanze,&nbsp;trasportava documenti falsi nel manubrio e nella sella della sua bicicletta, e poi li consegnava alle famiglie dei perseguitati tra Firenze e Assisi.Quando veniva fermato e perquisito, chiedeva espressamente che la bicicletta non venisse toccata, giustificandosi dicendo che le diverse parti del mezzo erano state attentamente calibrate per ottenere la massima velocità. Sono diverse le testimonianze dell’opera di salvataggio di Bartali. Prima tra tutte quella di&nbsp;Giulia Donati, una donna fiorentina che dal 1974 vive in Israele, a cui Gino consegnò personalmente i documenti falsificati che salvarono tutta la sua famiglia.

"Non pensiamo alla miseria, ma alla bellezza che rimane"

CARLO ANGELA

Noi crediamo che questi comportamenti siano inaccettabili e speriamo che in futuro la nostra generazione possa cambiare in meglio. Noi La ammiriamo molto perché sappiamo che la sua scelta&nbsp;coraggiosa è stata difficile da prendere. Lei ha rischiato la sua vita per salvare quelle altrui, non Le interessava il pericolo a cui andava incontro nascondendo la famiglia Contente,&nbsp;il suo principale obbiettivo era quello di proteggerla e salvarla da morte sicura. Come ci si sente ad essere un eroe? Perché lei per noi è questo ! Grazie per quello che ha fatto! Chi salva una vita salva il mondo, dice la Bibbia. Forse non salveremo vite ma ci impegniamo a lottare per il rispetto della libertà e della dignità di ogni essere umano. Dobbiamo ringraziare i nostri professori perché senza di loro e senza questo laboratorio non saremmo mai venute a conoscenza della Sua esistenza e delle sue azioni. Grazie di aver cercato di rendere, con il suo sacrificio, il nostro mondo un posto migliore, grazie a Lei e a tutti i Giusti.

Elena Pistoia, Alessandra Grassi e Gaya Cuozzo

Nel periodo 1940-1941 Schindler abbandonò l’assunzione di manodopera polacca per assumere operai ebrei a basso costo, i quali, nel frattempo, furono confinati nel ghetto per opera della Schutzstaffel.Nel 1941, in piena guerra, la produzione della fabbrica passò dagli utensili per cucina alla costruzione di sola attrezzatura bellica. Nel 1942, Schindler assistette ai rastrellamenti di Cracovia, dove migliaia di ebrei vennero prima umiliati e selvaggiamente picchiati e poi portati nel Campo di concentramento di Kraków-Płaszów. Dopo queste orribili visioni, sfruttò al meglio le sue capacità di mediatore e, visti i buoni rapporti che aveva con Amon Goeth, comandante di Campo di<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Krak%C3%B3w-P%C5%82asz%C3%B3w"> </a>concentramento di Kraków-Płaszów, riuscì a trasferire circa 900 ebrei nella sua fabbrica, tenendoli al sicuro dalle barbarie tedesche. Il piano, tuttavia, non andò come sperato. Con l’invasione dell’Armata Rossa i tedeschi iniziarono a uccidere tutti gli ebrei presenti nei campi e quelli che erano nascosti nelle varie città.

Piera Rossi ci parla di un diario dell’avvocato Giovanni Gelati, Scritto in un italiano scorrevole ed elegante, “sin dalla prima lettura mi affascina per il suo contenuto e mi colpisce soprattutto l’episodio di aver accolto due bambini ebrei affidatigli da un amico” - racconta Piera Rossi - “perché&nbsp;mio padre Cesarino&nbsp;era in fuga, dopo l’8 settembre, ricercato dalle truppe tedesche. Dei sentimenti antifascisti e repubblicani di Giovanni Gelati, della sua amicizia per molte famiglie ebraiche di Livorno vi sono numerose prove e testimonianze, compresa la titolarità della libreria del nonno della ragazza, Belforte, che non poteva più mantenerla a causa delle Leggi razziali del 1938; e anche della sua fede religiosa che si sarebbe poi sviluppata e approfondita successivamente. Giovanni Gelati, uomo di legge e di fede di fronte all’ alternativa se obbedire ad una legge ingiusta degli uomini oppure alla legge naturale, non ha il minimo dubbio. Quelli erano momenti terribili, nei quali non era più possibile non capire, sfuggire ad una scelta: girare la testa da un’altra parte era già uno scegliere.

Un altro testimone, Renzo Ventura, ha dichiarato che, durante l’occupazione nazista, sua madre Marcella Frankenthal Ventura aveva ricevuto documenti falsi dalle mani di Bartali, portati loro dal ciclista per conto della rete di Dalla Costa. Gino Bartali aiutò a salvare anche la famiglia&nbsp;Goldenberg, che il campione incontrò per la prima volta a Fiesole nel 1941. Shlomo, che allora aveva 9 anni, ricorda un incontro con il ciclista e suo cugino Armando Sizzi, amico dei Goldenberg.

"La verità è il solo riscatto che possiamo avere"

La sua storia... Giovanni Gelati si trovava sfollato nel 1944 a Coreglia Antelminelli, un paesino in provincia di Lucca, speranzoso di trovare finalmente un po' di quiete. Ma il paese era in subbuglio, dal momento che il podestà era stato rapito dai partigiani. A Gelati fu offerto di sostituirlo, lui accettò soltanto a patto di non pronunciare alcun giuramento. Divenne di fatto una sorta di podestà antifascista che, grazie a quel ruolo, riuscì a nascondere i due bambini proprio sotto il naso dei nazisti, per molti anni. Finita la guerra, Giovanni Gelati divenne un grande avvocato a Livorno e i tutta la Toscana, famoso per le sue doti oratorie e per la sua vasta cultura.

Voleva solo ricordare chi aveva tentato, di fronte ad un male estremo, autorizzato dalla legge degli uomini, di salvare anche una sola vita, chi era stato capace di comportarsi semplicemente da uomo. Moshè amava gli uomini, non cercava i “santi”.Dice il Talmud che chi salva una vita salva il mondo; salvando una vita non si salva solo una persona ma anche la sua discendenza nelle generazioni che verranno.&nbsp;Moshe Bejski era uno dei 1.200 inseriti nella famosa lista di Schindler. Questo legame fra Bejski e Schindler sta a fondamento dell’elaborazione di un concetto totalmente nuovo: “la memoria del bene durante un genocidio”. Moshè era inquieto perché temeva che si ripetesse la solitudine in cui era stato lasciato chi aveva saputo sfidare le leggi del male. Forse troppi ebrei si erano dimenticati di chi li aveva salvati. Temeva l’ingratitudine dei sopravvissuti, la leggerezza della memoria.

La storia di Carlo Angela...

Nasce a Olcenengo il 9 gennaio 1875. Studia medicina all'Università di Torino dove si laurea nel 1899. In seguito si reca in Congo dove esercita la professione medica con la divisa dell’esercito belga. Tornato in Europa, si specializza in neuropsicologia a Parigi, seguendo le lezioni di Babinski, un grande professore famoso per aver lavorato con Sigmund Freud. Nel dopoguerra decide di partecipare alla vita politica italiana e diviene membro di "Democrazia Sociale", un partito socialista fondato nel 1921 che, pur apparendo progressista, assume molte posizioni nazionaliste e autoritarie e sostiene il fascismo. Per questo motivo Carlo Angela nel 1924 decide di prenderne le distanze unendosi al partito socialista più riformista guidato da Ivanoe Bonomi.

Caro Giorgio, Siamo tre ragazzi di terza media dell'Istituto comprensivo di Senago, in provincia di Milano. Stiamo partecipando a un laboratorio per studiare i Giusti tra le Nazioni e dedicare loro un Giardino. Il nostro gruppo ha deciso di approfondire la Sua vita. Abbiamo scoperto come Lei e` riuscito a salvare molte persone di religione&nbsp;ebraica perseguitate dai Nazisti. Siamo stati molto colpiti dal Suo coraggio e, per noi, quello che Lei ha fatto e` incredibile, non solo per il salvataggio di molti ebrei ma anche per la sua temerarietà e capacità di accreditarsi presso il consolato spagnolo a Budapest, impresa che ci è apparsa degna di un'impresa da film d'azione. Ci ha colpito molto anche che, dopo la fine della seconda guerra mondiale, non ha mai raccontato della sua avventura e ha condotto una vita tranquilla fino all' età di settant'anni, quando due ragazze ebree di Budapest hanno fatto delle ricerche su di Lei e hanno scoperto tutto quello aveva fatto portandolo a conoscenza del mondo intero, giustamente. La stimiamo molto per tutto quello che ha fatto e La ringraziamo per averci insegnato che il razzismo è sempre sbagliato; che alla base della convivenza pacifica c'e` il rispetto del nostro prossimo.

"perchè quel filo spinato non è ancora del tutto tagliato..."

Ci deve essere il rispetto dei diritti umani, abbiamo capito che il mondo non deve cedere ancora alla piaga delle dittature ma salvaguardare sempre la libertà e la democrazia. Studiare questo periodo triste della nostra storia ci ha fatto capire che, prima di tutto, non dobbiamo essere indifferenti e in questa riflessione ci ha aiutato una poesia molto bella di Martin Niemoeller che dice:&nbsp; "Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare".&nbsp; Ci ricorderemo di queste parole, le porteremo nel nostro cuore e cercheremo di trarne ispirazione per il nostro futuro. La salutiamo con affetto.

Alessia Ballabio, Alessandro Seveso e Fabio Ambruosi

Caro Signor Gelati, studiando l'argomento delle dittature nazista e fascista, siamo venuti a conoscenza della Sua storia e di quella di molti altri che, come Lei, si sono impegnati a salvare la vita di&nbsp;persone comuni, come noi, dalla ferocia dei nazisti. Consideriamo il suo gesto eroico e ci chiediamo se avremmo mai avuto il Suo coraggio. Molti nostri connazionali sono stati indifferenti alle discriminazioni e alle deportazioni di migliaia di ebrei italiani. La maggior parte delle persone non ebree si giravano dall'altra parte, come se il problema non li riguardasse, consentendo il genocidio.

Cardinale Schuster una processione cittadina sul posto (scartata per motivi di sicurezza), viene inviato dall'Arcivescovo a benedire le salme, a ricomporle e recuperare qualche effetto personale o messaggio, rimasto loro addosso, per le famiglie o i compagni. Tre giorni dopo viene ordinato sacerdote e dopo altri due giorni arrestato e condotto a San Vittore. Torturato dalle SS e dai repubblichini, resiste fino a quando l'intervento del Cardinale non ne ottiene la liberazione. Ripresa l'attività partigiana in Valcamonica come cappellano con le Fiamme Verdi, viene arrestato di nuovo e finisce nel campo di concentramento di Gries (Bz). Durante il trasferimento verso un lager tedesco riesce a fuggire. Ritorna a Milano e si prodiga nei giorni successivi al 25 aprile affinché gli aguzzini delle SS e fascisti, che avevano torturato e ammazzato senza pietà durante i 20 mesi di terrore cittadino, non subiscano linciaggi o giustizia sommaria ma siano consegnati agli Alleati per essere regolarmente processati.

"Chi non ricorda il passato è costretto a ripeterlo"

"La parola ferisce, il silenzio colpisce e l'indifferenza uccide"

Nel mese di ottobre abbiamo iniziato un laboratorio riguardante i Giusti tra le nazioni che ha coinvolto la classe 3B e la classe 3C del nostro Istituto. Innanzitutto abbiamo approfondito l'argomento della Shoah, attraverso schede, video e interviste. Dopodiché, dividendoci in gruppi, abbiamo ricercato la storia di alcuni Giusti che ci hanno colpito, associando ad ognuno un QR code informativo.&nbsp; Dunque abbiamo realizzato delle carte d'identità e abbiamo scritto delle lettere indirizzate a Liliana Segre e ad ogni Giusto studiato da ciascun gruppo.

Caro dottor Bassi, stiamo facendo un laboratorio sui Giusti, così abbiamo deciso di occuparci di Lei e delle sue buone azioni, perché sappiamo che ha salvato molte vite con coraggio e determinazione. Sappiano che i Giusti della terra sono molti e tutti coloro che hanno salvato vite umane lo hanno fatto in silenzio perché “il bene si fa e non si dice”. Questa citazione vuole farci capire che le persone che compiono il Bene non lo fanno per sentirsi degli eroi o per ricevere onori ma perché dentro di loro, nel loro profondo del loro cuore, sentono che è la cosa giusta da fare. Venendo a conoscenza della Sua esistenza e di come Lei ha agito contro le ingiustizie e l’indifferenza, ci sentiamo di ringraziarLa e raccogliamo volentieri il testimone della battaglia per i diritti umani….

Da questa lettura si evince che Renzo Segre e la moglie si sono finti malati mentali e si sono nascosti per sei mesi a Villa Turina Amione. Segre descrive il professore come un uomo dal carattere incredibilmente carismatico che, nonostante la preoccupazione per la propria famiglia, salva lui e molte altre persone rischiando la vita senza mai chiedere niente in cambio. Grazie alle ricerche dello storico Franco Brunetta vengono raccolti i documenti e le testimonianze da sottoporre alla Commissione di Gerusalemme per l’assegnazione a Carlo Angela del titolo di “Giusto tra le Nazioni”. Il 25 aprile 2002 a San Maurizio Canavese avviene la cerimonia di consegna della medaglia con il riconoscimento di Yad Vashem ai figli Sandra e Piero in memoria del padre.

Carissimo signor Benedetto de Beni, chi Le sta scrivendo questa lettera è un gruppo di studenti di terza della scuola Media Giovanni XXIII di Senago in provincia di Milano. Noi stiamo studiando la Shoah e le persone che hanno fatto la differenza in quel periodo salvando vite umane e rischiando la propria di vita. In particolare ci siamo interessati alla Sua storia cercando di sapere tutto della sua vita per capire chi era e come ha operato. Abbiamo scoperto&nbsp;che era un ufficiale dell'esercito italiano ed era anche sposato, eppure ha rischiato la vita per&nbsp;salvare&nbsp;quella di molti&nbsp;altri.&nbsp;Ci ha mai pensato? Crediamo di si e ci avrà di sicuro riflettuto pensando che avrebbe potuto morire&nbsp;per mano dei nazisti se avessero scoperto che&nbsp;aveva nascosto delle ragazze ebree salvando loro la vita.

Se tutti avessero avuto il suo stesso atteggiamento probabilmente i tedeschi sarebbero stati sconfitti prima e la vita di molte persone sarebbe stata risparmiata. Ciò che soprattutto ci ha colpito, è stato che Lei non ha esitato a sacrificare la Sua carriera professionale mettendo a rischio la Sua vita per salvare i figli di un suo amico. Oltre che essersi rivelato un grande uomo, si rivelò anche un grande amico. Ascoltando la sua storia abbiamo imparato il valore&nbsp;dei diritti umani e ci sentiamo di raccogliere il suo esempio e ricordarlo alle future generazioni per diventare dei cittadini responsabili e civili.

Greta Cozzolino, Laura Ruggeri e Andrea Barbagallo

L’uomo ancora oggi mantiene viva l’immagine di quel momento, anche perché Bartali gli regalò una bicicletta e una sua&nbsp;foto con dedica.&nbsp;Quando più tardi, dopo l'occupazione tedesca, i Goldenberg furono costretti a nascondersi, Bartali offrì loro rifugio in uno scantinato che possedeva in comproprietà con Sizzi.&nbsp; Ricercato dalla polizia fascista, Bartali sfollò a Città di Castello, dove rimase cinque mesi, nascosto da parenti e amici. Con la sua azione, Bartali ha contribuito al salvataggio di 800 persone fra il settembre 1943 e il giugno 1944. Già medaglia d’oro al merito civile nel 2005, Gino Bartali è stato riconosciuto come&nbsp;Giusto tra le Nazioni&nbsp;da Yad Vashem il 23 settembre 2013.

Quando il 10 dicembre del 1942 iniziano le deportazioni, le due sorelle fuggono a nascondersi in caserma. Sara e Rachel iniziano così a lavorare nella cucina del campo italiano e seguono l’unità dei soldati fino alla linea del fronte. Nel 1943, per condurle in salvo, i militari fanno salire Sara e Rachel sul primo convoglio che rientra in Italia e consegnano loro una lettera del capitano De Beni per la moglie Isa, nella quale le chiede di aiutarle. Sara e Rachel arrivano ad Udine e da lì fanno avere alla signora Isa Cittadini (che è sfollata dal padre a Gromo in Val Seriana) la lettera del marito. Non appena riceve la missiva Isa invia alle ragazze il denaro necessario per raggiungere la sua casa e le tiene con sé per oltre due anni, offrendo loro protezione e sostegno.

LA MOGLIE DI BENEDETTO DE BENI CON LE DUE BAMBINE CHE HANNO SALVATO

La lettera... Caro signor Bartali, chi le scrive questa lettera sono tre ragazzi della scuola media Papa Giovanni XXIII di Senago. Quello che ha fatto ci ha molto colpiti, soprattutto perché è riuscito ad avere il coraggio di andare contro alle leggi ingiuste di allora, è riuscito a non essere indifferente, come tanti altri, di fronte alle nefandezze del nazismo. Anche oggi stiamo assistendo a episodi di razzismo, ma adesso non ci sono tante&nbsp;persone come Lei e invece ne servirebbero... “Chi salva una vita, salva il mondo”, questa frase della Bibbia che sappiamo Le è molto cara, la dedichiamo a Lei, come a tutti i Giusti della terra, di ieri e di oggi. La ringraziamo perché anche Lei ha fatto parte delle persone che hanno aiutato a salvare molte vite vittime innocenti della ferocia nazista. Amiamo anche la sua bellissima frase che dice:”Il vestito dell'ultimo giorno è senza tasche”, perché quando lasciamo questo mondo non portiamo con noi beni materiali ma solo l'amore e la riconoscenza di chi ha ricevuto il dono del nostro bene.

Sofia Fizzardi, Viola Crippa e Olmo Mazzocchi

Successivamente abbiamo realizzato il nostro " Albero del Bene" sulle pareti delle scale delle nostra scuola e progettato e realizzato il " Giardino dei Giusti" anche nel nostro Istituto. Infine abbiamo creato delle pietre d'inciampo con l'argilla, dedicate ad alcuni ebrei italiani che purtroppo non sono tornati dai campi di sterminio nazisti. Esse verranno posizionate in luoghi visibili della nostra scuola e, insieme ai Giusti tra le Nazioni che abbiamo scelto, costituiranno una "mostra permanente". Questo Laboratorio ci è piaciuto molto e ci ha insegnato che ricordare è importante perché, come dice la nostra cara Liliana, " La memoria rende liberi".

Il presidente e fondatore di Gariwo propose di riservare un luogo simbolico della nostra città alla memoria delle figure esemplari di resistenza morale. Il 24 gennaio 2003 è stato inaugurato a Milano il Giardino dei Giusti di tutto il mondo. Nel Giardino vengono onorati gli uomini e le donne che hanno aiutato le vittime delle persecuzioni, difendendo i diritti umani, salvaguardando la loro dignità contro ogni forma di annientamento della identità e testimoniando la verità contro i ripetuti tentativi di negare i crimini commessi. A ciascuno di loro è dedicato un ciliegio selvatico con un cippo in granito deposto nel prato sottostante. Dal 13 novembre 2008 la gestione del Giardino è affidata all'Associazione per il Giardino dei Giusti di Milano, fondata dal Comune di Milano, dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e da Gariwo onlus.

La storia di Giorgio Perlasca...

Vita movimentata quella di Perlasca. Già negli anni Venti, il ragazzo, è espulso per un anno "da tutte le scuole del Regno". Aveva pesantemente litigato con un professore che non apprezzava come lui l'«impresa di Fiume». Fascista convinto, Perlasca parte volontario per l'Africa orientale. Durante la guerra civile spagnola combatte dalla parte dei franchisti. Entra in crisi quando ritorna in Italia. Non lo convince l'alleanza di Mussolini con Hitler e, soprattutto, lo disgustano le leggi razziali del 1938. Non diventerà mai, però, un vero antifascista, tant'è che, allo scoppio della seconda guerra mondiale è mandato, con lo status di diplomatico, come incaricato d'affari nei paesi dell'Est. L'armistizio lo coglie a Budapest. Perlasca, che ha prestato giuramento al Re, rifiuta di aderire alla repubblichetta di Salò. È così internato insieme con altri diplomatici. Fugge quando i tedeschi affidano il comando dell'Ungheria alle Croci Frecciate. Ripara da vari conoscenti, poi si rifugia all'Ambasciata spagnola.

La storia di Oskar Schindler...

Oskar Schindler (Svitavy,28 aprile 1908 Hildesheim, 9 ottobre 1974) è stato un imprenditore tedesco, famoso per aver salvato durante la seconda guerra mondiale circa 1.100 ebrei dallo sterminio con il pretesto di impiegarli come personale necessario allo sforzo bellico presso la sua fabbrica di utensili a Cracovia. L'intera vicenda fu divulgata al grande pubblico grazie all'incontro tra lo scrittore australiano Thomas Keneally e il negoziante Leopold Pfefferberg (detto Poldek), un sopravvissuto allo sterminio grazie a Schindler e del quale, dopo la guerra, divenne fraterno amico. Amante del rischio, nonostante le leggi razziali naziste entrate in vigore, Schindler intrattenne affari con la comunità ebraica polacca, raccogliendo e nascondendo documenti segreti insieme alla moglie. Si trasferì quindi stabilmente a Cracovia dove rilevò la fabbrica di utensili da cucina Rekord.

Ci chiediamo dove abbia trovato il coraggio di opporsi alla barbarie mettendo a rischio la sua stessa vita. Forse, però, in situazioni così difficili il coraggio ce lo si deve dare se non si vuole abbassare il capo e andare contro i propri valori morali. Chissà quanta paura avrà avuto! Eppure è andato avanti lo stesso sapendo che salvare una vita è un dovere così grande da superare anche la paura. Noi non dobbiamo ringraziarla solo per avere fatto del bene ma anche perché, se non fosse stato per Lei, noi non saremmo venute a conoscenza delle ingiustizie subite dagli ebrei e non avremmo mai saputo che esistono molte persone coraggiose, determinate e soprattutto che sono state così generose da offrire un futuro a coloro che sarebbero venuto dopo, come noi. Anche adesso ci sono problemi di razzismo, non solo il ritorno del'antisemitismo, vergognoso e intollerabile ma del razzismo contro i migranti accusati di invadere l'europa portando via il lavoro o di diffondere delinquenza e terrorismo.

La storia di Giacomo Bassi...

Giacomo Bassi nasce il 18 marzo 1896 a Gottro, in provincia di Como. Si diploma come geometra e, durante la Prima Guerra Mondiale, presta servizio militare sul fronte tridentino come Ufficiale di fanteria. Nel 1927, finita la guerra, si laurea in farmacia e successivamente in veterinaria. Durante gli studi supera un concorso nella pubblica amministrazione e diventa Segretario comunale. Lavora in un consorzio di Comuni, tra cui Canegrate, e prende servizio presso S. Giorgio su Legnano. Grazie all'intervento di Bassi l’intera famiglia Contente, di religione ebraica - composta da Israel, dalla moglie Paola e dai loro tre bambini - riuscirà a scampare alla deportazione. Nel 1943 nell'ufficio di Bassi si presentano la signora Paola Contente con il figlio Nissim chiedendogli aiuto. Sfollati da Milano a Canegrate, dopo aver saputo del tragico massacro di ebrei a Meina sul Lago Maggiore, la famiglia Contente aveva tentato di espatriare in Svizzera ma sul confine viene respinta dalle autorità. Rassegnati, Israel e Paola con i tre figli non sanno cosa fare e rientrano in paese.

La storia di Eugenio Bussa...

Eugenio Cesare Bussa nasce il 3 settembre 1904 a Milano, nel popolare quartiere Isola. Frequenta l’oratorio del Patronato di S. Antonio, di cui diventa vicedirettore dopo essere stato ordinato sacerdote nel 1928. Negli anni ‘30 fonda la Schola cantorum e costruisce la nuova chiesa, è segretario della Federazione Oratori Milanesi e nel ’37 ne diventa direttore. Nel febbraio ‘43 crea la colonia di sfollamento di Serina (Bg) dove dà riparo a una trentina di bambini, figli poveri dell’Isola, dei dipendenti Pirelli e di conoscenti del Patronato, per poi allargare il gruppo ad altri piccoli, fino a raggiungere le ottanta presenze. Accoglie, all'insaputa di tutti, anche bambini ebrei, nascondendoli sotto falso nome e garantendo il rispetto della loro diversa fede religiosa.

"Aiutare i deboli ci renderà più forti"

Nel memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme fra i sei milioni di vittime della barbarie nazista sono ricordati i nomi di un milione e mezzo di bambini innocenti ai quali è stata negata la vita e la possibilità di una discendenza, con la sola colpa di essere nati. Giovanni e Lydia Gelati appartengono, perciò, a pieno titolo a quella schiera di Giusti, la cui esistenza, in ogni generazione, assicura la salvezza del mondo. Ma chi sono i Giusti fra le Nazioni e perché è così importante questo riconoscimento? Presso il Memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme è insediata la commissione dei Giusti, il primo organismo del Novecento che si sia occupato della memoria del Bene compiuto durante un genocidio. Moshè Beiski, che ne era il presidente, ricercava in ogni angolo del mondo gli uomini che avevano rischiato la vita per aiutare gli ebrei durante le persecuzioni naziste. Ripeteva con ossessione agli amici: “Non volevo che un solo Giusto fosse dimenticato da noi ebrei”. In realtà non era interessato alla perfezione degli esseri umani, alle motivazioni che li avevano spinti a salvare i loro simili.

GIOVANNI GELATI

"SE COMPRENDERE è impossibile CONOSCERE è necessario"

Benedetto De Beni nasce nel 1903 a Costermano in provincia di Verona. Laureatosi in ingegneria, viene richiamato alle armi come capitano d’artiglieria da montagna e nel 1942 è con il contingente italiano a Voroshilovgrad in Ucraina. Il 17 luglio 1942 i tedeschi arrivano in città. Gli ebrei di Voroshilovgrad vengono registrati dalle autorità naziste e a ognuno viene appuntata sul petto una stella gialla. Tra loro ci sono due pianiste, le sorelle Sara e Rachel Turok, che vengono assegnate alla rimozione delle macerie di un cinema danneggiato dai bombardamenti.Un giorno Sara scopre un pianoforte abbandonato nel cinema e comincia a suonare la melodia di Santa Lucia. Nelle vicinanze si trova la base di stazionamento dell’unità dei soldati italiani i quali, attirati dalle note familiari, si avvicinano alle macerie, stingono amicizia con le ragazze e offrono loro di rifugiarsi in caserma in caso di rastrellamento.

Dedichiamo questo book creator alla senatrice a vita Liliana Segre con grande stima e riconoscenza. Grazie per aver fatto conoscere alle nostre generazioni l'orrore che ha dovuto subire, insieme al messaggio di verità, speranza e umanità che speriamo di essere capaci di trasmettere.

CLASSE 3B Ambruosi Fabio Ballabio Alessia BArbagallo Andrea Cozzolino Greta Crippa Greta Cuozzo Gaya Fizzardi Sofia Fumagalli Simone Grassi Alessandra Ladesi Lara Mantovani Margherita Masala Alessio Mazzocchi Olmo Merli Marta Pistoia Elena Ruggeri Laura Seveso Alessandro Volpi Joele

CLASSE 3C Acunzo Simone Anselmi Marco Bonetti Azzurra Chiesa Emma Di Fini Lorenz Fioritti Lara Fossati Jacopo GEnesi Gabriele Griffini Giorgia Ingoglia Letizia Jahaj Sara Lacchiana GIorgia Mezzavilla Martina Modolo Giulia Parini Davide Picenelli Aurora Rognoni Francesco Rossi alessia Vespo Alessia Zanon Sara

Con l'aiuto della prof.ssa Fontana, prof.ssa D'Amico, prof.ssa Annoscia, prof.ssa Bloise, Prof.ssa Rossi, Prof. Renza 

"Nessun ostacolo potrà fermarti finchè la voglia di volare sarà più forte della paura di cadere"

OSCAR SHINDLER

Dopo solo pochi mesi, Angela si schiera pubblicamente contro Mussolini accusandolo pubblicamente di avere ucciso Matteotti sulle pagine del giornale "Tempi Nuovi". Nel 1986, il comune di San Maurizio Canavese, di cui Carlo Angela fu sindaco dalla fine della guerra al 1949, anno della sua morte, presenta il libro&nbsp;Il paese ricorda, nel quale Piero Angela, figlio di Carlo e noto divulgatore scientifico, accenna brevemente alle sue attività di salvataggio. Grazie a uno dei salvati, Renzo Segre, le incredibili azioni di Angela sono narrate per intero nel 1996, in un’opera edita da Sellerio,&nbsp;Venti mesi, uno dei documenti più toccanti sulla persecuzione subita dagli ebrei in Italia.

Caro Eugenio Bussa, durante un progetto di Storia a scuola, in cui dovevamo studiare la storia dei Giusti di Milano, ci siamo imbattute nel Suo nome e siamo rimasti incuriositi dalla Sua storia e dal sua grande umanità. Le vogliamo dire che noi la ammiriamo per quello che ha fatto. Siamo sicure che tutte le persone che ha salvato le saranno riconoscenti per tutta la vita. Inoltre, per i gesti che ha compiuto, c'è stato sicuramente bisogno di molto coraggio, perché lei è stato uno dei pochi che non è rimasto indifferente alla strage di milioni di persone da parte della ferocia nazi-fascista. Sono le persone come Lei che devono essere ricordate e che devono essere prese come esempio. Speriamo che queste parole la raggiungano nel posto in cui riposa in pace e che le facciano capire che Lei per noi è una grande persona, da tenere come punto di riferimento.

Alessia Rossi, Letizia Ingoglia, Azzurra Bonetti e Giulia Modolo

Purtroppo anche Lei conobbe la deportazione&nbsp;per aver rifiutato, dopo l'8 settembre 1943, di entrare nell'esercito repubblichino. Venne deportato dai tedeschi in campo di concentramento dal quale ritornò solo a guerra finita non rivedendo più le ragazze ebree che aveva salvato. Lei è un Giusto fra le Nazioni perché&nbsp;“chi salva una vita salva il mondo intero”. Purtroppo il razzismo non è ancora stato sconfitto, ancora oggi c'è gente ignorante che inneggia al fascismo e al nazismo negando lo sterminio. Per questo è importante conoscere la storia per difendere i diritti umani e costruire la pace.&nbsp;Noi vogliamo ringraziarLa per ciò che ha fatto, anche per noi che siamo venuti dopo, e ci sentiamo di raccogliere il suo impegno per le future generazioni affinché non si ripetano più gli orrori del nazi-fascismo.

Fumagalli Simone, Ladesi Lara, Masala Alessio

Ha con sé un documento di benemerenza firmato da Francisco Franco, il dittatore spagnolo. Tanto gli basta per accreditarsi presso l'ambasciatore franchista e, durante la sua assenza, autonominarsi ambasciatore di Spagna. In questa veste riesce a sfamare, prima, e a salvare, poi, migliaia di ungheresi di religione ebraica ammassati in "case protette" e destinati ai campi di sterminio nazisti, rispolverando allo scopo una legge spagnola del 1924. È stato calcolato che Perlasca sia riuscito a salvare, 5.218 ebrei ungheresi. Quando l'Armata Rossa libera Budapest, l'«ambasciatore spagnolo», dopo un viaggio avventuroso per i Balcani e la Turchia, torna in Italia e qui conduce una vita normalissima, senza nulla raccontare della sua storia, che si scopre soltanto negli anni Ottanta, grazie alle ricerche di alcune donne ungheresi che aveva salvato quando erano ragazzine. Perlasca ha voluto che lo seppellissero nella terra del cimitero di Maserà, in provincia di Padova. Una lapide, oltre alle date di nascita e di morte, reca inciso in ebraico "Giusto tra le Nazioni".

Caro Giovanni, ti abbiamo scelto come eroe da mettere nel nostro Giardino dei Giusti, nel cortile della scuola, che realizzeremo nel corso dell'anno, perché vogliamo mostrarti il nostro riconoscimento per ciò che hai fatto. Il tuo coraggio e la tua tenacia dovrebbero essere parte di ognuno di noi. Sei un grande esempio, perché, accompagnando molti Ebrei italiani in Svizzera, hai salvato tante vite, incurante della tua. Dovrebbe venire spontaneo a tutti noi aiutare, essere vicini al bisognoso, invece, di solito si tende a pensare prima a noi stessi, ad avere un atteggiamento egoista e questo è sbagliato. Sappiamo bene che eri una persona intelligente, perspicace, che sapeva capire il senso e l’essenza delle cose; inoltre, avevi una grande forza interiore, che ti ha permesso di compiere un gesto eroico come quello che hai fatto. Grazie, ti ricorderemo sempre.....

Nel 2012, ben 60 anni dopo la sua morte, Giovanni Gelati fu nominato "Giusto tra le Nazioni" da parte dello Stato d'Israele per aver salvato durante la seconda guerra mondiale i bambini ebrei Piera e Arnaldo Rossi. In questo ebbe anche un importante ruolo la moglie Lydia che lo aiutò ad accogliere i due bambini in casa loro come propri figli per nasconderli ai tedeschi e ai fascisti. A causa della guerra, Gelati, dovette rinunciare alla sua carriera da avvocato.

Estimado Sen͂or Ángel Sanz Briz Somos estudiantes de la clase 3B de la escuela Giovanni XXIII de Senago. Estamos haciendo un trabajo sobre las personas que han ayudado a los judíos en el período de deportación, hemos decidido hablar de Usted porque nos ha interesado y despertado la curiosidad lo que hizo, su animo y su determinación son para nosotros fuente de insipiración, porque son características esenciales para afrontar una misión tan peligrosa pero también útil. Gracias a Usted y a Giorgio Perlasca muchas vidas fueron salvadas. Queremos darle las gracias por todo lo que nos ha hecho descubrir. ¡Gracias por todo! ¡Hata pronto!

Elena Pistoia, Alessia Ballabio e Sofia Fizzardi

Qualche giorno dopo Paola decide di chiedere aiuto al Segretario comunale, il dottor Giacomo Bassi. Bassi indica loro un fabbricante di timbri a Milano che può mettere sulle carte d’identità il timbro di una città siciliana e gli dice che, come profughi dalla Sicilia, può trovargli un alloggio nelle aule della scuola elementare di S. Giorgio su Legnano. Sotto il falso cognome di De Martino la famiglia vive per quindici mesi a S. Giorgio su Legnano, aiutata da Bassi che gli fornisce le tessere annonarie e spesso va a trovarli per assicurarsi che ricevano cibo a sufficienza. Giacomo Bassi muore il 18 agosto 1968 a Gottro. Il 6 settembre 1998 saranno i figli, ignari del gesto compiuto dal padre, a ricevere da Yad Vashem il riconoscimento postumo di "Giusto tra le Nazioni". Su iniziativa dell'Associazione Senza Confini il 23 maggio 2010 il Comune di Seveso ha intitolato a Giacomo Bassi il Giardino dei Gelsi di via Verona.

Schindler fortunatamente riuscì a trasferire ancora una volta tutti i suoi Schindlerjuden («gli ebrei di Schindler») portandoli al sicuro a Brunnlitz, in Cecoslovacchia, dove vennero nascosti in un’altra fabbrica. Appena terminata la seconda guerra mondiale, dovette immediatamente fuggire dalla Germania, in quanto appartenente al Partito Nazista tedesco. Già nel 1946 infatti, fu aperto su di lui un processo in contumacia. Trovò rifugio in Argentina, dove cercò, senza successo, qualche attività imprenditoriale. Ritornò in Germania nel 1958. Se fossimo una di quelle persone che hai salvato, non smetteremmo mai di esserti grati, ma anche essendo solo “spettatori” di tutto questo, ci sentiamo di riconoscere il tuo grande gesto.

"La memoria è il diario che ciascuno di noi porta sempre con sè"

Kaddur Ben Ghabrit, recteur de la Grande Mosquée de Paris, a protégé beaucoup de Juifs, en les cachant à l'intérieur de la Mosquée. La Mosquée était un refuge sur pour éviter les controles des soldats nazis. Les juifs étaient sauvés avec de faux papiers: plus de 100 juifs ont recu l’attestation d’identité musulmane pour etre accompagnés par la Resistance en dehors de la France. Kaddur a intégré des enfants juifs dans des familles musulmanes, il a aussi modifié les pierres tombales du cimitière musulman pour donner aux juifs l’identité des musulmans décédés.

Ángel Sanz Briz llamado el Ángel de Budapest, lo podemos considerar como un justo entre las naciones. Su acción de rescate comenzó el 20 de julio de 1944, cuando se contactó con organizaciones judías para proteger a niños huérfanos. El embajador repartió 500 pasaportes que les permitieron trasladarse a España. Sanz Briz le preguntó a su gobierno que protegiera a la mayor cantidad posible de perseguidos. Inicialmente fueron 300 las personas que ayudó, pero pronto se convirtieron en 2,000. Sanz Briz creó casas protectoras en las que los judíos perseguidos encontraron refugio. A fines de 1944, Briz fue obligado a abandonar la embajada, en lugar de eso se fue sin hacer ningún acto formal. El hecho de que la embajada todavía estaba activa formalmente permitió a Giorgio Perlasca, qué ya colaboraba con Briz, de continuar el trabajo de protección de los judíos. Sanz Briz fue el protagonista de la gran operación de rescate llevada a cabo en Budapest por diplomáticos de países neutrales y contó con la colaboración de 500 personas.

Elena Piatoia, Sofia Fizzardi e GReta Cozzolino

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