Salvatore Principato

Indice <a href="bookcreator://page/acwLxwmtTaeYnnkwF3gXeg/left">Introduzione</a> <a href="bookcreator://page/yVaj2KRzShOgwg6QvgEEKw/left">Cap.1, La vita in Sicilia</a> <a href="bookcreator://page/0MaOtZoGSH-oJ1hclOWizQ/left">Cap. 2, Il trasferimento a Milano e la professione di maestro</a> <a href="bookcreator://page/as28bdY7RfengCDfeFVh4g/right">Cap. 3, L'attività antifascista</a> <a href="bookcreator://page/lSKOgNblTLaQDQbdgPNkXw/right">Cap. 4, La seconda guerra mondiale</a> <a href="bookcreator://page/NKcXzyQARjm1j3Vg-sLzsA/right">Cap. 5, L'arresto e la fucilazione</a> <a href="bookcreator://page/er0INRMrTRa6MtjA4-5noQ/left">Cap. 6, Salvatore Principato e Vimercate</a> <a href="bookcreator://page/KwMRDZi3QQ26mAFD3yxvJw/left">Appendice: l'incontro con il prof.Massimo Castoldi</a> <a href="bookcreator://page/ZIa9Hz0_SWqhYv8I6uKu_w/left">Bibliografia e sitografia</a>

Un'immagine dell'antica Villa del Casale, Patrimonio dell'Unesco.

La cattedrale di Maria Santissima delle Vittorie, esempio dell'architettura barocca della città.

Guglielmo II di Sicilia, re normanno che guidò la fondazione di Piazza Armerina.

Piazza Armerina, pittoresca, posta su tre colli, è medioevale, barocca e moderna e non fu meta di amanti delle antichità classiche fino ad una trentina di anni addietro quando, in contrada Casale, in una grande villa romana, furono scoperti dei meravigliosi mosaici pavimentali. Carlo Picchio (scrittore, giornalista e traduttore)

Classe 3^A Calvino Eleonora Caroli Maia Carzaniga Oumy Faye Irene Gioiosa Marta Krentzlin Matteo Mandelli Alessia Mariani Rim Naji Jana Nasar Mario Pandullo Mohammed Riabi Samuele Taurino Mattia Terenghi Marika Terzoli Alice Valsecchi Fabrizio Vargas Ruiz Meghi Weiss

Classe 3^B Calvino Adam Borgia Valentina Bruno Giorgio Cipolla Emma Costa Samuel Ionel Dragan Carolina Ferri Alessia Martina Holguin Zambrano Fabiano Kume Sara Aida Lama Andrea Mauri Giulia Mazza Matteo Milanesi Hajar Naji Chiara Reale Ismira Salihaj Tommaso Sandrini Robert Satnoianu Niduk Masitha Silva Lindamulage Anna Tedoldi Nicolò Villa

Cap. 2 IL TRASFERIMENTO A MILANO E LA PROFESSIONE DI MAESTRO

Era il 1912 quando Salvatore Principato conseguì il diploma di maestro e un anno dopo si ritrovò a Vimercate, dove iniziò la sua carriera di insegnante elementare.&nbsp; La sua prima esperienza fu al Collegio Tommaseo, scuola situata nell’antica villa Lanzi che si affacciava sulla Strada Larga per Oreno, ora via Pinamonte, nei pressi dell’Oratorio maschile. Inaugurato nel 1864, ora non esiste più. Il Collegio era dedicato a Niccolò Tommaseo, un intellettuale cattolico morto nel 1874.

In seguito insegnò alle scuole comunali dove rimase in servizio anche nell’epoca della guerra. Infatti nel 1915, anche se contrario all’ingresso in guerra dell’Italia, dovette arruolarsi a causa della leva obbligatoria. Al termine del conflitto, rientrato alla vita civile, riprese l’insegnamento a Vimercate. Nel 1919 Salvatore vinse un concorso indetto dal Comune di Milano, che allora gestiva direttamente l’istruzione nelle scuole elementari, ottenendo la cattedra di ruolo. Come aveva sempre desiderato, si trasferì quindi nel capoluogo lombardo.

Il dopoguerra Finita la Grande guerra Salvatore Principato tornò a vivere a Vimercate. Furono anni di grande contestazione sociale: continui scioperi e agitazioni turbavano la vita civile, si acuirono i contrasti che erano già apparsi negli anni precedenti la guerra; i combattenti e reduci, delusi, a volte vilipesi trovavano difficoltoso l'inserimento nella vita civile. Principato fu molto turbato da questi contrasti e si impegnò a favore della causa sindacale auspicando l'istituzione di un sindacato unitario, obbligatorio per tutti e che fosse in grado di garantire miglioramenti contrattuali, salariali e normativi a tutti i lavoratori. Nel 1919 il maestro Principato vinse un concorso indetto dal comune di Milano

e si trasferì nella vicina città che gli offriva migliori prospettive e un più adeguato trattamento economico. A Milano Principato troverà non solo un nuovo impiego ma anche Marcella Chiorri, maestra sua collega, che nel 1923 diventerà sua moglie e nel 1924 gli darà l'amata figlia Titti. Vimercate gli restò sempre nel cuore: era stato il suo primo posto di lavoro, lontano dalla sua generosa terra natale, qui aveva incontrato l'accoglienza sincera di persone amiche; ogni tanto tornava a trovare gli amici a lui cari. I destini di Salvatore Principato e Vimercate si rincontreranno in circostanze assai meno liete.

Anche la cittadina vimercatese Fausta Finzi, sopravvissuta al Campo di Ravensbruck, parla del Carcere di San Vittore nel suo libro "A riveder le stelle"

"Era il 22 aprile 1944 e credevo di accompagnare mio padre ad un interrogatorio al comando tedesco all' Hotel Regina, invece passammo la porta del carcere e da quel momento la nostra vita diventò una tragica avventura.[...] Fui poi accompagnata nel reparto femminile del carcere dove fui accolta da tante altre donne, tutte per la maggior parte giovani e quasi tutte politiche, che tentarono di consolarmi dato che piangevo disperatamente.

Alla fine la suora del reparto, per cercare di calmarmi un poco, mi fece scrivere un bigliettino promettendomi che l'avrebbe fatto avere a mia mamma, cosa che invece non fu possibile ma che mi diede almeno un po' di tranquillità. Mi misero in una cella con un asse per letto, una coperta e il noto “bugliolo”. Fortunatamente non passai tanti giorni a San Vittore, poco meno di una settimana. Imparai a conoscere le mie compagne, a far tesoro di qualsiasi notizia trapelasse attraverso “Radio San Vittore” (le voci che si propagavano da un raggio all'altro) e poi una mattina in parecchie fumo chiamate all'immatricolazione dove mi resero quanto mi avevano tolto all'atto dell'arresto, salvo naturalmente gli oggetti d'oro. Era il 27 aprile 1944. Ci caricarono sui camion, con i tedeschi sempre alle calcagna. Riconobbi le vie di Milano dalle fessure del copertone del camion; finalmente ci fecero scendere,&nbsp;ma eravamo sottoterra. Non riuscivo a capire dove fossimo, poi vidi dei Binari e infine capii che eravamo nei sotterranei della Stazione Centrale, luoghi a me completamente sconosciuti. Infine, ci fecero salire sui carri bestiame chiusi e partimmo... per dove?"

Salvatore Principato storia di un maestro antifascista

Istituto Comprensivo Don Milani - Vimercate (MB) Scuole secondarie di I grado "Calvino" e "Saltini" Classi 3^A - 3^B (Calvino) - 3^A - 3^C - 3^D - 3^E (Saltini) a.s.2021/22

A Parigi a pochi giorni dalla fuga Rosselli e altri diedero vita al movimento di Giustizia e libertà, che si presentava così: «Provenienti da diverse correnti politiche, archiviamo per ora le tessere dei partiti e fondiamo un'unità di azione. Movimento rivoluzionario, non partito, "Giustizia e libertà" è il nome e il simbolo. Repubblicani, socialisti e democratici, ci battiamo per la libertà, per la repubblica, per la giustizia sociale. Non siamo più tre espressioni differenti ma un trinomio inscindibile.»

Carlo Rosselli (1899-1937), fu ucciso in Francia insieme al fratello Nello da sicari legati al regime fascista.

L'occupazione nazifascista di Milano

Via Santa Margherita 6 a Milano, dove si trovava l'Albergo Regina. Sotto, un'immagine dell'Albergo e la targa commemorativa posta nel 2010.

Il 10 settembre 1943 le Waffen-SS, una forza armata della Germania nazista nata nel marzo 1933 come braccio militare delle SS, entrarono a Milano. Nella città verrà da quel momento riprodotto il modello di occupazione già sperimentato negli altri Paesi europei invasi, come la repubblica collaborazionista di Vichy in Francia, guidata da Petain. Il regime che occupò Milano fondava il suo governo sulle attività di repressione delle rivolte cittadine grazie alle forze di polizia, al colonnello Walter Rauff, comandante di Piemonte, Liguria e Lombardia e al capitano Theo Saevecke, alla guida dell’Aussenkommando di Milano, con sede all’Hotel Regina, in via Santa Margherita 6. Al suo interno i nazisti, con la collaborazione dei repubblichini, torturarono e uccisero ebrei, partigiani, oppositori politici. Da lì Saevecke fece partire l'ordine che portò all'eccidio dei 15 martiri di piazzale Loreto del 10 agosto 1944, tra i quali vi fu anche Salvatore Principato.

Filippo Turati nato a Canzo nel 26 Novembre 1857 e morto a Parigi il 26 marzo 1932, è stato un politico, giornalista e politogo italiano, tra i primi e più importanti leader del socialismo italiano tra i fondatori, a Genova nel 1892. &nbsp;Anna Kuliscioff nata a Mosca nel 1857, si trasferì da ragazza in Svizzera, dove fece le sue prime esperienze politiche. Visse in Francia, dove venne arrestata due volte per motivi politici, successivamente si trasferì in Italia e conobbe Filippo Turati, che fu il suo futuro marito. Anna sostenne i diritti delle donne pur non essendo nel partito socialista.

Le docenti: Marta Bramati Chiara Galdi Rossana Gandossi Daniela Magni Patrizia Motta Amelia Schilirò

Lastra commemorativa posta dal Comune di Vimercate a Palazzo Trotti il 25 aprile 2013.

Inizia l'attività politica antifascista a Milano

A Milano Principato entra in&nbsp;Giustizia e Libertà&nbsp;con lo pseudonimo di&nbsp;“Socrate”.

Il simbolo del movimento era una fiamma, con nel mezzo le sigle G e L e fu disegnato da Gioacchino Dolci, un altro esule.

Il suo leader fu Carlo Rosselli, che nel 1926 fu mandato al confino a Lipari per non poter avere più contatti con gli altri antifascisti socialisti. Dopo vari tentativi di fuga falliti, riuscì nell'impresa il 27 luglio 1929 e l’1 agosto passando attraverso Marsiglia raggiunse Parigi, insieme a Francesco Fausto Nitti ed Emilio Lussu, suoi compagni di confino.

Giustizia e Libertà fu un movimento politico di antifascisti fondato a Parigi nel 1929.

La remota isola di Lipari

Le Brigate Matteotti

Furono chiamate così in commemorazione di Giacomo Matteotti che fu un politico e antifascista italiano, segretario del Partito Socialista Unitario. Egli fu rapito e assassinato da una squadra fascista per volontà di Benito Mussolini, a causa delle sue denunce dei brogli elettorali fatti dal movimento fascista nelle elezioni del 6 aprile 1924. Il corpo di Matteotti fu ritrovato circa due mesi dopo.

Le Brigate Matteotti, guidate da Corrado Bonfantini, furono, durante la Resistenza, delle formazioni partigiane legate al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP). Furono uno dei cinque principali gruppi politici partigiani che parteciparono alla lotta di liberazione nazionale. Dal 9 settembre 1943 erano attive, a Roma e nel Lazio, ma si costituirono il 12 dicembre 1943 con la creazione della I Brigata d'assalto Matteotti a Caerano San Marco (Provincia di Treviso) e nella zona del Monte Grappa (Provincia di Vicenza).&#160; Arrivano a contare, in vista della primavera del 1945, più di 20.000 partigiani.

Organo di stampa delle Brigate Fiamme Verdi, formazioni partigiane cattoliche, pubblicato dal 1944 al 1945 a Milano. "Esce come e quando può" recitava sotto il nome della testata.

Infatti, dopo la promulgazione delle leggi eccezionali da parte del regime fascista, Faravelli si servì del suo impiego al Comune per fornire agli antifascisti democratici in clandestinità le carte d'identità e l'aiuto necessario per espatriare.

La polizia fascista, riuscì a scoprire nel 1927 che Faravelli aveva rapporti continui con i fuoriusciti in Francia, ma le perquisizioni cui fu sottoposto non diedero alcun risultato.

A Milano quindi Principato entra in contatto con Carlo Rosselli e con Rodolfo Morandi, un intellettuale socialista che scriveva nella rivista "Politica socialista", che si pubblicava a Parigi e veniva diffusa clandestinamente in Italia. Con loro Principato fu tra gli artefici, nell’aprile 1931, della fuga in Svizzera di Giuseppe Faravelli, un socialista lombardo, che era finito nelle liste dei ricercati da parte della polizia fascista.

Faravelli (a sinistra) insieme a Claudio Treves, Giuseppe Modigliani e altri compagni a Parigi.

Tra il 17 e il 18 luglio gli ruppero un braccio e da questo momento la sua storia privata diventò molto simile a quella di tutti gli altri prigionieri; Salvatore durante il colloquio fece capire che la frattura era dovuta a un interrogatorio troppo violento, ma nella lettera che segue, che sarebbe dovuta passare per la censura, attribuì l'episodio ad una caduta mentre andava in un rifugio antiaereo.

Monza, 19-7-1944 Lina e Titti carissime, poche parole per dirvi che la mia salute è ottima e che ho ricevuto le polverine di cui ormai sono fornitissimo, il cotone e i biscotti. Vi ringrazio sentitamente. Quando una notte fui mandato in rifugio per l’avvenuto allarme, caddi malamente e mi feci molto male al braccio sinistro e siccome c’era una leggera frattura han dovuto ingessarlo. E più il disturbo dell’ingessatura che tutto il resto, Pazienza. A me interessa solamente sapervi bene e tranquille e che non vi manchi almeno il possibile, come posso assicurarvi di me. […] Bacio con immenso affetto mamma e Titti. Affettuosità ai nonni e conoscenti Bacioni Salvatore

Significa “Opera di vigilanza Repressione Antifascista” ed era un mezzo per sfogare vendette personali e per attuare esagerazioni di ogni tipo. E’ stata la polizia segreta dell'Italia fascista dal 1927 al 1943 e nella Repubblica Sociale Italiana dal 1943 al 1945.Il compito dell'OVRA era la vigilanza e la repressione di organizzazioni rivoluzionarie, che complottavano contro lo Stato.

Principato, dopo la scarcerazione, riprende l’insegnamento diurno alla&nbsp;“Leonardo da Vinci”, anche se non ha la tessera del Partito Nazionale Fascista, ma gli viene impedito di insegnare nelle scuole serali, frequentate soprattutto da operai. Concettina riferisce che: "Il suo insegnamento era molto ben considerato nella zona e si sapeva che anche fascistoni del rione chiedevano che il proprio figlio fosse assegnato al maestro Principato. Non si sa se per stima per il suo insegnamento, nonostante il suo passato di 'avanzo di galera' (come usava dire lui), oppure per controllare dall'interno quello che insegnava ai ragazzi. Il direttore, comunque, trovava sempre per lui un incarico fuori scuola, quando, per qualche visita di gerarca o per qualche ricorrenza, i maestri dovevano presentarsi in divisa".

Successivamente, dal 1924 al 1933, insegnò alla "Tito Speri" di viale Lombardia e di via Sacchini e, a partire dall’ottobre 1933, ininterrottamente, alla "Leonardo da Vinci" di piazza Leonardo da Vinci.

Milano - Scuola Leonardo da Vinci

Milano - Scuola Tito Speri (ora scuola secondaria Quintino Di Vona, sede I.C. Quintino Di Vona-Tito Speri) - Cortile interno - Cantiere.

Negli anni in cui l'Italia vide l'ascesa e l'affermazione del fascismo, attraverso il suo lavoro di insegnante Salvatore Principato ritenne importante trasmettere ai bambini valori opposti a quelli imposti dal regime: il sapere anziché il credere, il riflettere, il pensare, il comprendere anziché l'obbedire, il dialogare anziché il combattere.

Salvatore Principato vi nacque il 29 aprile 1892, fu il quarto dei cinque figli di Concetto Principato e di Concetta Rausa. Il cognome Principato ha origini antichissime e sembra risalire a un certo Guglielmo di Principato, figlio di Tancredi di Altavilla e dalla prima moglie Muriella.

Lo stemma della famiglia Principato

Salvatore frequentò le scuole nella sua città natale inizialmente presso la scuola Tecnica e in seguito in un Istituto Magistrale (detto “scuola normale”) dove nell’ottobre 1912 si diplomò come maestro elementare.

Fotografia di Salvatore Principato scattata prima del 1912, quando viveva ancora a Piazza Armerina, gentilmente concessa dal nipote Massimo Castoldi.

La ricerca, come sempre succede, ci ha portato ad approfondire con molte altre fonti anche il contesto storico e politico che ha fatto da cornice alla vicenda individuale di Principato e i luoghi che lui ha attraversato e che tutti noi ancora oggi attraversiamo, spesso inconsapevoli di quanto siano carichi di storie, di coraggio, dolore, desideri, vita. Ci siamo così trovati a scoprire vicende trascorse nelle quali si sono intrecciati il mondo del lavoro e dell’istruzione, l’emigrazione, la guerra, la Resistenza, aspetti fondamentali che hanno contribuito a creare l’Italia di oggi.&nbsp;

Il&nbsp;momento più costruttivo della ricerca ha coinciso per noi con l’incontro con il nipote di Principato, il professor Massimo Castoldi, per il quale rimandiamo alle pagine di questo nostro lavoro in appendice. Tanto ci ha raccontato ancora di suo nonno in quella mattinata a scuola, ma ci piace riportare qui con le nostre parole l’idea che ha espresso nell'esordio del suo intervento: l’idea di un uomo, Salvatore Principato, che non è rimasto indifferente a ciò che stava succedendo intorno a lui, guidato da principi morali che lo hanno spinto non a voler passare alla storia, ma ad operare nella storia.

Gli alunni delle classi 3A e 3B Calvino, 3A, 3C, 3D e 3E Saltini e le docenti Bramati, Galdi, Gandossi, Magni, Motta e Schilirò.

L'articolo 3 del Regio decreto 4 novembre 1932, stabilisce che: «Le decorazioni al valor militare sono concesse altrettanto solo altroché a coloro i quali, per compiere con un atto di ardimento che avrebbe potuto omettersi senza mancare al dovere ed all'onore, abbiano affrontato scientemente, con insigne coraggio e con felice iniziativa, un grave e manifesto rischio personale in imprese belliche. La concessione di dette decorazioni può aver luogo tuttavia solo quando l'atto compiuto sia tale che possa costituire, sotto ogni aspetto, un esempio degno di essere imitato.»

- Perché si riceve? Per premiare atti di eccezionale coraggio che manifestano evidente virtù civica e per segnalarne gli autori come degni di pubblico onore. - Tipologie: oro, argento o bronzo. Insieme a queste viene attribuito “un attestato di pubblica benemerenza”. Non c’è un limite di numero possibile di medaglie da attribuire. - A chi viene data? A tutti quelli che compiono atti di eccezionale coraggio, esponendo la propria vita a manifesto pericolo. Può essere concessa a reparti militari, Enti e Corpi.

Ai primi di agosto Salvatore è trasferito nel carcere milanese di San Vittore, 6° raggio, camera 8, dove è rinchiuso con Eraldo Soncini e Renzo Del Riccio.

Il carcere di San Vittore a Milano fu il principale luogo di detenzione per prigionieri politici, partigiani, scioperanti ed ebrei, poi destinati alla fucilazione o alla deportazione. Già durante il fascismo nel carcere milanese furono reclusi numerosi oppositori politici, condannati dal Tribunale Speciale. Dopo l’8 settembre ’43 e l’occupazione di Milano da parte dei tedeschi, alcuni raggi del carcere furono requisiti per essere gestiti direttamente dalle SS, che avevano il loro quartier generale in città all’Hotel Regina. I nazisti assunsero il controllo del IV e VI raggio per i politici e del V raggio per gli ebrei. Il carcere fu luogo di interrogatori e torture, nonché, per molti, la prima tappa del viaggio verso i campi di transito e smistamento di Fossoli e Bolzano-Gries, da cui partivano i convogli per i campi di concentramento e di sterminio del Reich.

L’antifascismo in Italia Per antifascismo si intende in genere il movimento che si oppose al fascismo italiano durante tutta la sua vicenda (1919-45) e che accomunò le diverse forze politiche impegnate dapprima nella Resistenza e poi nella fondazione della Repubblica. &nbsp;A fare opera di antifascismo, in questa fase, furono i socialisti, i comunisti, i democratico-liberali, gruppi consistenti di popolari e alcuni liberali. Ma l'uccisione del deputato socialista Giacomo Matteotti (1924), che aveva denunciato in Parlamento le violenze commesse dai fascisti, fece precipitare la situazione.

La maggior parte dei dirigenti antifascisti fu quindi costretta a rifugiarsi all'estero, la maggior parte dei fuoriusciti si stabilì in Francia.

Manifestazione a Parigi per la liberazione di Antonio Gramsci, leader del Partito comunista italiano, rinchiuso in carcere dai fascisti dal 1926 alla sua morte nel 1934.

Il dipinto “Martiri di Piazzale Loreto” Aligi Sassu dipinse di getto il quadro (titolo originale La guerra civile), sotto l'impressione del brutale assassinio. Il quadro (olio su tela 150 x 200 cm) fu esposto per la prima volta alla mostra veneziana del 1952 Lo stesso artista, partigiano impegnato insieme a De Grada, Grosso e Guttuso, nella sua autobiografia "Un grido di colore" (Todaro editore, Lugano, 1998) ricorda: "Ho dipinto I martiri di Piazzale Loreto nell'agosto 1944, subito dopo aver visto il ludibrio che la canaglia repubblichina faceva dei corpi dei nostri fratelli. Eppure vi era in me, nel fuoco e nell'ansia che mi agitava, nel cercare di esprimere quello che avevo visto, una grande pace e non odio, ma una tristezza immensa per la lotta fratricida. Da quei corpi sanguinanti e inerti sorgeva un monito: pace, pace".

Monza, 31-7-1944 Lina Carissima, la settimana scorsa ricevetti le tue lettere e quanto mi mandasti sabato: grazie di tutto. Il mio braccio bisogna che stia ingessato trenta giorni. Fortuna ch’è il sinistro. Nella scrivania c’è la cartella di tuo Papà: entro il 10 di agosto bisognerà andare all’Esattoria a pagare la rata. E Brasca ha pagate le lire mille? Di salute sto bene e la tranquillità è la mia fida compagna. Saluti a tutti i conoscenti e affettuosità a Papà e Mamma. Un affettuoso bacione Salvatore

La storia di Piazza Armerina ha inizio con la sua fondazione nel 1163 voluta da un sovrano normanno, Guglielmo II; la città sorgeva su un precedente villaggio. Acquisisce importanza sotto Federico II, che vi insedia la sede della Corte Nazionale, un tribunale, nel 1234. Sotto gli Aragonesi viene inglobata nel Regno di Sicilia e in seguito nel Regno delle Due Sicilie con la dinastia dei Borbone, fino alla creazione del Regno d'Italia nel 1861. Nel territorio di Piazza Armerina si trova la Villa romana del Casale in cui si possono vedere dei mosaici molto famosi e dal 1997 è Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Toponimo: Il nome deriva dal latino medievale platea, che significa piazza del mercato, a cui fu aggiunto, nel 1862 Armerina, da castrum armorum, per ricordare il centro fortificato dai Normanni

Veduta da Sud di Piazza Armerina (provincia Enna, Sicilia) - fine Ottocento inizio Novecento.

Molti oppositori rimasero però ad operare in Italia, dove continuarono le proprie vite e nel frattempo si davano da fare per sensibilizzare gli italiani sugli errori del fascismo, agendo in totale clandestinità, come racconta la figlia di Principato, Concettina, in molti punti della sua testimonianza "Siamo dignitosamente fiere di aver vissuto così".

“Molto spesso gli chiedevo che cosa scrivesse e a chi ma la sua risposta era sempre che non erano fatti miei, che non si poteva sapere sempre tutto e mi riprendeva dicendo che sono troppo curiosa e che dovrei pensare solo a giocare.”

Concettina Principato (1924-2009)

"Spesso udivo mio padre parlare al telefono rivolgendo frasi strane del tipo quanto il cielo fosse bello, e che in montagna non fosse caduta la neve.”

Nel Maggio 1917, durante la battaglia del Monte Vodice (monte della Slovenia occidentale), una delle ultime battaglie, Salvatore Principato una quindicina di prigionieri austriaci, salvando loro la vita. Per questo motivo ottenne la promozione sul campo a caporale e la Medaglia d’Argento al Valore militare, ma soprattutto la gratitudine dei soldati austriaci, uno dei quali gli donò una baionetta e un orologio da tasca che Salvatore avrebbe portato con sé per tutta la vita.

Questo episodio ci dimostra la volontà di mio nonno di riaffermare un principio di umanità e rispetto dell'altro in quanto uomo; inoltre insegna che anche nelle situazioni più estreme, come nelle trincee, si può sempre scegliere.

Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l'indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare. Liliana Segre

Dizionario: Baionetta --&gt; lama appuntita montata sulla canna di un fucile. Il termine deriva dal francese baïonnette, dalla città basca di Bayonne in Francia, dove venne fabbricata la prima volta.&#160;

Qui, a pianterreno vi era una piccola officina meccanica di sua proprietà. Qualche anno addietro aveva iniziato una combinazione di lavoro in società con un amico, signor Lonati, che aveva qui una piccola officina di attrezzi per vetrine. Siccome Mio padre aveva sempre cercato di arrotondare lo stipendio di maestro con un'altra attività che poteva svolgere nel pomeriggio, aveva accettato di collaborare con questo signore che svolgeva l'attività tecnica, mentre lui si incaricava di procacciare clienti e di tenere l'amministrazione. Alla morte del Lonati aveva rilevato per intero l'officina ripromettendosi di continuare poi, finita la guerra, con qualcuno che lo avesse aiutato per la parte tecnica. Aveva ottenuto per l'officina una sigla di lavoro parabellico e vi tenne l'unico operaio, signor Ersilio Pogliani, che potè così essere esonerato dal servizio militare.&nbsp;L'officina divenne ritrovo di antifascisti e smistamento di propaganda clandestina.

Per Concettina, ancora bambina, l'arresto rappresenta un momento di svolta: "Da quel momento divenni improvvisamente più adulta... Cominciai a conoscere mio padre, a considerarlo in una luce nuova. Egli seguiva un ideale al qual dedicava una parte della sua vita. Noi non rappresentavamo tutto il suo mondo, come io avevo sempre creduto. Questo ideale andava oltre il suo affetto per noi, se aveva messo a repentaglio la nostra stessa tranquillità. E cercai di capirne il significato, perché doveva essere bello e grande...

"Con sforzo penetrai a poco a poco la questione... e conclusi che questo fascismo era la mancanza di libertà. Eravamo obbligati a pensare tutti allo stesso modo, tanto che, se uno era di opinione diversa, lo mettevano in prigione." "Fui decisamente schierata dalla parte di quelli che erano contrarti, e per una ragazzina era già molto".

Il nipote Massimo Castoldi, nel suo libro "Piazzale Loreto. Milano, l'eccidio e il contrappasso", racconta che i luoghi di riferimento del movimento antifascista socialista a Milano erano l'appartamento di via San Gregorio 6 e la tipografia di via Santa Sofia 31.

La protesta contro le ingiustizie Nella notte tra il 22 e il 23 novembre e poi anche il 1 dicembre 1911, a soli 19 anni, Salvatore partecipò, assieme ad alcuni amici, ad una protesta contro il monopolio di una grossa impresa di trasporti locale, la Russo. Durante la manifestazione vennero incendiate alcune carrozze, e questo portò all’arresto dei giovani, che furono però assolti a seguito della testimonianza a loro favore della popolazione. Addirittura, nella sentenza del tribunale che li processò il 12 giugno dell’anno successivo, il commissario di polizia della città mentì dicendo di non averli visti vandalizzare le carrozze. Nella pagina a fianco si può leggere il documento originale che riporta la sentenza.

Sopra, il Duomo di Milano in seguito ai bombardamenti. Sotto, la Galleria Vittorio Emanuele dopo i bombardamenti e oggi.

Sopra, Palazzo Reale bombardato. Sotto, la Basilica di Sant'Ambrogio colpita dai bombardamenti.

Titti carissima, fai bene metterti a studiare, così stai a casa e tieni compagnia alla mamma. Io sono costantemente vicino a te e alla mamma. Sapervi tranquille e che non vi lasciate mancare il possibile mi è di grande conforto e mi rende più tranquillo. Sabato prossimo, quando mi porterete la biancheria che vi detti l'altro ieri, chiedete e attendete [...] Salutatemi i conoscenti. Un bacione affettuosissimo. tuo papà

La Senatrice a vita, Liliana Segre, racconta la sua prigionia a S.Vittore nei suoi libri e nelle sue testimonianze:

"Il 30 gennaio 1944 un nazista, nel raggio del carcere di San Vittore, elencò i nomi di chi sarebbe stato portato via in uno dei tanti trasporti. C'erano anche i nostri nomi. 605 ne elencò quel giorno il soldato nazista, da quel carico siamo tornati in 20. [...] Ci preparammo a partire per ignota destinazione. Era una lunga fila di prigionieri. Eravamo in carcere, ma non avevamo fatto niente, solo che avevamo la colpa di essere nati. Attraversammo il cortile interno.

San Vittore non era stato ancora rinnovato ed era un po' come quelle prigioni americane che vediamo nei film, con tanti ballatoi davanti alle celle. Improvvisamente vedemmo tantissimi detenuti comuni affacciarsi a quei ballatoi. Furono fantastici! Ci fu un bagno di umanità e di pietà che ho sempre ricordato con riconoscenza. Sono voluta tornare a San Vittore. Ho incontrato i detenuti e ho fatto lì, dentro il carcere, la mia testimonianza. perché è un debito che ho verso la loro pietà.[...] I detenuti si sporgevano fuori dai ballatoi e ci buttavano una mela, un'arancia, un paio di guanti, una cosa qualsiasi ma, soprattutto, ci gridavano parole meravigliose: "Che Dio vi benedica! Vi vogliamo bene! Non avete fatto niente di male! Coraggio! E fu un bagno di umanità straordinaria. Ci vollero anni, poi, per ritrovare uomini capaci di pietà.&nbsp; E dopo, fuori, le SS i repubblichini ci caricarono a calci e pugni sui camion che attraversarono la città silente, la città indifferente, la città muta, la città che accettava qualunque cosa."

Alfonso Gatto scrisse nel dicembre '44 "Per i compagni fucilati in piazzale Loreto"; la poesia cominciò a circolare clandestinamente dai primi giorni del '45.

&nbsp; Ed era l’alba, poi tutto fu fermo la città, il cielo, il fiato del giorno. Restarono i carnefici soltanto vivi davanti ai morti. Era silenzio, l’urlo del mattino, silenzio il cielo ferito: un silenzio di case, di Milano. Restarono bruttati anche di sole, sporchi di luce e l’uno all’altro odiosi, gli assassini venduti alla paura. Era l’alba, e dove fu lavoro, ove il piazzale era la gioia accesa della città migrante alle sue luci da sera a sera, ove lo stesso strido dei tram era saluto al giorno, al fresco viso dei vivi, vollero il massacro perché Milano avesse alla sua soglia confusi tutti in uno stesso sangue i suoi figli promessi e il vecchio cuore forte e ridesto stretto come un pugno.

Ebbi il mio cuore ed anche il vostro cuore il cuore di mia madre e dei miei figli, di tutti i vivi uccisi in un istante per quei morti mostrati lungo il giorno alla luce d’estate, a un temporale di nuvole roventi. Attesi il male come un fuoco fulmineo, come l’acqua scrosciante di vittoria; udii il tuono d’un popolo ridesto dalle tombe. Io vidi il nuovo giorno che a Loreto sovra la rossa barricata i morti saliranno per i primi, ancora in tuta e col petto discinto, ancora vivi di sangue e di ragioni. Ed ogni giorno, ogni ora eterna brucia a questo fuoco, ogni alba ha il petto offeso da quel piombo degli innocenti fulminati al muro. &nbsp; Alfonso Gatto (nella raccolta “Il capo sulla neve”, Milano 1947)

Ecco che cosa testimonia l'ex alunno Alfredo Barberis: "Ricordo sempre che Principato appariva a tutte le adunate in cui gli altri maestri si presentavano in orbace (cioè con la divisa fascista) indossando un povero vestito a doppiopetto blu, lucido di stiratura [...] Era, il suo, un esempio di coraggio, una sfida lanciata al conformismo fascista. Ma tutto il suo insegnamento era antifascista: evitava ogni forma di retorica, cercava di parlarci il meno possibile di Mussolini, si sforzava di fare imparare a dei bimbetti rincretiniti da una massiccia propaganda un senso della vita civile e democratico. Sono antifascista forse soltanto perché un oscuro maestro elementare, che per tutti i suoi allievi è stato proprio "il Maestro", mi ha insegnato, con il suo esempio e col suo sacrificio, che il fascismo è la negazione della libertà e della dignità."

Nel 1932 la tessera d'iscrizione al Partito Nazionale Fascista divenne indispensabile per lavorare nella Pubblica Amministrazione.

Qui (N.d.R. alla "Leonardo da Vinci") il direttore Piero Bianchi lo ebbe in grande stima. Era uno dei pochi maestri "senza tessera".

“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi ”.

Piazza Armerina era comunque una città culturalmente viva, soprattutto nei primi anni del XX secolo, per esempio presso la Tipografia di Adolfo Pansini vennero stampati i primi libri di Napoleone Colajanni, seguace di Garibaldi, politico saggista e docente Italiano che aveva partecipato alla 3° Guerra d’Indipendenza.

Napoleone Colajanni, politico, saggista, docente (Castrogiovanni 1847- Enna 1921). Nei suoi scritti trattò anche il problema dell'arretratezza economica del Mezzogiorno.

Secondo noi l'atto compiuto da Salvatore Principato è stato in grado di andare oltre ai limiti imposti dalla guerra, dimostrando un senso di umanità universale. Questo gesto è racchiuso nella seguente poesia di Giuseppe Ungaretti:

Di che reggimento siete fratelli? Parola tremante nella notte Foglia appena nata Nell'aria spasimante Involontaria rivolta dell'uomo presente alla sua fragilità Fratelli

Il poeta Giuseppe Ungaretti (1888 - 1970), autore della poesia che ha partecipato alla prima guerra mondiale.

Poco dopo la fondazione, furono costituiti i Comitati Regionali; successivamente si formarono anche Comitati Provinciali che operavano in zone sempre più ristrette per avere un controllo maggiore. Alle 8 del mattino del 25 aprile 1945, via radio, il CLNAI da Milano proclamò l'insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai&nbsp;nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane&nbsp;attive nel&nbsp;Nord Italia&nbsp;di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa prima dell'arrivo delle truppe alleate. Il proclama fu diffuso via radio da Sandro Pertini e si concluse con le parole: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.” Fu così che il 25 aprile 1945 la città di

Milano fu liberata dall'occupazione nazifascista. Il CLN venne sciolto nel 1947 dopo aver perso ogni potere in seguito alle elezioni del 1946.

"Il nuovo Corriere", prima pagina del 26 aprile 1945.

Il 25 aprile 2013 il sacrificio del maestro Principato venne ricordato dalla città di Vimercate con una mostra organizzata dal Museo del Territorio-MUST e con l'apposizione di una targa commemorativa presso la sede del municipio.

La targa commemorativa posta a Palazzo Trotti, sede della municipalità vimercatese.

A destra Via Salvatore Principato con la targa commemorativa.

Ci mandarono fuori subito e ce ne andammo in silenzio. Io e mia madre ci tenevamo strette sottobraccio e ci allontanammo fino a svoltare l'angolo, lontane dalla vista di tutti. Poi scoppiammo a piangere. Perché sentivamo che non lo avremmo visto più.

L'ultima lettera di Salvatore è del 31 luglio:

Il 27 maggio 2022 le classi terze che hanno partecipato al progetto hanno avuto la preziosa opportunità di un incontro on line con il nipote di Salvatore Principato, il prof. Massimo Castoldi. Oltre agli alunni e alle docenti, hanno partecipato al collegamento anche il Presidente dell'ANPI di Vimercate, Savino Bosisio, e l'Assessore all'Istruzione del Comune di Vimercate, Maria Teresa Foà.

Il prof.Castoldi ha raccontato la sua esperienza personale e familiare e ha ragionato con i ragazzi sul profondo significato storico e umano dell'esperienza politica e del sacrificio di suo nonno. Ha risposto alle numerose domande degli alunni, sapendoli coinvolgere nella riflessione e nella memoria. I ragazzi e le docenti che hanno lavorato all'e-book, insieme alla Dirigente dell'I.C.Don Milani, Mariateresa Chieli, ringraziano di cuore il prof.Castoldi per la significativa esperienza che ha voluto regalare alla scuola.

L'esecuzione delle seguenti persone è avvenuta il mattino del 10 agosto 1944 in piazzale Loreto. Altre 10 persone hanno avuto commutata la pena di morte in condanna in penitenziari, qualora non si verifichino ulteriori atti di sabotaggio.”

Appresa la notizia, il partigiano Don Giovanni Barbareschi ricompose alla meglio i cadaveri ammucchiati e cercò nelle tasche i messaggi che questi potevano aver scritto, in modo da recapitarli alle famiglie. Riuscì a compiere questa opera di pietà prima che un milite fascista lo cacciasse via. Tre giorni dopo fu ordinato sacerdote. Barbareschi raccontò poi che dopo aver pregato in ginocchio davanti alle salme, si voltò e vide che tutta la folla presente si era inginocchiata con lui.

Gli anni al Collegio Tommaseo Dal 1913 fino allo scoppio della Prima guerra Mondiale, Principato insegnò al Collegio Tommaseo. Il Collegio fu inaugurato nel 1864 grazie alla volontà di don Ambrogio Colzani, sacerdote nativo di Verderio Inferiore, in luogo del collegio Fraticelli insediato nel monastero di San Gerolamo. La sede fu individuata nell'antica villa Lanzi che si affacciava sulla Strada Larga per Oreno (ora via Pinamonte) e confinava con l'Oratorio maschile. Il collegio di Vimercate non aveva una denominazione; verrà dedicato a Niccolò Tommaseo, l'intellettuale cattolico amico di Alessandro Manzoni dopo la sua morte avvenuta nel 1874. Alla fine degli anni 80' dell'Ottocento accanto al ginnasio, venne introdotta la Scuola Tecnica per incrementare gli studi

di ragazzi provenienti da famiglie della piccola borghesia. Nel 1900 pubblicizzandosi in un pieghevole, il Collegio segnalava anche la sua succursale in Corso Venezia a Milano; nel 1919 il Collegio cambiò proprietario e fu acquistato da Vittorio Gussi, industriale tessile locale.

Facciata dell'edificio posta lungo il lato settentrionale di via Pinamonte. Sullo sfondo il muro di recinzione e gli alberi dell'oratorio maschile e la parete, più bassa con un arco posta dove ora ha la sede la libreria Il gabbiano.

Alla data dell'armistizio Principato aveva un ruolo importante nella gestione dell'antifascismo socialista Milanese e non solo nel mondo della scuola dove aveva stabilito relazioni significative con il gruppo dei maestri socialisti milanesi. Faceva parte della 33a Brigata Matteotti con il fidato ex alunno della scuola serale Giuseppe Ferrarini, calzolaio in via Gran Sasso 9. Probabilmente Salvatore Principato conosceva molti dei Partigiani che sarebbero stati fucilati con lui in piazzale Loreto, a partire dai socialisti Soncini, Poletti, Del Riccio e Fiorani, fino a Mastrodomenico e forse Galimberti e Bravin che con lui collaboravano e all'operaio comunista della Pirelli Libero Temolo, a Fogagnolo e Casiraghi.

Non essere allineati voleva dire essere espulsi dalla scuola, ma mio nonno per insegnare i valori opposti a quelli del fascismo voleva rimanere dentro.

Per non dover essere costretto a lasciare l'insegnamento, Principato evitava di rivelare a scuola le sue idee. 

Lapide, con epigrafe e mezzo busto in marmo, situata nell’atrio della Scuola Primaria Statale Leonardo Da Vinci di piazza Leonardo da Vinci 2 in Milano, dedicata a Salvatore Principato. Gli fu dedicata il 25 aprile 1947 ad opera dello scultore Alfeo Badeschi.

Molti alunni testimoniarono che la sua critica al regime fascista avveniva soprattutto attraverso la parola e l’esempio. Una volta Salvatore fece svolgere un dettato sul rispetto nei confronti degli anziani, il contrario di quello che insegnava il fascismo che esaltava il culto della giovinezza.

Nel 1940 l'istituto fu rilevato dalla Congregazione degli Oblati dei santi Ambrogio e Carlo, divenendo poi Collegio Arcivescovile. Durante la Seconda guerra mondiale, il collegio Tommaseo fu il centro clandestino dei cattolici impegnati nella Resistenza, nonché punto di ritrovo dei sacerdoti antifascisti e luogo di occultamento di armi usate nella lotta partigiana. Il promotore dell'attività clandestina fu, tra gli altri, il vimercatese Don Enrico Assi. Ordinato sacerdote nel 1943 dal cardinal Schuster, don Enrico era professore di lettere al seminario di Seveso, ma soleva la domenica prestare servizio proprio nella «sua» Vimercate dove era nato nel 1919. Qui intratteneva stretti rapporti con il Collegio, che già si era distinto come una palestra di educazione democratica

tanto da essere ritenuto dalla polizia repubblichina un importante centro per le azioni di propaganda antifascista. Nelle sue stanze fu proposto a Felice Sirtori, organizzatore della resistenza e capo dei democristiani locali, di diventare il primo sindaco di Vimercate dopo la Liberazione. Nel dopoguerra il collegio proseguì la sua attività didattica, con scuole elementari e di avviamento commerciale e, più tardi con la scuola media; nel 1961 lo storico collegio vimercatese venne chiuso e trasferito in una nuova sede ad Arcore. A partire dal 1972 il collegio prenderà il nome di Istituto Santa Dorotea.

"Avendo un nucleo di nemici rioccupato momentaneamente un tratto di trincea, alla testa di pochi soldati, si slanciava arditamente al contrattacco, ributtando l'avversario e catturando una quindicina di prigionieri." Motivazione riportata dal documento rilasciato dal Ministro Segretario di Stato per gli affari della Guerra nell'aprile del 1919.

Medaglia al valor militare data a Salvatore Principato, fotografia gentilmente concessa dal nipote Massimo Castoldi.

Orologio donato dal soldato austriaco, fotografia gentilmente concessa dal nipote Massimo Castoldi.

La figlia racconta: Lo sfollamento ci portò a Vimercate, cittadina dove mio padre contava molti amici, e la famiglia Ferrari ci trovò un alloggio accomodato alla meglio. Dopo l’otto settembre seppi anch'io quale attività egli svolgeva, sebbene le informazioni fossero soltanto superficiali. Questo era logico, sia per la buona misura di prudenza nei riguardi degli altri compagni, sia per non coinvolgere la famiglia. Venivamo via via a conoscenza di chi veniva arrestato di chi veniva deportato e di chi purtroppo veniva ucciso. Un giorno mio padre ci disse che gli avevano proposto di fuggire in Svizzera. C'erano state delle segnalazioni a suo carico e qualcuno lo aveva avvertito. Con cinquemila lire l'espatrio era assicurato. Se ne parlò in casa e noi eravamo del parere che la cosa si dovesse fare. Per quanto riguardava noi, io e mia madre gli assicurammo che con la bocca chiusa e una ben ostentata indifferenza per i fatti politici, ce la saremmo cavata bene e avremmo potuto coprirgli le spalle, almeno così si pensava, forse anche ingenuamente.

Decise di non andare. Lo considerava un tradimento per i morti e … "se tutti vanno, chi resta? Ho degli incarichi che non posso lasciare, ormai non ci si fida se non di poco di pochi... " Fu nel CLN della scuola, nel comitato di Porta Venezia e continuò il suo lavoro politico che si svolgeva tra Milano e Vimercate, dove la sera andava alla Cascina Motta a prendere “roba da mangiare". […] Il 7 luglio 1944 lo aspettammo invano a mezzogiorno. Io e mia madre capimmo subito che era stato arrestato e ci voleva poca fantasia. Partii subito con il primo tram per Vimercate per cercare se là non vi era niente di compromettente e per prendere quei pochi soldi che avevamo nascosti in una gamba del tavolo. Guardai dappertutto, non trovai nulla, presi i soldi che nascosi sotto i vestiti e con una grande paura tornai a Milano. Non ci fu perquisizione nelle abitazioni, né a Milano, né a Vimercate. Cercammo di avere notizie e si seppe che era stato portato al carcere di Monza. Si seppe poi che era stato arrestato in via Cusani 10.

In Giustizia e libertà Principato si occupa soprattutto della gestione della stampa clandestina e di un realizzare un “giornaletto” antifascista.

Foglio clandestino di battaglia, nato a Firenze nel 1925, che aveva tra i suoi redattori i fratelli Rosselli.

La stampa clandestina nasce perché il regime fascista non permetteva che si pubblicassero verità come ad es. le difficoltà che i soldati italiani stavano affrontando durante la guerra; piuttosto sui giornali era concesso scrivere che la guerra stava andando bene e l'Italia stava sconfiggendo tutti gli eserciti contro cui combatteva. I giornali che circolavano erano scritti e stampati in clandestinità dai partiti che faceva parte del CLN (Comitato Liberazione Nazionale). I giornali riuscivano a circolare grazie alle staffette, che erano delle donne che solitamente a bordo della loro bicicletta li distribuivano nelle città vicine.

Questi uomini scrivevano per far sapere alla gente che c'era chi non si adattava alle imposizioni e proibizioni del regime fascista e degli occupanti nazisti, per supportare la ribellione e per promuovere il libero pensiero. Era molto difficile reperire la carta e le tipografia, oltre che distribuire questi fogli.La polizia fascista infatti sorvegliava e spesso arrestava redattori e stampatori, alcuni finirono in carcere e deportati nei campi di concentramento.

Dal 1942 Principato fa parte della 33^ Brigata Matteotti, del secondo e del terzo comitato antifascista di Porta Venezia e del Comitato di Liberazione Nazionale della Scuola. Concettina racconta che gli proposero di fuggire in Svizzera, ma lui decise di non andare, "lo considerava un tradimento per i morti" e diceva "Se tutti vanno, chi resta? Ho degli incarichi che non posso lasciare, ormai non ci si fida se non di pochi". Continuò quindi il suo lavoro politico tra Milano e Vimercate, dove nel frattempo era sfollato con la famiglia.

A Milano, in via Cusani 10, sotto la copertura di una piccola officina meccanica, intestata ala moglie, la ditta F.I.A.M.M.M.A. (Fabbrica Insegne Arredi Mobili Metallo Affini), maschera e gestisce lo smistamento della stampa socialista e antifascista, di cui si hanno poche notizie proprio perché si trattava di attività clandestina pericolosa (cfr. cap. 5). Secondo le parole di Concettina nell'officina c'era un unico operaio, il signor E.P. e, come riporta in nota il nipote Massimo Castoldi, la moglie e la madre di Principato non vollero mai rendere pubblico il nome "di colui che quasi certamente fu il delatore che portò i nazisti in via Cusani".

La Resistenza a Vimercate Il nucleo principale della Resistenza al nazifascismo nella Brianza orientale si localizzò a Vimercate, che vantava una profonda tradizione democratica e socialista. A Vimercate la Resistenza si sviluppò su di un tessuto largamente unitario, che vide l'assistenza e la compartecipazione del clero locale in particolare nelle figure di Don Enrico Assi, Don Attilio Bassi e Don Luigi Sala. I sacerdoti allacciarono rapporti con appartenenti all'Azione Cattolica al fine di organizzare una stretta ed efficiente collaborazione. Il gruppo prese inoltre contatti con il primario e i medici dell'ospedale civile di Vimercate che cooperarono attivamente nel momento di necessità. Di grande importanza fu l'aiuto prestato dalle donne vimercatesi

organizzate nei "Gruppi di Difesa della Donna" per la raccolta di vestiario, alimenti, fondi e medicinali, per l'attività di infermiere e staffette, nonché di protezione e asilo per i giovani sfuggiti al bando di chiamata alle armi. La Resistenza a Vimercate compì azioni eclatanti, il 29 dicembre 1944 i partigiani vimercatesi organizzarono un attacco di sabotaggio al campo di aviazione di Arcore durante il quale cadde il comandante partigiano Iginio Rota; a seguito dell'azione vennero catturati, giudicati colpevoli e condannati a morte per fucilazione i resistenti Pierino Colombo, Emilio Cereda, Renato Pellegatta, Aldo Motta, Luigi Ronchi e, in contumacia Carlo Levati.

Il monte Vodice Il monte Vodice è un rilievo in Slovenia, sul confine con l’Italia. E’ abbastanza basso (misura infatti solo 651 m) e si trova a sud dell’altopiano della Bainsizza. è parte, assieme al monte Santo e al monte Cucco di Plava, un contrafforte sulla riva sinistra dell’Isonzo.

Decima battaglia dell’Isonzo La decima battaglia dell’Isonzo fu combattuta tra il 12 maggio e il 5 giugno del 1917, durante la prima guerra mondiale, tra austriaci e italiani. L'obiettivo di questi ultimi era quello di sfondare la linea difensiva verso Trieste. Lo scontro fu particolarmente cruento, e le vittime totali ammontarono a 53.000.

“Il monte&nbsp;è coperto di cadaveri che non ci lasciano in pace per il loro odore poco gradevole non si riesce a fare delle buche per sotterrarli essendoci tutta roccia.” Giuseppe Ghione, tenente colonnello italiano che combatté la decima battaglia dell’Isonzo.

L'occupazione nazista e lo sbarco degli Alleati: l'Italia divisa in due.

Nel luglio 1943 gli alleati sbarcarono in Sicilia e la conquistarono. Nel nord Italia furono proclamati numerosi scioperi contro il fascismo e, a quel punto, il Gran Consiglio del fascismo votò la sfiducia a Mussolini che successivamente venne arrestato. L’8 settembre 1943 fu firmato l’armistizio a Cassibile con gli alleati. Hitler consentì al duce di fondare nel Nord la Repubblica Sociale Italiana con sede a Salò. Questo regime poteva sopravvivere solo grazie all’appoggio tedesco. L’Italia era così divisa: -&nbsp;Il centro- nord governato dalla Repubblica di Salò, sostenuta dai tedeschi; -&nbsp;Al sud c’era il Regno d’Italia appoggiato dagli alleati che, progressivamente, liberarono vasti territori dell'Italia meridionale. L’Italia era quindi divisa tra la fedeltà al fascismo al nord e l’antifascismo al sud.

Le zone occupate dai nazifascisti e quelle liberate dagli Alleati.

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<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamenti_di_Milano">https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamenti_di_Milano</a>

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<a href="http://mi4345.it/albergo-regina-e-metropoli/">http://mi4345.it/albergo-regina-e-metropoli/</a>

«Nel momento in cui il nazismo tenta di restaurare in Roma e in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di liberazione nazionale, per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni» Il Comitato di Liberazione Nazionale fu un'organizzazione politica e militare italiana costituita da elementi dei principali partiti del Paese. Fu fondato a Roma il 9 settembre 1943, il giorno successivo dell’armistizio di Cassibile annunciato da Badoglio, che garantiva il non appoggio dell’Italia verso la Germania nazista e sancì l’inizio della Campagna d’Italia avviata per sconfiggere i fascisti e liberare l’Italia. Il CLN aveva, appunto, lo scopo di opporsi al fascismo e all'occupazione nazista in Italia; vi aderirono tutti i

partiti antifascisti che uscirono allo scoperto e ripresero l’attività politica. Al suo interno vi erano, infatti, i rappresentanti del Partito Comunista Italiano (PCI), della Democrazia Cristiana (DC), del Partito d'Azione (PdA), del Partito Liberale Italiano (PLI), del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP) e del Partito Democratico del Lavoro (DL). Ogni partito aveva le sue formazioni militari partigiane coordinate dal rispettivo rappresentante nel CLN. Una mozione del 16 ottobre 1943 stabilì gli obiettivi fondamentali del CLN: - assumere tutti i poteri costituzionali dello Stato promuovendo la concordia; - condurre la guerra di liberazione a fianco degli alleati angloamericani; - cessate le ostilità, convocare il popolo per decidere quale forma istituzionale dovesse assumere lo Stato. Il CLN, presieduto da Ivanoe Bonomi, coordinò e diresse la Resistenza italiana e si suddivise in Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia

Classe 3^D Saltini

Mouad Aboussaad Letizia Bernardi Filippo Besana Emanuele Colao Angelo Colombo Nicolo' Gioele Crevani Beatrice Dozio Leydi Juliza Hurtado Huanca Erika Lorefice Sofia Migliorino Riccardo Moramarco Vanessa Cristina Nasui Gionata Penati Pietro Pugliares Leonardo Teruzzi

Classe 3^E Saltini Bryan Ower Anderson Vassallo Alberto Bianchessi Alessia Buratti Ada Cantù Luca Cogliati Gaia Crippa&nbsp; Giorgia Del Sole Caterina Dodaj Bilal El Allaoui Mattia Fantini Emma Yumi Jung Tommaso Loreti Chiara Marini Siria Mazzarella Manuele Olivero Emma Perego Alessandro Periti Giacomo Perversi Beatrice Piazza Valentina Pirovano Emanuele Ravasi Marco Redaelli Gabryel Tosti Leonardo Ziliani

Dizionario: corrente neotomista--&gt; movimento filosofico che si ispira alle idee di San Tommaso d’Aquino.

I contatti con le idee socialiste Probabilmente l’avvicinamento di Salvatore al socialismo fu dovuto alle sue letture e alle sue conoscenze: infatti nella tipografia di Piazza Armerina si stampavano le opere del garibaldino siciliano Napoleone Colajanni (già citato nella pag. precedente). Inoltre il vescovo di Piazza Armerina era all’epoca Mario Sturzo, intellettuale esponente della corrente neotomista, che aveva collaborato con il filosofo antifascista Benedetto Croce e che era il fratello del fondatore del Partito Popolare don Luigi Sturzo, che sarà esiliato durante il Ventennio a causa delle sue idee.&nbsp;&nbsp; Vi è poi da dire che Salvatore, vivendo in un ambiente arretrato e rurale, era un testimone quotidiano dello sfruttamento e delle difficili condizioni di vita dei contadini siciliani ed era dunque naturale il suo interessamento all’emancipazione del proletariato.

Mario Sturzo e Benedetto Croce, due dei principali esponenti intellettuali dell'antifascismo.

Vimercate ricorda Salvatore Principato Un mese. Era passato solo un mese dalla Liberazione, quando il 26 maggio 1945 la neonata giunta municipale di Vimercate con in testa il sindaco Felice Sirtori, deliberò alcune importanti e simboliche variazioni toponomastiche scegliendo di dedicare alcune importanti strade cittadine a coloro che avevano sacrificato la propria vita per la libertà e la democrazia, tra questi non poteva mancare Salvatore Principato, Via Littorio divenne allora via S. Principato.

La delibera della giunta municipale del 26 maggio 1945.

I bombardamenti a Milano

Le città italiane furono colpite dai bombardamenti da parte degli alleati a partire dal 1940. Il primo bombardamento di Milano avvenne dopo soli cinque giorni dall'entrata in guerra del paese. Per i due anni successivi, tuttavia, Milano non fu più bombardata, mentre furono colpite maggiormente città come Genova, Torino e le città del Sud.&nbsp; A partire dal 24 ottobre 1942, tuttavia, i bombardamenti su Milano ripresero con l’attacco diurno eseguito dal Bomber Command.&nbsp;L'allarme suonò alle ore 17.57 del sabato 24 ottobre cogliendo la popolazione di sorpresa, sia perché erano trascorsi quasi due anni dall'ultimo bombardamento sia per il brevissimo intervallo tra il suono delle sirene e la caduta delle bombe.&nbsp; Dai registri ufficiali del Bomber Command risultarono lanciate 12 bombe

da 4.000 libbre (le cosiddette cookies), 56 da 1000 libbre, 2276 bombe incendiarie da 30 libbre e 28.500 bombe incendiarie da 4 libbre oltre a svariate migliaia di volantini propagandistici, alcuni dei quali curiosamente in francese. I morti furono 135, i feriti 331 dei quali 15 non sopravvissero alle ferite. Risultarono danneggiati 52 edifici residenziali e 9 commerciali o pubblici. Tra gli edifici danneggiati vi fu anche il Carcere di San Vittore dove, da una breccia nel muro, evasero 118 detenuti. La sistemazione dei numerosi senzatetto creò diverse difficoltà e coloro che non avevano necessità di rimanere a Milano vennero sfollati; tra questi, ci fu la famiglia di Salvatore Principato.&nbsp; A partire dall'estate 1943 si affiancarono a quelli britannici i velivoli dell'USAAF, United States Army Air Forces. Il mese di agosto risultò il più difficile per la città di Milano: circa un terzo delle costruzioni furono colpite dalle incursioni, dagli incendi e alcuni edifici.

Il bando di Kesselring, invocato dal comunicato e dalle alte gerarchie naziste, prevedeva la fucilazione di dieci italiani per ogni tedesco solo in caso di vittime naziste. Ma nell'attentato di viale Abruzzi, nessun militare tedesco rimase ucciso: morti e feriti gravi erano tutti italiani. Theodor Saevecke, il cui comando si trovava all'Hotel Regina in via Silvio Pellico, sede delle SS, dei servizi di sicurezza (SD) e della Polizia Politica (la Gestapo) e noto luogo di tortura, pretese e ottenne, ciò nonostante, la fucilazione sommaria di quindici antifascisti, e compilò egli stesso la lista, come testimoniato da Elena Morgante, impiegata nell'ufficio delle SS, cui fu ordinato di batterla a macchina

Theodor Emil Saevecke&nbsp;(Amburgo,&nbsp;22 marzo&nbsp;1911&nbsp;–&nbsp;Amburgo,&nbsp;15 dicembre&nbsp;2004) ufficiale&nbsp;tedesco&nbsp;delle&nbsp;SS, ebbe il comando della SIPO-SD (Polizia e Servizio di Sicurezza) in&nbsp;Lombardia&nbsp;durante l'occupazione tedesca.

Nell’ambito del “Progetto Memoria” la nostra sezione ANPI “Martiri Vimercatesi” ha da tempo attivato con le scuole della città e in virtù del protocollo d’intesa Ministero dell’Università e Ricerca vari progetti tra cui il Progetto “Conosci la storia di un protagonista della Resistenza” che ha visto coinvolte ben 6 classi terze delle scuole secondarie I.Calvino e D.Saltini per la realizzazione di un E-book sulla figura di Salvatore Principato, maestro antifascista che visse e insegnò in un periodo della sua vita a Vimercate. Crediamo che far crescere negli studenti il piacere di apprendere e ricercare, progettare e realizzare sia un modo per coinvolgere studenti e studentesse, alla ricerca delle tracce delle storie dei protagonisti della Resistenza, per renderli consapevoli che le libertà di cui godono oggi sono frutto della guerra di Liberazione dal nazifascismo e della nostra Costituzione.

A nome mio e dell'ANPI un sentito ringraziamento a tutte le classi coinvolte ed alle docenti che in questa ricerca hanno lavorato con impegno e passione. Mi auguro che da questa iniziativa possa nascere una proficua collaborazione al fine di promuovere quei valori che sono iscritti nella nostra Costituzione.

Savino Bosisio Presidente ANPI Vimercate

Sul sito del vecchio collegio furono realizzati negli anni Sessanta tre nuovi condomini, che si aprono a formare una piazzetta, l'attuale Largo Pontida che coincide in buona parte con il vecchio cortile del collegio Tommaseo.

Vista generale del collegio fotografato dal cortile interno detto anche Cortile d'onore.

Il cortile d'onore in Largo Pontida oggi.

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VIMERCATE nella storia contemporanea 1918-1945, Città di Vimercate Massimo Castoldi, Piazzale Loreto - Milano, l'eccidio e il "contrappasso", Donzelli Editore, 2020 Concettina Principato, «Siamo dignitosamente fiere di avere vissuto così». Memoria della resistenza e difesa della costituzione. Scritti e discorsi. Giorgio Pozzi editore, a cura di Massimo Castoldi, 2010 Gianfranco Bianchi (a cura di), Dalla Resistenza. Uomini, eventi, idee della lotta di Liberazione in provincia di Milano, Provincia di Milano, 1975 Liliana Segre, Scolpitelo nel vostro cuore, Ed.Piemme, Milano, 2018 Fausta Finzi, A riveder le stelle, Ed Gaspari, Udine, 2006

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Il 9 agosto 1944, mentre si stava compiendo il destino di Salvatore e di tutto il gruppo dei quindici antifascisti destinati alla fucilazione, Marcella e Concettina pensarono ancora una via d'uscita, scrissero a Salvatore di fare richiesta per un lavoro volontario in Germania, come alcuni avevano fatto. Scrissero un'ultima lettera ma Salvatore non l'avrebbe forse mai letta:

Milano 9 agosto 1944 Carissimo Salvatore, So che sei a Milano. Vederti sarà un po' difficile, però spero. Tu siì sempre tranquillo e pensa a te stesso, Questo è quello che noi desideriamo. Noi siamo tranquille e non ci manca nulla, sul nostro conto non avere preoccupazioni. Tu siì sempre tranquillo e pensa a te stesso. Questo è quello che noi desideriamo.&nbsp;

Noi siamo tranquille e non ci manca nulla, sul nostro conto non avere preoccupazioni. Vorrei una cosa da te: che tu facessi domanda da lavoratore volontario. Anche molte altre persone fanno così. Sarebbe un bene per te e per tutti. Pensaci bene. Però la tua volontà è sempre libera. Il nostro pensiero è costantemente con te e tu sai con quale affetto. Anche se abbiamo litigato, tu sai che io ti ho voluto sempre tanto tanto bene, e te ne voglio ancora come prima, più di prima, ora. Vorrei poter dividere con te i tuoi crucci, le fatiche, le ansie, le speranze, le illusioni e anche purtroppo le disillusioni, ma abbiamo insieme la speranza che ci sostiene per affrontare i duri periodi che forse verranno. Saperti forte e sereno è per me grande conforto. Dimmi tutto ciò di cui abbisogni: soldi, roba, cibo. E il vestito grigio? A me non l'hanno dato. Dove si trova? Tanti cari baci è il più affettuoso abbraccio tua Marcella

Giornale edito dal Cln e rivolto al mondo della scuola, in particolare agli insegnanti. Benchè esca in un numero unico senza data, alcuni riferimenti a fatti del settembre 1944 permettono di attribuire la pubblicazione al mese successivo. Si apre commemorando le vittime della strage nazifascista compiuta il 10 agosto 1944 a Milano, a Piazzale Loreto, con la fucilazione per rappresaglia di 15 detenuti politici tratti dal carcere di San Vittore, tra i quali l’insegnante Salvatore Principato.

Subito dopo la strage, pare che Mussolini abbia detto al vice-capo della Polizia della RSI, Eugenio Apollonio: «Il sangue di piazzale Loreto lo pagheremo molto caro». All'alba del 29 aprile 1945, sullo stesso piazzale, i cadaveri di Mussolini, dell'amante Claretta Petacci e di altri 15 fascisti, furono esposti davanti alla folla accorsa alla notizia della morte del duce. Il responsabile dell’eccidio Theodor Saevecke, per la Resistenza milanese il&nbsp;boia di&nbsp;Piazzale Loreto, fu processato dal Tribunale Militare di Torino e fu condannato all'ergastolo il 9 giugno 1999; tuttavia, malgrado la richiesta della magistratura militare italiana, non fu mai estradato né subì mai alcun processo in patria. È morto nel suo letto, a 93 anni, nel 2004.&nbsp;

Il contesto in cui nacque Salvatore Principato è quello di una Sicilia ancora rurale, caratterizzata da problemi legati all'accesso dei contadini alla proprietà fondiaria, dall'arretratezza dell'agricoltura siciliana, dal ritardo nello sviluppo industriale e nella presenza delle infrastrutture. Sul finire dell’Ottocento, la società siciliana si trovò a dover affrontare diversi problemi, le cui conseguenze sfociarono nelle migrazioni di massa e nell’esplosione delle tensioni sociali, come per esempio nella grande rivolta dei Fasci Siciliani. Molti di questi problemi furono trattati nelle “Lettere Meridionali” dello storico napoletano Pasquale Villari nel 1875. In queste lettere l'autore dedica ampia trattazione ai molteplici aspetti della "questione meridionale", tra i quali la Mafia, il fenomeno del Brigantaggio, l’analfabetismo e le condizioni di miseria in cui versavano le masse contadine.

Le Lettere meridionali di Pasquale Villari costituiscono un documento prezioso per comprendere alcuni aspetti della "questione meridionale".

L’ARTE HA RESO OMAGGIO AI MARTIRI DELLA STRAGE

Il monumento in Piazzale Loreto Alla fine della guerra, sul luogo della strage e in memoria dei martiri ivi caduti fu eretto un cippo commemorativo. Tale cippo fu sostituito da un monumento eretto nell'agosto 1960, opera dello scultore Giannino Castiglioni (1884-1971), sito all'angolo tra il piazzale e viale Andrea Doria. Il monumento, sul fronte, reca un bassorilievo che rappresenta un martire sottoposto a esecuzione sull'iconografia di San Sebastiano, sul retro reca la dicitura «ALTA/L'ILLUMINATA FRONTE/CADDERO NEL NOME/DELLA LIBERTÀ» cui segue l'elenco dei 15 caduti, la data dell'eccidio, 10 agosto 1944 e i simboli della Repubblica Italiana e del Comune di Milano.

Una cosa che è rimasta è il fascicolo personale dell’insegnante e da lì risulta che lui non era iscritto al Partito fascista, cosa permessa alla primaria (i professori universitari invece furono obbligati al giuramento); ovviamente era una nota di demerito e in seguito gli tolsero la possibilità di insegnare alle scuole serali.

La figlia Concettina, ricordando la decisione del padre di rimanere uno dei pochi maestri "senza tessera", racconta che il Partito Nazionale Fascista stesso aveva dichiarato che Salvatore non avrebbe mai potuto, neanche alla riapertura delle iscrizioni, aderire ad esso, e che lui di ciò andava fiero.

E come il padre pagò la sua scelta con l'esclusione dall'insegnamento alle scuole serali, nonostante ne avesse pieno diritto per anzianità e meriti di servizio, così la vita scolastica di Concettina ne risentì. Ecco che cosa testimonia la figlia a questo proposito.

Lo sfollamento Principato non perse mai i contatti con gli amici vimercatesi, tanto che, una volta che fu firmato l'Armistizio e iniziarono i bombardamenti su Milano, la famiglia Principato riparò nuovamente a Vimercate in un piccolo alloggio presso la famiglia Appiani proprietaria di un palazzo all'<a href="https://goo.gl/maps/2q5wcN6qef6qN8wr9">angolo tra Via Mazzini e via Valcamonica</a>. Da lì, ogni mattina, il maestro raggiungeva la sua scuola a Milano, anche quando non era aperta a causa dei bombardamenti. Viaggiava quasi sempre sulle "rimorchiate" del <a href="https://g.co/kgs/wbeWSv">tram bianco della Stel,</a> tra gli operai con i quali si intratteneva. Fino all'arresto avvenuto il 7 luglio 1944, Principato continuò il suo lavoro politico che svolgeva tra Milano e Vimercate, dove la sera andava alla <a href="https://goo.gl/maps/tf3GanowyX3z2tHR6">Cascina Motta</a> a prendere "roba da mangiare".

L'incrocio tra via Mazzini e via Valcamonica dove visse la famiglia Principato durante lo sfollamento.

Il palazzo della famiglia Appiani dove, probabilmente, visse la famiglia Principato.

Cercare che cosa fu la Resistenza vuol dire indagare dentro di noi&nbsp; che cosa è rimasto di vivo della Resistenza&nbsp; nelle nostre coscienze;&nbsp; che cosa si è tramandato in noi&nbsp; di durevole e quotidiano da quel tempo che già è leggendario e che cosa ci sentiamo ancora capaci di tramandare di quel tempo a coloro che verranno dopo di noi. Pietro Calamandrei (dal discorso al Teatro Lirico di Milano del 28 febbraio 1954)

Consultare il passato storico, interrogarlo per far emergere frammenti di storie, per comprenderne alcuni aspetti e custodire con cura questo patrimonio per il presente e per il futuro…questa forse è l’essenza di questo lavoro frutto della collaborazione tra noi docenti e gli alunni delle classi 3A e 3B della Scuola Calvino,  delle classi 3A, 3C, 3D e 3E della Saltini.

Con questo spirito i nostri ragazzi hanno lavorato alla ricerca di informazioni sulla vita di Salvatore Principato, la cui storia era prima a noi sconosciuta, se non per l’immagine di una lastra commemorativa posta all’ingresso di Palazzo Trotti a Vimercate.&nbsp; Suddividendosi i momenti fondamentali della vita di quest’uomo, le classi hanno svolto attività di ricerca storica con il supporto di materiale fornito dall’Anpi Vimercate, che da qualche tempo auspicava la realizzazione di un progetto di ricerca in collaborazione con le scuole sulla figura di un concittadino così illustre per la nostra città.

"Intanto ero stata iscritta al ginnasio Carducci, in via Lulli. Anche qui fui esonerata dalla religione e non fui iscritta come giovane italiana. Ma la vita non fu facile come alla "Caterina da Siena": non avevo la divisa e alle lezioni di ginnastica, che mi fecero odiare lo lo sport, ero tartassata dalla sig.ra Lovera, che mi chiamava davanti a tutte le compagne "pera marcia".

Nino Ferrari, figlio del maestro Novemi Ferrari che era un collega di Principato al collegio Tommaseo a Vimercate, ricorda Salvatore come un insegnante dal carattere dolce ma forte.&nbsp; E questo emerge anche dalla testimonianza di Concettina: "Il mio ambiente familiare mi faceva sopportare queste offese, perché mio padre, al quale raccontavo ogni cosa, sapeva farmele vedere da un lato sopportabile e dignitoso: "Noi siamo da un'altra parte, e questa parte la dobbiamo fare tutti, insieme". In fondo mi sentivo anche io importante, partecipavo alla vita della mia famiglia e degli adulti."