Il coraggio di dire no!!

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Perciò tocca a me adesso provare a raccontare quello che la sua morte ha lasciato al mondo, perché non è morto inutilmente mio figlio. La mattina dopo la sua morte, sapete che dicevano in giro tutti? “Attacco terroristico finito male”, cioè, non solo lo avevano ammazzato, ma gli davano pure del criminale in pubblica piazza. A Salvuccio e Vito li dovevate vedere, avevano un diavolo per capello! E ci avevano ragione! Tutti i carabinieri non ci volevano sentire, né a me né ai suoi amici: continuavano a mettere in mezzo questioni che non c’entravano nulla, e tutti fingevano di non sapere. Di non sapere che erano stati i mafiosi a compiere questi crimine, e ci hanno messo più di vent’anni per ascoltarci, a condannare quel Badalamenti.

Lascio la parola al mio amico-fratello, Salvo. Senza di lui molto di quello che ho fatto non avrei potuto farlo, e in vita come in morte è stata sempre la persona che ha avuto più fiducia in me.

E' l'8 maggio 1978. Dopo aver discusso con con i miei fidati compagni le ultime mosse per le elezioni comunali, accompagno il mio amico Salvo Vitale e vado verso casa.&nbsp;	Questa, miei cari, è l'ultima cosa che posso raccontarvi io. Adesso lascio la parola a chi questa parte di storia l'ha vissuta. Perché quella purtroppo è stata la sera in cui i mafiosi hanno deciso che non erano più disposti a lasciarmi continuare a raccontare la verità. Fortunatamente i miei ideali non sono morti con me, ma sono stati portati avanti da tante persone, e di questo vado molto fiero. Quello che dico in conclusione è che nonostante  la paura che ho vissuto in quei momenti, non c'è stato un solo secondo in cui ho creduto che non fosse valsa la pena di fare tutto ciò che avevo fatto.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;

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Ciao a tutti, sono Felicia, la mamma di Peppino

Adesso tocca a me prendermi ‘sta ‘ncognittura di raccontare l’ultima parte della storia. Mio figlio Peppino era una testa calda, suo padre ce lo diceva di starsi buono, starsi a casa, di smetterla con tutte queste idee folli di legalità, giustizia, ma lui a suo padre non lo voleva sentire. Ha fatto sempre di testa sua e io non ho potuto farci mai niente. E non ho voluto farci niente.

Vi racconto adesso di un grande traguardo che io e i miei compagni siamo riusciti a raggiungere. Ci troviamo nel 1977, finalmente è stato pubblicato il primo di due volantini che smascherano le speculazioni edilizie (grandi costruzioni fatte senza curarsi di preservare l'ambiente e il paesaggio, e tanto meno della sicurezza, col solo scopo di guadagnare) fatte nel mio paese: la prima è la costruzione di capanne (bungalow) e di un porto turistico.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;

La seconda sarà contro la costruzione di un palazzo di cinque piani approvato dalla mafia.&nbsp; Sebbene questi due fossero dei grandi traguardi, sta volta l'avevamo fatta grossa, li avevamo proprio fatti arrabbiare. A maggio mio padre viene minacciato dalla mafia, per colpa della mia voglia di combatterla, così decide di partire per l'America, per chiedere aiuto ad alcuni parenti...&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;

Sono Salvo Vitale, compagno di Peppino e co-fondatore di Radio Aut. Peppino era una persona complicata, alle volte faceva proprio arrabbiare, ma questo suo modo di fare è ciò che l'ha portato ad essere quello che era. 

Vi racconto ora a nome di Peppino quello che è successo quel giorno, che io non dimenticherò mai. Quella sera ero insieme ai miei compagni, d’un tratto uno di noi, Giovanni Riccobono, ricevette una chiamata dal cugino, ci raccomandava di stare a casa perché in quei giorni sarebbe accaduto qualcosa di brutto. Tutti noi abbiamo pensato al peggio e non appena messa giù la telefonata, senza nemmeno bisogno di dircelo, corremmo a cercare Peppino. Per prima cosa andammo a casa sua ma non c’era. Ripercorremmo la strada che aveva fatto, ma niente, non c'era neppure lì. Giunti alle 4 del mattino, avevamo ormai quasi perso le speranze: se c'è qualcosa che posso affermare dei mafiosi è che non scherzano, e se qualcuno sparisce per quattro, cinque ore, la questione è molto preoccupante. Decidemmo quindi di tornare a casa.

Le nostre parole fecero riflettere molti siciliani che erano completamente vittime di un modo di pensare dettato dalla paura nei confronti della mafia, e che trovarono il coraggio di unirsi alla mia battaglia.

Mi chiamo Giuseppe Impastato, ma tutti mi chiamano Peppino. Sono nato il 5 gennaio 1948 a Cinisi, un paesino in provincia di Palermo. Mia madre si chiama Felicia, mio padre Luigi Impastato e mio fratello più piccolo Giovanni. Sono stato un giornalista e attivista siciliano. Dico "sono stato" perché purtroppo a quella mafia che dicevo prima non sono piaciuto molto: ero un po' troppo "spiritoso" dicevano. La verità è che ho raccontato la verità pestando i piedi a pezzi grossi della mafia.

La mafia è un'organizzazione criminale con radici in Sicilia, Calabria e Campania sviluppata poi anche nel Nord Italia, in Europa e nel mondo. Ciò che interessa ai mafiosi è il potere economico, e cioè i soldi che riescono a ottenere grazie al traffico di armi, di uomini. I mafiosi fanno anche affari con i politici in modo da ottenere favori in cambio di voti e protezione.

O ancora, la mafia può arricchirsi e diventare sempre più potente col cosiddetto "pizzo", una sorta di "tassa" che i mafiosi chiedono ai commercianti in cambio di "protezione". "Ma protezione da chi?" vi starete domandando. E qua viene la cosa curiosa: la mafia chiede i soldi, minacciando i commercianti di fare danni alla loro attività e persino alla loro famiglia, perciò la "protezione" che offrono i mafiosi, è una protezione da loro stessi.

Ad aprile del 1978 decido di candidarmi alle elezioni comunali, volevo diventare sindaco per fare il bene e cacciare via i mafiosi.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;

Ma il 20 di questo stesso mese, vengo minacciato di nuovo dalla mafia: trovo il motore della mia macchina fuso. Così decido che è arrivato il momento di proteggermi, inizio a non spostarmi più da solo da un posto all'altro, ma sempre in compagnia.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;

Ma allo stesso tempo non mi arrendo, un mese dopo, a maggio, nonostante non avessi ricevuto il permesso del sindaco, (che poi me lo aspettavo, lui era dalla parte dei mafiosi!), decido di scendere nel corso principale di Cinisi, il mio paese, e occupare le strade per una mostra contro la mafia, vennero mostrati dei grandi manifesti che descrivevano per bene tutte le malefatte della mafia e del comune!&nbsp;&nbsp;Ma questa mostra ebbe le sue conseguenze, ci impedirono di trasmettere con Radio Aut per ben 20 giorni! &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;

È il 1976, finalmente, con l'aiuto dei miei fidati compagni, Salvo Vitale e Faro di Maggio, diamo vita a Radio Aut.                                                                                   Volevo che la mafia smettesse di fare del male, volevo che il bene trionfasse. . Per far questo io e miei compagni abbiamo capito che l'unico modo era entrare nelle case dei siciliani, attraverso la radio, e raccontare una storia diversa da quella che avevano sempre vissuto, una storia in cui la giustizia potesse esistere, in cui i politici avessero a cuore il bene comune e non solo i propri interessi personali. 

Denunciavo i traffici sospetti di Cosa Nostra (la mafia siciliana), con i suoi massimi esponenti come Gaetano Badalamenti, o per meglio dire Tano Seduto,  e prendevo in giro i politici collusi, tra cui perfino il sindaco di Cinisi.

...un mese dopo torna, ma i mafiosi non lo lasciano in pace...                                                                                                

 ... passa un'estate terribile, fatta di minacce e violenza, settembre ci ha messo più tempo del solito ad arrivare.  Mio padre e mio fratello continuavano a lavorare nella pizzeria di famiglia. 

A settembre dello stesso anno, mentre mio padre tornava dalla pizzeria di famiglia, viene investito e muore. Tutti pensano ad un semplice incidente, ma io, la mia famiglia e in fondo tutti a Cinisi sapevamo                che non era stato affatto un incidente.&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;           &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;

La mia è una storia straordinaria, non solo perché sono stato uno dei pochi a denunciare la mafia che molti fingevano di non vedere, ma anche perché io provenivo da una famiglia legata a al crimine e ho avuto il coraggio di fare una scelta diversa. Ho deciso di raccontarvela perché credo che in qualsiasi momento della vita sia importante imparare a dire di no se qualcosa no ci sta bene. Per potervi raccontare la mia storia , devo necessariamente soffermarmi su che cosa sia la mafia e i mafiosi, perché purtroppo è proprio con loro che comincia la mia storia. La mafia è un fenomeno molto complesso nato in Italia, in cui un gruppo di persone (criminali) riesce a prendere il controllo di un territorio e, sostituendosi alle autorità legali, detta le regole attraverso atti molto violenti. Purtroppo in Sicilia questo fenomeno era ormai parte integrante della società, perché dove lo stato non è presente, i criminali ne assumono il ruolo, e quasi quasi la gente ci cominciava a credere che quello fosse il modo giusto di vivere. Per questo motivo io ho deciso di andare contro questo sistema ribellandomi attraverso l’ironia.

Cos'è la mafia?

Non c'è stato un momento della mia vita in cui io abbia dubitato di lui, era la nostra guida, una persona che anche a costo della sua stessa vita non avrebbe mai rinunciato al bene comune. Sono felice di essere stato la sua spalla destra e il mio compito è stato e sarà sempre quello di rendere onore al suo operato e far sì che non si esaurisca con la sua morte. 

&nbsp;Io penso che una madre debba amare il proprio figlio e basta, a prescindere da tutto e, soprattutto quando il figlio è grande, a noi mamme non resta che fargli trovare un abbraccio e un pasto caldo, e quello non gliel’ho fatto mancare mai. Per il resto dovevo lasciarlo vivere e lasciarlo fare le sue scelte, anche se ero scantata che me lo portassero via.

Non ci capiamo male, io sono sempre stata fiera di lui, ma non potevo appoggiarlo troppo, perché se no con mio marito erano guai, e di guai ci bastavano già quelli che combinava Peppino.

... E Peppino le sue scelte le ha fatte... E me l’hanno portato via.

Alle sei del mattino ricevemmo la chiamata: avevano trovato Peppino, o quel che ne rimaneva, sulle rotaie, era stato seguito dai mafiosi. Lo picchiarono, lo legarono, lo misero sulle rotaie dove l'indomani alle 6 del mattino sarebbe passata la locomotiva, e non contenti  gli misero una bomba addosso. Tutto organizzato ad arte per far credere che fosse un folle suicida. E invece lo avevano ammazzato. Era questa la verità! E non quella che raccontarono le forze dell’ordine per coprire i mafiosi.

 La sentenza è arrivata solo nel 2002, ergastolo per “Tano seduto” come lo chiamava mio figlio, che aveva il coraggio di prenderlo in giro, come meritava. Ho passato gli ultimi vent’anni della mia vita a far conoscere a tutti la storia di mio figlio, perché la Sicilia, l’Italia, il mondo hanno bisogno di un esempio come lui, di qualcuno che ha preso la paura, l’ha messa da parte e ha trovato la forza di lottare per quello in cui credeva, per il bene di tutti e dei più deboli. Non me ne sarei andata da questo mondo finché la verità non fosse venuta a galla, e dopo che questo è avvenuto, ho potuto riposare.

Ma io rimasi fedele ai valori in cui credevo e, oltre alla carriera da giornalista, mi schierai dalla parte degli oppressi, organizzai delle manifestazioni e fondai il Circolo Musica e Cultura per dare voce ai giovani di Cinisi, perché mi piaceva fare paura ai mafiosi, e niente fa loro più paura di una massa di giovani teste pensanti.

Io ero diverso da loro, credevo in valori come la legalità e la giustizia e proprio per questo avevo idee politiche diverse dall’ambiente nel quale ero costretto a vivere. Pensate che lavoravo in un giornale che si chiamava "L'Idea Socialista". Un giorno, infatti, litigai con mio padre che mi cacciò di casa, perché non accettava il mio modo di pensare, ma anche un po' perché era preoccupato, dato che in questo modo mi stavo mettendo contro “gente pericolosa”.

Purtroppo la mia famiglia è molto vicina alla mafia, infatti il cognato di mio padre, mio zio, era il capomafia Cesare Manzella.                                                                                             Ricordo ancora quando da bambino veniva a trovarci e i miei genitori gli portavano tanto rispetto, tanto che ogni volta che mi comportavo male, venivo rimproverato. D'altronde già da bambino questa storia della mafia mi puzzava molto, non ho mai fatto buon viso a cattivo gioco in vita mia.