Il libro raccoglie testi e disegni prodotti dagli alunni e dalle alunne, dopo la visita al Palazzo di Regina Dal Cin ad Anzano.

Una Regina ad Anzano

Marble

All'età di 9 anni, durante un viaggio in calesse verso Conegliano, Regina visse una brutta esperienza: il calesse si rovesciò in un fosso e sua mamma si fratturò una gamba. La bimba curò la madre e, durante la sua convalescenza, prese il suo posto per curare i suoi pazienti.

Regina Dal Cin nacque a San Vendemiano nel 1819, in una famiglia di umili origini: il suo papà faceva l’oste (cioè gestiva un’osteria), la sua mamma era una “acconcia–ossa” (cioè curava slogature, distorsioni…) ricevendo i suoi “clienti” nel retro dell’osteria. Fin da piccolina (a soli 5 anni!) Regina guardava la sua mamma curare gli altri e sperimentava le manovre che osservava sugli animali da cortile e sui loro ossicini, per capire bene il funzionamento delle articolazioni, appassionandosi in modo particolare a quello dell’anca.

Regina, con le sue manipolazioni e le sue tecniche donava a queste persone la possibilità di guarire in modo veloce ed indolore, tanto che spesso i suoi pazienti non si accorgevano nemmeno che il loro problema era già stato risolto!

C’era un carrettiere dell’Alpago che un giorno, cadendo dal suo carro, si ruppe una gamba molto gravemente. L’uomo venne accolto in un’osteria, dove venne visitato da alcuni medici che gli dissero che l’unica soluzione era l’amputazione dell’arto interessato. Il carrettiere, a malincuore, accettò, ma l’oste, vedendolo rattristato gli disse: “Sai che ad Anzano vive una certa “acconcia-ossa” di nome Regina Dal Cin che è molto brava? Potresti rivolgerti a lei!” Il cuore del carrettiere, sentendo quelle parole, si riempì di speranza. Così, fece chiamare Regina, e costei accettò di visitarlo. Arrivata all’osteria, gli sistemò per bene la frattura e i frammenti di ossa e gli fasciò accuratamente la gamba, immobilizzandola e raccomandandogli di non farsi più amputare la gamba, perché non era necessario. Qualche tempo dopo, quando il carrettiere fu guarito, scese a piedi dall’Alpago per ringraziare Regina per tutto quello che aveva fatto per lui.

Regina, durante un giro di visite nella città di Vittorio Veneto, incontrò una ragazza che aveva guarito, di nome Giska, ma che era ancora triste perché, affetta da una lussazione all’anca congenita, i genitori del suo amato Mirko non gli avevano concesso di sposarla. Mirko, per dimenticarla, era partito per un lungo viaggio con la madre, per distrarsi dal suo amore impossibile, ma un giorno, sfogliando un giornale, lesse che una giovane ragazza di nome Giska era stata guarita da Regina Dal Cin e che quella sera avrebbe partecipato ad un ballo ad Anzano, in onore della sua benefattrice. Mirko svenne per l’emozione e al suo risveglio mostrò il giornale alla madre che gli disse: “Figlio mio, non c’è più alcun problema, puoi sposare quella ragazza!”. Mirko, pieno di felicità, ringraziò la madre e partì per ritrovare il suo amore. Al ballo Giska se ne stava in un cantuccio, sola soletta: pensava ancora al suo amore lontano. Regina allora, che era una donna molto allegra, la invitò a ballare con lei. Ad un certo punto arrivò un giovane alto e bruno, che chiese se poteva continuare lui a ballare con la ragazza. Giska, quando vide di chi si trattava, svenne, ma dopo essersi ripresa continuò a ballare tutta la sera con Mirko, il suo grande e non più impossibile amore, piena di gioia.

Il palazzo di Regina Dal Cin, baciato dal sole.

Intelligente ed ambiziosa, si perfezionò nella sua Missione, diventando una grande esperta nella riduzione della lussazione dell’anca, un problema molto grave e frequente a quei tempi, che causava tante difficoltà: immobilità, isolamento sociale, sofferenze, cure dolorosissime e spesso senza effetto, perfino l’amputazione dell’arto interessato e, nei più poveri, l’impossibilità di guadagnarsi il pane per sopravvivere.

Un angioletto biondo zoppicava in sala d’attesa, in compagnia della sua mamma. Aveva una gamba più corta dell’altra di 4-5 centimetri: la sua mamma era molto preoccupata e aveva affrontato un lungo viaggio per dare una speranza di guarigione alla sua bambina. Regina arrivò e prese in braccio la bimba, che era impaurita, portandola nella sua camera d’albergo, accompagnata da un medico che assisteva regolarmente alle sue “operazioni”. Regina giocava con lei per distrarla, mentre il medico le dava dei confetti. La bimba rideva e li mangiava, mentre Regina le dava delle tiratine per assestarle la gambina. Dopo l’operazione, perfettamente riuscita ed indolore, arrivarono la mamma e la zia della bimba, che piangevano di gioia. La bimba, vedendo le loro lacrime, pensò che fosse successo qualcosa di brutto e si mise a piangere anche lei, allora il medico la consolò con altri confetti. Da quel giorno la mamma e la zia furono molto grate a Regina Dal Cin per il bene fatto al loro angioletto biondo.&nbsp;

Gli anni passarono e Regina, diventata ormai una giovane donna, si sposò con Lorenzo Dal Cin e diventò mamma di un bambino di nome Pietro, ma continuò ad occuparsi dei suoi pazienti accogliendo tutti, ricchi e poveri: ai poveri non chiedeva nulla, ai ricchi chiedeva un’offerta libera, utilizzando tutte quelle donazioni per far costruire, accanto alla sua casetta, quello che gli Anzanesi conoscono come&nbsp;“il palazzo della Regina,” una costruzione a tre piani, baciata dal sole, dove lei accoglieva i suoi pazienti, ospitandoli, quando necessario, per il periodo di attesa e di convalescenza.

Venne addirittura denunciata e subì quattro processi, dai quali uscì vittoriosa e anche con un diploma che le permise di continuare nella sua professione senza particolari problemi, accompagnata e sostenuta da altri medici che riconoscevano la sua bravura.

Il Palazzo di Regina si trova ad Anzano, frazione di Cappella Maggiore, in via Savallon, la strada che porta in Cansiglio. Si può raggiungere anche lungo un sentiero dietro la chiesa parrocchiale, dove si trova anche la tomba di Regina.

Un grazie di cuore a Simona Magagnin per averci saputo appassionare alla vita di Regina e per il modo in cui opera per mantenere vivo il suo ricordo Anna B. e Christian B. Gaia C. e Alessandro C. Lucrezia F. e Samuel P. Flora T. e Enrico D. C. Giulia M. e Ayman C. Teresa F., Melisa G. e Gioele Z. Amelia D. R. e Andrea S. Sara G. e Sebastiano S. Sofia Z. e Reyyan K. Gul Bahar K. e Nicolò G.

All’età di 10 anni, Regina venne affidata al fratello e si trasferì da lui ad Anzano. Lei non andò mai a scuola (rimarrà analfabeta per tutta la vita), ma utilizzò tutto il suo tempo libero per imparare e migliorarsi. Si recava quindi negli ospedali, negli obitori, nei cimiteri durante i disseppellimenti, per conoscere sempre meglio l’anatomia del corpo umano, concentrandosi sempre di più sul corretto posizionamento del femore.

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Scuola Primaria "Regina Dal Cin" di Anzano

Alunni e alunne di classe 4^ a.s. 2021-2022

Una giovane sarta lavorava per mantenere se stessa e sua madre: erano povere, e quello che lei guadagnava era loro necessario per vivere. Un giorno la sarta ebbe un incidente, si lussò la spalla destra e non potè più lavorare … &nbsp;Disperata, si recò da Regina Dal Cin per chiederle di aiutarla e lei accolse la richiesta della sartina. Così iniziò a massaggiarle la parte interessata, e con uno scossone finale riuscì a “sistemare” la sua lussazione. La sarta e sua madre, in lacrime per la gioia, abbracciarono grate Regina e la ragazza le promise di ripagarla per quanto fatto, lavorando giorno e notte. &nbsp;Ma Regina, che aveva un cuore grande, non solo le disse che non voleva essere pagata, ma le diede anche 10 lire, per aiutarla a riprendere il suo lavoro di sarta.

Regina era considerata da molti una benefattrice, oggetto di ammirazione e di gratitudine, ma attirava anche l’invidia e le critiche di alcuni medici, che la accusavano di “fare il dottore” senza alcun titolo, non avendo mai frequentato scuole: la chiamavano con disprezzo “empirica”.&nbsp;

Purtroppo nessuno di loro, neanche il più attento osservatore, riuscì ad imparare la sua “tecnica” che lei, in modo del tutto istintivo, riusciva ad adattare a seconda del caso che aveva di fronte.

Morì alla veneranda età di 80 anni e la sua tomba, insieme a quella del figlio, si trova presso la chiesa parrocchiale di Anzano perché, a chi le chiedeva di trasferirsi in qualche grande città, lei rispondeva in dialetto: "No lasso la me riveta par tuto l'oro del mondo."

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