UN PONTE SU UN OCEANO DI MEMORIA

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Il quinto giorno, scaduto il soggiorno presso lo stabilimento,&nbsp; partirono per Gualeguay.&nbsp; 

Giorni felici ce ne furono. Angelo e Osanna vennero allietati dalla nascita dei loro figli. Costruirono una bella famiglia e soprattutto una bella comunità. 

Il viaggio non era ancora concluso: arrivare a Gualeguay e precisamente alla colonia agricola non era facile. Dovevano percorrere ore di strada ferrata,&nbsp;ore in un vaporino che percorreva il fiume Rio Paranà e ancora strada ferrata.

Fecero anche delle passeggiate per la città di Genova, dove presero venti limoni a testa e un po’ di cioccolata per combattere il mal di mare e visitarono il porto, dove galleggiava il Vapore. Grande fu lo stupore quando lo videro: apparve alto e massiccio come&nbsp;una grande montagna. Era già preparato per trasportarli dall’altra sponda, traversando il grande Mare Oceano Atlantico!

Nella casa fecero festa:&nbsp;arrivarono tre sacchi di pane, due di farina e mezzo bue e un fiasco di vino. Per tagliare la carne usarono la coscia del bue come zocco di legno…..Che abbondanza!!!

Costeggiarono la Francia e la Spagna, videro le coste dell’Africa, le isole Canarie, passarono lo stretto di Gibilterra, le isole di Sant’Antonio e poi arrivarono all’isola di San Vincenzo

Tutto andò per il meglio: furono registrati negli appositi libri e poi&nbsp;condotti nella grande e bella città, in uno “stabilimento”. Era un centro di accoglienza, l’Hotel de Inmigrantes.&nbsp;

Arrivarono a Genova qualche giorno prima del 20 aprile 1883 e, non appena&nbsp;discesi dal treno, trovarono, come d’accordo,&nbsp;Saviotti che era venuto&nbsp;a prenderli.

Unica cosa che mancava: la loro famiglia.&nbsp; Osanna e Angelo scrivevano spesso a casa, mandavano saluti, ma soprattutto cercavano di convincere i loro cari a raggiungerli. Le&nbsp;lettere che Angelo mandava alle Coste terminavano sempre: “Venite amati genitori.

Venite o guazzo Simone, che la fortuna l’avete in braccio. Io non finirei giammai di dirvi le ricchezze che qui giacciono.&nbsp;Con la mente serena vi chiamo e vi aspetto con le braccia aperte a godere i giorni felici”.

ll giorno dell'inaugurazione dell’autoclave&nbsp;a Urdinarrain venne filmato da Hugo Spiazzi. Comparve tra le immagini anche un grande striscione davanti all'ospedale con scritto “Tante grazie Italia” . Ci fu un commovente discorso :&nbsp;“E’ arrivato il momento così desiderato di avere l'autoclave nel nostro ospedale già installata e in perfetto funzionamento. Non potete&nbsp;immaginare l'emozione e la gratitudine!”

A Urdinarrain il 7 Novembre 2007 tra il sindaco di Fumane Mirco Corrado Frapporti e il sindaco del comune di Urdinarrain in provincia di Entre Rios, Alberto F. Mornacco, venne firmato un gemellaggio denominato "Un ponte su un Oceano di memoria”.

DAL DECRETO DEL GEMELLAGGIO TRA URDINARRAIN E FUMANE

Tra queste due città, unite dai cognomi comuni delle storie di immigrati, ci saranno azioni di solidarietà. Si ritiene che la Memoria sia un ponte stretto e sicuro verso la scoperta dell'identità! Fine.

Tale Saviotti, che abitava in piazza Banchi numero 3 a Genova, procurava il vapore e andava a prendere i passeggeri alla stazione di Genova per condurli al porto.&nbsp; Il bastimento che presero i coniugi Giacopuzzi fu un bastimento molto lento. Impiegarono 50 giorni per arrivare a destinazione, mentre altri “legni”, soprattutto quelli francesi, erano più veloci, come in seguito vennero a sapere.

Sono Osanna Ronconi, sono sposata da qualche&nbsp;anno con Angelo Giacopuzzi. Abito alle Coste di S. Anna d’Alfaedo, ma provengo dalla contrada Cescatto.

In casa siamo numerosi: oltre al padre Giobatta e alla madre Maria Luigia, vivono con noi anche i fratelli di mio marito, tutti più giovani di lui. In ordine di età c’è Chiara, nata nel 1845, Colomba, nata nel 1847, Angelica nata nel 1851, Pietro nato nel 1854 e il più piccolo, Bartolomeo, del 1858, di 15 anni più giovane di Angelo.

Si ringrazia la signora Franca Chesini per il contributo prezioso che ha reso possibile questo lavoro. Un grazie anche a Fatima, ragazza di Urdinarrain, che ci ha arricchito con i suoi disegni. Grazie a Giulia Sinigaglia che ci ha fatto conoscere Book creator, con il quale abbiamo realizzato questo libro. Un affettuoso grazie al preside Giovanni Viviani che ci ha confortati con il suo apprezzamento!

“Amati genitori, eccomi a voi miei prediletti genitori, fratelli e sorelle a darvi notizia del mio felice viaggio e del nuovo mondo. Noi tutti godiamo prosperosa salute e così&nbsp;spero di voi tutti”.

Partimmo dalla misera Genova il giorno 20 aprile 1883.

Portarono con loro delle casse ben chiodate con una forte serratura perché sapevano che sul bastimento era concesso caricarle&nbsp;gratuitamente solo se pesavano mezzo quintale e non di più.

Nelle casse misero vestiti, biancheria, attrezzi da cucina, articoli da taglio, piatti di terra e due paia di scarpe, ma non stoffa in pezza altrimenti avrebbero dovuto pagare il dazio. Non portarono, e di questo Angelo se ne pentì, armi da fuoco per cacciare. Si rammaricarono anche di non aver portato i “letti”, avvolti in una tela e poi legati con un filo di ferro sopra alla cassa.

Ecco che arrivò così il 20 aprile 1883 e partirono, insieme a tanta altra gente,&nbsp; verso una nuova vita! 

L'inizio di una nuova vita

Trascorsero quelle giornate separati: Osanna, insieme ad altre donne, si occupava di lavare i panni e di badare ai bambini. 

Il giorno 7 maggio ripresero il viaggio per il grande Atlantico e arrivarono il 4 giugno al porto di&nbsp;Montevideo dove si fermarono 3 giorni per scaricare merci.&nbsp; La sera del 7 giugno ripartirono per l’ultimo tratto verso Buenos Aires e, dopo otto ore di navigazione,&nbsp;il bastimento rallentò e si fermò: erano a 15 miglia da Buenos Aires.

Alunni classe IIIA scuola secondaria di I grado Istituto Comprensivo "B.Lorenzi" Fumane Verona anno scolastico 2020/21

Mangiarono e mangiarono: il cibo era veramente abbondante,&nbsp; tanto che avanzò un secchio di carne, e pensare che alle Coste si pativa la fame! Infatti i Veneti, dicevano prima di lasciare il loro paese natio: “Mi migro par magnar!

L’intento era di prendere il vapore per arrivare a Buenos Aires, in Argentina. Destinazione Gualeguay, dove sapevano che era stata fondata nel 1880 la colonia Moràn che dava lavoro nei campi a molti immigrati veneti. Pagavano l’affitto dei terreni con una percentuale del raccolto.

In questa colonia già aveva trovato lavoro lo zio e stava aspettando il nipote ed altri per costruire insieme la casa. Già famiglie di “pionieri” della zona i cui cognomi erano Benedetti, Benetti, Campostrini, Chesini, Fraccaroli, Fumaneri,&nbsp;Marconi, Melchiori, Ronconi, Spiazzi, Tommasi, Vallenari, Zivelonghi si erano stabilite nella zona.

Nella colonia abitavano 27 famiglie,&nbsp;e pian piano i coniugi Giacopuzzi cominciarono ad ambientarsi, a lavorare sodo. Angelo rimpianse di non essere partito 10 anni prima dalle miserie dell’Italia, perché una famiglia composta da due o più uomini atti al lavoro, nel giro di otto o dieci anni si faceva ricca. Nella Colonia il tempo trascorreva e Angelo dimostrava sempre più la sua voglia di lavorare. Avrebbe potuto accettare per 12 Lire al giorno di lavorare le ruote assieme allo zio, ma l’arte più ricca era quella di prendere la terra. Per tre anni la raccolta era tutta di chi lavorava, poi il raccolto si divideva con il padrone: un terzo andava al padrone e i restanti due terzi rimanevano a chi lavorava.

Alla fine della cena, come dolce, vennero servite delle patate molto buone, grosse come zucca con la buccia nera.&nbsp; Restarono meravigliati nel vedere che tutta quella abbondanza era data da soli due uomini e due donne che lavoravano in quella casa!

Già nell’estate dell’anno 1882 cominciarono a organizzare con due di Cerna il viaggio. Questi ultimi avevano ricevuto notizia dell’Argentina da compaesani, i cui familiari avevano già raggiunto questa meta. Alla combriccola si aggregò anche zia Libera, che voleva raggiungere&nbsp; suo marito già partito.

Conobbero il loro padrone che li condusse in una palazzina.&nbsp;Egli mise a guardia della porta una “sentinella” , in modo che una volta entrati nessuno uscisse, per timore che andassero da altri padroni. Eh sì, tutti volevano gli Italiani. Girava questo ritornello : “ Evviva gli Italiani, brava gente, bravi lavoratori!” e cercavano di averne alle loro dipendenze.

Questo comitato ebbe come presidente Franca Chesini e come componenti Giovanni Viviani; il sindaco di Marano, Pietro Clementi; il vicesindaco di Sant’Anna d’Alfaedo, Valentino Marconi, e Claudio, il Don della Lessinia; il sindaco di Fumane, Fernando Cottini. Il Comitato si mise in contatto con il direttore dell'ospedale Manuel Belgrano, dott Thomas Fullbrandt. Questi fece presente che l'ospedale necessitava di uno strumento di igienizzazione per il buon funzionamento dell'ospedale. Quindi il Comitato decise di donare un'autoclave all'ospedale di Urdinarrain. L’autoclave costò&nbsp;21.800 €.&nbsp;

Questa cifra fu raccolta grazie all’impegno di molti.&nbsp; Una parte fu donata dai Comuni di Fumane, di Marano, di&nbsp;Sant'Anna d’Alfaedo e di Erbezzo; poi venne aperto un conto presso la banca di Marano Credito Cooperativo sul quale poteva affluire la solidarietà di quanti volevano sostenere l'iniziativa. Inoltre, come comitato&nbsp;parteciparono alle fiere paesane vendendo torte e sensibilizzando le persone sull'importanza dell'iniziativa.

Angelo con i due di Cerna e con lo zio prese una&nbsp;Colonia di 120 campi e il padrone portò il materiale per costruirci la casa. Angelo voleva farla grande la sua casa, sperava sempre che dalle Coste arrivasse la sua famiglia.

Proprio in mezzo alla colonia in quegli anni&nbsp;cominciarono i lavori della linea ferroviaria da Gualeguay a Gualeguay Giù e il commercio non mancava. Il prezzo del frumento valeva 18 lire al quintale e quello del granoturco 12 lire.&nbsp;

Il viaggio fu difficoltoso, i primi giorni Angelo e Osanna furono devastati dal vomito, ma poi più nulla. Mangiarono bene sul vapore: carne, pane,&nbsp;vino, pesce e formaggio. C’erano più di 60 bambini e ragazzi in tenera età che rallegrarono il viaggio.

Istituto Comprensivo "B. Lorenzi" Fumane Scuola Secondaria di primo grado classe III A anno scolastico 2020-2021

Dovettero anche affrontare il problema di come arrivare alla stazione di Verona e poi di Genova. Si fecero dapprima portare con il carretto dal padrino Simone fino alla stazione di Porta Nuova a Verona, per prendere poi il treno.

Nel Febbraio del 2000 Franca Chesini e suo padre fecero&nbsp;un viaggio a Urdinarrain, in Argentina, perché seppero che fra le tante persone, appunto partite negli anni di Angelo e Osanna, potevano esserci dei loro parenti.&nbsp;Conobbero durante quel viaggio molte persone, nipoti e pronipoti di migranti della Lessinia.&nbsp;

Nel febbraio del 2003 decisero di tornarci nuovamente. Scoprirono che l’Argentina era nel pieno di una crisi economica e tornarono in&nbsp;Italia con l'idea di fare concretamente qualcosa per questo Paese. Franca ne discusse dapprima con il sindaco di Fumane, Fernando Cottini, e con il preside della scuola media sempre di Fumane, il professor Giovanni Viviani&nbsp;e insieme formarono un comitato: il Comitato SOS Urdinarrain-Argentina.

Ricordarono soprattutto una frase detta da uno di Treviso: “ Ora, avete finito di sacrificare le vostre membra!”&nbsp;

La partenza fu annunciata da tre fischi del Vapore e poi piano piano “la grande montagna”cominciò a galleggiare e ad allontanarsi dal porto. Le 600 persone sul bastimento avevano tutte il cuore gonfio: lasciare il proprio Paese per una terra lontana e ignota fu per tutti doloroso. 

C’era chi lasciava a terra parte della famiglia, chi sperava di far fortuna e ritornare presto nella patria natia, chi raggiungeva dei cari che già erano partiti…..insomma tutti dal ponte salutarono&nbsp;e lanciarono un ultimo sguardo alla cara Italia.&nbsp;

In quei giorni fecero conoscenza con altri migranti.&nbsp;Il giorno successivo arrivarono altre 1800 persone italiane. Seppero che si erano imbarcate su un legno francese salpato da Genova il 17 maggio. Di questo fecero memoria e certamente avrebbero poi consigliato ai genitori, ad altri amici,&nbsp;ma soprattutto al padrino Simone&nbsp;di prendere quel bastimento francese e, se fosse stato italiano, di prendere Colombo o Umberto e non salire su altri.&nbsp;&nbsp;

Tutti arrivarono sani e salvi a terra in Argentina anzi, la zia Libera, partita con loro,&nbsp;ebbe un ruolo decisamente importante: fece da levatrice ad una donna, che durante il viaggio partorì. Che soddisfazione per zia Libera!!!

Attesero con molta trepidazione in cuore. Finalmente, dopo giorni e giorni, il viaggio in mare stava per terminare. Poco dopo il mezzogiorno arrivò un “elegante vaporino”, con la Commissione di immigrazione per i controlli sanitari, la registrazione e&nbsp;il trasbordo.

Non fu semplice quest’ultima operazione: Angelo e Osanna tenevano ben stretti i loro bagagli per paura che finissero a mare o che venissero smarriti.

All’ isola di San Vincenzo, dove tutti i “legni” si dovevano fermare per fare il carico di carbone per il restante viaggio, sostarono per due giorni. Angelo e Osanna ebbero il piacere di andare a terra insieme ad altri compagni. Videro un bel paese abitato da “mori”, circondato da monti senza vegetazione, sentirono un grande calore: erano ben 14 anni che non pioveva nell’ isola San Vincenzo!

Nella settimana che precedette la partenza mangiarono poco e soprattutto cibo asciutto per paura di soffrire il vomito durante la traversata.&nbsp;

Giunti sul posto videro una vasta pianura senza piante e terra nera senza pietra, “ molle come un letamaio”.

 Angelo vide pannocchie&nbsp;di granoturco grosse come braccia e si accorse subito che coltivare quella terra con l’aratro e i buoi sarebbe stato facile

Crebbero i figli e i nipoti, le generazioni si susseguivano, ma l’orgoglio di essere Italiani e l’amore per le origini furono sempre presenti nei loro animi. La comunità prosperò in serenità fino ai nostri giorni, cercando di tener vivi i contatti con i paesi d’origine..&nbsp;

Nello stabilimento rimasero per 4 giorni, ebbero gratuitamente vitto ed alloggio. Il mangiare era buono: caffè alla mattina, carne e minestra alle 10, caffè ancora e sul mezzogiorno carne lessa o arrosto, in quantità abbondante, tanto che era difficile poterla mangiare tutta.

A Milano dovevano scendere e telegrafare a Saviotti che li avrebbe ricevuti alla stazione di Genova.

Un’altra cosa importante che i nostri protagonisti dovevano fare&nbsp;era quella di procurarsi i documenti validi per l’Argentina, e di telegrafare a Saviotti a Genova per i biglietti.

La prima sera alla colonia Moran dormirono assieme a quei due da Cerna nella casa di quello di Treviso che abitava lì da tre anni. Vedevano dappertutto pollame, maiali e grano in abbondanza.&nbsp;

Portarono avanti le loro consuetudini, i loro riti, le loro preghiere in latino, il loro dialetto e i piatti&nbsp;tipici della Lessinia che tramandarono poi ai loro figli e nipoti.

Si recarono insieme in un hotel riservato agli emigranti dove poterono espletare gli ultimi “ cartamenti” ( taglio dei capelli, bagno, visita medica e poi la vaccinazione nonché la pesatura dei bagagli) prima della tanto agognata, ma anche temuta partenza.&nbsp;&nbsp;

Arrivati a Gualeguay,&nbsp;dopo aver attraversato il Rio, trovarono carri di altri connazionali che erano venuti ad accoglierli per condurli a destinazione. Aver trovato tutti i “loro fratelli” con carri e cavalli da sella, tra applausi e grida festose fu per Angelo e Osanna indimenticabile.&nbsp;

Una sera, dopo l’ennesima giornata lunga e faticosa, Angelo rivelò a Osanna i suoi progetti e le sue speranze: voleva andare in cerca di fortuna nel Nuovo Mondo.

Aveva sentito dire che là il cibo era abbondante, che in un anno si potevano fare 400 quintali di grano,  che la terra non mancava a nessuno e che avevano a disposizione anche dei macchinari e facevano dei crediti agli agricoltori.

Alla mattina dopo venne Pietro, che era stato a servire dai padroni, e disse ad Angelo e Osanna di andare a casa sua e che là sarebbero rimasti fino a che non avessero costruito una casa tutta per loro. Pietro possedeva un carro, una mucca e tre cavalli.

https://www.comunedifumane.it/home https://www.municipalidad-argentina.com.ar/municipalidad-urdinarrain.html https://www.galatamuseodelmare.it/mem-memoria-e-migrazioni/ Lettere di migranti

Insomma, il lavoro non sarebbe mancato e lui aveva tanta voglia di dimostrare il suo valore!

Sono Angelo Giacopuzzi, ho 40 anni e abito alle Coste di Sant' Anna d’Alfaedo. Sono sposato con Osanna Ronconi dal 6 maggio 1877. Nonostante svolga diversi lavori, vengo pagato poco, lavoro con molta fatica i campi. Il cibo non basta per sfamare la mia famiglia. Mangiamo polenta, formaggio e poco altro di companatico.

Introduzione Cap.1 Presentazione dei personaggi Cap.2 Preparativi per la partenza Cap.3 Arrivo a Genova Cap.4 Il viaggio Cap.5 A Buenos Aires Cap. 6 Verso la Colonia Moran Cap. 7 La vita alla Colonia Moran Cap.8 La storia non si conclude Appendice: Il gemellaggio Fumane/Urdinarrain

Angelo con gli uomini cercava la collocazione lavorativa:&nbsp;doveva prendere contatti con il suo nuovo padrone don Gregorio Moran, che avrebbe mandato il Ventura per condurli alla Colonia agricola.

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