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La Gabbianella e il Gatto

by Sara Ciardulli

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In un mattino di primavera un merlo fischiava gioioso sul ramo di un albero in riva al mare, i raggi del sole erano caldi e lui si sentiva perfettamente felice. Mentre pensava alle sue faccende, ecco che un gruppo di gabbiani atterrò sulla spiaggia e cominciò a garrire a proposito di una certa ansa tra le insenature della costa dove c’era un bel gruppo di granchi con cui fare colazione.
Il merlo, male interpretando la lingua dei gabbiani, decise di scendere da loro per chiedere ragguagli. Anche lui voleva fare colazione e pensava che “granchi” fosse la parola gabbianesca per indicare quei vermetti grassi di cui lui era ghiotto.
Fischiò la sua domanda nel tono più gentile possibile, i gabbiani erano pur sempre molto più grandi di lui e con un temibile becco puntuto, ma i gabbiani non capivano la lingua merlesca e si spaventarono anche un po’ vedendo quel buffo uccellino nero agitarsi in mezzo a loro. Certo aveva le ali, doveva per forza far parte della loro stessa specie, ma quel colore, quelle zampette secche secche, quegli strani fischi che gli uscivano dal becco non vennero molto gradite
Così pensarono che era meglio scacciarlo, che voleva da loro quell’intruso? Non sapeva che quella spiaggia era di loro proprietà fin da quando i loro nonni, bisnonni e trisavoli avevano deciso di stanziarsi là? Con che faccia si presentava chiedendo cibo? Di granchi ce n’erano tanti, è vero, ma perché dividerli con un uccellino così diverso da loro?
Il merlo, dal canto suo, sentendosi accerchiato, loro così grandi, lui così piccino, corse a perdifiato verso alcuni di quei cespugli che crescono, a volte, sulle spiagge, un po’ bruciati dal sale, ma ottimi come protezione. Cercava di spiegare solo che voleva solo capire cosa fosse un granchio, se fosse o no un verme grassottello con cui fare colazione. 
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