L'assassinio nel mezzo dell'Atlantico

Racconti gialli scritti dagli alunni della classe 2C, Scuola secondaria di primo grado Giorgione di Castelfranco Veneto.

Racconti Gialli 2C

seguito ad un fatto che non ci ha mai voluto raccontare e qualche idiota lo ha convinto che voleva incolparlo dell’omicidio e gettarlo in mare; quindi ce l’ha con lei.” “Mi sono spaventato a morte!” “Mi dispiace, comunque, torniamo a noi. L’ho invitata per dirle che ho trovato delle vecchie fotografie e una potrebbe interessarle...” Me ne passò una in cui lo si vedeva mentre teneva in mano un coltello identico a quello usato per il delitto e dietro di lui un’insegna che diceva “Royal Knife Factory for UK Army–Indian Colony”. “Dawson, lei mi ha dato la chiave per una porta serrata fino a due minuti fa” gli strinsi la mano e me ne andai di corsa. Poco dopo tornai dal mio collega urlando: “Subito dal capitano! Non fare domande!” Immediatamente ci precipitammo in sala comandi e chiedemmo di poter vedere la lista dei passeggeri.

“Amico mio, caso risolto...” dissi dopo aver scorso con attenzione l’elenco dei nomi. “Ora basta solo incastrarlo.” “Gli scriverò una lettera a nome di un qualsiasi Lord che vuole discutere con lui di un’importante questione circa i suoi territori. Lo inviterò a colazione in caffetteria.” “Geniale, a volte mi chiedo se tu sia umano.” La mattina seguente ci svegliammo e alle otto e un quarto, in un attimo eravamo già in caffetteria, era vuota perché era stata riservata solo per noi. “Dovrebbe arrivare a momenti...” dissi irrequieto. Infatti, pochi minuti dopo, Sir Avery Wolf, l’assassino, entrò in stanza. Quando vide me, Red e il capitano cercò di uscire, ma la porta era stata chiusa dall’esterno, come d’accordo, dal mio nuovo amico Dawson. L’uomo cominciò a cercare qualcosa nelle tasche. “La pistola ce l’ha il mio assistente, ieri

immagino che ad un uomo per bene come lei non interessi e, con il suo permesso, intimerò a quel poveraccio di non darle fastidio, Sir.” Fece per andarsene quando... “No, mi interessa, per caso costui le ha dato il suo nome?” chiesi. “Sì, Dawson, Sir.” “Allora gli dica che accetto, dove ci troveremo?” “Ha proposto di incontrarla in quella bettola in cui mangiano gli operai, vicino alla sala macchine, Sir.” “La ringrazio.” dissi mentre se ne andava. Le due ore che mancavano all’appuntamento passarono in fretta. “Vuoi che venga con te?” “No, tu, Red, resti qui a vedere se succede qualcosa di strano, intesi? Non seguirmi per nessun motivo al mondo.” “Sì, ma non fidarti troppo di quei mascalzoni di terza classe, gli operai e i mozzi di questa nave sono tutti armati fino al collo e in cerca di guai.”

“Mai fidarsi di nessuno...” ribattei mostrando la mia adorata rivoltella. Cinque minuti dopo, camminando per i corridoi della terza classe, cominciai a pentirmi di essere andato da solo, dato che si trovava gente dall’aspetto losco in ogni angolo. Mi sentivo sotto pressione, misi una mano in tasca per caricare la pistola quando... “Morse! Via di qui!” un uomo dalla faccia annerita e con i vestiti strappati cominciò ad inseguirmi, io iniziai a correre a perdifiato. Dopo circa cinque minuti di corsa, percorrendo gli stessi corridoi anche quattro volte, pensai che il mio destino fosse segnato, ad un certo punto, però, arrivai alla bettola, uno di quei postacci dove mangiavano quei disgraziati della terza classe, con tante persone che ballavano e parlavano rumorosamente. “Fermatelo!” urlai. Due omoni mi lasciarono passare per poi creare una barriera umana in modo tale da fermare il mio inseguitore. Subito dopo mi si avvicinò un volto familiare, era Dawson. “Lo scusi” disse “è diventato pazzo in

soldi!” mi disse Red, mentre accendevo una sigaretta. Il viaggio fu incredibilmente rapido e, a mezzogiorno in punto, eravamo al porto. “Incredibile...” borbottò il mio assistente. “Mai vista così tanta gente” aggiunsi. C’era una nave enorme che emanava un fumo nero e denso da tre maestose ciminiere. Moltissime persone salutavano dai ponti, sul molo gli amici e i parenti della gente in partenza stavano piangendo; in fondo al corteo, un gruppo di operai stava cantando una canzone volgare mentre si imbarcava. Immediatamente ci avviammo alla corsia che portava alla passerella di seconda classe. Poco più tardi entrammo in una cabina che non si poteva definire “di lusso”, ma non era neanche male. “Ora non resta che goderci una settimana di vacanza!” disse Red, mentre esplorava la stanza. I primi due giorni di viaggio furono stupendi, anche grazie al fatto che cibo e bevande erano compresi nel costo del biglietto.

La mattina del terzo, però, ci recammo alla solita caffetteria per la colazione e vedemmo un addetto alle pulizie correre terrorizzato. Urlò: “Aiuto, Sir Mc Neal è stato ucciso nella sua stanza, il sangue è sparso dappertutto!” L’atmosfera si fece cupa e tesa. Tutti cominciarono a urlare e a commentare ad alta voce. Red esclamò: “Silenzio! Signore e Signori, siete in buone mani, James Morse” mi indicò “è probabilmente il miglior investigatore al mondo, riuscirebbe a trovare sospetti anche nei calzini di un angelo.” “Lei ha ragione.” Disse Sir Johnson, un proprietario terriero per cui avevo lavorato un paio di anni fa. “Scriverò una lettera al capitano perché metta il caso nelle sue mani.” Prese una penna e scrisse parlando ad alta voce: James Morse è un uomo curvo, ma ha poco più di vent’anni. Sembra trasandato e assonnato, invece è una persona acuta e

Scuola secondaria di primo grado Giorgione

“Vi spiegherò uno strano caso. Venite qui al più presto! Eagle street, River City, Virginia, USA. John Taylor” lessi. “Sembra che ci chiamino anche dall’altra parte dell’oceano!” disse Red. “Domani ci imbarcheremo!” esclamai mostrando i biglietti Liverpool- Norfolk. “Viaggeremo con Luxury Atlantic! La miglior compagnia.” osservò entusiasta. Spensi la sigaretta e mi coricai dato che era tardi e l’indomani saremmo dovuti partire presto. Il giorno dopo ci svegliammo all’alba, dovevamo andare a prendere un treno diretto a Liverpool, dove ci saremmo dovuti imbarcare per Norfolk. “Muoviti, se perdiamo il treno possiamo dire addio al viaggio e ai soldi!” mi disse Red, mentre accendevo una sigaretta. Il viaggio fu incredibilmente rapido e, a mezzogiorno in punto, eravamo al porto. “Incredibile…” borbottò il mio assistente. “Mai vista così tanta gente” aggiunsi. C’era una nave enorme che emanava un fumo nero e denso da tre maestose ciminiere. Moltissime persone salutavano dai ponti, sul molo gli amici e i parenti della gente in partenza stavano piangendo; in fondo al corteo, un gruppo di operai stava cantando una canzone volgare mentre si imbarcava. Immediatamente ci avviammo alla corsia che portava alla passerella di seconda classe. Poco più tardi entrammo in una cabina che non si poteva definire “di lusso”, ma non era neanche male. “Ora non resta che goderci una settimana di vacanza!” disse Red, mentre esplorava la stanza. I primi due giorni di viaggio furono stupendi, anche grazie al fatto che cibo e bevande erano compresi nel costo del biglietto.

“Vi spiegherò uno strano caso. Venite qui al più presto! Eagle street, River City, Virginia, USA. John Taylor” lessi. “Sembra che ci chiamino anche dall’altra parte dell’oceano!” disse Red. “Domani ci imbarcheremo!” esclamai mostrando i biglietti Liverpool-Norfolk. “Viaggeremo con Luxury Atlantic! La miglior compagnia.” osservò entusiasta. Spensi la sigaretta e mi coricai dato che era tardi e l’indomani saremmo dovuti partire presto. Il giorno dopo ci svegliammo all’alba, dovevamo andare a prendere un treno diretto a Liverpool, dove ci saremmo dovuti imbarcare per Norfolk. “Muoviti, se perdiamo il treno possiamo dire addio al viaggio e ai

incastonati. In realtà, egli stesso aveva commesso il furto, durante uno dei suoi soliti viaggi di affari loschi. Mi sono reso conto di aver sbagliato, ma mai quanto ha sbagliato lui.” Il caso era risolto. Subito portammo l’assassino in una stanza sorvegliata. Durante il resto del viaggio ci fu un silenzio strano, un’aria tesa e, qualche giorno dopo, il 24 novembre 1906, sbarcammo a Norfolk, Wolf venne caricato in una carrozza con delle sbarre al posto dei finestrini e non lo vedemmo mai più.

molto proficuo a parte i seguenti fatti: aveva un fratello operaio a cui aveva comunicato il contenuto della cassaforte; che aveva scoperto parlando con McNeal, un po’ ubriaco. Quando fu il turno dell’operaio entrò dicendo: ”OK, ne ho già abbastanza di questa storia, perché avrei dovuto ammazzare McNeal con quel coltello quando ho questi?” disse tirando fuori dalle tasche un coltello, una pistola e un tirapugni. Successivamente mugugnò un “Arrivederci” e fece per uscire quando... “Lei, mi sembra un esperto di armi, conosce questo coltello?” chiesi. “Sì, lavoravo in una coltelleria di Birmingham che è fallita, adesso sono in cerca di fortuna in America. Quel coltello era un’edizione speciale... ma non ricordo quale.” “Grazie mille, mi può dire il suo nome?” chiesi. “Dawson” disse camminando verso l’uscita. La sera stessa, Red tornò dicendo che un

quattordicenne di terza classe aveva rovistato in tutti i cestini della nave e aveva trovato, dopo ore di ricerca, il vaso in frantumi. “Siamo al punto di partenza!” esclamò il mio assistente. Immediatamente corsi nella mia cabina, provavo un misto di rabbia e delusione, il tutto aumentato dal nervosismo. Fumai riflettendo per ore, chiuso nella mia bolla, fino a quando Red non entrò tossendo: “Morse! qui l’aria è irrespirabile, esci o morirai di asfissia!” e mi trascinò fuori. “Collega, quante volte ti ho detto di non riempire le stanze di fumo? Questa volta hai esagerato!” esclamò il mio premuroso amico. “Scusa, stavo riflettendo.” mi giustificai. “Hai i nervi a pezzi! Andiamo a prendere un tè.” Pochi minuti dopo eravamo in caffetteria e, mentre discorrevamo, si avvicinò a noi un cameriere titubante che mi comunicò: “Sir Morse, c’è un passeggero di terza classe che l’ha invitata a cena questa sera; ovviamente

“Si ricorda il numero di cabina?” “186, corridoio C.” “Il corridoio C è a fianco del D, ha sentito degli strani rumori mentre puliva?” “Sì, ho sentito delle urla e dei passi, ma siccome mi era caduto un vaso che si era frantumato in mille pezzi e dovevo raccogliere i cocci, ero stanco e volevo andare a dormire, ho pensato che fossero gli indisciplinati di terza classe, e non li ho badati.” “Lei conosceva il contenuto della cassaforte di McNeal?” “Certamente, Sir McNeal aveva la mania di lucidare in continuazione la sua preziosa statuina indiana, e, visto che si fidava di me, mi aveva dato quell’incarico. Avevo accettato per arrotondare. Non mi sognerei mai di rubare, dato che perderei il lavoro e la situazione economica nella mia famiglia non è delle migliori.” “Un’ultima domanda, ha mai visto questo oggetto?” dissi, mostrandogli il coltello dell’assassino.

“No, ma al mio prozio sarebbe piaciuto, dato che collezionava armi rare, prima della crisi.” “Grazie, arrivederci.” e il cameriere se ne andò. “Interessante, ha scambiato un assassinio per un paio di ragazzi che facevano baldoria.” dissi a Red. “Già, però abbiamo un punto a nostro favore.” “Cioè?” chiesi stupito. “Possiamo controllare nei cestini se veramente ci sono i cocci di un vaso.” “Amico mio, a volte mi sorprendi! Adesso mentre interrogo la ballerina, vai a cercare qualcuno disposto a controllare i bidoni dei rifiuti, ecco a te una sterlina: una buona ricompensa per un lavoro sporco.” “Ricevuto.” disse uscendo. Dieci minuti dopo una ballerina che era stata con la vittima la sera prima della sua morte si sottopose alle mie domande, ma l’interrogatorio non fu

scritto “You’ll regret” e “Watch your back” ovvero “Te ne pentirai” e “Guardati alle spalle”. Per terra c’erano un pettinino fermacapelli da donna e delle impronte di scarpe da uomo piene di grasso. “Qui c’è di mezzo una ballerina!” comunicò il capitano “Sono le uniche del mio equipaggio ad avere quel tipo di pettinino.” “Non credo,” ribattei “quel coltello appartiene sicuramente ad una persona ricca, magari è stato rubato, ma una ragazza avrebbe fatto prima a prenderlo dalle cucine. Infine le orme: è improbabile che una donna abbia un piede così grande.” Red rifletté un po’: “Le orme sono sporche di grasso, magari è stato un operaio...” “Può essere, ma il coltello non mi convince per lo stesso motivo della ballerina, comunque teniamo in considerazione anche quest’idea.” “Perché un operaio o una ballerina dovrebbero uccidere un uomo ricco?” chiese il capitano.

“Ottima domanda!” risposi “Magari conoscevano il contenuto della cassaforte e volevano rubarlo. Più tardi interrogherò il cameriere che ha pulito la stanza della vittima e che, probabilmente, sapeva delle statuine.” Red chiese: “Perché prendere in mano un accendino negli ultimi istanti di vita? Voleva comunicarci qualcosa...” “Esattamente, amico mio, ma cosa? Cominciamo con l’annotare bene il disegno: un lupo.” Dopo aver fatto le prime considerazioni ci congedammo. Mi ritirai in cabina per riflettere. Il pomeriggio stesso cominciarono gli interrogatori; il primo ad essere sottoposto alle mie domande fu il cameriere. “Dov’era ieri notte?” gli chiesi. Lui rispose: “Sono stato al ristorante fino all’una e mezza, poi mi dissero che dovevo andare a pulire la stanza di un cliente particolarmente esigente, il quale aveva voluto cambiarla perché la sua era «troppo piccola».”

attentissima ai minimi dettagli. È un investigatore privato. Il suo metodo d’indagine è regolare: arriva sul luogo del delitto e analizza ogni singolo particolare, riflette su un fiume di pensieri che riesce a elaborare tre volte più velocemente di una persona normale. Siccome è molto riservato non condivide le sue ipotesi con nessuno al di fuori del suo assistente Red – così chiamato per il colore dei capelli – con cui vive in un appartamento di Londra. Ripete sempre: “Non ci si deve fidare di nessuno”. Raccoglie prove visitando posti e persone. A volte non ha subito la soluzione, ma riflettendo, magari durante una passeggiata, si illumina e collega tutti gli indizi fino a risolvere il caso. Improvvisamente il capitano piombò in sala da pranzo e disse: “Signore, non si scomodi a farmi recapitare la lettera, ho sentito tutto.

In quanto a lei, Morse, venga con me.” Io, Red ed il capitano camminammo per la nave fino ai corridoi di prima classe ed entrammo nella cabina 212 D: il luogo del delitto. Appena dentro vedemmo che sotto il cuscino della vittima c’era una pistola: significava che sapeva di essere in pericolo. Notammo una boccetta di tranquillante che l’uomo usava per dormire e per questo non si era svegliato all’arrivo dell’assassino. Sul letto risaltavano una macchia di sangue e, a fianco, un costoso coltello con l’impugnatura in avorio. La chiazza indicava che la vittima era stata pugnalata al ventre e non era morta sul colpo, era riuscita a strisciare fino al comodino per prendere un accendino con la raffigurazione di un lupo. “A quale scopo? Evidentemente voleva dirci qualcosa!” esclamai. Sulla cassaforte c’erano evidenti segni di scasso non portato a termine. La aprimmo del tutto e trovammo una tipica statuina sacra induista con dei gioielli incastonati e delle lettere anonime con

sera le ha messo del sonnifero nel vino; è stato facile rubarle l’arma dato che dormiva come un bambino” dissi mentre gli puntavo contro la rivoltella e Red faceva lo stesso con quella di Wolf. “Ditemi come avete fatto a scoprirmi!” “Abbiamo visto che c’era un pettinino per terra, ma abbiamo subito scartato l’ipotesi di una ballerina, perché era chiaro che era un falso indizio, non siamo così stupidi. C’erano delle orme enormi; quelle impronte erano piene di grasso, poteva benissimo essere stato un operaio, ma loro sono armati dalla testa ai piedi e non hanno bisogno di un coltello rubato, come quello usato per l’omicidio che è un’edizione speciale forgiata per l’esercito nelle colonie indiane. L’arma era stata nascosta in sala macchine; ecco perché l’assassino aveva del grasso sotto le scarpe. L’ho scoperto grazie al mio amico Dawson. Ieri sera, quando ci siamo incontrati, mi ha riferito che aveva trovato, nascosto tra i tubi della caldaia, un fodero con ricamato lo

stemma della Royal Knife Factory. L’omicida, nella fretta e nell’agitazione, si era dimenticato di sbarazzarsene. Abbiamo cercato un militare inglese nella lista dei passeggeri e ne abbiamo trovati tre o quattro, ma solo uno si chiama “Wolf” cioè “Lupo”: la vittima, poco prima di morire, aveva preso un accendino con il disegno di un lupo. Infine la cassaforte, l’omicida non è riuscito ad aprirla del tutto perché ha sentito un forte rumore, si è spaventato a morte ed è corso via dimenticando il coltello; il tonfo proveniva da un cameriere che rompeva un vaso.” “È sorprendente il suo metodo d’indagine.” commentò sull’orlo di una crisi nervosa. “Adesso ci spieghi il movente della vicenda.” gli intimai. “Ero un generale in India. Mio fratello minore era un soldato semplice ed era stato impiccato perché McNeal lo aveva incolpato di aver rubato da un tempio una statuina sacra con dei gioielli

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