SUJAN HUSSIN
SPERER
ò
FINO ALLA FINE
Editrice Scuola Secondaria I Grado "Colombo" 3A
SUJAN HUSSIN
SPERER
SUJAN HUSSIN
Spererò fino alla fine
FINO ALLA FINE
2022 Editrice Scuola Secondaria I Grado "Colombo" 3A
Editrice Scuola Secondaria I Grado "Colombo" 3A
SUJAN HUSSIN
SPERER
ò
FINO ALLA FINE
Editrice Scuola Secondaria I Grado "Colombo" 3A
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A tutti quelli che hanno dovuto sopportare la perdita di un caro,a tutti quelli che hanno dovuto sopportare la distanza da un caro,
a tutti quelli che continuano a soffrire,
a tutti quelli che stanno continuando a combattere e
a tutti quelli che sono stati i più fortunati, ricordatevi che, per qualunque cosa, c'è sempre speranza. Continuate a camminare a testa alta, non arrendetevi mai!
CAPITOLO 1
LA NOSTRA DRASTICA SITUAZIONE
I
l rumore dei documenti che venivano sfogliati
riempiva la stanza elegante, ben arredata, non troppo piccola né grande, sembrava lo studio di qualche riccone. All'interno c'erano due persone abbastanza alte e magroline. Entrambi portavano una divisa ospedaliera ed entrambi erano indaffarati con il proprio lavoro, nonché dovere. Erano troppo impegnati a capire il dà farsi per iniziare una conversazione.
Il dottor Fernet, che era seduto su una sedia girevole, aveva capelli di color castano scuro, che gli arrivavano pari al collo, sebbene non si capisse dato che erano raccolti dentro una cuffia sanitaria. Gli occhi erano di un rarissimo color ambra che lo rendevano dieci volte più affascinante di quello che già era. Peccato per il fatto che sembravano morti da tempo. Teneva saldamente in mano dei fogli. L'altra era una sua collega, la dottoressa Tanduay che stava cercando qualcosa tra gli scaffali. Da dentro la cuffia che
Il dottor Fernet, che era seduto su una sedia girevole, aveva capelli di color castano scuro, che gli arrivavano pari al collo, sebbene non si capisse dato che erano raccolti dentro una cuffia sanitaria. Gli occhi erano di un rarissimo color ambra che lo rendevano dieci volte più affascinante di quello che già era. Peccato per il fatto che sembravano morti da tempo. Teneva saldamente in mano dei fogli. L'altra era una sua collega, la dottoressa Tanduay che stava cercando qualcosa tra gli scaffali. Da dentro la cuffia che
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portava in testa, si poteva intravedere un codino disordinato che raccoglieva capelli neri e mossi. Gli occhi erano grandi e vivaci, di un marrone tendete al nero. Metà della loro faccia non si vedeva per il fatto che portavano la mascherina.
Fuori dalla porta si sentiva qualche debole suono, ma non si riusciva a capire cosa fosse.
Quest'oggi era un giorno stranamente meno impegnativo degli altri. Infatti, in queste ultime settimane, il personale ospedaliero stava vivendo l'inferno in Terra. Da qualche mese un virus, precisamente il SARS-CoV-2, o comunemente chiamato COVID-19, si stava diffondendo in tutto il mondo e causando molti decessi. Si crede che sia partito da Wuhan e l'origine è incerta. L'unica cosa sicura è che i medici e gli operatori sanitari devono aspettare che qualcuno faccia qualcosa per fermare questa ondata di virus. L'economia dei Paesi aveva subìto un duro colpo. E non solo loro, ma anche i loro abitanti. In Italia non si poteva più uscire di casa e i supermercati venivano svuotati. Ancor peggio stavano i malati, che erano costretti a stare in ospedale, lontano dalle proprie famiglie cadute in disgrazia. Sulle finestre dei palazzi venivano attaccati striscioni, su cui venivano disegnati degli arcobaleni con di solito scritto sopra "Andrà tutto bene".
Fuori dalla porta si sentiva qualche debole suono, ma non si riusciva a capire cosa fosse.
Quest'oggi era un giorno stranamente meno impegnativo degli altri. Infatti, in queste ultime settimane, il personale ospedaliero stava vivendo l'inferno in Terra. Da qualche mese un virus, precisamente il SARS-CoV-2, o comunemente chiamato COVID-19, si stava diffondendo in tutto il mondo e causando molti decessi. Si crede che sia partito da Wuhan e l'origine è incerta. L'unica cosa sicura è che i medici e gli operatori sanitari devono aspettare che qualcuno faccia qualcosa per fermare questa ondata di virus. L'economia dei Paesi aveva subìto un duro colpo. E non solo loro, ma anche i loro abitanti. In Italia non si poteva più uscire di casa e i supermercati venivano svuotati. Ancor peggio stavano i malati, che erano costretti a stare in ospedale, lontano dalle proprie famiglie cadute in disgrazia. Sulle finestre dei palazzi venivano attaccati striscioni, su cui venivano disegnati degli arcobaleni con di solito scritto sopra "Andrà tutto bene".
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Erano passati dei minuti e la ricerca della dottoressa
Tanduay non ebbe alcun risultato, quindi lasciò perdere e decise di aiutare il dottor Fernet col suo compito. Ma prima che potesse afferrare i documenti sulla scrivania, la porta venne aperta bruscamente. In piedi davanti alla porta c'era l'infermiera Kistler. Il dottor Fernet si giró lentamente per inquadrare nella sua visuale la piccola creatura infuriata.
«C'è qualcosa che possia...» stette per chiedere gentilmente, ma fu interrotto.
«Ora basta!»
Aveva lo sguardo di una persona che voleva uccidere il mondo intero.
«Ehm...Scusi, c'è qualcosa che non va?» chiese la
dottoressa. Era preoccupata, non aveva mai visto
l'infermiera Kistler così arrabbiata.
«Sì, tutto!» iniziò a strillare come una gallina spennata.
«Abbassi la voce», intervenne il dottor Fernet, «Non ha senso gridare, sta solo disturbando i nostri pazienti».
In effetti il dottor Fernet non aveva tutti i torti.
L'infermiera cercò di calmarsi, senza riuscirci. Sembrava che da un momento all'altro potesse esplodere.
Tanduay non ebbe alcun risultato, quindi lasciò perdere e decise di aiutare il dottor Fernet col suo compito. Ma prima che potesse afferrare i documenti sulla scrivania, la porta venne aperta bruscamente. In piedi davanti alla porta c'era l'infermiera Kistler. Il dottor Fernet si giró lentamente per inquadrare nella sua visuale la piccola creatura infuriata.
«C'è qualcosa che possia...» stette per chiedere gentilmente, ma fu interrotto.
«Ora basta!»
Aveva lo sguardo di una persona che voleva uccidere il mondo intero.
«Ehm...Scusi, c'è qualcosa che non va?» chiese la
dottoressa. Era preoccupata, non aveva mai visto
l'infermiera Kistler così arrabbiata.
«Sì, tutto!» iniziò a strillare come una gallina spennata.
«Abbassi la voce», intervenne il dottor Fernet, «Non ha senso gridare, sta solo disturbando i nostri pazienti».
In effetti il dottor Fernet non aveva tutti i torti.
L'infermiera cercò di calmarsi, senza riuscirci. Sembrava che da un momento all'altro potesse esplodere.
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«Cosa è successo…?» chiese la dottoressa.
«Non lo vedi!? I miei pazienti continuano a morire tra le mie braccia! Le famiglie se la prendono con me e guardarle in lutto è deprimente! Pensate che veder morire le persone sia piacevole?»
«Non ci possiamo fare niente. Noi abbiamo fatto di tutto ma se muoiono, muoiono. Non abbiamo ancora tutti gli strumenti necessari per guarirli. Quindi non sentirti in colpa, non è colpa tua».
Il dottor Fernet lo disse come se fosse la cosa più semplice al mondo e questo fece innervosire la dottoressa Tanduay. Odiava quando diceva certe cose con quell'assoluta schiettezza.
«Ma io non posso vivere per sempre in ospedale! Ho una bambina! E sono così indaffarata che non riesco neanche a dormire o mangiare!»
«Non parlare come se lei fosse l'unica a soffrire, anche noi stiamo passando le sue stesse situazioni e non ci stiamo lamentando, per quanto tutto questo sia follia. È nostro dovere aiutare gli altri e faremo di tutto per salvarli. Dobbiamo tentare l'impossibile per gli altri. Insieme ce la faremo! Vedrà, andrà tutto bene».
Le parole rassicuranti della dottoressa Tanduay
«Non lo vedi!? I miei pazienti continuano a morire tra le mie braccia! Le famiglie se la prendono con me e guardarle in lutto è deprimente! Pensate che veder morire le persone sia piacevole?»
«Non ci possiamo fare niente. Noi abbiamo fatto di tutto ma se muoiono, muoiono. Non abbiamo ancora tutti gli strumenti necessari per guarirli. Quindi non sentirti in colpa, non è colpa tua».
Il dottor Fernet lo disse come se fosse la cosa più semplice al mondo e questo fece innervosire la dottoressa Tanduay. Odiava quando diceva certe cose con quell'assoluta schiettezza.
«Ma io non posso vivere per sempre in ospedale! Ho una bambina! E sono così indaffarata che non riesco neanche a dormire o mangiare!»
«Non parlare come se lei fosse l'unica a soffrire, anche noi stiamo passando le sue stesse situazioni e non ci stiamo lamentando, per quanto tutto questo sia follia. È nostro dovere aiutare gli altri e faremo di tutto per salvarli. Dobbiamo tentare l'impossibile per gli altri. Insieme ce la faremo! Vedrà, andrà tutto bene».
Le parole rassicuranti della dottoressa Tanduay
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