Periodo Buio

by Emanuele Sacco

Pages 2 and 3 of 25

Emanuele Sacco
PERIODO
BUIO
Editrice Scuola Secondaria I Grado "Colombo" 3A
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Emanuele Sacco
Periodo Buio
2022 Editrice Scuola Secondaria di I Grado "Colombo" 3A
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PERIODO
BUIO
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Editrice Scuola Secondaria di I Grado "Colombo" 3A
Questo libro è dedicato a tutte le persone che ogni giorno cercano di salvare più vite possibili finendo anche per essere criticate: i medici
CAPITOLO 1:
UNA NUOVA, INSOLITA REALTÀ
Era marzo, quando i primi casi di Covid-19 sono comparsi qua e là per l’Italia. Da subito si sono moltiplicati così tanto che negli ospedali in un giorno morivano moltissime persone. I malati erano così tanti e gli ospedali così pieni che non c’erano posti nelle camere, perciò venivano sistemati nei corridoi. I pazienti arrivavano al pronto soccorso con le ambulanze, ma queste non ripartivano più perché non avevano la disponibilità di barelle per prendere gli altri malati.
Ricevevamo migliaia di telefonate al giorno da parenti che volevano riabbracciare i loro cari. «Come sta mio figlio?», «Come sta mio papà?», «Come sta mia mamma?» A queste domande rispondevamo tutti in modo semplice e fiducioso con un «Andrà tutto bene!» Non so quanto ci credessero le persone che ascoltavano le nostre risposte. Solo in un mese erano decedute centinaia e centinaia di persone e solo alcuni fortunati erano riusciti a salvarsi. Noi infermieri, come i dottori trascorrevamo anche tutta la giornata in ospedale.
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Un giorno mi stavo sistemando per andare a dormire, era il quarto giorno di seguito che dormivo con i miei colleghi. Iniziai a sentire delle urla seguite dal rumore delle porte che sbattevano. «Papà, papà! Dove sei?» diceva una voce sempre più vicina. Io e i miei colleghi andammo a vedere chi fosse e ci sorprendemmo quando vedemmo un ragazzino singhiozzante. Era basso e magrolino, aveva i capelli biondo-oro, gli occhi azzurri e il viso ovale, solcato da rivoli di lacrime. «Ehi bimbo! Che ci fai qui?» dissi io. «S-sto cercando il mio papà!» mi disse mentre piangeva. «Lavora in questo ospedale ed io a casa non ho nessun altro con cui stare, vi prego fatemi vedere il mio papà per sapere se sta bene!»
Da subito ci commuovemmo per lui; era raffreddato e pallido, lo portammo in una stanza in isolamento. «Dove mi state portando?» diceva. «Quand’è l’ultima volta che hai visto tuo padre?» chiese Alfonso, senza curarsi della domanda fatta in precedenza dal ragazzo. «Ieri» disse il ragazzo. «Anche lui è un medico e quel giorno al telefono mi aveva detto di fare il bravo perché non riusciva a tornare a casa a
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dormire, ma io non ce l’ho fatta e sono venuto qua, dove lavora».
«Ok, ho capito! Ma ora fermo qui, fra cinque minuti ritorniamo» dissi io.
«Come si chiama tuo padre?»
«Si chiama Piero, Piero Rolla!» disse concludendo la frase con uno starnuto.
«Starà mica parlando di quel Piero Rolla?» dissi io ad Alfonso mentre andavamo a prendere un tampone. «Sai quanti ce ne sono di medici che si chiamano Piero Rolla in una città come Milano?»
«Avrà sbagliato ospedale!»
Piero Rolla era un medico che lavorava nell’ospedale da 25 anni. Era molto stimato. Era basso e grassottello ma molto simpatico.
Intanto avevamo preso il tampone ed eravamo tornati, più bardati di prima, dal ragazzino.
«Hai detto che sei il figlio di Piero Rolla, no?»
«Sì!»
«Piero Rolla che nel mese di Novembre ha per primo ipotizzato un possibile inizio di pandemia?»
«Sì, proprio lui!»
«Capisco!» continuò Alfonso
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