ISTITUTO COMPRENSIVO ALTIERO SPINELLI
STOP
bullismo
a cura della Prof. Lara Pantani e della Prof. Alessandra Tedesco
realizzato dalle classi 1°A, 1°B, 1°C, 1°D, 3°A e 3°F
realizzato dalle classi 1°A, 1°B, 1°C, 1°D, 3°A e 3°F
IL PROGETTO
L'audiobook che state vedendo è stato realizzato da alcune classi della Scuola Secondaria di I°grado dell'Ist. Comp. Altiero Spinelli, con l’intento di sensibilizzare gli alunni sulla tematica del bullismo e del cyberbullismo. I ragazzi sono stati coinvolti nella produzione testuale e multimediale di racconti brevi, attraverso cui i ragazzi hanno indagato e approfondito le emozioni, le paure, le cause profonde dietro le storie di bullismo, in qualità di vittima o di testimone. Buona lettura e buon ascolto!
INDICE
racconti
Racconto 1 > Lei è Jennifer. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto 2 > Lui è Jamal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto 3 > Lui è Tommaso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto 4 > La storia di un nome. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto 5 > Il nuovo compagno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto 6 > Il coraggio di denunciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto 2 > Lui è Jamal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto 3 > Lui è Tommaso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto 4 > La storia di un nome. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto 5 > Il nuovo compagno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto 6 > Il coraggio di denunciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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LEI É JENNIFERLoading...
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Jennifer era una ragazza amichevole e solare, andava in seconda superiore del liceo linguistico ed era una ragazza molto studiosa. Jennifer era una ragazza alta, castana e amata da tutti e soprattutto molto popolare nella sua scuola. In terza media entrò all’interno di un gruppo di amici più grandi di lei. In questo gruppo conobbe una ragazza con la quale legò molto. Quest’ultima si chiamava Melissa era molto invidiosa di Jennifer: quest’ultima era molto bella e popolare, mentre la sua amica aveva pochi amici e non era conosciuta da nessuno. Proprio per questo motivo dopo un anno che erano amiche iniziarono a litigare molto frequentemente. A causa della popolarità di Jennifer e per l’invidia di Melissa smettono di frequentarsi, non rivolgendosi piu’ neanche uno sguardo. Melissa aveva iniziato la sua guerra personale e ingiustificata contro Jennifer, aveva parlato male di lei , denigrandola in tutti i modi possibili e immaginabili al gruppo di cui anche Jennifer ne faceva parte e pian piano anche loro la iniziarono a deridere, aumentando così pettegolezzi, falsità e ingiurie. Su whatsapp le due ragazze nei bei tempi andati, ormai, si scambiavano foto che simanderebbero solo a “veri” amici, niente di compromettente o sconveniente ma che, con appositi frasi o battutine potevano mettere Jennifer in cattiva luce. Melissa, astuta come una volpe e fredda come un icerberg mette in atto il suo piano diaboilico: modifica, sistema ad hoc le foto e le pubblica su instagram diffondendo in un solo attimo una fine di un’amicizia; ma non solo! le falsità verso Jennifer sono forti e da lì a poco Jennifer inizia a ricevere numerosi insulti sui social. Anche a scuola, la fama della sfigata la precede, il colpo di Melissa ha fatto centro! Jennifer non riesce a credere che stia succedendo davvero, tutto cio’ che ha sentito sul cyberbullismo ora sta succedendo proprio a lei, non e’ un film che si e’ fatta. E’ il film della sua vita, costruito, orchestrato e diffuso sui social quindi al mondo. In poco tempo la sua vita cambia, non e’ più solare come prima, non e’ più popolare e ricercata dagli amici, non ha più follower. Ha un deserto intorno e nel cuore, cio’ la porta lentamente nel baratro della solitudine, non ha piu’ riferimenti, amici, le vecchie risate lasciano il posto alle lacrime lasciate giorno dopo giorno sul suo cuscino di camera che non ha il tempo di asciugare.
La solitudine è una brutta bestia già quando nessuno la provoca, figurarsi quando viene provocata volontariamente da altri. Per questo motivo Jennifer era molto triste, perché non le era rimasto nessuno ed era da sola. Non riusciva a trovare il coraggio di parlarne ai suoi genitori e neanche ai suoi prof con cui aveva un gran bel rapporto. Piano piano il cerchio intorno a lei si chiuse del tutto e si rinchiuse in sé stessa.
A scuola, tutti la deridevano e la isolavano, neanche nei lavori scolastici la inserivano nei gruppi, di pomeriggio allo sport che praticava iniziava ad avvertire malumori anche lì e decise di starsene a casa. Era sempre più depressa e, quando tornava a casa, indossava una maschera e faceva finta di essere felice per nasconderlo ai suoi genitori. Dopo alcuni mesi di questa vita, finalmente successe qualcosa: un arrivo in classe di una nuova ragazza con cui riuscì ad allacciare rapporti e a raccontare tutto. La sua nuova amica Lucrezia la aiutò a sfogarsi e riuscì a tornare sé stessa. Capì che le cattiverie gratuite dell’ex amica le doveva superare e doveva riprendere in mano la sua vita. Jennifer comprese che soggetti come Melissa hanno un nome “bullette” e vanno “troncate” perché non possono rovinare la vita delle persone. Nella rete c’era finita lei ma grazie a Lucrezia era riuscita a venir fuori da quell’inferno. I genitori l’ascoltarono fra l’incredulità e lo stupore e fecero le loro mosse. La scuola si attivò mettendo in atto ciò che il regolamento d’Istituto prevedeva: la sospensione. Jennifer tornò alla vita normale con molta fatica, ma convinta di aver fatto bene e non finì mai di ringraziare Lucrezia che come un angelo venuto in soccorso l’aiutò a uscire da quell’intricata rete di falsità e denigrazioni. Il racconto, di pura fantasia, vuole essere un monito per noi ragazzi, un riferimento per chi è meno fortunato di Jennifer: non si deve attendere l’angelo custode per far cambiare le cose. Gli atteggiamenti diffamatori, denigratori, le calunnie, i pettegolezzi hanno un peso più grande di quanto si possa pensare, ogni persona che ci si può trovare dentro ha il suo carattere e la sua personalità, che pur forte che sia non si sa come potrebbe reagire. Per questo motivo occorre l’aiuto di tutti, stare con occhi e orecchi ben aperti ed evitare che una Jennifer “reale” possa capitare anche a noi.
A scuola, tutti la deridevano e la isolavano, neanche nei lavori scolastici la inserivano nei gruppi, di pomeriggio allo sport che praticava iniziava ad avvertire malumori anche lì e decise di starsene a casa. Era sempre più depressa e, quando tornava a casa, indossava una maschera e faceva finta di essere felice per nasconderlo ai suoi genitori. Dopo alcuni mesi di questa vita, finalmente successe qualcosa: un arrivo in classe di una nuova ragazza con cui riuscì ad allacciare rapporti e a raccontare tutto. La sua nuova amica Lucrezia la aiutò a sfogarsi e riuscì a tornare sé stessa. Capì che le cattiverie gratuite dell’ex amica le doveva superare e doveva riprendere in mano la sua vita. Jennifer comprese che soggetti come Melissa hanno un nome “bullette” e vanno “troncate” perché non possono rovinare la vita delle persone. Nella rete c’era finita lei ma grazie a Lucrezia era riuscita a venir fuori da quell’inferno. I genitori l’ascoltarono fra l’incredulità e lo stupore e fecero le loro mosse. La scuola si attivò mettendo in atto ciò che il regolamento d’Istituto prevedeva: la sospensione. Jennifer tornò alla vita normale con molta fatica, ma convinta di aver fatto bene e non finì mai di ringraziare Lucrezia che come un angelo venuto in soccorso l’aiutò a uscire da quell’intricata rete di falsità e denigrazioni. Il racconto, di pura fantasia, vuole essere un monito per noi ragazzi, un riferimento per chi è meno fortunato di Jennifer: non si deve attendere l’angelo custode per far cambiare le cose. Gli atteggiamenti diffamatori, denigratori, le calunnie, i pettegolezzi hanno un peso più grande di quanto si possa pensare, ogni persona che ci si può trovare dentro ha il suo carattere e la sua personalità, che pur forte che sia non si sa come potrebbe reagire. Per questo motivo occorre l’aiuto di tutti, stare con occhi e orecchi ben aperti ed evitare che una Jennifer “reale” possa capitare anche a noi.
classe 3°F
Lei è Jennifer
Racconto realizzato dagli alunni della 3°F.
Registrazione audio e post-produzione: Christian Marchi
Registrazione audio e post-produzione: Christian Marchi
LUI É JAMAL
racconto I D
Jamal Abibaghil è un bambino di 12 anni del Pakistan, un pò cicciottello, con gli occhiali e l’apparecchio. E’ scappato dalla guerra con la sua mamma ed è stato costretto ad andare a vivere in Italia nella città di Napoli.
La mamma di Jamal ha origini italiane, in Pakistan gli insegnava la lingua italiana perche’ in caso di guerra si sarebbero trasferiti in Italia, il paese piu’ sicuro dove ad attenderli avrebbero trovato i nonni materni. Suo padre era un soldato morto in guerra quattro anni prima. Jamal avrebbe sempre voluto suonare la batteria, ma non se la poteva permettere per questioni economiche. Il suo primo giorno di scuola in Italia, era molto ansioso ma allo stesso tempo felice di conoscere i nuovi compagni. Dall’ansia, Jamal si presentò a bassa voce e, commettendo qualche errore, alcuni compagni iniziarono a deriderlo. Durante la lezione i bulli gli tiravano addosso delle cartacce. A ricreazione, quando Jamal andava in bagno, i bulli lo seguivano e iniziavano a deriderlo, prendendolo in giro con frasi del tipo: "immigrato, torna nel tuo paese di poveracci!", oppure “brutto ciccione!”. Poi gli scrivevano "SFIGATO" col pennarello indelebile sul braccio. Dopo lo spingevano contro il muro offendendolo. Infine, gli infilavano la testa nel lavandino, fino a quando un giorno alla vista delle custodi si fermarono di colpo. Il custode chiese cosa stesse succedendo ed i bulli prontamente replicarono: "Stiamo solamente parlando con il nuovo compagno,e aggiungono: "Vero Jamal?". Poi, il ragazzo rispose impaurito: "Sì stiamo solamente chiacchierando". Ciò continuò per molti giorni e Jamal si tenne tutto dentro senza dirlo nemmeno ai suoi genitori. Era terrorizzato anche solo all’idea di andare a bagno. Dopo aver subito quelle azioni, Jamal si sentiva solo, non accettato, non aveva più autostima, non voleva più andare a scuola e praticare il suo hobby, non aveva la forza di andare avanti e non mangiava da giorni. Un giorno andò a trovare i suoi nonni, solo con loro si sentiva al sicuro, allora, decise, con molta fatica, di confidarsi.
Non era semplice parlare di ciò che subiva, nella sua testa circolavano mille pensieri anche per la madre, non voleva dare ulteriori problemi alla famiglia già provata. Aveva questi pensieri, Jamal perche’ era un ragazzo semplice ma maturo, piccolo ma grande dentro.
Finalmente parlò e si sentì libero.
La mamma di Jamal ha origini italiane, in Pakistan gli insegnava la lingua italiana perche’ in caso di guerra si sarebbero trasferiti in Italia, il paese piu’ sicuro dove ad attenderli avrebbero trovato i nonni materni. Suo padre era un soldato morto in guerra quattro anni prima. Jamal avrebbe sempre voluto suonare la batteria, ma non se la poteva permettere per questioni economiche. Il suo primo giorno di scuola in Italia, era molto ansioso ma allo stesso tempo felice di conoscere i nuovi compagni. Dall’ansia, Jamal si presentò a bassa voce e, commettendo qualche errore, alcuni compagni iniziarono a deriderlo. Durante la lezione i bulli gli tiravano addosso delle cartacce. A ricreazione, quando Jamal andava in bagno, i bulli lo seguivano e iniziavano a deriderlo, prendendolo in giro con frasi del tipo: "immigrato, torna nel tuo paese di poveracci!", oppure “brutto ciccione!”. Poi gli scrivevano "SFIGATO" col pennarello indelebile sul braccio. Dopo lo spingevano contro il muro offendendolo. Infine, gli infilavano la testa nel lavandino, fino a quando un giorno alla vista delle custodi si fermarono di colpo. Il custode chiese cosa stesse succedendo ed i bulli prontamente replicarono: "Stiamo solamente parlando con il nuovo compagno,e aggiungono: "Vero Jamal?". Poi, il ragazzo rispose impaurito: "Sì stiamo solamente chiacchierando". Ciò continuò per molti giorni e Jamal si tenne tutto dentro senza dirlo nemmeno ai suoi genitori. Era terrorizzato anche solo all’idea di andare a bagno. Dopo aver subito quelle azioni, Jamal si sentiva solo, non accettato, non aveva più autostima, non voleva più andare a scuola e praticare il suo hobby, non aveva la forza di andare avanti e non mangiava da giorni. Un giorno andò a trovare i suoi nonni, solo con loro si sentiva al sicuro, allora, decise, con molta fatica, di confidarsi.
Non era semplice parlare di ciò che subiva, nella sua testa circolavano mille pensieri anche per la madre, non voleva dare ulteriori problemi alla famiglia già provata. Aveva questi pensieri, Jamal perche’ era un ragazzo semplice ma maturo, piccolo ma grande dentro.
Finalmente parlò e si sentì libero.
I nonni decisero allora di comunicare l'accaduto ai professori di Jamal scrivendogli una e-mail. A quel punto i professori convocarono tutti i genitori in riunione, dove raccontarono tutte le brutte cose che i bulli avevano fatto a Jamal. Grazie all’ intervento dei nonni e dei professori la situazione tornò alla normalità.
Era di nuovo felice, la sua vita tornò ad avere un senso…insomma, come si sarebbe voluto sentire fin dall' inizio! Il giorno dopo, quando Jamal tornò a scuola, i bulli non li trovò erano stati puniti con la sospensione di tre settimane. In classe se ne parlò apertamente e tutta la classe cercò di aiutare il ragazzo. I bulli al rientro hanno dovuto ammettere davanti alla classe di aver fatto una cosa orribile e si scusarono.
Non provarono mai più a bullizzare né lui né nessun altro e in classe tutti decisero , in accordo con i professori che in futuro non sarebbero piu’ stati omertosi, avrebbero denunciato “ai prof o ai genitori” qualsiasi prepotenza subita o agita verso i compagni. Ricordiamo che le azioni di bullismo sono perseguibili con la denuncia presso le autorità competenti, entro 3 mesi dall’accaduto: lesioni lievi (art. 582 codice penale) minacce ( art. 612 codice penale ) ingiurie ( art. 591 codice penale) diffamazione ( art. 595 codice penale). Infine, la Legge 29/05/2017, n. 71 punisce come reati penali atti di bullismo se si ha 14 anni e un giorno. La responsabilità penale è PERSONALE.
Era di nuovo felice, la sua vita tornò ad avere un senso…insomma, come si sarebbe voluto sentire fin dall' inizio! Il giorno dopo, quando Jamal tornò a scuola, i bulli non li trovò erano stati puniti con la sospensione di tre settimane. In classe se ne parlò apertamente e tutta la classe cercò di aiutare il ragazzo. I bulli al rientro hanno dovuto ammettere davanti alla classe di aver fatto una cosa orribile e si scusarono.
Non provarono mai più a bullizzare né lui né nessun altro e in classe tutti decisero , in accordo con i professori che in futuro non sarebbero piu’ stati omertosi, avrebbero denunciato “ai prof o ai genitori” qualsiasi prepotenza subita o agita verso i compagni. Ricordiamo che le azioni di bullismo sono perseguibili con la denuncia presso le autorità competenti, entro 3 mesi dall’accaduto: lesioni lievi (art. 582 codice penale) minacce ( art. 612 codice penale ) ingiurie ( art. 591 codice penale) diffamazione ( art. 595 codice penale). Infine, la Legge 29/05/2017, n. 71 punisce come reati penali atti di bullismo se si ha 14 anni e un giorno. La responsabilità penale è PERSONALE.
classe I°D