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L'Odissea: un racconto per immaginiLoading...

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di Merhrail A. Nicola B.
Youssef B.
Simone D.B.
Arianna G.
Elena I.
Jibril M.
Manuel P.
Alice S.
Gilda S.
Michela T.
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1 D a.s. 2022/23



Nausicaa e Odisseo
Odisseo, dopo aver lasciato Calipso, affronta una terribile tempesta e naufraga nell'isola dei Feaci.
La corrente lo trasportò dietro un cespuglio e lì si addormentò. La dea Atena, protettrice del re di Itaca, quello stesso giorno fece in modo che la principessa Nausicaa si avvicinasse alla spiaggia, a non molta distanza dall'arbusto.
Nausicaa e le sue ancelle giocavano e cantavano spensierate finché la principessa, lanciando con troppa irruenza la palla ad una compagna, la fece cadere ed essa lanciò un urlo.
Così, Odisseo riprese conoscenza.
Scorse le ancelle. In fretta e furia, cercò di coprirsi come meglio potè, usando le fronde dell'arbusto. Le fanciulle, vedendo un uomo sporco, pieno di salsedine e tutto arruffato, si spaventarono e subito scapparono.
Tutte, tranne Nausicaa.
La coraggiosa principessa restò al cospetto del naufrago che, allora, per non allontanarla, le rivolse dolci parole:
- Ti supplico, o Sovrana, sei una dea o una mortale? Se tu fossi una dea, molto somigliante ad Artemide, la figlia del grande Zeus, mi sembri in volto, statura ed aspetto. Se tu fossi una donna tra le mortali che popolano la terra, beati tre volte tuo padre e tua madre, beati tre volte i fratelli perché le loro anime di certo sii scaldano di gioia per merito tuo, guardando tale germoglio...
Poi, Odisseo continuò:
- Abbi pietà, o Sovrana, dopo molto soffrire, vengo supplice a te per prima. Nessun altro conosco degli uomini che abitano in questa terra e in questa città. Mostrami la rocca della città e forniscimi di uno straccio da mettere indosso.
Allora, dopo averlo ascoltato, la dolce Nausicaa rispose:
- Straniero, poiché non somigli ad un miserabile o ad un pazzo, poiché sei giunto nella nostra terra, di sicuro non ti mancherà una veste o qualsiasi altra cosa sia giusto ottenere, arrivando come supplice sventurato. Ti indicherò dov'è la rocca di cui chiedi e ti dirò il nome del popolo che vive nella città e in questa terra: essi sono i Feaci.
Io sono la figlia del loro magnanimo re, Alcinoo.
Detto questo, la gentile principessa gli fece strada e lo accolse nella propria casa reale.
• • •
[testo e illustrazione di Mehrail A. e Elena I.]
Nausicaa e le sue ancelle giocavano e cantavano spensierate finché la principessa, lanciando con troppa irruenza la palla ad una compagna, la fece cadere ed essa lanciò un urlo.
Così, Odisseo riprese conoscenza.
Scorse le ancelle. In fretta e furia, cercò di coprirsi come meglio potè, usando le fronde dell'arbusto. Le fanciulle, vedendo un uomo sporco, pieno di salsedine e tutto arruffato, si spaventarono e subito scapparono.
Tutte, tranne Nausicaa.
La coraggiosa principessa restò al cospetto del naufrago che, allora, per non allontanarla, le rivolse dolci parole:
- Ti supplico, o Sovrana, sei una dea o una mortale? Se tu fossi una dea, molto somigliante ad Artemide, la figlia del grande Zeus, mi sembri in volto, statura ed aspetto. Se tu fossi una donna tra le mortali che popolano la terra, beati tre volte tuo padre e tua madre, beati tre volte i fratelli perché le loro anime di certo sii scaldano di gioia per merito tuo, guardando tale germoglio...
Poi, Odisseo continuò:
- Abbi pietà, o Sovrana, dopo molto soffrire, vengo supplice a te per prima. Nessun altro conosco degli uomini che abitano in questa terra e in questa città. Mostrami la rocca della città e forniscimi di uno straccio da mettere indosso.
Allora, dopo averlo ascoltato, la dolce Nausicaa rispose:
- Straniero, poiché non somigli ad un miserabile o ad un pazzo, poiché sei giunto nella nostra terra, di sicuro non ti mancherà una veste o qualsiasi altra cosa sia giusto ottenere, arrivando come supplice sventurato. Ti indicherò dov'è la rocca di cui chiedi e ti dirò il nome del popolo che vive nella città e in questa terra: essi sono i Feaci.
Io sono la figlia del loro magnanimo re, Alcinoo.
Detto questo, la gentile principessa gli fece strada e lo accolse nella propria casa reale.
• • •
[testo e illustrazione di Mehrail A. e Elena I.]


Polifemo
Odisseo, ospite presso la corte dei Feaci, narra le avventure vissute insieme al suo equipaggio. Ecco l'incontro/scontro con il ciclope...
Arrivai in Sicilia e subito, col mio occhio lesto, vidi un'enorme grotta. Io e miei compagni lì ci rifuggiammo, attratti dal formaggio, dal pane e dal vino conservati al suo interno. Era cibo gigante, genuino e, affamati com'eravamo, non ci pensammo su due volte ad entrare nella spelonca...
Ma, qualche minuto dopo, cominciarono ad entrare nella grotta delle pecore guidate da un mostruoso gigante da un occhio solo, proprio in mezzo alla fronte. Quell'uomo enorme, appena varcata la soglia, subito si accorse della nostra presenza e, senza pensarci troppo, aggranfò due dei miei compagni e li divorò.
Terrorizzato, mi nascosi.
Il gigante chiedendo come mi chiamassi, esclamò urlando:
- Chi siete!?! Chi è il vostro capitano!?! Come avete osato entrare in casa mia senza permesso!!! Come avete osato rubare il mio cibo!!! Vi mangerò tutti! Che cena lieta ed inaspettata! ah ah ah!!!
In un secondo, elaborai l'inganno:
- Il mio nome è Nessuno...
E lui, minaccioso:
- Ti mangerò per ultimo, Nessuno!
Così dicendo, cominciò a divorare, tra miei compagni, coloro che gli capitavano sotto tiro: li afferrava con le mani, li faceva roteare al soffitto, li scagliava al muro per stordirli e, infine, li ingoiava in un sol boccone! Che scena macabra e truculenta!
L'unica via di salvezza era farlo ubriacare. Così lo spinsi a trangugiare del vino finché, sazio, non cadde addormentato.
Con l'aiuto dei compagni superstiti, presi un grosso palo di legno, lo affilammo, lo arroventammo sulla brace e, incandescente, mentre Polifemo russava, glielo conficcai nel suo unico occhio.
Quali grida di dolore uscirono dalle sue tremende fauci!
In tal modo, riuscimmo a liberarci, a fuggire da quella grotta dell'orrore e a riprendere la via del mare sulla nostra nave.
•••
[testo e illustrazione di Nicola B. e Simone D.B.]
Ma, qualche minuto dopo, cominciarono ad entrare nella grotta delle pecore guidate da un mostruoso gigante da un occhio solo, proprio in mezzo alla fronte. Quell'uomo enorme, appena varcata la soglia, subito si accorse della nostra presenza e, senza pensarci troppo, aggranfò due dei miei compagni e li divorò.
Terrorizzato, mi nascosi.
Il gigante chiedendo come mi chiamassi, esclamò urlando:
- Chi siete!?! Chi è il vostro capitano!?! Come avete osato entrare in casa mia senza permesso!!! Come avete osato rubare il mio cibo!!! Vi mangerò tutti! Che cena lieta ed inaspettata! ah ah ah!!!
In un secondo, elaborai l'inganno:
- Il mio nome è Nessuno...
E lui, minaccioso:
- Ti mangerò per ultimo, Nessuno!
Così dicendo, cominciò a divorare, tra miei compagni, coloro che gli capitavano sotto tiro: li afferrava con le mani, li faceva roteare al soffitto, li scagliava al muro per stordirli e, infine, li ingoiava in un sol boccone! Che scena macabra e truculenta!
L'unica via di salvezza era farlo ubriacare. Così lo spinsi a trangugiare del vino finché, sazio, non cadde addormentato.
Con l'aiuto dei compagni superstiti, presi un grosso palo di legno, lo affilammo, lo arroventammo sulla brace e, incandescente, mentre Polifemo russava, glielo conficcai nel suo unico occhio.
Quali grida di dolore uscirono dalle sue tremende fauci!
In tal modo, riuscimmo a liberarci, a fuggire da quella grotta dell'orrore e a riprendere la via del mare sulla nostra nave.
•••
[testo e illustrazione di Nicola B. e Simone D.B.]

Le sirene, Scilla e Cariddi
Odisseo deve lasciare Circe. Prima di partire, la maga lo mette in guardia dai pericoli che avrebbe dovuto affrontare nel proseguio del viaggio.
Per prima cosa, Odisseo, affronterai le sirene: donne per metà uccello, mangiatrici di uomini che, con il loro meraviglioso canto ammaliante e manipolatore, attirano intere imbarcazioni. Di solito, queste creature si riposano suonando delle arpe sugli scogli aguzzi.
Ti suggerisco, Odisseo, l'unico modo per uscirne vivi.
Fornisci ai tuoi uomini dei tappi di cera da mettere nelle orecchie, mentre tu ti farai da loro legare saldamente all'albero maestro della tua nave.
Superate le sirene, navigherete in uno stretto, tra due terre. Alla vostra sinistra, nascosta lungo la scogliera, vi è Scilla: un mostro marino con sei teste. Molto grande e terribile, vive in una grotta e si nasconde nella nebbia. A destra, sul fondale, è in agguato Cariddi. Una rana gigante abissale che, con la sua enorme bocca, risucchia le imbarcazioni che passano sopra di lei in un vortice dal quale non vi sarà scampo.
Con queste informazioni tu devi partire, Odisseo...
Odisseo partì. Dopo alcuni giorni di navigazione, arrivò dalle sirene. I suoi compagni lo legarono con le corde all'albero maestro e Odisseo ordinò loro di non slegarlo per nessun motivo. Gli altri marinai, come d'accordo, indossarono i tappi di cera nelle orecchie. Dopo qualche minuto, la cera si sciolse e li rese sordi. Odisseo, l'unico che udiva il canto ammaliatore, li supplicò di liberarlo facendo faccine addolorate. Eurilico e Perimide si avvicirano al loro capitano ma unicamente per stringere ancor di più le corde intorno al busto di Odisseo.
Superata l'insidia delle sirene, Odisseo e l'equipaggio decisero di navigare davanti a Scilla anziché sopra Cariddi. Odisseo avvisò i suoi uomini che Scilla ne avrebbe uccisi sei, mentre Cariddi avrebbe distrutto l'intera imbarcazione.
Tra i due mali, conveniva scegliere il minore!
Navigando vicino alla scogliera, sembrava tutto tranquillo e silenzioso ma, all'improvviso, tra schizzi e onde, la gigantesca Scilla afferrò con le sue teste sei uomini e li divorò. Per fortuna, Scilla distolse la sua attenzione, mentre finiva il suo pasto...
Lasciò così il tempo a Odisseo e al suo equipaggio di accelerare e scappare lontano in acque più tranquille.
•••
[testo e illustrazioni di Jibril M. e Youssef B.]
Ti suggerisco, Odisseo, l'unico modo per uscirne vivi.
Fornisci ai tuoi uomini dei tappi di cera da mettere nelle orecchie, mentre tu ti farai da loro legare saldamente all'albero maestro della tua nave.
Superate le sirene, navigherete in uno stretto, tra due terre. Alla vostra sinistra, nascosta lungo la scogliera, vi è Scilla: un mostro marino con sei teste. Molto grande e terribile, vive in una grotta e si nasconde nella nebbia. A destra, sul fondale, è in agguato Cariddi. Una rana gigante abissale che, con la sua enorme bocca, risucchia le imbarcazioni che passano sopra di lei in un vortice dal quale non vi sarà scampo.
Con queste informazioni tu devi partire, Odisseo...
Odisseo partì. Dopo alcuni giorni di navigazione, arrivò dalle sirene. I suoi compagni lo legarono con le corde all'albero maestro e Odisseo ordinò loro di non slegarlo per nessun motivo. Gli altri marinai, come d'accordo, indossarono i tappi di cera nelle orecchie. Dopo qualche minuto, la cera si sciolse e li rese sordi. Odisseo, l'unico che udiva il canto ammaliatore, li supplicò di liberarlo facendo faccine addolorate. Eurilico e Perimide si avvicirano al loro capitano ma unicamente per stringere ancor di più le corde intorno al busto di Odisseo.
Superata l'insidia delle sirene, Odisseo e l'equipaggio decisero di navigare davanti a Scilla anziché sopra Cariddi. Odisseo avvisò i suoi uomini che Scilla ne avrebbe uccisi sei, mentre Cariddi avrebbe distrutto l'intera imbarcazione.
Tra i due mali, conveniva scegliere il minore!
Navigando vicino alla scogliera, sembrava tutto tranquillo e silenzioso ma, all'improvviso, tra schizzi e onde, la gigantesca Scilla afferrò con le sue teste sei uomini e li divorò. Per fortuna, Scilla distolse la sua attenzione, mentre finiva il suo pasto...
Lasciò così il tempo a Odisseo e al suo equipaggio di accelerare e scappare lontano in acque più tranquille.
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[testo e illustrazioni di Jibril M. e Youssef B.]
