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Danilo Dolci

by Anna Carciola

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La pedagogia Maieutica di Danilo Dolci
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Chi è Danilo Dolci?
Danilo Dolci è un sociologo, educatore e poeta italiano. Nasce a Sesana il 28 giugno del 1928 da madre di origine Slava e il padre di origine siciliana, trasferito in Lombardia per lavoro. All'età di 27 anni si trasferisce a Trappeto, uno dei paesi più poveri della Sicilia, in cui si lotta per superare i postumi del secondo dopoguerra.
A trappeto, la popolazione si ritrova ad affrontare difficoltà di varia natura come: il dilagare del banditismo, le epidemie, la disoccupazione e infine, la mancanza di risorse idriche. L'obiettivo di Danilo Dolci è di attuare un progetto di modernizzazione del paese.
Dopo vari sacrifici, riesce ad acquistare un terreno dove costruisce il "borgo di Dio", un centro ricovero per i bambini della zona.
L'esperienza che ha notevolmente segnato il percorso di Danilo
Dolci è stata la morte di un bambino, avvenuta per denutrizione nel 1952. In
questa occasione, Dolci avvia il suo primo digiuno, al fine di sensibilizzare
le coscienze degli uomini politici. Infatti poco dopo, i funzionari della
regione Sicilia, danno inizio ad opere di di costruzione delle reti fognarie e
delle strade. In un paese in cui prevarica la violenza e la mafia,
l'atteggiamento di Danilo Dolci diventa un grande esempio.
La pedagogia della non violenza
Se c'è una metafora che può caratterizzare l'esperienza pedagogica di Danilo Dolci è senz'altro la metafora della domanda. Possiamo definire Dolci come l'educatore della domanda, ossia l'educatore che innesta tutta la sua azione formativa sul chiedere, sull'esplorare, sul creare, sull'interrogazione, ovviamente non in senso scolastico, ma nel senso dello scavo, dell'andare oltre l'apparente, cercando di scoprire il “non-noto”, ciò che è velato dalle tradizioni, dalla consuetudine, dagli stereotipi. In questo sta il richiamo al metodo maieutico, per cui Danilo Dolci è famoso, il metodo del tirar fuori, del porre gli educati, i soggetti in crescita nella condizione di allargare la propria sfera di apprendimento a partire dalla capacità di utilizzare in maniera costruttiva le domande.
Danilo Dolci concepiva la domanda come suscitatrice di un nuovo modo di collocarsi e di vedersi. Essa ha valore fondante. È quella che oggi, con altri termini, potremmo definire una pedagogia dell'ascolto, che è ancora una pedagogia maieutica, che ha la sua caratteristica fondamentale nell'idea che l'apprendimento non sia un'acquisizione esterna, ma piuttosto il ricongiungimento interno fra quanto il soggetto è in grado di elaborare e quanto la realtà esterna gli offre da rielaborare. In questo incontro si genera l'apprendimento.

Chi si spaventa quando sente dire
“rivoluzione”
forse non ha capito.
Non è rivoluzione
tirare una sassata in testa a uno sbirro,
sputare addosso a un poveraccio
che ha messo una divisa non sapendo
come mangiare;
non è incendiare il municipio
o le carte in catasto
per andare da stupidi in galera
riforzando il nemico di pretesti.
Quando ci si agita per giungere
al potere e non si arriva
non è rivoluzione, si è mancata;
se si giunge al potere e la sostanza
dei rapporti rimane come prima,
rivoluzione tradita.
Rivoluzione è distinguere il buono
già vivente, sapendolo godere
sani, senza rimorsi,
amore, riconoscersi con gioia.
Rivoluzione è curare il curabile
profondamente e presto,
è rendere ciascuno responsabile.
Rivoluzione
è incontrarsi con sapiente sapienza
assumendo rapporti essenziali
tra terra, cielo e uomini: ostie sì,
quando necessita, sfruttati no,
i dispersi atomi umani divengano
nuovi organismi e lottino nettando
via ogni marcio, ogni mafia.
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