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21 marzo...per ricordare le vittime di mafiaLoading...
Garofalo Vincenzo e Fava Antonino
SCILLA
18 gennaio 1994
Due carabinieri... vittime innocenti
LE INDAGINI E LA CONCLUSIONE DEL PROCESSO
Le indagini sono state riaperte a seguito di una dichiarazione rilasciata dal collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza e portate avanti su impulso del Procuratore aggiunto della Direzione Nazionale Antimafia Gianfranco Donadio: nel 2012 Giuseppe Calabrò, in una lettera indirizzata dall'allora Procuratore Nazionale Pietro Grasso, affermò che i tre agguati contro i carabinieri rientravano in una strategia della 'Ndrangheta ispirata da ambienti esterni ma in seguito ritratttò tali affermazioni. Le indagini si arricchirono con la collaborazione di Consolato Villani e Antonino Lo Giudice, i quali affermarono che Totò Riina, per voce di Giuseppe Graviano, si accordò con Rocco Santo Filippone; i due collaboratori raccontarono che tutto ciò fu pianificato a una riunione di 'ndrangheta e che quella fu l'occasione di parlare del "piano stragista": a valle di queste azioni contro i carabinieri sarebbe stata organizzata una riunione da elementi apicali di 'ndrangheta nel santuario della Madonna di Polsi e viene deciso di non andare oltre con le azioni stragiste.
Il 24 luglio 2020 il processo si è concluso in primo grado con la condanna all'ergastolo per Filippone e Graviano come mandanti del duplice omicidio Fava-Garofalo.
Le indagini sono state riaperte a seguito di una dichiarazione rilasciata dal collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza e portate avanti su impulso del Procuratore aggiunto della Direzione Nazionale Antimafia Gianfranco Donadio: nel 2012 Giuseppe Calabrò, in una lettera indirizzata dall'allora Procuratore Nazionale Pietro Grasso, affermò che i tre agguati contro i carabinieri rientravano in una strategia della 'Ndrangheta ispirata da ambienti esterni ma in seguito ritratttò tali affermazioni. Le indagini si arricchirono con la collaborazione di Consolato Villani e Antonino Lo Giudice, i quali affermarono che Totò Riina, per voce di Giuseppe Graviano, si accordò con Rocco Santo Filippone; i due collaboratori raccontarono che tutto ciò fu pianificato a una riunione di 'ndrangheta e che quella fu l'occasione di parlare del "piano stragista": a valle di queste azioni contro i carabinieri sarebbe stata organizzata una riunione da elementi apicali di 'ndrangheta nel santuario della Madonna di Polsi e viene deciso di non andare oltre con le azioni stragiste.
Il 24 luglio 2020 il processo si è concluso in primo grado con la condanna all'ergastolo per Filippone e Graviano come mandanti del duplice omicidio Fava-Garofalo.
L'OMICIDIO
La sera del 18 gennaio 1994, lungo l'autostrada A3 all'altezza dello svincolo per Scilla, l'auto dei Carabinieri con a bordo gli appuntati Antonino Fava e Vincenzo Garofalo venne affiancata da un'altra auto dalla quale partirono raffiche di mitragliatrice, che li uccisero sul colpo.
Nell'immediatezza del delitto, venne fermato uno dei partecipanti, Giuseppe Calabrò (affiliato alla 'ndrina Latella di Reggio Calabria), che confessò la sua partecipazione ai tre agguati ed accusò altri presunti complici, Consolato Villani (all'epoca minorenne), Vittorio Quattrone e Maurizio Carella. Nel 1997 il primo processo si concluse con la condanna all'ergastolo di Calabrò mentre Quattrone e Carella vennero assolti perché la sua testimonianza venne considerata inattendibile; Villani venne invece riconosciuto colpevole dal Tribunale dei minorenni.
Nell'immediatezza del delitto, venne fermato uno dei partecipanti, Giuseppe Calabrò (affiliato alla 'ndrina Latella di Reggio Calabria), che confessò la sua partecipazione ai tre agguati ed accusò altri presunti complici, Consolato Villani (all'epoca minorenne), Vittorio Quattrone e Maurizio Carella. Nel 1997 il primo processo si concluse con la condanna all'ergastolo di Calabrò mentre Quattrone e Carella vennero assolti perché la sua testimonianza venne considerata inattendibile; Villani venne invece riconosciuto colpevole dal Tribunale dei minorenni.
Tripodi Carmine
SAN LUCA (RC)
6 febbraio 1985
Comandante dei Carabinieri rimane vittima di un agguato
Carmine Tripodi era Comandante della Stazione dei Carabinieri di San Luca, impegnato ad arginare l'ondata dei sequestri di persona in Aspromonte. Riuscì ad assicurare alla giustizia i rapitori dell'ingegnere napoletano Carlo De Feo, titolare di un'avviata industria nel settore delle telecomunicazioni, tenuto prigioniero per 395 giorni. De Feo, una volta libero, decise di collaborare alle indagini. Tripodi e i suoi Carabinieri, con l'aiuto dell'ex rapito, riuscirono a localizzare otto prigioni, tra le impervie alture dell'Aspromonte. Il 6 febbraio 1985 intorno alle 21 stava percorrendo la provinciale San Luca - Bovalino, rimase vittima di un agguato. Punito perchè aveva scombussolato piani e organigrammi di alcune cosche dedite ai sequestri. Carmine avrebbe dovuto sposarsi da lì a poche settimane.
La Biografia
Di origine campana arriva in Calabria alla fine degli anni '70 del secolo scorso, prima come brigadiere a Bovalino poi nel 1982 come comandante della stazione carabinieri di San Luca. Nella Locride è la stagione dei sequestri di persona e Tripodi è un giovane investigatore che lotta nei territori ostili dell'Aspromonte per trovare i sequestrati e consegnare alla giustizia i loro carcerieri, grazie alla sua attività vengono arrestati diversi esponenti delle famiglie mafiose coinvolte nei sequestri e tutto ciò dà molto fastidio alla 'Ndrangheta che si vede intaccare la sua preziosa attività illecita.
Il Processo
In poco tempo vengono individuati ed arrestati i suoi presunti assassini, tutti appartenenti alle locali cosche: Domenico Strangio, Rocco Marrapodi e Salvatore Romeo ma nei processi che si svolgeranno negli anni seguenti verranno tutti assolti; Il delitto rimane ancora oggi irrisolto.
Di origine campana arriva in Calabria alla fine degli anni '70 del secolo scorso, prima come brigadiere a Bovalino poi nel 1982 come comandante della stazione carabinieri di San Luca. Nella Locride è la stagione dei sequestri di persona e Tripodi è un giovane investigatore che lotta nei territori ostili dell'Aspromonte per trovare i sequestrati e consegnare alla giustizia i loro carcerieri, grazie alla sua attività vengono arrestati diversi esponenti delle famiglie mafiose coinvolte nei sequestri e tutto ciò dà molto fastidio alla 'Ndrangheta che si vede intaccare la sua preziosa attività illecita.
Il Processo
In poco tempo vengono individuati ed arrestati i suoi presunti assassini, tutti appartenenti alle locali cosche: Domenico Strangio, Rocco Marrapodi e Salvatore Romeo ma nei processi che si svolgeranno negli anni seguenti verranno tutti assolti; Il delitto rimane ancora oggi irrisolto.
Cardopatri Antonio
REGGIO CALABRIA
10 luglio 1991
Barone calabrese ucciso sotto la sua abitazione
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LA BIOGRAFIA
"Sono una donna sola, impoverita dalla mafia, privata violentemente dell’unico affetto che sarebbe stato di conforto alla mia vecchiaia. Oggi sono una donna che ha dovuto privarsi degli oggetti personali più cari per sostenere il costo della giustizia nei tribunali”
La mattina del 10 luglio 1991 a Reggio Calabria il barone si trovava in macchina sotto la sua abitazione ad aspettare la sorella Teresa, quando ad un certo punto spuntò il killer che estrasse la pistola e lo uccise: l'assassino puntò poi l'arma contro la donna che nel frattempo era uscita di casa ma fortunatamente l'arma s'inceppò, ed egli fu bloccato da una pattuglia dei vigili urbani immediatamente dopo.
La pistola s'inceppa e la Baronessa si salva
Antonio Cordopatri era un barone calabrese originario di Oppido Mamertina (piana di Gioia Tauro), proprietario di numerosi terreni coltivati ad ulivi e agrumi nella zona di Oppido, e per tale motivo entrò nel mirino della 'Ndrangheta che per esercitare il suo predominio sul territorio e lucrare profitti imponeva l'affitto o l'acquisto, a costi irrisori e spesso dietro minacce e intimidazioni, di ettari di fondi. Tramite questi terreni la 'ndrina otteneva soprattutto cospicui finanziamenti statali e comunitari per la produzione dell'olio di oliva. Sin dall'inizio la famiglia Cordopatri rifiutò tali "pretese" della criminalità organizzata, difendendo appieno il suo diritto di proprietà; il modus operandi della famiglia proseguì col barone Antonio, che si rivolse alle autorità preposte.
IL PROCESSO
Come autore materiale dell'omicidio fu arrestato Salvatore La Rosa di Tropea che venne poi processato e condannato in primo grado all'ergastolo, in secondo grado a 25 anni di reclusione, sentenza confermata dalla Corte di Cassazione nel 1994; come mandante dell'assassino invece fu condannato definitivamente Francesco Mammoliti. Nel processo era coinvolto anche il boss Saverio Mammoliti ma i giudici lo hanno sempre assolto.
Nel 1991 la baronessa coraggio assiste impotente all’agguato del fratello Antonio, che non ha firmato per la vendita delle terre di famiglia al boss Mammoliti. Il killer rivolge poi l’arma contro di lei. Per fortuna la pistola s’inceppa e donna Teresa scampa a quell’agguato. La baronessa raccoglie così l’eredità del fratello e giura sulla tomba di Antonio che mai e poi mai cederà al ricatto della mafia. Inizia la sua vita blindata e solitaria. Lontana da storie di eroismo e salotti.
Ma la sua battaglia non è solo contro i boss: è contro l’indifferenza, contro una sorta di cultura mafiosa che tenta in tutti i modi di sconfiggere. Per anni non riesce a trovare operai per la raccolta delle olive, perché venivano minacciati dai mafiosi. Lei non si piega, si rimbocca le maniche e diventa anche operaia, con il solo aiuto di Angelica Rago Raizzi, sua cugina e compagna di battaglie.
Ma la sua battaglia non è solo contro i boss: è contro l’indifferenza, contro una sorta di cultura mafiosa che tenta in tutti i modi di sconfiggere. Per anni non riesce a trovare operai per la raccolta delle olive, perché venivano minacciati dai mafiosi. Lei non si piega, si rimbocca le maniche e diventa anche operaia, con il solo aiuto di Angelica Rago Raizzi, sua cugina e compagna di battaglie.
di
Managò Luisa - Mineo Arianna - Sorleti Lucia
CLASSE: 2B
Anno Scolastico: 2021/22
Managò Luisa - Mineo Arianna - Sorleti Lucia
CLASSE: 2B
Anno Scolastico: 2021/22