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Però siamo ancora qua

by 1A CAT - IIS AMARI MERCURI - CIAMPINO

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PERO' SIAMO ANCORA QUA
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1A CAT, IIS AMARI - MERCURI, CIAMPINO
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  VI RACCONTO MIO NONNO


Mio padre Romolo mi ha raccontato che mio nonno paterno, Vincenzo, nato il 6 ottobre del 1922 ad Albano Laziale, nel corso della Seconda guerra mondiale, nel 1943 all'età di 21 anni, faceva il portalettere con l’ausilio di una “ Moto Guzzi”.
Un giorno, mentre stava lavorando, in paese arrivarono i nazisti: erano venuti a reclutare soldati e volevano obbligarlo a salire sul treno che lo avrebbe portato in Russia a fare la guerra. Tuttavia, egli riuscì a fuggire.
Dal certificato di leva militare risultava che M. Vincenzo era “disertore di guerra”: ciò vuol dire che mio nonno era considerato dai nazisti un traditore, perché non aveva voluto partecipare alla campagna militare in Russia.
Mio nonno aveva un buon motivo, però: a casa aveva mia nonna che lo aspettava. A quei tempi, la lontananza da casa poteva 
distruggere tante famiglie, chi andava in guerra poteva non tornare più.
di Matilde M.
Inoltre, egli aveva paura, perché era troppo giovane.
Nonno Vincenzo tornava a casa sempre dopo le nove di sera perché, oltre a fare il portalettere, faceva anche il militare e aveva molti compiti da svolgere.
Questi sono i piccoli ricordi e i racconti che mio padre, con le lacrime agli occhi, riesce a raccontarmi.

Io penso che, mio nonno da una parte abbia fatto una scelta giusta perché comunque, gli anni che correvano non erano facili ma, molto intensi e "pericolosi" per tutti.
Secondo me era troppo giovane per andare in guerra e poi, era frenato dalla paura di non poter più vedere la sua famiglia.
In questa foto il signore con la cravatta è mio nonno Vincenzo M.; vestito da lavoro, indossa proprio gli stivali da moto che usava per andare a fare il portalettere.
TRISTEZZA NEI TUOI OCCHI...
di Giada B.
Mio nonno materno è nato nel 1928, quindi aveva solo 11 anni quando è iniziata la Seconda guerra mondiale.
Suo padre all’epoca era un gerarca fascista, addetto a controllare i prezzi dei mercati generali. Era da tutti rispettato in quanto, in più di un’occasione, ha aiutato persone bisognose di cibo e cure, a dispetto di quelle che erano le regole del regime.
Mio nonno ricorda le lunghe file per prendere il pane, dove tutti dovevano stare in riga e in silenzio, altrimenti venivano picchiati.
Ci fu un sabato, mi raccontò, durante il quale le adunate delle così dette “camicie nere” riempirono tutto Corso Vittorio, a Roma.
Un ragazzo non fece il saluto al gagliardetto, ovvero a colui che portava la bandiera nazi - fascista.
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