La vera storia di Achille, operaio di Pace

È stata una importante vittoria, di cui si è parlato tanto, anche fuori dall’Italia. Pensate che la notizia è arrivata fino in Australia!
Un giorno infatti un mio amico, in vacanza, chiacchierando con alcuni australiani, disse di venire dalla Valle di Susa. E loro di rimando risposero: “Ah, sì, dove abitava Achille Croce. Quello che riuscì a impedire di costruire armi nella sua fabbrica!”
Ma di questa cosa non mi sono mai vantato.
Le azioni che ho fatto non le ho fatte per diventare un personaggio importante, ma perché ho sempre creduto nella forza della Pace, nell’importanza dell’umiltà, nel dovere di impegnarsi sempre, in ogni piccolo gesto, per vivere con giustizia e in armonia con tutti.

Come mi vedevano i miei amici, i miei compagni di lavoro?
E come vorrei essere ricordato?

Come un uomo semplice, alto e magro, con un ciuffo di capelli un po’ ribelle, che spesso mi cadeva sulla fronte. Come un onesto operaio, un appassionato dei lavori dell’orto, che ho sempre coltivato e curato con amore, perché credete a me: avere un orto significa possedere una piccola ricchezza!
Vorrei essere ricordato come una persona magari un po’ strana (non tutti capivano il mio bisogno di vivere in ogni settimana un giorno di silenzio...) ma sempre allegra e sorridente, anche nelle difficoltà che la vita a volte ci presenta.

Sono stato un amico dei libri e dello studio, di Gandhi e di San Francesco. E chissà, forse da oggi potrò considerarmi anche un po’ amico vostro.

Il Gandhi della Valle di Susa

Come vi ho detto sono nato e vissuto a Condove e non sono mai stato in India, eppure mi hanno spesso chiamato il Gandhi della Valle di Susa!
E questo è un grande complimento per me! Infatti, anche se non ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente, ho studiato tanto tutti i suoi scritti, li ho letti e riletti tante volte e ho cercato di mettere in pratica i suoi insegnamenti, nella vita di tutti i giorni.
Dal grande Maestro indiano, ho cercato di imparare a vivere con poco e con semplicità, ascoltando non solo il mio corpo, ma anche e soprattutto il mio spirito.
Vi faccio qualche esempio: come Gandhi sono stato vegetariano, per rispetto agli esseri viventi. Per la stessa ragione ho cercato di convincere i cacciatori e i pescatori a smettere di uccidere gli animali,

Sono nato e vissuto Condove e non sono mai stato in India, eppure mi hanno spesso chiamato il Gandhi della Valle di Susa!

… sono nato e vissuto a Condove e non sono mai stato in India, eppure mi hanno spesso chiamato il Gandhi della Valle di Susa!

perché anche gli animali hanno come noi il diritto di vivere e anche loro sentono dolore.
E poi, credetemi, si può vivere bene e in salute anche mangiando solo verdura!
Come Gandhi ho deciso di non bere vino e di non fumare, perché ogni sostanza nociva danneggia non solo il fisico, ma anche la mente e lo spirito.
E, come Gandhi, ho imparato la forza del digiuno.
Sapete cosa significa digiunare?
Significa non mangiare per qualche tempo. Ma non perché non si abbia fame! Anzi, non mangiare costa fatica, è un sacrificio, che però io ho fatto volentieri, quando ne valeva la pena.
Si può digiunare per dare forza a qualche richiesta importante: per esempio al posto di gridare, al posto di urlare con rabbia e violenza, per chiedere che venga fatta una legge giusta, andrò a sedermi davanti al Palazzo del Governo, e resterò lì in silenzio e non mangerò finché non sarò stato ascoltato.

Sembra un modo strano di fare, vero?
Eppure, sapete? Spesso ha funzionato!
Gandhi ha digiunato per rendere libera l’India, la sua patria, dal dominio degli inglesi.
E oggi l’India è uno Stato indipendente.
Io ho digiunato per chiedere che i giovani in Italia non fossero più obbligati da una legge a fare per forza un anno di servizio militare.
E oggi per i ragazzi e le ragazze che diventano maggiorenni in Italia esiste la libertà di scegliere, se imparare oppure no a fare il soldato: la “leva obbligatoria” non esiste più!

Oltre al “digiuno dal cibo” ho anche inventato il “digiuno della parola”, di cui credo ci sarebbe tanto bisogno anche oggi!
Vi spiego come facevo: ogni venerdì smettevo di parlare. Stavo zitto tutto il giorno.

Mi alzavo, andavo a lavorare, tornavo a casa, andavo nell’orto, rientravo in cucina per la cena, senza dire una parola. Se proprio c’era qualcosa di urgente o importantissimo da far sapere, alla mia famiglia o ai miei amici e compagni di lavoro, scrivevo un biglietto... Qualcuno sorrideva di questa cosa, che sembrava tanto strana.
Ma per me non era strano per nulla: se si impara a tacere, si ascolta meglio il proprio cuore. E se si impara ad ascoltare la voce dell’anima, diventa più facile ascoltare anche il cuore degli altri.
È un esercizio che vi consiglio di provare, quando sarete grandi e che non potrà che farvi bene. Ma, mi raccomando, non usatelo adesso a scuola, magari per evitare di essere interrogati di matematica!