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Mediterraneo, diario di viaggio, 9^ puntata

by Isabella Mecarelli

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Isabella Mecarelli
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MEDITERRANEO
Racconti di viaggio
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9^ Puntata
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COMEN Conferenza Mediterranea
Associazione Internazionale
Madrid
A bordo della Land Rover di Walter e Marta, i nostri nuovi amici goriziani, andammo alla scoperta di Madrid, che ci piacque subito con le sue vie larghe, eleganti, piene di bei negozi. Decidemmo di visitare il Museo d’arte contemporanea, speranzosi di ammirarvi le opere di Dalì e Picasso, ma la raccolta non si rivelò un granché, anzi fu piuttosto deludente.
Ci mettemmo allora alla ricerca di un ristorantino per il pranzo: quello è troppo di lusso, quello pare sporco, lì non si mangia bene… alla fine la scelta cadde ovviamente sul peggiore e più caro, ma questo lo capimmo dopo. 

Il caldo nel frattempo aveva raggiunto un livello eccezionale, per cui giunta l’ora della siesta, ci stendemmo sulle panchine di plaza de España (quella dominata dal monumento a Don Chisciotte), in attesa che aprisse il museo del Palazzo reale. Stavolta la visita fu più soddisfacente. Suggestiva risultò in particolare la sala da pranzo, che disposta per ricevere 140 commensali, era apparecchiata di tutto punto e con vasellame d’oro. Splendide pure le collezioni di ceramiche; notevole l’armeria, che purtroppo dovemmo visitare di corsa, come pure la collezione degli arazzi reali, situata in un’ala a parte della residenza. 
La sera festeggiammo il nostro secondo giorno a Madrid in campeggio, cenando tutti insieme con una ricca spaghettata.
L’indomani, era domenica, sempre in compagnia degli amici goriziani tornammo in centro.
Ci lasciarono davanti al Prado che loro già conoscevano. Mentre gli amici si diressero verso un'altra meta, io e Rolando ci immergemmo in una delle pinacoteche più spettacolari del mondo. Purtroppo non avevamo abbastanza tempo per una visita accurata e molte opere non potei godermele come meritavano e come mi sarebbe piaciuto: ci toccò addirittura tralasciare Bosh e i fiamminghi. Fra tutti i capolavori visti, se dovessi indicare quelli che mi impressionarono maggiormente, direi i “Dipinti neri” di Goya, davanti a cui rimanemmo in contemplazione per oltre un’ora.

All’uscita dal museo, ci avviammo a piedi verso il Rastro, il mercato dell’usato situato nella Ronda di Toledo; ma dopo una lunga faticosa camminata, con nostro disappunto lo trovammo già chiuso. A quel punto, spossati com’eravamo, ambivamo solo a riposarci e quale posto migliore dell’incantevole Plaza Mayor, che si presentava come un vero e proprio salotto? La piazza che era resa sempre animatissima da una gran folla di turisti e madrileni, e dove capitava pure di trovare in circolazione alcuni esemplari degli spavaldi fascinosi Legionari del Tercio.
Ci rimettemmo in marcia verso il parco del Retiro, dove ci toccò sborsare la bellezza di 400 lire per un bicchiere d’acqua minerale. Qui trascorremmo il resto del pomeriggio rinfrescati dall’ombra degli alberi frondosi che circondavano il laghetto, in attesa di tornare al campeggio.
Il giorno dopo, insieme ai goriziani, tentammo di nuovo la visita al mercato del Rastro. Stavolta era aperto, ma deluse le nostre aspettative. Notai che i venditori scarseggiavano e le merci esposte erano solo paccottiglie vecchie e brutte: fra quel ciarpame compariva pure qualche pezzo di un certo gusto, ma troppo caro e comunque inaccessibile alle nostre povere tasche.

Ci consolammo con un buon pranzetto, in stile prettamente spagnolo, in un ristorante quasi di lusso in piazza Tirso de Molina. Ognuno di noi scelse un piatto diverso in modo da dividerlo in sei parti per farlo assaggiare a tutti. La sorpresa finale stava nel conto: spendemmo solo 150 pesetas a testa (l’equivalente di 17.000 lire).
Tornammo per la siesta nel parco del Retiro, dove lasciammo i goriziani all’ombra dei platani secolari, per andare a telefonare, stavolta con successo. Il resto della giornata la trascorremmo a girovagare per le vie eleganti della capitale: calle Mayor, avenida Josè Antonio, Calle de Alcalà, paseo de Calvo Sotelo. 
Saragozza
Lasciammo Madrid congedandoci dagli amici, con la promessa di rivederci in Italia. Ormai respiravamo l’aria del ritorno. Nei dintorni della capitale il paesaggio era monotono; la terra appariva ovunque riarsa dal sole e stepposa; solo scendendo nei valloncelli si potevano scorgere ciuffi di vegetazione. Lungo la strada si incontravano diversi castelli medievali, molti dei quali in abbandono. Sostammo per il pranzo all’ombra di un pioppeto, poi nel primo pomeriggio entrammo a Saragozza.

La prima visita la riservammo al celebre antichissimo santuario di Nuestra Señora del Pilar a alla vicina chiesa di La Seo, la cattedrale. Nel complesso la città appariva moderna e ovunque si girasse, era disseminata di oggetti sacri e immagini religiose della veneratissima Madonna, raffigurata in cima a una colonna di alabastro. L’origine di questa immagine risale a una leggenda legata a S. Giacomo: la Vergine sarebbe comparsa davanti al santo, per consegnargli in regalo un pilastro, con la richiesta di fondare una chiesa in suo onore proprio in quel luogo sulle sponde dell’Ebro.
Facemmo spesa al mercato, rifornendoci soprattutto di frutta, particolarmente gustosa e anche conveniente. In serata giungemmo presso Lerida dove pernottammo in un campeggio strapieno.
Andorra
Dopo Lerida, il paesaggio andò via via cambiando, perché approssimandosi ai Pirenei si faceva sempre più montano. Risalimmo per decine di chilometri il rio Serge in un susseguirsi di grandi gole e laghetti, contornati da una ricca vegetazione, finché verso sera entrammo nel Principato di Andorra.
Ci sistemammo nel primo villaggio che trovammo dotato di campeggio. Eravamo sulle rive di un fiume ed era iniziata a cadere una pioggerella inesorabile, costante, che rendeva il freddo pungente. Dopo cena facemmo due passi nel paese per sgranchirci. Come in tutti i porti franchi, era zeppo di negozi: tabaccherie, centri di ottica, negozi di liquori, profumerie.
La mattina dopo, tornato a splendere il sole, decidemmo di visitare la capitale: Andorra la Vella. Ma una fila interminabile di veicoli si snodava per parecchi chilometri sull’unica strada che attraversava il minuscolo Principato. Fummo costretti ad abbandonare l’auto molto lontano dal centro città, per andare a piedi. Logicamente, quando arrivammo, gli esercizi erano già chiusi, per cui ci toccò aspettare la riapertura nel pomeriggio.
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