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Piccole parabole di sport

by 1 A S. U.

Pages 2 and 3 of 35

Piccole parabole
di sport
Raccolta di racconti
della classe 1A SU del liceo Ancina di Fossano

a cura di:
Prof. Bosio Gianfranco e Prof.ssa Di Giambattista Debora

impaginazione: Bruno Gabriele e Prof.ssa Noero Ida
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Un futuro inaspettato
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Suona il fischietto dell’arbitro che annuncia la fine della partita: io e i miei compagni tutti contenti esultiamo insieme alla folla: un’altra vittoria per la mia squadra. Mi dirigo verso gli spogliatoi, ma vengo fermato da un intervistatore che si avvicina e mi chiede: “Andrea, scusami, potrei farti una semplice domanda? Com’è iniziato il tuo percorso da campione nazionale di basket?”
All’inizio sono rimasto stupito dalla domanda, ma ho notato che molti altri intervistatori si sono avvicinati interessati alla risposta e allora ho iniziato a raccontare la mia storia.
La mia storia? Beh, ammetto che da bambino ero molto timido, e la mia più grande passione è sempre stata il basket. Non è stato facile arrivare ai livelli di oggi, perché fin da piccolo mi sono sempre confrontato con mia sorella maggiore Carlotta e pensavo che nella vita, ma soprattutto nello sport, sarei sempre stato inferiore a lei.
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Mia sorella è una ragazza molto diligente e ambiziosa, e fin da piccoli è sempre stata migliore di me in qualsiasi cosa, anche nello sport: lei giocava in una squadra di pallavolo a livello nazionale; ed io invece praticavo basket nella squadra del mio paesino.
Un pomeriggio, tornato a casa dopo gli allenamenti, Carlotta mi si avvicinò e vedendomi triste, mi chiese come mai avessi quella faccia scoraggiata. Le spiegai che era colpa di una partita persa e che secondo l’allenatore non stavo migliorando. Allora lei mi guardò e mi disse: “Andrea, non scoraggiarti così: devi dimostrare all’allenatore che si sbaglia! Dovrai allenarti di più e vedrai che i risultati arriveranno, però solamente se sei convinto delle tue potenzialità e ricorda che l’importante non è arrivare ad alti livelli, ma essere convinti di se stessi e di ciò che si sta facendo.” 
Sentii che quella frase mi “aveva toccato” in qualche modo: mi aveva fatto riflettere su quanto sia importante la determinazione nel raggiungere un proprio scopo. Quella frase me la porto dietro da quando avevo quindici anni, e da quel momento sentii il bisogno di dimostrare a me stesso ciò che ero capace di fare.
Dal giorno successivo mi impegnai: mi allenavo costantemente tutti i giorni; sentivo che dentro di me avevo bisogno di vincere, e il mio unico obiettivo era quello di migliorare, ogni giorno sempre di più.
Allenamento dopo allenamento, partita dopo partita vedevo che il mio impegno stava portando dei frutti. 
Ma da un giorno all’altro la mia vita sportiva cambiò.
Mi ricordo bene quel giorno, quando durante gli allenamenti non c’era solo il mio allenatore, ma tra gli spettatori intravedevo una persona estranea, che non avevo mai visto. A fine partita lo vidi venirmi incontro insieme al mio allenatore, che mi spiegò chi fosse: era l’istruttore della squadra provinciale, che mi aveva visto giocare e mi disse che avevo molto talento per il basket. Iniziammo a parlare degli allenamenti e ad un tratto mi chiese se volessi entrare nella sua squadra. 
Arrivai a casa incredulo della proposta appena ricevuta e la prima persona a cui lo dissi era Carlotta, che mi abbracciò e mi disse: “Non dimenticare mai che l’importante non è arrivare al podio, ma il segreto è essere convinti di se stessi e di ciò che si sta facendo.”
La settimana dopo andai ad allenarmi in un vero campo da basket e non in una semplice palestra della scuola, dove mi allenavo con la vecchia squadra. Ero entusiasta di aver finalmente raggiunto questo piccolo traguardo che, per me, rappresentava molto. 
Dopo un anno di allenamenti e di vittorie insieme alla squadra provinciale, migliorai ancora di più, tanto che l’allenatore mi propose di andare a giocare nella squadra nazionale.
Non ci volevo credere: finalmente potevo realizzare il mio grande sogno! Durante la cena del giorno stesso parlai alla mia famiglia di questa grande notizia e tutti furono molto felici dei miei traguardi sportivi.
Dopo qualche settimana mi chiamarono e mi confermarono che potevo giocare con i campioni di basket.
Era il giorno della mia prima partita; mi svegliai presto: ovviamente ero agitatissimo e quando arrivai al campo, che era già pieno di spettatori, capii che cosa volesse dire la frase che Carlotta mi ripeteva sempre. Dopo un’ora dal mio arrivo la partita iniziò e -fortunatamente- si svolse nel migliore dei modi, 25 a 13 per la mia squadra.
Per la prima volta mi sentii realizzato e fiero di me; quella partita fu solo la prima di una serie di molte altre, alcune sconfitte ma anche molte vittorie, che mi hanno portato al punto in cui sono adesso: un ragazzo di 23 anni che non dà tanto peso al podio o alle vittorie, ma che crede che la fiducia in se stessi sia il segreto per ottenere ciò che si vuole.
testo di: Becchio Alice e Chiarena Greta
LA PERSEVERANZA DI PIERO
Piero è un ragazzo di 12 anni con una grande passione per il tennis, nata semplicemente dopo aver visto una entusiasmante finale di questo sport. Egli è un ragazzo solare e pieno di energie, pur essendo molto sensibile emotivamente.
Piero si allena con dedizione e perseveranza per giocare il suo primo importante torneo. Pensa di correre su una strada e davanti a sé immagina il traguardo segnato dalla scritta “vittoria” che lo sprona a non mollare e sopportare la fatica per raggiungere
questo obiettivo. Arriva il giorno tanto
atteso e Piero è pronto per giocare
contro la squadra “Champions League”.
Appena entra in campo, è molto nervoso e teso: gli sudano le mani, le sue gambe sembrano cedere e il suo cuore batte fortissimo, ma per lui lo sport è uno sfogo. La prima partita è molto combattuta: l’avversario è molto forte, ma Piero non si perde d’animo. Quest’ultimo batte, l’avversario risponde con una schiacciata molto potente, ma il protagonista contraccambia con una difesa molto precisa che gli fa conquistare il primo punto.
Il match continua a favore della squadra “Rock League”, della quale fa parte Piero. La partita termina con un bagel (la vittoria di un set 6 punti a 0) e a Piero sembra di vivere in sogno: grazie alla sua bravura passa al “bye”, ovvero quei casi in cui un giocatore, solitamente una testa di serie, viene automaticamente ammesso al secondo turno di un torneo senza scendere in campo.
E’ arrivato il momento della finale e Piero deve scontrarsi con il campione in carica: quest’ultimo è molto forte, ma Piero riesce a rispondere con un diritto, poi con un rovescio e infine con un lungo linea da fondo campo. Inizialmente è molto fiducioso, ma con il proseguire della partita, la speranza cede. Il match si conclude
con il Break dell’avversario Gabriele.
Piero sente dentro di sé una
delusione irreparabile,
i suoi sogni sono stati infranti e
la sua speranza è perduta.
Si reca negli spogliatoi con le lacrime agli occhi ed ecco che vede arrivare Gabriele: - Ciao campione, non sentirti deluso dai risultati della partita giocata oggi!
Io pratico questo sport da molti più anni e penso che tu te la sia cavata benissimo!-.
Piero risponde: - Grazie, forse le mie ambizioni erano troppo alte, ma speravo di vincere l’ultimo set. . . credo che questo non sia lo sport adatto a me!-. Gabriele replica: - Non dire così, negli sport è normale perdere, anche le sconfitte fanno parte dell’insegnamento. Il gioco è paragonabile alla nostra vita quotidiana: i “fallimenti” sono gli ostacoli che dobbiamo superare, ma quando riusciamo a oltrepassarli ci rendono ancora più forti-. Gabriele risponde: - Grazie al supporto di un amico riusciamo ad avere fiducia in noi stessi, possiamo superare i momenti più bui, in cui crediamo di non farcela e vogliamo abbandonare tutto -.
I due ragazzi escono insieme dallo spogliatoio, chiacchierando animatamente: l’amicizia tra i due ragazzi nasce dal Fair Play, il rispetto per l’avversario nonostante la voglia di vincere.
E’ nata dallo sport, ma continua nella vita.
testo di: Bruno Gabriele, Ferrero Annalisa e Pansa Greta
illustrazione di: Bruno Gabriele
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