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Il Viaggio di Dante

by annamaria farinella

Pages 18 and 19 of 78

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vv 58-78

Io son colui che tenni ambo le chiavi
del cor di Federigo, e che le volsi,
serrando e disserrando, si soavi,

che dal secreto suo quasi ogn'uom tolsi;
fede portai al glorioso offizio,
tanto ch 'i' ne perde' li sonni e 'polsi.

La meretrice che mai da l'ospizio
di Cesare non torse li occhi putti,
morte comune e de le corti vizio,

infiammò contra me li animi tutti;
e l'infiammati infiammar sì Augusto,
che ' lieti onor tornarono in tristi lutti

L'animo mio per disdegnoso gusto,
credendo col morir fuggir disdegno,
ingiusto fece me contra me giusto.

Per le nove radici d'esto legno
vi giuro che già mai non ruppi fede
al mio segnor, che fu d'onor sì degno."
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Pier delle Vigne, noto anche come Pier della Vigna, nacque a Capua intorno al 1190. Nel 1220 entrò alla corte di Federico II di Svevia assumendo inizialmente il ruolo di notaio della Cancelleria. Fu poeta della Scuola Siciliana ed ebbe cariche di grande rilievo: giudice della curia reggia, protonotaro, logoteta del regno, diplomatico presso la corte papale e i comuni dal nord Italia. Fece inoltre parte della commissione che presiedette alla realizzazione delle Costituzioni di Melfi del 1231. Nel 1249, però, egli fu accusato di tradimento per via dei suoi contatti con Papa Innocenzo IV. su quanto ci sia di fondato dietro questa accusa, diverse sono le ipotesi, le più accreditate delle quali parlano di una congiura da parte degli invidiosi cortigiani. Ciò che sappiamo per certo è che Pier delle Vigne venne incarcerato a Pisa e fatto accecare a Pontremoli, nelle Piazzetta di San Gimignano. Poco dopo sarebbe morto, probabilmente suicida.
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La Corte di Federico II
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Pier delle Vigne sottolinea con forza a Dante di essere sempre stato leale nelle sue scelte politiche, fedele verso l'imperatore e condanna la corruzione della vita di corte e l'ingiustizia dei giudizi umani. Anche Dante ha vissuto una situazione simile come quando viene bandito da Firenze per la sua attività politica tra i Guelfi Bianchi, quando presero il potere i Neri. In quanto vittima dell'invidia altrui e perciò ingiustamente condannato, Pier delle Vigne assume all'interno del XIII canto dell'Inferno un ruolo quasi di alter ego di Dante, exul immeritus. La nostalgia del" mondo su", il desiderio di poter ancora vivere, almeno nei ricordi e nelle parole degli altri, spinge Pier delle Vigne a raccontarsi a cuore aperto, rievocando con triste malinconia quella vita che egli stesso si era tolto.
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Gabriele Fatta