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Nessuno è un errore

by CLASSE 2^A SANTA MARIA DEL CEDRO

Pages 2 and 3 of 50

Scuola Secondaria di I grado
Paolo Borsellino - Santa Maria del Cedro
Nessuno è un errore
Oltre il pregiudizio
Classe 2^ Sezione A, plesso di Santa Maria del Cedro
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Questa è una raccolta di 11 racconti ed è stata scritta dalla classe IIA dell'Istituto Comprensivo Paolo Borsellino di Santa Maria del Cedro, con il supporto dell'insegnante di Italiano. Le storie sono state pensate per cercare di aiutare chi è vittima di bullismo e cyberbullismo.
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STOP AL BULLISMO!!
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INDICE
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Thought Bubble
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Speranza ...................................................................................4
La vittoria di Martina ..............................................................6
I bulli ..........................................................................................9
Un diario speciale ..................................................................13
La storia di Meghan ..............................................................19
Salviamo l'ambiente .............................................................22
Tutto è possibile ....................................................................31
Rebecca e la passione per il calcio ......................................35
La nostra storia con il bullismo ...........................................38
Ivan e il bullismo ....................................................................41
Il coraggio è fuoco - il bullismo è fumo................................44


Ciao a tutti io sono Akilah, ho 15 anni e sono una ragazza di colore, oggi vi racconterò la mia storia. Sono stata adottata all’età di 2 anni da una famiglia bianca. Mia madre adottiva si chiama Veronica e mio padre si chiama Leonardo. Prima di essere stata adottata vivevo in una casa famiglia. La mia vera madre è morta quando io ero ancora piccolissima. Insomma un passato molto duro per la mia mia età, ma sono riuscita ad andare avanti grazie alla mia nuova famiglia che mi sostiene sempre. Per quanto riguarda la scuola è un po' più complicato. Ho cambiato diverse scuole perché mio padre riceve continui trasferimenti di lavoro. Ho fatto le elementari in Sicilia, le medie in Campania e il primo anno di liceo a Roma e adesso sono a Como da pochissimo, che continuo il liceo classico. Purtroppo, però, ricevo continuamente insulti per il colore della mia pelle. All’interno della scuola ho poche amiche, Benedetta e Giulia, però non siamo nelle stesse classi. Non ho mai dato molto peso agli insulti fino a quando le cose non sono degenerate, era diventata una situazione troppo pesante da sopportare e quindi ho chiesto aiuto. Ho provato a parlare con le professoresse ma non ho risolto quasi niente, ho provato anche a dirlo alla preside della scuola ma indifferenza totale; non volevo parlarne con i miei, perché mi vergognavo, pensavo che se gli avessi detto qualcosa o non ci avrebbero dato peso, come hanno fatto a scuola, oppure mi avrebbero considerato come la ragazza fragile che non ero. Non trovavo una soluzione e non sapevo a chi rivolgermi, le mie amiche mi avevano detto che dovevo dirlo a qualcuno, ma qualcuno chi?
Speranza
Ricordo ancora quel maledetto giorno…. Era venerdì e io ero a scuola come tutte le mattine, stavo parlando con Giulia e stavo aspettando la campanella per andare in classe, quando, a quel punto, si avvicinarono il gruppetto di bulletti, mi dissero parole pesantissime: non ti accorgi di essere un peso per tutti, sei solo una ragazza nera che non merita di stare in questa scuola; loro parlavano e mi dicevano parole bruttissime e io restavo lì, impotente a guardare un punto fisso con gli occhi pieni di lacrime. Quello che mi salvò quel giorno fu la campanella. Entrai in classe con le lacrime agli occhi e passai tutto il giorno pensando all’accaduto. All’uscita da scuola vennero subito vicino a me Benedetta e Giulia ad abbracciarmi per consolarmi. Quel giorno arrivai a casa, pranzai con i miei genitori e mi chiusi subito nella mia camera, stavo veramente male. Passarono tre giorni e decisi di non dire niente a nessuno, ma le mie amiche vedevano che ci stavo troppo male e decisero di dirlo ai loro genitori. Il giorno dopo parlarono con mia madre e le dissero tutto, poi mia madre mi venne a parlare e decidemmo di andare a scuola, insieme a Benedetta, Giulia e i loro genitori, a parlare con la preside. Si aggiustò tutto, vennero convocati a scuola i genitori dei “bulli” e vennero sospesi per una settimana. Ragazzi quello che vi voglio dire attraverso la mia storia è che non tutto deve essere per forza tragico o senza soluzione, abbiate la speranza e vedrete che si aggiusterà tutto. L’importante è CHIEDERE SEMPRE AIUTO.

Fabiana N.
Aya Z.
La vittoria di Martina
Martina, dopo un anno di terapia psicologica, è pronta a cominciare una nuova vita. Si iscrive al liceo artistico Dante Alighieri in provincia di Firenze. Il primo giorno di scuola i docenti chiedono ad ogni alunno di fare un disegno prima di presentarsi e in seguito di illustrarlo alla classe. Martina disegna uno sfondo cupo con delle impronte di mani di tutti i colori. E’ il dipinto più bello e la professoressa vuole che la ragazza lo spieghi e le chiede di presentarlo per prima. Martina con molta timidezza inizia a parlare: “Questo è il mio disegno, è uno sfondo cupo con delle impronte colorate che stanno a significare la speranza in una brutta storia. Io ho disegnato questo per raccontarvi di Martina, una ragazza che, dopo tutto quello che ha subito, ha avuto la speranza di ricominciare. Martina era una ragazza con i capelli mori, gli occhi azzurri, un viso tondo, naso a patata, timida e soprattutto fredda. Assomiglia molto a me, vero? questa ragazza si era appena trasferita ed era stata collocata nella classe 2A. In questa classe Martina cerca di socializzare ma tutti la isolano tranne Clotilde, una ragazza dolce, simpatica e carina, lei però non si faceva isolare si isolava di sua spontanea volontà; con Martina non aveva un rapporto stretto. La ragazza dai capelli mori però inizia a essere presa di mira da Rebecca, Giulia e Rosa: la prima aveva gli occhi azzurri, i capelli biondi, naso aquilino, snella, con problemi in famiglia e temuta in tutta classe; le seconde erano gemelle, avevano gli occhi marroni, i capelli castani, perfide e avevano paura di Rebecca ecco perché erano le sue scagnozze; erano chiamate il trio della mosca. All’inizio gli atti di bullismo erano diffondere calunnie su Martina,
per esempio che i suoi capelli erano un nido di uccelli, che era grassa e cose del genere, ma la ragazza credeva che fosse questione di tempo e che dovevano conoscerla. Dopo tre mesi, però, in palestra, quando non c’era il docente due ragazzi, per ordine di Rebecca, presero Martina e la chiusero in una stanza dove si riponevano gli attrezzi. Lei uscì solo quando poi finì l’ora cioè quando l’insegnante ripose gli strumenti, ovviamente le chiese il perché era lì, mentre lei stava per dire la verità lo sguardo di Rebecca la fulminò e disse che doveva prendere un attrezzo e la porta si era chiusa da sola per sbaglio. Gli atti di bullismo erano sempre più frequenti e più violenti ma raggiunsero il culmine quando Martina venne buttata nella spazzatura e tutti le dicevano che era brutta, questo è il tuo habitat; alcuni le buttavano anche le bucce di banana addosso, per fortuna però quel giorno c’era anche Clotilde che vide tutto, quindi ne parlò con lei, la ragazza le chiese di non dire niente e che stavano solo giocando. Purtroppo Martina non aveva capito la gravità della situazione, oppure forse l'aveva capita e aveva paura di raccontarla. Clotilde e la ragazza divennero sempre più amiche, per lei era bello avere una migliore amica, una sfumatura di colore in un cielo cupo. Gli atti di bullismo continuavano e un altro molto violento fu quello di gridare a Martina nel bagno delle ragazze di suicidarsi perché un essere così brutto non poteva stare sulla terra; per la nostra timida ragazza quelle parole fecero molto male ma nonostante tutto non parlava e per fortuna non aveva la minima idea di fare una qualche pazzia. Clotilde venne invitata da Martina ad un pigiama-party. Quella sera fu per Martina la sera in cui sarebbe finito tutto, tutto quello che stava subendo. Clotilde che era solita svegliarsi alle cinque e mezza di mattina e lavarsi e
prepararsi, per errore fece cadere alcuni libri di storia di Martina e tra questi trovò il suo diario dove stava scrivendo cosa le stava succedendo, gli atti di bullismo che subiva e c’era anche scritto quanto bene volesse a a Clotilde che era la sua unica e migliore amica che aveva il potere di farla stare bene e non fargli pensare a tutto quello che viveva. Martina sapeva anche disegnare bene infatti nel suo diario c’erano disegni con lei e Clotilde, chi lo avrebbe mai sospettato questo talento innato. Clotilde allora prese quel diario e la mattina lo fece vedere a suo padre che portò il diario dal preside. Il giorno seguente vennero informati i genitori della bravissima artista e scrittrice, le bulle furono espulse. Quando Martina venne a sapere che Clotilde aveva letto e fatto leggere il suo diario lei decise di non parlarle più. Si sentiva così in imbarazzo che ebbe attacchi di panico ma poi, dopo una lunga terapia psicologica e lezioni private, Martina fu pronta a ricominciare e a ringraziare Clotilde che l’aveva fatta tornare a vivere . Ecco quale storia c’è dietro a quel dipinto, c’è una vittoria, quella di Martina e soprattutto c’è una storia, la mia storia. Se non l'avete capito vi svelerò il segreto del perché assomiglia così tanto a me perché questo è quello che ho vissuto poiché “ Io sono Martina” . I compagni dopo l'ultima frase che la ragazza disse rimasero tutti sconvolti e le fecero un applauso e da Martina colò una lacrima ma non di tristezza, di gioia.

Gaia F.
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