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Erre

by CHIARA DI SUMMA

Pages 4 and 5 of 45

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Era un lunedì. Ma non il solito lunedì dopo la chiusura di una domenica. Era il primo lunedì dopo mesi di chiusura totale e di solitudine. Provavo l’ebbrezza del primo incontro, mista alla paura di non piacere, di non essere più all’altezza. Eppure, la sala era stata tirata a lucido: non un acaro, non un batterio, non un virus avrebbe potuto sopravvivere ad una così accurata disinfezione. Per un attimo ho anche temuto che quei prodotti chimici potessero sbiadire i miei colori e la mia voglia di continuare a trasmettere emozioni.
È bastato poco, però, per far svanire i brutti pensieri e riaccendere il mio rosso, il mio arancio, il mio giallo. I raggi di un sole nuovo mi illuminavano e il suono di voci fresche e allegre, di chi dimentica presto perché naturalmente rivolto al poi, mi dava rinnovata sicurezza. Stava entrando una scolaresca. Una ventina di ragazzi dall’abbigliamento ordinato e pulito: jeans e maglietta bianca con il logo della scuola ricamato in alto a sinistra. Una divisa che oggi si arricchiva di un elemento che li faceva assomigliare a piccoli infermieri. Poiché in quel momento tutti noi avevamo bisogno delle cure e delle attenzioni che per tanto tempo ci erano mancate, ho pensato che sospendere in parte i sensi del gusto e dell’olfatto
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avrebbe potenziato quello della vista.
Solo occhi interessati e curiosi avrebbero potuto darci ancora un senso.
Li guidava un’insegnante che faceva loro da cicerone. Procedeva lentamente, portando in una mano un libricino azzurro e tenendo l’indice dell’altra vicino al naso ad indicare il silenzio che gli alunni dovevano mantenere. Li portò al centro della sala, li fece sedere a terra in modo da formare un cerchio e mantenere la giusta distanza. Lei rimase in mezzo, fuoco acceso che riscalda. E con un tono caldo e avvolgente cominciò a parlare, scorrendo le opere con lo sguardo e con un ampio movimento delle braccia.
- Bene, ragazzi, ci troviamo finalmente nell’ala del museo che preferisco e che, sono convinta, non vi lascerà indifferenti. Come spesso vi ripeto quando facciamo lezione, il linguaggio della pittura moderna non sempre è di immediata comprensione e bisogna studiare per capire. Oggi, però, vi chiedo di soffermarvi davanti a queste opere per sentire, innanzitutto, le emozioni che trasmettono. Per il nostro artista l’emozione è elemento indispensabile alla creazione dell’opera d’arte e può nascere anche da qualcosa che ci sembra insignificante: un filo, una goccia d’acqua, un granello di polvere.
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avrebbe potenziato quello della vista.
Solo occhi interessati e curiosi avrebbero potuto darci ancora un senso.
Li guidava un’insegnante che faceva loro da cicerone. Procedeva lentamente, portando in una mano un libricino azzurro e tenendo l’indice dell’altra vicino al naso ad indicare il silenzio che gli alunni dovevano mantenere. Li portò al centro della sala, li fece sedere a terra in modo da formare un cerchio e mantenere la giusta distanza. Lei rimase in mezzo, fuoco acceso che riscalda. E con un tono caldo e avvolgente cominciò a parlare, scorrendo le opere con lo sguardo e con un ampio movimento delle braccia.
- Bene, ragazzi, ci troviamo finalmente nell’ala del museo che preferisco e che, sono convinta, non vi lascerà indifferenti. Come spesso vi ripeto quando facciamo lezione, il linguaggio della pittura moderna non sempre è di immediata comprensione e bisogna studiare per capire. Oggi, però, vi chiedo di soffermarvi davanti a queste opere per sentire, innanzitutto, le emozioni che trasmettono. Per il nostro artista l’emozione è elemento indispensabile alla creazione dell’opera d’arte e può nascere anche da qualcosa che ci sembra insignificante: un filo, una goccia d’acqua, un granello di polvere.
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Ludovica