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Erre

by CHIARA DI SUMMA

Pages 2 and 3 of 45

Erre
Storia di un paio di occhiali
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Introduzione


L’idea di questo lavoro nasce da una proposta progettuale di educazione ambientale giunta alla nostra scuola all’inizio dello scorso anno scolastico. Si richiedeva agli alunni di produrre un elaborato che avesse come protagonista il personaggio Erre, come l’iniziale della parola rifiuto, e di corredarlo eventualmente di un manufatto originale coerente con il tema assegnato.
Quando le nostre insegnanti di Arte e di Lettere ci hanno proposto di aderire al progetto, noi abbiamo accettato con entusiasmo. Poiché in quel periodo stavamo studiando la Spagna e avevamo incontrato e approfondito la figura del grande artista catalano Juan Mirò, abbiamo pensato di ispirarci alle sue opere per realizzare delle tele che dessero nuova vita ad un oggetto pronto per essere gettato in discarica. Ci siamo accorti che molti di noi indossano gli occhiali e che avevano, abbandonata in qualche cassetto, una vecchia montatura rotta o inutilizzata. Così l’abbiamo portata a scuola per trasformarla in una piccola opera d’arte. Contemporaneamente abbiamo cominciato a scrivere un racconto che avesse come personaggi principali un paio di occhiali e un ragazzino della nostra età. 
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Purtroppo la pandemia ha interrotto bruscamente il nostro lavoro e ci ha impedito di partecipare al concorso. Ci dispiaceva, però, lasciarlo incompiuto, così in questa seconda parte dell’anno scolastico abbiamo deciso di rivedere e perfezionare il nostro racconto, per realizzare un libro digitale arricchito dalle immagini delle nostre tele. Si è rivelata una bella occasione per concludere in modo creativo e fiducioso il ciclo della scuola secondaria di primo grado. È stato, il nostro, un percorso alquanto accidentato, ma forse proprio per questo rimarrà impresso nelle nostre menti a ricordarci sempre non solo l’insostituibile ruolo della scuola e l’inestimabile valore dell’istruzione, ma anche la necessità di prepararci al meglio per difendere il pianeta, l’uomo e i frutti della sua inesauribile immaginazione.
Ed ecco il nostro Art Attack da vedere, da leggere, da ascoltare.


Francavilla Fontana, 31 marzo 2021

La classe 3^ D
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Purtroppo la pandemia ha interrotto bruscamente il nostro lavoro e ci ha impedito di partecipare al concorso. Ci dispiaceva, però, lasciarlo incompiuto, così in questa seconda parte dell’anno scolastico abbiamo deciso di rivedere e perfezionare il nostro racconto, per realizzare un libro digitale arricchito dalle immagini delle nostre tele. Si è rivelata una bella occasione per concludere in modo creativo e fiducioso il ciclo della scuola secondaria di primo grado. È stato, il nostro, un percorso alquanto accidentato, ma forse proprio per questo rimarrà impresso nelle nostre menti a ricordarci sempre non solo l’insostituibile ruolo della scuola e l’inestimabile valore dell’istruzione, ma anche la necessità di prepararci al meglio per difendere il pianeta, l’uomo e i frutti della sua inesauribile immaginazione.
Ed ecco il nostro Art Attack da vedere, da leggere, da ascoltare.


Francavilla Fontana, 31 marzo 2021

La classe 3^ D
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Giuseppe
Era un lunedì. Ma non il solito lunedì dopo la chiusura di una domenica. Era il primo lunedì dopo mesi di chiusura totale e di solitudine. Provavo l’ebbrezza del primo incontro, mista alla paura di non piacere, di non essere più all’altezza. Eppure, la sala era stata tirata a lucido: non un acaro, non un batterio, non un virus avrebbe potuto sopravvivere ad una così accurata disinfezione. Per un attimo ho anche temuto che quei prodotti chimici potessero sbiadire i miei colori e la mia voglia di continuare a trasmettere emozioni.
È bastato poco, però, per far svanire i brutti pensieri e riaccendere il mio rosso, il mio arancio, il mio giallo. I raggi di un sole nuovo mi illuminavano e il suono di voci fresche e allegre, di chi dimentica presto perché naturalmente rivolto al poi, mi dava rinnovata sicurezza. Stava entrando una scolaresca. Una ventina di ragazzi dall’abbigliamento ordinato e pulito: jeans e maglietta bianca con il logo della scuola ricamato in alto a sinistra. Una divisa che oggi si arricchiva di un elemento che li faceva assomigliare a piccoli infermieri. Poiché in quel momento tutti noi avevamo bisogno delle cure e delle attenzioni che per tanto tempo ci erano mancate, ho pensato che sospendere in parte i sensi del gusto e dell’olfatto
avrebbe potenziato quello della vista.
Solo occhi interessati e curiosi avrebbero potuto darci ancora un senso.
Li guidava un’insegnante che faceva loro da cicerone. Procedeva lentamente, portando in una mano un libricino azzurro e tenendo l’indice dell’altra vicino al naso ad indicare il silenzio che gli alunni dovevano mantenere. Li portò al centro della sala, li fece sedere a terra in modo da formare un cerchio e mantenere la giusta distanza. Lei rimase in mezzo, fuoco acceso che riscalda. E con un tono caldo e avvolgente cominciò a parlare, scorrendo le opere con lo sguardo e con un ampio movimento delle braccia.
- Bene, ragazzi, ci troviamo finalmente nell’ala del museo che preferisco e che, sono convinta, non vi lascerà indifferenti. Come spesso vi ripeto quando facciamo lezione, il linguaggio della pittura moderna non sempre è di immediata comprensione e bisogna studiare per capire. Oggi, però, vi chiedo di soffermarvi davanti a queste opere per sentire, innanzitutto, le emozioni che trasmettono. Per il nostro artista l’emozione è elemento indispensabile alla creazione dell’opera d’arte e può nascere anche da qualcosa che ci sembra insignificante: un filo, una goccia d’acqua, un granello di polvere.
avrebbe potenziato quello della vista.
Solo occhi interessati e curiosi avrebbero potuto darci ancora un senso.
Li guidava un’insegnante che faceva loro da cicerone. Procedeva lentamente, portando in una mano un libricino azzurro e tenendo l’indice dell’altra vicino al naso ad indicare il silenzio che gli alunni dovevano mantenere. Li portò al centro della sala, li fece sedere a terra in modo da formare un cerchio e mantenere la giusta distanza. Lei rimase in mezzo, fuoco acceso che riscalda. E con un tono caldo e avvolgente cominciò a parlare, scorrendo le opere con lo sguardo e con un ampio movimento delle braccia.
- Bene, ragazzi, ci troviamo finalmente nell’ala del museo che preferisco e che, sono convinta, non vi lascerà indifferenti. Come spesso vi ripeto quando facciamo lezione, il linguaggio della pittura moderna non sempre è di immediata comprensione e bisogna studiare per capire. Oggi, però, vi chiedo di soffermarvi davanti a queste opere per sentire, innanzitutto, le emozioni che trasmettono. Per il nostro artista l’emozione è elemento indispensabile alla creazione dell’opera d’arte e può nascere anche da qualcosa che ci sembra insignificante: un filo, una goccia d’acqua, un granello di polvere.
Ludovica
"Il colore è un mezzo per influenzare direttamente l'anima."
Wassily Kandinsky
- Mi scusi, professoressa, non credo di aver capito.
Enrico, voglio dire che i dipinti e le sculture che osserverai nascono dalla fantasia, sollecitata dalle forze che agiscono sugli oggetti e su tutto ciò che appartiene alla nostra quotidianità. L’autore riesce a far vivere, con l’uso di linee, stelle filanti, code d’aquilone e colori, quell’universo immaginifico che è in ognuno di noi e ti stupirà come un vivacissimo azzurro o un accesissimo arancio possa comunicare la sensazione del mare, del cielo, del calore del sole o della gioia.
I ragazzini apparivano disorientati e incerti. Alcuni anche un po’ annoiati con il pensiero fisso alla merenda nelle tasche, che non vedevano l’ora di consumare. Certamente continuavano a non capire, così l’insegnante intervenne:
- Allora, facciamo in questo modo, non vi dirò più niente. Vi do il permesso di alzarvi e di muovervi liberamente nella sala, soffermandovi ad osservare ciò che vi colpisce maggiormente. Annotate qualche riflessione e ad un mio cenno ci ritroveremo qui.
Pigramente i ragazzi si misero in piedi e a piccoli gruppi si avvicinarono alle opere esposte. Enrico (ormai sapevo il suo nome) rimase qualche minuto fermo guardandosi intorno finché non decise di dirigersi proprio verso di me. Aveva due occhi 
- Mi scusi, professoressa, non credo di aver capito.
Enrico, voglio dire che i dipinti e le sculture che osserverai nascono dalla fantasia, sollecitata dalle forze che agiscono sugli oggetti e su tutto ciò che appartiene alla nostra quotidianità. L’autore riesce a far vivere, con l’uso di linee, stelle filanti, code d’aquilone e colori, quell’universo immaginifico che è in ognuno di noi e ti stupirà come un vivacissimo azzurro o un accesissimo arancio possa comunicare la sensazione del mare, del cielo, del calore del sole o della gioia.
I ragazzini apparivano disorientati e incerti. Alcuni anche un po’ annoiati con il pensiero fisso alla merenda nelle tasche, che non vedevano l’ora di consumare. Certamente continuavano a non capire, così l’insegnante intervenne:
- Allora, facciamo in questo modo, non vi dirò più niente. Vi do il permesso di alzarvi e di muovervi liberamente nella sala, soffermandovi ad osservare ciò che vi colpisce maggiormente. Annotate qualche riflessione e ad un mio cenno ci ritroveremo qui.
Pigramente i ragazzi si misero in piedi e a piccoli gruppi si avvicinarono alle opere esposte. Enrico (ormai sapevo il suo nome) rimase qualche minuto fermo guardandosi intorno finché non decise di dirigersi proprio verso di me. Aveva due occhi 
Samuel
vivaci e indagatori e, tra le mani, un moderno smartphone da cui faceva spesso partire lampi di luce per fermare e portarsi via le immagini più belle.
- Ehi! Pssst, dico a te ragazzino! Alza lo sguardo.
- Chi parla? Dove sei?
- Sono proprio sopra al tuo naso. Ecco, ora mi vedi? Poco fa mi osservavi incuriosito. Cosa c’è, ti sembro strano?
- Ciao! Sei proprio tu che parli?
- Certo, non ti stupisce? Mi sarei aspettato di vederti correre via spaventato.
- Niente affatto, lo dico sempre a mia madre: quando chiacchiero con i miei modellini, anche gli oggetti sanno parlare. Basta fermarsi ad ascoltare.
- Ben detto! Ho capito subito che sei un tipo speciale. Allora che ne dici? Come ti sembro?
- Sinceramente, a prima vista, mi sei sembrato un po’ fuori posto. Ma ora che ti guardo meglio, credo che tu sia molto fortunato a stare lì, fra tanti spruzzi di colori sgargianti che ti tengono allegro. Io sono Enrico e tu, come ti chiami?
- Il mio nome è Erre e non potevano darmene uno più adatto: le due R con i buchi per gli occhi e le due E come le mie stanghette. Dici che sono fortunato a stare qui e ti do ragione, ma non è sempre stato così. La mia è una storia lunga secoli,
di gloria e di polvere, di felicità e di disperazione, di condivisione e di abbandono. Vado avanti?
- Sputa il rospo! Ti confido, ma non dirlo alla mia prof di arte, che la storia è la mia materia preferita. Niente mi affascina di più che scoprire che cosa ha combinato l’uomo su questo nostro pianeta.
- Innanzitutto, devi sapere che sono nato sul finire del Duecento a Murano dalle mani di un abile vetraio veneziano, ma ben presto sono stato mandato a Pisa e affidato alle cure amorevoli del monaco domenicano Alessandro della Spina. È stato lui ad aiutarmi a perfezionare le mie abilità e a spingermi a viaggiare per offrire il mio aiuto ad altri monaci, che leggevano e scrivevano tanto.
- Erre, le tue parole mi fanno pensare ai miei insegnanti che ogni giorno mi ripetono che in passato leggere e scrivere era un privilegio riservato a pochi, e che dovremmo essere grati alla scuola che garantisce a tutti l’istruzione.
- A proposito di maestri, verso la fine del Trecento ho avuto l’onore di stare sul naso di Francesco Petrarca, uno dei più grandi maestri dell’arte poetica. Ricordo bene quando il poeta, ormai sessantenne, forse un po’ a malincuore per l’età che avanzava, decise con mia grande felicità di invitarmi a stare da lui. È stato un soggiorno breve ma esaltante. Grazie ai miei amici monaci, avevo
Vincenzo
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