Assassinio nel Grand Hotel

Racconti gialli scritti dagli alunni della classe 2C, Scuola secondaria di primo grado Giorgione di Castelfranco Veneto.

Racconti Gialli 2C

Ero nel mio ufficio, quando mi arrivò una chiamata da Gerardo Biscantini detective astuto, con un quoziente intellettivo maggiore a quello di tutti i poliziotti e persone dell’Italia,&nbsp;o almeno così lui dice.&nbsp; È rimasto vedovo dopo un incidente d’auto e suo figlio è stato mandato in guerra e deve ancora tornare.&nbsp; Biscantini è un grande appassionato di alcolici soprattutto di whisky infatti, se vai a casa sua, te ne fa assaggiare almeno 10 tipi diversi. Ama risolvere i casi da solo e se qualcuno prova a&nbsp;rubargli il caso, lui da angelo diventa diavolo. Appena alzata la cornetta del telefono sentii esclamare con voce esaltata: “Prepara le&nbsp;valige una carrozza ti verrà a prendere tra un’ora”. Io avevo cercato di rispondere ma, appena aprii bocca per parlare, mi disse che mi avrebbe spiegato tutto alla stazione.

Scuola secondaria di primo grado Giorgione

tasca della vittima c’era un biglietto con il nome di un bar. Gerardo allora decise di visitarlo per&nbsp;interrogare il proprietario e chi ci lavorava. Parlò per primo con il proprietario, chiedendogli e facendogli vedere queste cose: per prima cosa gli&nbsp;mostrò la foto della vittima chiedendogli se lo avesse visto già nel suo locale e lui rispose di sì. Lo aveva visto molte volte andare nel suo bar. Poi gli chiese che bevande prendeva, gli rispose che la maggior parte delle volte beveva alcolici e questo provocava in lui un atteggiamento aggressivo.&nbsp;&nbsp; Finito di interrogare il proprietario, si mise a fare&nbsp;domande alla cameriera che c’era quella sera Per prima cosa le chiese quanti alcolici aveva bevuto quella sera l’uomo. Lei rispose che meno di una quindicina di bicchierini non se ne era bevuti.&nbsp;Poi la cameriera disse che stava parlando di affari con un signore che si chiamava Antonio

Damiani, che lavorava e modificava le armi. Quando Biscantini sentì questa frase tornò subito all’hotel.&nbsp;&nbsp; Nel mentre io ero arrivato all’ospedale e chiesi di&nbsp;fare subito le analisi del sangue per sapere a chi appartenesse. I tecnici accesero tutti i&nbsp;macchinari e in men che non si dica mi dissero che apparteneva ad Antonio Damiani, che abitava in via Udine numero 5. Subito chiamai Gerardo per dirglielo e lui in velocità allertò la polizia e andò a casa sua ad arrestarlo.&nbsp; Mentre lo portavano via, gli chiesi il motivo per cui lo aveva fatto. Lui disse per i soldi, ma soprattutto per vendetta.

Arrivato al luogo indicato, Gerardo mi disse che un crimine era stato commesso all’una di notte nell’hotel a 5 stelle chiamato “Il Grand Hotel”.&nbsp; Subito chiesi il nome della vittima e lui mi rispose che si chiamava Arturo Andreini, che&nbsp; non aveva famiglia e il suo unico stato di&nbsp; parentela era sua sorella più grande.&nbsp;&nbsp; Arrivati all’hotel, Biscantini iniziò subito a cercare&nbsp; gli indizi e trovò che in un angolo, quasi fatto apposta, c’era un fazzoletto di stoffa. Continuò a cercare e trovò una pistola glock 17 modificata, che sparava colpi del calibro 17, un fucile&nbsp; di precisione semiautomatico e un coltellino svizzero, che probabilmente era l’arma di difesa della vittima.&nbsp; C’era una scia di sangue che portava a una finestra con al di fuori una scalinata in ferro, che portava all’uscita.&nbsp;

Tutto ciò faceva intuire che l’assassino era stato&nbsp;colpito dalla piccola ma letale lama del coltello, inoltre, da tutto quel sangue sembrava essere stato colpito in un posto rischioso per la vita. Gerardo prese subito dei campioni di sangue da portare ad analizzare. Allora presi una carrozza per andare dal medico più vicino, ma non aveva i&nbsp;macchinari per poterlo analizzare, l’unico posto dove potevano farlo era a Londra al London hospital, il più grande ospedale mai creato sulla faccia della terra. Là dicono che ci siano cinquantadue piani con 5 laboratori di analisi, 24 sale operatorie e 15 sale di psichiatria.&nbsp; Allora mi misi in viaggio verso l’ospedale fino a quando mi chiamò Biscantini, per dirmi che&nbsp;dovevo fare veloce perché non c’era molto&nbsp;tempo. Nel mentre lui stava cercando di trovare nuovi indizi e trovò che nella

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