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Anna's Training

by Aoidos Cre-azione teatrale

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Aoidos creAzione Teatrale
Anna’s Training
Un´introduzione al lavoro fisico e vocale del Performer
attraverso la testimonianza di chi lo fa
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© 2022 Aoidos creAzione Teatrale
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1. Il corpo, il mio tempio.
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In the magic garden
I lost myself
I picked up a rose
its scent spilled over me
I drank, I bathed in it
hold
hold me
where’s me?
whirling in the merry-go-round
sinking at the mermaid’s voice
half fish half bird
whole
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Il Training: un termine generico. Nella sua semplicità, preciso.
Niente altro che l’allenamento del Performer: un allenamento psico-fisico che lavora contemporaneamente su corpo – voce – emozione. Sono questi i 3 strumenti di cui il Performer dispone per dispiegare la sua Arte e renderla visibile e comunicabile, a se stesso e allo spettatore.

Ogni sessione di Training è un flusso continuo, dagli esercizi iniziali di stretching, attraverso la fase più dinamica per caricarsi, fino alle improvvisazioni corporee individuali. Con e senza musica, con vari gradi di energia, alla soglia dello sfinimento: un percorso di crescita del battito vitale, degli impulsi, una sfida a lasciar cadere barriere, un ritrovarsi a ridere, piangere, gridare, cantare, saltare, ballare insieme, un fiume in piena che travolge e lascia senza fiato, letteralmente.

Nella prima fase di ogni sessione tutto il gruppo lavora insieme al trainer, seguendo, imitando. Spesso la musica aiuta ad uscire dalla
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dimensione degli assilli giornalieri e a varcare la porta di un mondo altro, quello degli impulsi, degli istinti, della gioia, della condivisione. Nelle varie sessioni si lavora alternativamente in modo mirato su alcuni aspetti:


- allineamento del corpo
- verticalità / orizzontalità
- equilibrio
- 3D nello spazio – orientamento – 360°
- presenza nello spazio – rapporto con l’ ambiente esterno
- give and take
- impulso / reazione
- inside / outside

In realtà i due concetti principali, da cui derivano gli altri, sono la presenza e il give and take (prendere e dare). Quante volte ho notato nei nuovi partecipanti la tendenza a vivere gli esercizi in una propria dimensione di isolamento, cercando, spesso ad occhi chiusi, un’ispirazione, un soddisfacimento interiore, immaginando forse che questo “godimento” sia automaticamente condiviso da uno spettatore. Allora devo ripetere, quasi ossessivamente “apri gli occhi, apri gli occhi, dove sei? esci dalla tua bolla”. E li stimolo a reagire, a rispondere ai miei impulsi, ai miei movimenti. E quante volte ho visto aprirsi un volto, quante volte ho letto la sorpresa improvvisa negli occhi improvvisamente ridenti, luminosi. E senza più chiedersi perché, il corpo agisce, vive, salta, vola, danza.


Un obiettivo importante per un Performer, il cui materiale è il proprio corpo, è sviluppare una buona consapevolezza corporea, in inglese: body awareness. A questo scopo si praticano, durante ogni sessione di lavoro, con una necessaria “turnazione”, diversi esercizi presi da varie discipline, quali yoga, pilates, biomeccanica, mimo corporeo, body fitness. Sono inclusi:
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- esercizi di potenziamento
- esercizi di segmentazione/rotazione di distinte parti del corpo
- plastiques
- esercizi di tension / release
- esercizi per la flessibilità della spina dorsale
- lavoro con le articolazioni di mani e piedi

Tutti gli esercizi, spesso già noti a chi pratica altre discipline corporee, sono altresì trasformati in spunti per stimolare la creatività: essi sono e-motivati. Questa è un’espressione che viene dall’inglese e-motivated e che ho letto in un testo di Arthur Lessac. La uso volentieri perché è proprio il termine che mi mancava per descrivere l’uso di questi esercizi. L’esercizio viene “sollevato” dalla sua dimensione arida di esercizio ginnico, in quanto si associa un’immagine (per esempio albero, cascata, giorno-notte, luce-buio, colori), che è fisica, tattile, uditiva, olfattiva, e può stimolare il Performer ad associare il movimento richiesto dall’esercizio a ricordi personali, oppure può aiutarlo a crearsi un paesaggio intorno, a vivere l’esercizio in una dimensione plurisensoriale. Variando energia, velocità, dimensione, si attivano anche stati emotivi diversi. L’esercizio insomma favorisce l’interazione tra corpo e immaginazione. Parlerò ancora dell’immaginazione, questo strumento fantastico, fonte inesauribile di ispirazione, sorgente di creatività.

Il secondo passaggio è la sequenza. Si collegano 5-6 esercizi formando una sequenza fissa, ripetibile. Può essere una sequenza praticata da tutto il gruppo in sincrono, oppure una sequenza individuale, che diventa un primo modo di lavorare con una “partitura fisica”; infatti può essere accompagnata dalla voce: testo, canto, risonanza vocale. Non si sottovaluti in questa fase l’importanza della precisione tecnica nell’eseguire gli esercizi. Non è solo una questione di consentire che l’esercizio raggiunga il suo scopo, per esempio lavorare sulla flessibilità, sulla coordinazione o sullo scioglimento di un’articolazione, ma anche e soprattutto una questione di disciplina, di abituarsi
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al rigore, di controllo del corpo anche nei momenti in cui una tensione interiore ci spinge oltre il confine imposto dall’esercizio. La mente può liberarsi solo dopo che il corpo non ha più bisogno del controllo e questo avviene se il corpo sa esattamente cosa fare. E quando le regole sono state imposte, allora, e solo allora, è possibile trasgredire.

Il terzo passaggio è l’ improvvisazione. Si parte dai singoli esercizi come lettere di un alfabeto corporeo (prendo l’espressione in prestito da Zygmunt Molik) e si compongono e declinano in un flusso di improvvisazione spontaneo, seguendo i propri impulsi e associazioni. È questa una fase difficile, soprattutto se l’improvvisazione è individuale: il Performer è solo nello spazio, ma deve creare la sua vita: è qui che si mette alla prova la propria presenza, la capacità di reagire ad impulsi, di relazionarsi con lo spazio, di dar corpo ad associazioni e immagini che diventino visibili anche per lo spettatore. È qui che si deve affrontare “la bestia”, il timore di fare “brutta figura”, la paura dell’ ignoto che è dentro di noi: la nostra forza creatrice.
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You can be a king, a lover, or a killer. You can wear a costume and a mask. Or you can disrobe and create through revelation.
How much unknown energy is inside yourself? In how many ways can this energy flow out?
That lonely, naked human being is putting everything at stake. Body, voice, spirit are being engaged. Rhythm is being played. A landscape is emerging by nothing but a heart beat. And when the stage light goes off, that's all that's left behind.
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2. I miei alleati: musica e ritmo
following the breath
I'm breathless
you're fearless
Let it go, il momento dello scioglimento, del lasciarsi andare, del dar libero sfogo alla propria energia, mettendo alla prova la resistenza. In tedesco resistenza si dice Ausdauer, la capacità di “durare”. Infatti questo momento diventa una grossa sfida del gruppo che danza seguendo il trainer, imitandolo, stimolati da musiche scelte appositamente per il ritmo incalzante o per la capacità di trascinare emotivamente, con alternanza di fasi dolci, lente, e fasi intense, violente.
Si corre, si salta, ci si lascia affondare nella terra, si risorge, si ride, si piange, si lotta, ci si raccoglie in gruppo compatto, ci si disperde, si rallenta, dallo slow-motion fino al freeze, si riparte. Si impara a regolare la respirazione profonda per non rimanere senza fiato, si acquisisce il senso della distanza nello spazio per non scontrarsi con i compagni, si conquista tutto lo spazio, si apre la visuale, il cuore e la mente si dilatano.
Let it go è danza libera, è corpi in movimento nello spazio, è gioia di vivere. Ma è anche un utile strumento per sensibilizzare al ritmo.


Il ritmo, è l’ossatura di ogni performance, come insegnano tutti i grandi e piccoli artisti di teatro. Il ritmo è in ognuno di noi, fin dalla nascita. L’atto del respirare è già ritmo, il battito cardiaco è ritmo. Ma la consapevolezza e la sensibili-
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