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Mediterraneo racconti di viaggio

by Isabella Mecarelli, 6 puntata

Pages 4 and 5 of 18

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Tanta arida desolazione induceva a credere che l’acqua fosse del tutto assente in quella vastità, preda di temperature torride, ma sapevamo che il percorso era tuttavia costellato di pozzi artesiani: se ne trovavano ogni duecento chilometri circa. Scavati per soddisfare le esigenze dei beduini che si muovono in carovane, erano frequentati ovviamente anche dalla gente in transito con i mezzi più moderni.
Era un sollievo sapere che la sete e il caldo che in macchina, con i finestrini spalancati, sfiorava i 50 gradi, potevano essere placati, sia pur momentaneamente. Bastava fare attenzione ai cartelli stradali che segnalavano le fonti.

Fu proprio in uno di questi pozzi, precisamente a Guiret Moussa che sperimentammo la doccia più entusiasmante della nostra vita. Eravamo a una cinquantina di chilometri da El Golea, saranno state le 11, e quindi in una fase della giornata già infuocata, quando avvistammo un cartello che indicava la presenza dell’acqua. Decidemmo di seguire l’indicazione, pertanto deviammo dalla statale inoltrandoci su una pista appena accennata che si perdeva all’orizzonte.

Dopo circa mezzo chilometro apparve un capannone tirato su con quattro lamiere disposte in modo da formare un cubo. Da un cumulo di sassi addossato alla costruzione, sporgeva un tubo che si levava ad un’altezza di oltre sei metri, per poi curvarsi ad “u”. 
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Stentammo a credere ai nostri occhi alla vista di una grossa manopola situata alla base del condotto che aveva tutta l’aria di un rubinetto; alquanto scettici provammo a girarlo e… meraviglia!, fummo investi da uno scroscio d’acqua fresca e cristallina.

Allora ci spogliammo in fretta dei vestiti e ci precipitammo come invasati sotto quel getto d’acqua potente e fragoroso. Inebriati da quella frescura tanto desiderata quanto inattesa, che pareva un refrigerio miracoloso, quasi la concretezza di un miraggio, sostammo a lungo beati sotto lo scroscio, e a bocca spalancata perché l’acqua ci penetrasse in gola a soddisfare anche la sete.

Mi ricordai a quel punto della frase pronunciata dal vecchio custode del campeggio di Hamma-lif in Tunisia, quando alla mia domanda se potevamo fidarci di bere l’acqua del camping, aveva risposto con orgoglio: “L’eau est toute bonne en Tunisie”, il che mi aveva colpito, data la prevenzione che avevo per le fonti locali che consideravo rischiose per la salute di noi europei.