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Mediterraneo racconti di viaggio

by Isabella Mecarelli, 6 puntata

Pages 6 and 7 of 18

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Dunque anche lì in Algeria, nel cuore del deserto, la sua considerazione era valida. Aveva ragione: i pozzi artesiani in pieno Sahara contengono serbatoi d’acqua fragrante, assolutamente pura. Andavo rivangando quell’osservazione, mentre mi crogiolavo sotto il getto potente che pareva scaturire per magia dal tubo. Impossibile descrivere anche la goduria provata dopo, quando ci rivestimmo degli abiti fradici lasciandoceli asciugare addosso; fu un protrarsi del piacere, anche se purtroppo breve, data la velocità dell’evaporazione.
A malincuore lasciammo quell’angolo di paradiso per tornare sulla strada maestra e riprendere la marcia.

El Golea
Dopo una serie di tornanti e una ripida discesa ecco apparire l’oasi di El Golea. Da lì si può dire che cominci il cuore del Sahara. Lungo il tragitto avevamo bevuto come al solito dai thermos, dove l’acqua però si manteneva fresca solo per pochissimo tempo. Usavamo per dissetarci anche quella delle bottiglie che tenevamo appese fuori del finestrino, avvolte in un asciugamano, come usano i locali, perché quello pare l’unico modo per rinfrescare i liquidi viaggiando nel deserto, dove l’arsura è così forte che si ha bisogno di bere fino a sei litri al giorno per mantenere il corpo idratato.

Per questo avevamo preso l’abitudine di sostare almeno ogni venti minuti per ristorarci: un sollievo tuttavia estremamente fugace, che lasciava ogni volta insoddisfatti perché si sentiva il bisogno di prolungarlo all’infinito. Il desiderio di poter bere fino alla completa soddisfazione restava invece sempre tale. 
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Entrati a El Golea in un’ora canicolare, erano le due, trovammo ovviamente il paese deserto. Notammo che era alquanto pulito e non pareva mostrare tracce, perlomeno in quel momento, della frenetica vita occidentale. Ai lati della via principale, larga e moderna, si snodavano numerose stradine incassate entro muraglie di fango secco che celavano ville e palmizi.
           Avevamo esaurito da tempo la scorta d’acqua e cominciavamo a smaniare. Ci mettemmo pertanto alla ricerca frenetica di un bar per soddisfare una sete divenuta insopportabile. Ma invano: i pochi locali esistenti erano chiusi e dopo un giro affannoso, tormentati dal bisogno sempre più impellente di ingurgitare liquidi, non restava che rivolgersi alle forze dell’ordine.
           Scorgendo un poliziotto piantonato all’ingresso di una caserma, arrestiamo la macchina davanti alla guardiola. Quando gli chiedo se a quell’ora ci sia un bar ancora aperto nei paraggi, mi risponde con un reciso diniego: “c’est tout fermé”. Ma poi, notando le nostre facce costernate, ci chiede di che cosa abbiamo bisogno. “Nous avons soif,” – rispondo boccheggiando- “beaucoup de soif”. 
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